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Autore: Tsu_Chan    12/11/2012    1 recensioni
Ho amato i tuoi occhi dal momento in cui li ho incrociati la prima volta e ora li potrei riconoscere ovunque: nel buio, nel dolore e nel tormento, nello sbaglio e nella gioia... Anche dietro ad una maschera rossa, anche quando tu non ti vuoi far riconoscere da me...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Castiel, Nuovo personaggio, Rosalya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Non mi sono mai importate tante cose nella mia vita, non mi è mai importato dove ho vissuto, non è mai importato quanti amici avessi intorno, non è mai importato cosa la gente pensasse dei miei vestiti, non è mi è mai importata la scuola dove avrei dovuto studiare… mi sono sempre adattata ai cambiamenti del mondo intorno a me senza fare troppe storie. Ma a tutto c’è un limite. Troppi cambiamenti sono pesanti anche per me.
Mi aggiustai con uno sbuffò la coda di capelli neri e mi caricai in spalla la tracolla nera piena di disegni con dentro i libri di scuola e l’astuccio: potevo sopportare di cambiare casa e scuola, ma non tutte e due le cose insieme. Mi sentivo terrificantemente disorientata e gli sguardi delle persone intorno a me non mi aiutavano di certo: tutti mi squadravano ma nessuno pareva intenzionato a venire a darmi una mano. Estrassi dalla tracolla una piantina scarabocchiata a mano da mia madre della scuola e le cuffie dell’mp3 e partii all’esplorazione della nuova scuola.
Attraversai corridoi e corridoi senza una meta precisa, camminando a ritmo con la musica ed ignorando ancora le persone che vedendomi passare con una cartina davanti agli occhi mi fissavano strano e si scambiavano commenti tra di loro. Non so per quanto camminai, so solo che salii e scesi parecchie rampe di scale prima di ritrovarmi in un vicolo cieco sul fondo di un corridoio dove non si vedeva anima viva.
“Non posso essermi già persa!” urlai togliendomi la cartella dalla spalla e gettandola a terra, la campanella era già suonata da un pezzo ma per colpa delle cuffie non me ne ero ancora resa conto “Primo giorno iniziato malissimo. Altro che Liceo Dolce Amoris, dovrebbero chiamarlo il Liceo Labirinto!”
Sconsolata andai ad aprire la finestra che si trovava proprio sul fondo del corridoio e mi issai per guardare fuori nel tentativo di orientarmi almeno con quello che mi circondava ma tutto ciò che vidi fu il giardino interno dell’istituto, ben poca cosa visto che l’intera struttura era circondata da giardini.
“Almeno so che sono al primo piano…” dissi sbuffando e cominciando a guardarmi in giro.
Con la coda dell’occhio notai una ragazza che correva in giardino e tentai di farle un segno per attirare la sua attenzione ma quella parve non notarmi.
“Bene, hai due possibilità o rimani qui a piangerti addosso o salti fuori dalla finestra ed insegui la ragazza…Cosa scegli ?” mi domandai in uno dei miei monologhi che in passato mi avevano fatto vincere il titolo di svitata. “Inseguo la ragazza decisamente.” Raccolsi con uno scatto la borsa da terra me la legai stretta in spalla e spalancai di più la finestra. Prendendo un respiro, anche se al primo piano, la finestra era un paio di metri sopra il livello terreno, mi issai su di essa e saltai di sotto atterrando in piedi.
“Non lo farò mai più.” Mi dissi tremando dopo aver assorbito l’urto con le ginocchia “Ma che razza di primo giorno!”
Saltai fuori dall’aiuola dove ero atterrata e tentai di scattare all’inseguimento della ragazza che stava poche decide di metri più avanti rispetto a me ma, proprio mentre mettevo piede sul selciato del vialetto mi vidi comparire davanti la figura ingombrante di un ragazzo. Inutile dire che non riuscii ad evitarlo e mi andai a schiantare con forza contro di lui mandandolo dritto disteso per terra. Mi ci vollero un paio di minuti per rimettere a fuoco la vista che a causa della botta si era momentaneamente offuscata e quando riuscii finalmente a distinguere di nuovo il cielo dalla terra trovai il ragazzo che mi fissava con lo sguardo interrogativo.
