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Autore: Dreammy    13/11/2012    1 recensioni
Vi siete mai chiesti come sia morire?
Non siete i soli. Anche Ellen se lo è sempre chiesto. Ellen se lo è chiesto tante volte, fino a capire come sia, in realtà.
La storia di una ragazza ordinaria, una di quelle che le persone comuni definirebbero 'strana'.
La storia di una ragazza che ha trovato l'amore ed è destinata a lasciarlo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Sdraiata sulla strada, i vestiti ormai intrisi di rosso, ripensò.
 
Ellen era sempre stata definita da tutti ‘una ragazzina strana’.
Ricordava bene, fin troppo bene, il suo primo giorno di scuola elementare. Era entrata in classe senza essere accompagnata da nessuno. Era tranquilla, nel suo lercio grembiule blu e lo zainetto nero. Si era seduta nel banco in fondo all’aula, ma aveva capito fin da subito che qualcosa non andava. I bambini che la circondavano piangevano, per la maggior parte. Volevano la mamma. Alla sua sinistra c’erano due piccolette più basse di lei di circa una spanna. Ammiccavano verso di lei, ridacchiando, mentre discutevano delle nuove Barbie Principesse.
Lei, che non aveva mai avuto una cosa del genere, da bambina curiosa quale era, si avvicinò alle due e domandò, con un sorriso: - Scusate.. cosa sono le Larbie Principesse?
Si era aspettata un minimo di comprensione, voleva a tutti i costi sapere cosa fossero quegli oggetti dai nomi incantati di cui le sue coetanee parlavano, ma queste ultime si erano limitate a gettarle un’occhiata sprezzante e girare i tacchi, per avvicinarsi ad un maschietto.
Ellen rimase turbata dall’accaduto: cos’aveva di strano?
Col passare del tempo, la bambina dai lunghi capelli rossi legati in due trecce e gli occhi neri come la pece era cresciuta, sviluppando dei gusti molto diversi dalle ragazze della sua età. Non perdeva tempo dietro a dei cantanti famosi o davanti allo specchio per sperimentare delle nuove acconciature. Passava le sue giornate rintanata in uno stanzino della catapecchia in cui viveva, leggendo libri che narravano di streghe e Maghi Oscuri, di amori sconvolti e di cruente uccisioni. E quante volte aveva sognato di essere la protagonista di uno dei libri che recuperava dalla libreria completamente infestata dai topi.
Fu a quattordici anni che tutto cambiò. Ricordava tutto come se fosse successo il giorno prima.
Erano le nove e mezzo del mattino e lei si stava apprestando ad entrare nella sua nuova, modesta scuola, per la quale poteva a malapena pagare la retta mensile. Abituata ad essere ignorata da tutti, nei suoi vestiti neri e verde piombo, stava salendo le gradinate che portavano dentro l’edificio, quando si sentì afferrare per il polso.
 
Con un sussulto, Ellen ritornò un attimo al presente, dove strinse per un attimo la sua maglietta gocciolante. Poi si rituffò nei ricordi.
 
