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Autore: _Ery1999_    13/11/2012    1 recensioni
– Draco, figlio mio, rimani in casa oggi.
– Non posso, madre.
– Sei malato, Draco.
– Lo so, madre.
– Le tue rose non ci sono più, Draco.
– Per quale motivo, madre?
– Le ho tagliate, tutte quante.
– Perchè?
– Un giorno capirai il perchè, Draco.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Una rosa bianca. Poi, il buio...

 
La prima volta che Draco Malfoy accarezzò un fiore, aveva sei anni. Era una rosa rossa, quel fiore. Draco amava le rose, così belle, gli davano un senso di potere – ricoperte di spine -, così intoccabili, impenetrabili. E lui, con gli anni - con l'affievolirsi dei sogni e delle speranze -, divenne una rosa, bianca, sotto una campana di vetro. E la sola cosa che Draco Malfoy amava veramente, era il sentirsi intoccabile, impenetrabile.

Di una bellezza velata – che non tutti riuscivano a cogliere -, sottile, tagliente – come lo stelo ornato di spine – e un grigio negli occhi, opaco, freddo, morto come una rosa appassita.
 

§

 
–        Dove stai andando, Draco?
–        In giardino, madre.
–        E' pieno inverno, Draco, le rose sono morte.
–        Lo so, madre.

E Narcissa Malfoy non poteva far altro che sospirare, mentre suo figlio – incurante del freddo e della neve –  sbatteva il portone alle spalle ed osservava le rose – già morte e non ancora rinate – che un tempo riuscivano a strappargli un sorriso dal cuore.

Draco Malfoy non aveva dimenticato le giornate afose trascorse a pungersi le dita – pallide e ossute –  con spine intrise di sangue.
E rideva quando il dolore gli sedava le mani, i polsi, le braccia, e continuava a ridere mentre sua madre lo scuoteva, urlava – invano – il suo nome, gli medicava le ferite – ancora aperte e mai rimarginate.
Si accucciava sul tappeto bianco accanto a quei rovi così tanto amati, intricati –intricati come la sua anima – , sempre meravigliosi, immortali.
 

§

 
–        Draco, figlio mio, rimani in casa oggi.
–        Non posso, madre.
–        Sei malato, Draco.
–        Lo so, madre.
–        Le tue rose non ci sono più, Draco.
–        Per quale motivo, madre?
–        Le ho tagliate, tutte quante.
–        Perchè?
–        Un giorno capirai il perchè, Draco.

Draco Malfoy quella mattinata di aprile non uscì in giardino. Non guardò i boccioli fiorire, né le spine crescere. Non pianse. Neanche una lacrima. Anche se una parte di lui era già morta.
 

§

 
Faceva freddo quella sera. O forse no? Forse era solo lui a sentirlo. Draco Malfoy non lo sapeva. Era in un letto in quel momento. O forse vi sostava da giorni, forse da mesi, forse da pochi minuti. Draco Malfoy non lo sapeva.

Percepì una ventata gelida dentro di sé – ancora – , tossì, aveva la gola secca e aspra, vide il fazzoletto di seta tinto di rosso. Lo gettò nel cestino, accartocciato assieme a tanti altri – rossi, come le rose.
 

§

 
Hermione Granger non aveva mai amato le rose. Troppo appariscenti, troppo colorate, troppo – tutto – per una come lei. Preferiva le viole. Delicate, timide, spontanee – come i suoi occhi –, di un colore intenso, ma non volgare.

Ma quando, per caso, passeggiando di fronte quell'immenso maniero – in cui lei conservava ricordi assassini e dolorosi  - vide l'intera pianta di rose rosse completamente sradicata, si sentì quasi mancare. Sapeva che Draco Malfoy amava quelle rose. Lo aveva spesso visto davanti a quel cespuglio. Accovacciato sulla neve, sull'erba appena nata – calpestando le viole che solo lei aveva visto nascere –  ad ammirare quel fiore che lei odiava, ma che rispecchiava in pieno la personalità di Draco Malfoy. Lo stesso Draco Malfoy – nobile, ricco –  che l'aveva insultata, umiliata, derisa per anni. Guardandola dall'alto in basso – proprio come quelle rose, le viole -, odioso, cattivo, tagliente.

