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Autore: subside_    13/11/2012    1 recensioni
Quando il mondo ti cade addosso, cosa ti resta da fare? Quando nemmeno crederci con tutta te stessa serve, come la trovi la forza di andare avanti?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Ciao a tutti :) Questa non è esattamente una fanfiction... è una pagina di diario che ho voluto trascrivere qui, forse per sfogo o forse bho, non lo so nemmeno io. Comunque, buona lettura.


se c’è un fenomeno della natura che amo da impazzire è la neve. è magnifica. così bianca, così soffice, così perfetta. non ho mai visto la neve, quella vera intendo, ed ho sempre desiderato poter andare in un paese di montagna e coricarmi su quella distesa di bianco agitando braccia e gambe. sogno di andarci da, su per giù, tutta la vita. i miei non mi ci hanno mai portato, nonostante abbia dei parenti a torino ma che, guarda caso, andavamo a trovare soltanto durante la festività di pasqua, mentre a natale erano loro a scendere giù. 

l’anno scorso la mia scuola ci ha proposto di fare una gita sulla neve. sarebbe stata meravigliosa, avrei voluto andarci con tutta me stessa, ma purtroppo la mia classe non raggiunse il numero necessario a farla aderire. mi perdevo spesso ad immaginare quanto si divertissero i miei amici lassù. quest’anno ci è stato proposto di nuovo e avevo anche quasi convinto i miei genitori. ma c’è una cosa che desidero vedere più della neve, qualcosa che supera ogni mio desiderio espresso in quindici anni di vita. qualcosa per cui sarei disposta a rinunciare a tutto, qualcosa che mi renderebbe felice molto più di un ‘hey, nevica!’. 

e quel qualcosa siete voi, louis. voi cinque siete la mia felicità e, francamente, la gita sulla neve in confronto a voi mi sembra così insignificante… 

quando hanno annunciato le tappe del tour europeo, speravo con tutta me stessa che ce ne fosse una qui al sud. sapevo che i miei non mi avrebbero mai permesso di arrivare fino a milano o ovunque luogo del nord in cui si sarebbe tenuto il vostro concerto, così quando seppi che le uniche due tappe erano milano e verona il mondo mi cadde quasi addosso. per l’ennesima volta, mi sentivo messa da parte, mi sentivo piccola e inutile. mi sentivo arrabbiata col mondo intero, ma più di tutto ero arrabbiata coi miei genitori che non mi permettevano di realizzare il mio sogno. io la possibilità di vedervi ce l’avevo. mi ci accompagnavano, a quel concerto, con tanto di soggiorno in albergo. ma mio padre non ha mai tollerato queste che lui definisce scemenze, e non c’era verso di smuoverlo. 

ho pianto pure l’anima davanti a loro, eppure non mi hanno dato il permesso di venire a quel concerto. avrei voluto sputare in faccia ai miei tutto l’odio che provavo nei loro confronti, avrei voluto dirgli quanto schifo mi facevano perchè, in fondo, cosa gli stavo chiedendo di male? i soldi ce li avrei messi io, non avrebbero dovuto nemmeno accompagnarmi loro. volevo soltanto vedervi, tutto qua. 

le ultime parole della giornata che rivolsi a mia madre furono esattamente queste: ‘se io non vado a quel concerto, con me avete chiuso’. poi me ne andai a letto piena di lacrime. ma non mi arresi. ero in ansia nemmeno dovessi partorire, non riuscivo nemmeno a dormire, mi svegliavo ogni ora preoccupata di fare tardi. la mattina successiva racimolai i soldi che avevo messo da parte e mi feci prestare qualcosa da mia nonna e mia sorella promettendo che avrei ritornato tutto, e cominciai a prepararmi decisa di andare con una mia amica a comprare quei biglietti, che i miei avessero voluto o no. 

mentre pettinavo i capelli, mia madre mi disse dove stavo andando. gli dissi che avrei accompagnato teresa a prendere i biglietti. dopo qualche secondo di silenzio, mi chiese chi altro andava al concerto oltre me. 

‘tutti quanti, valeria, teresa, marica, rossella, tutti. tranne io’. 

in quel momento colsi nel suo sguardo un minimo di comprensione, poi andò via. prima che uscissi di casa, mi diede altri quindici euro. mi si illuminò il volto all’istante da un caloroso sorriso, la ringraziai e corsi via. 

erano le otto e mezza precise e spaccate quando arrivai a casa di teresa. alle nove e dieci ci avviamo presso il centro commerciale, dove avremmo aspettato le dieci per prendere i biglietti. l’ansia continuava a salire, mi si stringeva in gola rendendomi difficile pure respirare. valeria era già arrivata e mi diceva di fare in fretta perchè c’era una fila esagerata. la paura di arrivare in ritardo era tanta. 