- Sei nuova, vero? - le aveva domandato un ragazzo di circa due anni più grande di lei.
- S-sì. - aveva balbettato, impaurita e allo stesso tempo sorpresa che qualche ragazzo le avesse rivolto la parola.
- Se vuoi, potrei mostrarti la scuola. Comunque piacere, sono Noah. - le aveva teso la mano, che la ragazza aveva stretto con vergogna.
- Ellen. Piacere. - aveva risposto, quasi meccanicamente. Pensava che sarebbe stato comodo l’aiuto di un ragazzo, per giunta molto carino, per ambientarsi nella nuova scuola. Oh, come si sbagliava.
Quella stessa mattina, subito dopo scuola, Noah aveva fatto perdere quel poco di innocenza che era rimasto a quella ragazza cresciuta troppo in fretta. Mostrarle la scuola era solo un pretesto. L’aveva bloccata e sbattuta contro il muro, fino a far accadere l’inevitabile. L’aveva fatta sua, in un modo così brusco che avrebbe fatto impallidire persino i più bulli della scuola. Le aveva procurato male, fisico e morale. Ora, Ellen era conosciuta in giro come ‘la ragazza di Noah Atkins’.
Fu la prima volta che lei lo portò a casa sua che Ellen riuscì a liberarsi di quell’impiccio. Aveva capito che, se voleva togliersi di mezzo quel ragazzo che se la sbatteva non appena ne aveva l’occasione, doveva spaventarlo. E così, un normale pomeriggio dopo scuola, quando lei aveva diciassette anni, l’aveva accompagnato nel luogo in cui viveva.
Avevano camminato per circa un chilometro fuori dalla città, che lei percorreva ogni giorno a piedi, per poi arrivare in un luogo che ospitava una stamberga barcollante, in legno, che sembrava sul punto di crollare a pezzi.
- I tuoi genitori sono via, vero? - le aveva domandato il ragazzo, piazzandole una mano sul fondoschiena e iniziando a massaggiarglielo.
Lei si era affrettata a rispondere: - Non ci sono mai stati.
E aveva spiegato. Gli aveva raccontato di essere un’orfana. Gli aveva raccontato di come i suoi genitori fossero morti quando lei aveva l’età di cinque anni e di come nessun tribunale l’avesse mai assegnata ad un orfanotrofio perché lei viveva di nascosto. Gli aveva raccontato che, dopo il decesso dei suoi, li aveva seppelliti in giardino senza far sapere nulla a nessuno, per paura di essere presa da un’altra famiglia. Gli aveva raccontato di come facesse tutto da sola, di come cercasse di cavarsela nonostante le asperità e di come lavorasse da sempre.
E solo dopo aver sentito la sua storia, il ragazzo, che in mezzo al nulla le stava torturando il collo con la sua lingua, la lasciò, dicendole che non voleva avere niente a che fare con persone così sfigate.
Passarono gli anni ed Ellen crebbe. Com’era bella. Si trascurava, però, la ragazza. Non aveva mai neanche voluto pensare di cambiare casa o di sistemarsi. I suoi lavori erano sempre più duri e difficili, di alcuni non ne era nemmeno a conoscenza prima di intraprenderli.
Quando lavorava come donna delle pulizie in un’accademia di danza, la svolta.
Stava sbuffando levandosi dagli occhi una ciocca rossa ribelle che era sfuggita alla sua treccia, quando lo vide. David, spettacolare nei suoi capelli biondi e gli occhi scuri, la osservava da lontano. I loro sguardi si incrociarono, poi lei tornò a pulire il pavimento, per paura di qualche altra molestia da parte del suo capo.
David ed Ellen si conobbero. Iniziarono ad uscire insieme, poi, dopo due anni, lei andò a vivere da lui, assaporando uno stile di vita che non le era mai appartenuto. Adesso poteva cambiare i suoi vestiti ogni giorno, poteva farsi dei bagni in una vasca non bucata, poteva dormire in un letto caldo ed avere un’enorme libreria in legno di noce tutta per lei. Poteva ricominciare a vivere, o forse non aveva mai vissuto veramente. David, il bell’uomo con i capelli biondi, l’aveva salvata.
Fu un giorno, precisamente il 4 marzo del 2008, che tutto venne sconvolto. Di nuovo.
I due piccioncini stavano passeggiando per la strada, con i capelli ondeggianti al vento a causa della brezza marzolina. Un tir. Mentre stavano attraversando sulle strisce pedonali, un tir puntò in direzione di Ellen. Il bel biondo, però, le fece da barriera, parandosele davanti e venendo investito dal rozzo pirata della strada, che non si fermò a dar loro soccorso, ma passò avanti. Ma Ellen non poteva perdere qualcuno a lei caro, non ancora. Incurante di come stesse bloccando il traffico, si chinò sul corpo del ragazzo, coprendogli il volto con i capelli. Respirava a fatica. Poggiò le sue labbra su quelle dell’altro, che sembrò riacquistare un pochino di colore. Poi, il disastro. Il disastro che, in realtà, Ellen aveva desiderato.
Il tir tornò indietro, calpestando a sangue anche Ellen, troppo impegnata a cercare di prestare soccorso all’uomo che amava per potersi scansare. Ansimante, per terra, cercò di capire chi fosse l’uomo che desiderava così ardentemente porre fine alle loro vite.
Alla guida del veicolo stava un uomo. Un uomo che rispondeva al nome di Noah. Precisamente, l’uomo che aveva voluto vendicarsi di una ragazza che aveva preferito qualcun altro a lui.
L’ultima cosa che Ellen vide fu David che, sdraiato per terra, si era voltato verso di lei. I loro nasi si sfiorarono, i loro occhi si incontrarono, e la pece si riversò nel caffè, dando origine ad un gusto strano. Strano come il loro amore. E così le loro mani si avvicinarono debolmente, i loro respiri si affievolirono e i loro occhi si chiusero. I loro cuori smisero di battere nello stesso momento e le loro anime si staccarono dai loro corpi, incrociandosi e avvolgendosi l’una all’altra, in modo da non separarsi mai.
 
Vi siete mai chiesti come sia morire? Più facile e più veloce che addormentarsi, dice Sirius Black. Avete mai avuto curiosità di morire? Avete mai progettato il modo con cui vorreste abbandonare la Terra? Vi siete mai chiesti perché moriamo? Avete mai pensato se sarebbe meglio morire da soli o accanto a qualcuno? Ellen era sicura di una cosa: se morire era necessario, di certo l’avrebbe fatto accanto alla persona che amava, in modo da non dover sopportare la lontananza da chi possedeva il cuore che batteva all’unisono col suo. Perché il cuore di chi ami, batte contemporaneamente al tuo.
 

Angolo di Dreammy.
Ho scritto questa One Shot solo perché ero un pochino depressa. Si nota?
Spero che comunque non faccia troppo schifo, rileggendola ho scoperto che mi piace, almeno un po'.
Fatemi sapere cosa ne pensate, migliorarsi serve a tutti!
Grazie per la lettura, se avete avuto la bontà di leggere :D
Alla prossima!

~ Dreammy.
   
 
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