Fino a quando, dopo la guerra e gli orrori che tutti avevano provato sulla propria pelle – lasciandola logorata e vuota –  non era scivolato tra di loro un tacito accordo. Un silenzio spezzato, occhiate fugaci che non contenevano sentimenti. Solo un vago rispetto, una vaga consapevolezza di essere cambiati – entrambi  -, di essere soli, spenti, vuoti. Fu allora che Hermione Granger capì di non odiare così tanto le rose.
 

§

 
La malattia di Draco Malfoy corse velocemente da bocca in bocca, da persona a persona, da aula in aula. E Hermione Granger provava sempre più disgusto per quelli che anni prima aveva ritenuto amici – abili ruffiani, leccapiedi, bigotti – che sentiva ridere ogni giorno per i corridoi, beffandosi di quel ragazzo che, forse, stava per morire – stava pian piano appassendo.

–        Spero che crepi presto quel bastardo.
–        Già, e con lui anche tutta la sua nobile casata.

Esclamazioni sarcastiche, frasi disgustose, il loro divertirsi fino alle lacrime – augurandosi la sua morte – la stava uccidendo. Ogni giorno, ogni giorno quelle parole sommesse che le davano il voltastomaco, che la facevano tremare di ribrezzo, di repulsione, di schifo.

Quell'anno, fu felice di andarsene. Di allontanarsi da tutto e da tutti, per restare in pace con se stessa, per chiudere questioni mai risolte, pronunciare parole mai dette.
 
 

§

 
Il campanello di Malfoy Manor doveva essere difettoso. Quando Hermione Granger bussò alla porta, non udì neppure un suono, un vago rintocco. O forse, erano le sue orecchie a non voler più ascoltare niente, ancora intasate da quella repulsione che aveva   provato l'intero anno ad Hogwarts e che ora sperava di alleviare, ascoltando la sua voce.

Anche solo una volta. Per dirgli addio. Per non spezzare quell'accordo che si erano fatti da sempre o che non si erano mai fatti. Non lo sapeva neanche lei. E neppure lui.

Fu Narcissa Malfoy, - con un lampo di stupore negli occhi – a farla accomodare nell'ampio salone, offrendole una tazza di tè fumante, che lei gentilmente rifiutò.

Allora la donna – la cui bellezza si era affievolita ma non ancora spenta – le rivolse un sorriso stanco, appena accennato, con una strana luce nelle iridi. Come se sapesse cosa voleva Hermione Granger quel pomeriggio d'inverno, durante una bufera di neve.

Le indicò con un gesto della mano una lunga rampa di scale in marmo. Hermione la ringraziò con un cenno del capo e percorse – con gli scarponi che affondavano nel pavimento – la scalinata che le parve infinita. Tutto le parve infinito in quel momento. Persino i pesanti rintocchi del vecchio pendolo appeso al muro.

Ma appena si ritrovò davanti la stanza di Draco Malfoy, quella sensazione sparì così come era apparsa. Non si curò neanche di bussare. Fece scattare la maniglia e varcò la soglia con una determinazione che credeva aver perduto ormai.
 
 

§

 
 
Draco Malfoy era appoggiato alla ringhiera del letto con un fazzoletto in mano – sporco di sangue – e lo sguardo puntato alla finestra. Nel punto esatto dove anni prima aveva visto morire e rinascere quell'intricato rovo in cui si vedeva riflesso. Sempre bello, potente, immortale.

Ora aveva capito perchè sua madre aveva ucciso quella pianta di rose rosse.

Per non guardare quella morire e rinascere, sempre, e suo figlio appassire.

Voltò lentamente la testa verso la ragazza che era immobile davanti a lui. Hermione Granger ruppe quel silenzio irreale che stava straziando entrambi.

–        Quelle rose non sono morte davvero, Malfoy -
–        E tu che ne sai Granger? -
–        Le vedo, Malfoy -
–        Dove? Dimmi dove Granger -

–        Tu sei una di quelle rose, Malfoy -

E così Hermione Granger lasciò la stanza. Con una sola lacrima a rigarle il volto e le unghie a frantumarle la pelle.
Draco Malfoy prese lo specchio dal comodino accanto a sé. Vi guardò il riflesso per un attimo, solo per un attimo. Una rosa bianca.

Poi, il buio.
  
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