“Non ho ben capito cosa sia successo…” disse portandosi una mano ai capelli bianchi e neri “… un attimo fa stavo camminando ed ora sono per terra. ”
“Credo sia colpa mia…” dissi con un mezzo sorriso “… ti sono venuta addosso per sbaglio.”
“Ah non ti avevo notato.” Mi rispose il ragazzo con la voce molto seria. “Ero perso nei miei pensieri, è colpa mia perdonami.”
*Non ci credo non mi sta ascoltando!* pensai fissando con la bocca spalancata il ragazzo.
“Emh ok…”
“Ti sei fatta male ?” domandò mentre si rialzava e si spolverava la schiena del bel cappotto in stile vittoriano.
“No, sto bene.” Dissi sollevandomi a mia volta e controllando che non fosse uscito nulla dalla borsa.
“Bene allora ci si vede.” Mi salutò con una mano mentre riprendeva la sua strada con lo sguardo rivolto verso il cielo.
“Sì ci si vede e… No aspetta!” gli corsi dietro e lo afferrai per una manica del giubbotto “Veramente sono nuova e… mi sono persa. Non potresti aiutarmi a trovare la mia aula ?”
Gli mostrai la cartina oramai tutta stropicciata e gli sorrisi sperando di convincerlo: con un gesto delicato prese il foglio tra le dita e lo rigirò un paio di volte prima di capire da che parte si guardasse.
“Perché non lo hai detto subito!” mi rispose con un sorriso dolce “Certo che ti aiuto. Vieni con me!”
“Oh grazie, mi stai salvando. Mi sono persa e sono dovuta uscire da una finestra!” dissi mettendomi a camminare al suo fianco lungo il vialetto.
“Ah ecco da dove uscivi!” disse ridendo. “Comunque io sono Lysandro. È un piacere averti qui con noi.”
“Grazie mille, io sono Mira!”
“Piacere Mira, in che classe hai detto di dover andare ?” mi domandò gentilmente porgendomi il braccio come un gentiluomo di vecchio stampo.
“In terza B…” passai il mio braccio sotto il suo ed appoggiai la mano sul suo polso, come già detto non sono una che bada a cosa pensa la gente per cui, anche se ci fossero state persone intorno a noi, non pensai che poteva apparire come una situazione equivoca.
Tenendomi sotto braccio per tutto il tempo e raccontandomi di questo o di quell’allievo che incrociavamo per i corridoi, Lysandro mi accompagnò fino alla mia classe e mi salutò con un cenno della mano prima di sparire giù da una rampa di scale.
“Come inizio non c’è male; se però tutti i ragazzi sono come lui qui dovrò imparare a fare la riverenza.” Mi sistemai meglio la cartella sulla spalla e bussai alla porta della mia classe “Comunque sia, forza e coraggio e fai una bell’impressione sui nuovi compagni di classe.”
Non sentendo rispondere nessuno, spalancai la porta della classe ed entrai con in faccia uno dei miei migliori sorrisi quasi urlando un buongiorno.
Rimasi interdetta quando nessuno rispose al mio buongiorno e mi costrinsi a girare gli occhi verso i banchi alla mia destra… un deserto sarebbe stato più popolato, in tutta la classe non vi era anima viva! Tirai un sospiro e afflosciai le spalle consapevole oramai di essere nel pieno di una giornata no.
“Lysandro ossigenato del cavolo…” mi tirai su e corsi dietro al ragazzo giù per la rampa di scale. Quando lo raggiunsi era intendo a dialogare con un altro ragazzo dai capelli rossi e l’aria scontrosa seduto su una panchina sotto un albero in cortile.
“Lysandro!” lo chiamai ad alta voce mentre gli correvo incontro “In aula non c’era nessuno!”
“Beh è ovvio saranno tutti andati a vedere l’assegnazione delle camere del dormitorio, le lezioni iniziano domani in fondo.” Mi spiegò lui corrugando leggermente la fronte.
“E non potevi dirmelo ?”
“Me ne sono dimenticato, ti chiedo perdono…” mi rispose con una risatina “Vuoi che ti accompagni al dormitorio ?”
