L'altalena di Hyde Park.


L'estate era arrivata.
Certo non era soleggiata e calda come in molti altri luoghi, ma agli inglesi andava bene così.
Londra era una città molto bella in qualsiasi momento dell'anno.
Passerotti, fiori, musica per le strade, risate, follie, famiglie.
Famiglie. Le vedevi al parco, intente a fare un picnic, o semplicemente a conoscersi meglio, a passare un pomeriggio nel nulla.

I bambini venivano notati molto dalle persone.
Con la loro felicità, serenità, purezza, ingenuità.
Scorrazzavano per i parchi, ingenui di ogni altra cosa tranne che della bellezza della vita.
La trovavano molto bella, la vita.
La trovavano molto semplice, la vita.
La trovavano molto divertente, la vita.

Su un'altalena di Hyde Park due bambini si dondolavano, silenziosi.
Uno di loro, quello che si direbbe il più alto tra i due, capelli a padella, piccoli occhi, maglietta bianca a righe blu, pantaloncini da calciatore rossi e scarpe da ginnastica, aveva un sorriso talmente grande che chiunque avrebbe avuto voglia di andare là e chiedergli cosa avesse tanto da sorridere.
L'altro, capelli a padella pure lui (cosa era questa fissa?!) forse su una tonalità più chiara del primo, sorriso accennato il tanto che bastava alla formazione di fossette ai lati della bocca, occhi grandi di un verde acqua talvolta verdi talvolta grigi che fissavano la terra, molto più interessante a quanto pareva del soggetto al fianco.
"Ciao" si sentì dire.
Harry alzò la testa e si voltò, intimorito, non sapendo se andarsene, se rimanere in silenzio o rispondere.
".......C-ciao" rispose allora.
"Io sono Louis, piacere!" e gli allungò una mano.
Che educato.
"Harry" e gli strinse la mano.

Parlarono tutto il pomeriggio.
In realtà fu Louis, così pareva ad Harry che si chiamasse, non ricordava, che parlò tutto il pomeriggio.
Gli raccontò della sua passione per il calcio, che amava vedere film, che amava canticchiare.
Avevano trovato una passione in comune.

Harry rise per la prima volta con Louis quando quest'ultimo gli fece sentire la ninna nanna che la mamma le aveva sempre cantato, fin da piccolo.

Ad Harry molte delle cose che Lou - così aveva imparato che si faceva chiamare - diceva non importavano proprio, ma a lui piaceva starlo a sentire.
Sembrava felice, quel bambino, quando parlava così tanto.
Quindi Hazza - così lo aveva chiamato Louis dopo che "non può essere che tu non abbia un soprannome!"- lo lasciava fare.

La sera, quando dovettero tornare a casa con le proprie famiglie, si abbracciarono.
Fu una cosa spontanea, nessuno dei due ci pensò.
I bambini fanno cose spontanee.
I bambini non ci pensano a queste cose.
Harry lascio un lieve e dolce bacio sulla guancia di Louis.
Louis si accarezzò la gota per molto tempo, al solo ricordare il bambino con le fossette.

Entrambi, accanto, sentivano una particolare sicurezza.
Quella sicurezza che ti danno le persone che ti amano.
Una sicurezza che avrebbero portato sempre nel cuore.
Non si sarebbero rivisti mai più.
O forse sì.

"Chi l'avrebbe mai detto, eh, Anne?"
"Credo nessuno, Jay."

Due donne si sorrisero.
Era il 24 dicembre 2013.

Sono belle le famiglie.


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Salve! ♥
Al dire il vero non sono molto soddisfatta.
Il blocco (maledetto! ;A;) è ancora in me (WTF?) ed il fatto che questa sia la prima kids!AU della mia vita non aiuta.
Spero abbiate apprezzato! ♥♥♥
Sì, amo sQuoricinare.

[Il riferimento al 24 dicembre 2013 è dovuto al fatto che sto scrivendo una fanfiction intitolata "365 days to the coming out" e il 24 dicembre 2013, Harry e Louis dovrebbero fare il coming out (oltre che festeggiare il compleanno di Lou!) ♥]

Scritta per il contest "le mille e una fic" del gruppo Facebook #THEGAYS.

Con affetto,
Breen.