‘i biglietti arrivano alle due, ma è troppo tardi. andiamo a casa mia e proviamo a prenderli online’. nel frattempo erano passate le nove e mezza, alle dieci li avrebbero messi in vendita e io avevo una paura fottuta. aspettammo che il padre di valeria mettesse i soldi sulla postepay e ogni minuto che passava era un colpo al cuore. 

dieci meno un quarto. temevo che avremmo fatto tardi, eravamo ancora in auto. ‘mamma, stiamo arrivando, comincia ad accendere il computer’. alle dieci meno dieci arrivammo a casa, salimmo di corsa le scale e ci posizionammo davanti alla pagina riguardante il concerto dei ragazzi di ticketone. 

dieci meno cinque, l’ansia ci stava divorando. dieci meno due, meno uno. eccole, le dieci scoccate. le mani mi tremavano, non riuscivo a posizionare i posti, non sapevo nemmeno quali prendere, guardavo i prezzi, guardavo il tempo, guardavo quei nomi tanto strani. selezionai tre biglietti in prima platea, poi ‘click’ su ‘metti nel carrello’ e ora aspettiamo, mi dissi. passano cinque, dieci minuti, mal pagina non si aggiorna. 

prendiamo un altro computer, proviamo a prendere altri tre biglietti da qualche altra parte in caso quelli vadano perduti, ma ovunque cliccavo mi dava errore. ormai erano tutti esauriti. prendemmo ipad, iphone e altri due telefoni, tutti collegati a ticketone, ma niente da fare. l’unica speranza era quel ‘metti nel carrello’ in fase di caricamento. dieci e dieci, dieci e un quarto. 

‘i biglietti non sono al momento disponibili’. niente da fare. non eravamo riusciti a prenderli. mi cadde il mondo addosso, mi veniva da piangere ma cercavo di trattenermi per non sembrare ridicola agli occhi del padre di valeria. provammo e riprovammo fino alle undici e mezza, poi ci decidemmo ad andare al negozio ad aspettare l’arrivo dei biglietti alle due.

da ticketone c’era già una fila di dieci o undici persone, tutte ragazzine della mia età. appena arrivata le vidi tutte insieme che sembravano delle accampate, chi sedute per terra, chi sulle scrivanie, chi sulle sedie, chi impegnata al cellulare, chi controllava il sito, chi si mangiava le mani. erano belle, tutte quante, mi facevano sentire a casa. salutai tutte, presi il mio biglietto e attesi. 

erano tutte agitate, tutte entusiaste, tutte ansiose. per passare il tempo programmavamo il futuro. ‘sarà bello andare tutte insieme!’. ‘tu dove andrai? io verona’. ‘io milano’. ‘io dove capita!’. ‘ho paura, e se non li troviamo?’. ‘devono esserci per forza, ho chiamato prima’. ‘aspettiamo le due e vediamo’. ‘avete già chiesto?’. ‘si, dicono di aspettare’. ‘chissà come sono dal vivo’. ‘li vedremo, ci pensi?’. cominciammo a canticchiare qualcosa, ricordo che valeria mi disse: ‘chissà se anche al concerto sarà così… cioè tutte insieme a cantare mentre arrivano’. ‘sarà meglio, molto meglio. ne saremo tantissime’. 

tutte quante, dalla prima all’ultima (e mano a mano la fila continuava ad allungarsi) avevamo la speranza e la felicità che ci scoppiava dentro agli occhi. 

dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, TRE, DUE, UNO. tutte in coro, accogliemmo le due, ma nessuna novità. 

‘aspettate ancora, abbiamo problemi di connessione’. ci ripetevano. 

aspettiamo, e aspettiamo, e aspettiamo. l’ansia sale e la paura e la preoccupazione anche. poi, tutti in silenzio. il signore addetto a non so che cosa si fa spazio, allarga le braccia e sorride.

eccolo, sono arrivati i biglietti. ora lo dice, ora dice di proseguire all’acquisto, pensavo.

‘ragazze, è stato bello stare con voi’ -senti un colpo sordo al petto, e non sto scherzando. lo sentii davvero-‘ma i biglietti non sono arrivati e non arriveranno… mi dispiace’. 

‘è uno scherzo, vero?’ gridò valeria ridendo.

il signore scosse la testa.

intorno a me le ragazze e i loro genitori cominciarono a polemizzare e protestare, ma io non sentivo nulla. cominciai a vedere offuscato perchè le lacrime mi stavano riempendo gli occhi, riuscii a vedere teresa che scappò via e io uscii dalla fila, con gli occhi lucidi mi guardai intorno. volevo sprofondare, fu una cosa veramente orribile. decine e decine di ragazze avevano gli occhi arrossati dalle lacrime, sentivo i loro singhiozzi rimbombare dentro la testa. non vedevo più nè valeria, nè marica, nè rossella, o forse sì, erano tra quelle che piangevano, non me lo ricordo, ero troppo stordita. uscii fuori anch’io e raggiunsi teresa, prima di sedermi scoppiai a piangere come una disperata.

ci avevo sperato così tanto, sarebbe stato un sogno diventato realtà, louis. ci pensi? io, davanti a voi. mio dio. mi ci ero già completamente immaginata al centro di quell’arena, ero lì, finalmente vi avrei visti cantare, vi avrei ascoltati col cuore, e non attraverso delle casse del cazzo, avevo convinto mia madre, pensavo che ormai era fatta, ne ero convinta, ne ero felice, io, ero felice, chissà come mai. ma no, è impossibile che io lo sia, a me niente va mai bene. più ascoltavo le vostre canzoni più mi veniva da piangere perchè io vi vedevo già, al centro del palco, qui, in italia, a cantare a milioni di ragazzine che come me avevano provato a prendere quel biglietto e ce l’avevano fatta, e io no, io sarei stata a casa a piangere come sempre. 

e oggi sono ancora qui ad aggiornare quella fottuta pagina ogni mezz’ora nella speranza che quel ‘sold out’ sia solo un errore del server.

  
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