“No ti ringrazio, mi arrangio.” Mi sistemai la coda che si era leggermente allentata e mi diressi in direzione dell’imponente costruzione in mattoni che era il dormitorio femminile.
“Ci vediamo presto Mira!” mi salutò di nuovo il ragazzo.
“Sìsì…” gli feci un cenno svogliato con la mano senza stare nemmeno a girarmi per guardalo in faccia “… a presto.” E scattai di corsa verso il dormitorio.
 
Quando arrivai trafelata, sudata e scompigliata con la tracolla che mi si era attorcigliata attorno come un polipo, mi ritrovai nel bel mezzo dell’inferno: all’ingresso del dormitorio, un semplice corridoio dalle pareti ricoperte di legno rosso e con un morbido tappeto per terra, decine di ragazze si accalcavano contro una bacheca alla ricerca del numero della loro stanza. Borse, valige e zaini erano accalcate ovunque rendendo il passaggio ancora più difficoltoso e come se non bastasse non c’era ragazza che non urlasse qualcosa alle altre: chi salutava, chi chiedeva informazioni, chi si presentava sembrava di stare in uno stadio. Nella mia già precaria sanità mentale quel luogo apparve come l’inferno in terra, dire che ero terrorizzata è esagerato ma ci andavo molto vicina. L’unica cosa che mi salvò fu intravedere, sotto un mucchio di valige, la mia cara borsa a pois bianca e nera che conteneva tutto il mio guardaroba. Allungai una mano per afferrarla e per poco non rimasi schiacciata sotto i piedi una ragazza che mi corse vicinissima: quando riuscii ad afferrare la borsa me la portai al petto stringendola come un peluches e mi feci strada a spallate verso la bacheca. Che non si dica che sono una codarda, se bisogna combattere io combatto anche se è solo per leggere un annuncio in bacheca!
Dopo aver sgomitato un po’ riuscii ad arrivare di fronte alla lista delle camere e a trovare la mia prima di essere spintonata via in malo modo.
“Stanza 12… spero sia al primo piano” mi avvia per il corridoio che mi si allungava davanti alla ricerca della mia camera e quando la trovai tirai un sospiro di sollievo nel vedere la mia coinquilina aveva ben pensato di lasciarmi il mio mazzo di chiavi appese alla maniglia della porta: stavo già pensando a come poter entrare… forse passando dalla finestra, tanto fatto una volta si può rifare.
Aprii la porta e me la richiusi subito alle spalle per chiudere fuori l’inferno del corridoio: era una stanzetta piccola ma accogliente con il pavimento ricoperto di moquette scura, un paio di letti ricoperti da lenzuola chiare e pulite, una scrivania in legno e uno scrittoio dalla parte opposta proprio accanto a dove si apriva la porta del bagno privato con doccia, un lavandino, un adorabile specchio rotondo e tutti i sanitari che si possano desiderare. In un angolo era anche presente un piccolo stereo accanto ad un vecchio televisore: sempre meglio di niente.
Sul letto più sulla destra era già sistemata una borsa così mi limitai a gettare la mia sull’altro e a tuffarmici sopra a mia volta: il materasso e il cuscino erano così morbidi che per poco non mi addormentai, solo il buon senso mi disse di approfittarne per fare un giro del Liceo per evitare di perdermi di nuovo.
Scrissi velocemente un biglietto alla mia coinquilina ringraziandola delle chiavi e glielo poggia sul cuscino, sperando che al suo rientro l’avrebbe notato.
“Andiamo all’esplorazione!” mi rimisi in spalla la borsa e corsi fuori dal dormitorio, ora che almeno ero riuscita a sistemarmi il fatto che Lysandro si fosse dimenticato di dirmi che dovevo andare in dormitorio e non in aula non mi  dava più tanto fastidio così decisi di andarlo a cercare per scusarmi del mio caratteraccio e chiedergli di farmi fare un giro della scuola.
Quando però arrivai alla panchina dove poco prima l’avevo visto chiacchierare con il ragazzo rosso non vi trovai più nessuno e, un po’ delusa, decisi di sedermici per pensare a dove poterlo cercare.
“Ehy tu…non sai che quel posto è riservato?”  
Continua nel prossimo capitolo di “Red Phantom”!
   
 
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