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Autore: WordsEnchantress    13/11/2012    3 recensioni
In fondo, forse, gli angeli esistono. Molto diversi da come li immaginiamo noi.
Con una missione: trasformare la stanza di un ospedale in qualcosa di più.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cathy non credeva nell’amore, almeno finché non
incontrò Judy e Brigitte.

Allora la sua vita cambiò, per sempre.

 

Primo Incontro.

Erano le 5.00 di mattina e Cathy stava dormendo
tranquillamente, ignara dell’improvvisa chiamata che stava per toglierle il
sonno.

Svegliatasi di soprassalto afferrò la cornetta
maldestramente e si affrettò a rispondere: come temeva; era l’ospedale. C’erano
problemi con una novellina debole di stomaco.

Sospirando si arrese alla perdita di un giorno di riposo
e si avviò al lavoro, giusto in tempo per il primo giro di giostra.

Come mise piede nel corridoio principale indossò la sua
consueta maschera e prese le cartelle dei pazienti.

Ora c’è da dire che Cathy aveva una particolare
caratteristica: diventava fredda e professionale appena varcava la soglia
dell’edificio. I colleghi lo sapevano e commentavano che, secondo loro, stava
solo cercando di tutelarsi emotivamente, ma, osservando attentamente, potevi
vedere i suoi occhi brillare in alcune occasioni.

Quella mattina notò che le era stata assegnata la
stanza 381. È un errore, pensò.

“Scusa, Selma, sai spiegarmi questa novità?” chiese
confusa a una collega.

Selma era una donna afroamericana, con il viso pieno e
un sorriso estremamente brillante, sulla cinquantina.

“Oh, buona fortuna. Si sono rifiutati tutti quanti di
lavorare lì, te l’hanno appioppata solo perché sapevano che non avresti mai
rinunciato, in quanto poco professionale.

“Chi c’è lì dentro?”

“La signora Black, 81 anni. Matta come un cavallo. Ha un
tumore all’utero. E poi… La signorina Dickon: ha solo 8 anni, ma messa con i
suoi coetanei diventa un pericolo pubblico, in quanto non frena mai la lingua.
Ha la leucemia.”

Le premesse non erano tra le migliori.

Aprì piano la porta e si trovò immersa nel buio, cosa
strana dato che gli inservienti dovevano già esser passati da tempo… Ma la
risposta non tardò ad arrivare.

“Qui Aquila Spennata, rispondi. Mi ricevi?”

“Qui Serpe Annodata, ti sento forte e chiaro. C’è un
intruso nella base.”

“Hai proprio ragione. Porta un pigiama azzurro, credo
faccia parte dei nemici.”

“Ok, ti autorizzo a fare fuoco.”

“Pcium! Pcium! …Hey, è immortale! Forse è Gesù…”

“Ma Gesù era un maschietto…”

“Allora è Catwoman.”

Per un attimo Cathy si sentì il protagonista di un
fantasy, poi accese la luce…

E la sua convinzione non fece che rafforzarsi.

I letti erano ai lati opposti della stanza, uno di
fronte all’altro. Da dietro di essi si alzarono con aria colpevole due
personaggi incredibili. A destra una bimba minuta, che riconobbe come Aquila
Spennata, con i capelli folti e castani raccolti in una coda disordinata, il
viso tondo incorniciato da una frangetta sbarazzina e due grandi occhi verdi. A
sinistra, Serpe Annodata, una donna anziana e magrolina, la pelle molto chiara
e un po’ cadente spruzzata di macchioline più scure, mentre i capelli bianchi erano
chiusi in una crocchia.

“Buongiorno, io sono la vostra nuova infermiera, la
signorina Wood. Ma voi potete chiamarmi Cathy. Spero di non aver interrotto una
missione importante, ma è l’ora della visita. Come mai le persiane sono
chiuse?”

“I nemici potevano vederci.” Rispose l’anziana signora
con voce concitata, sostenendo il suo sguardo. Aveva gli occhi grigio-castani e
leggermente acquosi, ma molto vispi.

Cathy aprì le finestre lasciando filtrare la luce del
sole e poi spense la luce. Mentre le faceva sdraiare e si preparava alle
analisi, aggiunse:

“Tranquille, con me siete al sicuro.”

Ago, braccio, siringa.

“Lei dev’essere la signora Black”

“Oh cara, chiamami pure Brigitte.” Disse con il tono di
una nonna affettuosa.

Le rispose con un sorriso gentile e si diresse verso
l’altro capo della stanza.

Cucchiaio, bocca, medicina.

“E tu come ti chiami?”

 “Judy, ma tu
puoi chiamarmi Flo. Mia mamma dice che non è un’abbreviazione adatta ma avevo
un pesce rosso che era malato e si chiamava Flo. Anch’io sono malata quindi mi
devo chiamare proprio così. E se non usi il mio nome come si deve non rispondo.
Comunque belle scarpe, ma il pigiama non ci azzecca molto.”

“È una divisa.”

“Beh, stona.”

E quello fu l’inizio di tutto.

 

Giorno Decimo.

Come nulla erano passati dieci giorni e tra Cathy,
Brigitte e Judy (Oppure Flo… O Wanda… O Ruby… Beh, avete capito) era nata
una particolare complicità, una sorta di tacita intesa.

Quel giorno Cathy entrò nella stanza con un sorriso.

“Ciao Brigitte, ciao Sandy.”

“Oh, oggi non si chiama più Sandy”

“Finalmente è passata la mania per Grease? E come si
chiama ora?”

“Judy, solo Judy.”

“Hey piccolina, è successo qualcosa che ti turba?”

La bimba si girò come se si fosse accorta solo allora
della sua presenza.

“Ieri la mamma mi ha spiegato che un giorno chiuderò
gli occhi e non li riaprirò più.”

“E questo ti fa paura? O ti senti arrabbiata?”

“No, no… Solo mi dispiace pensare che potrebbe essere
il giorno delle cialde al cioccolato per colazione, sono le mie preferite e non
vorrei perdermele.”

Cathy la guardò commossa. Chiunque avesse ricevuto una
simile risposta avrebbe immediatamente pensato all’innocenza e l’incapacità di
comprendere di quella bimba… Ma lei no. Lei sapeva che Judy aveva capito
benissimo la situazione sua e di Brigitte.

Ma il suo coraggio, la sua vivacità e la sua
cocciutaggine le impedivano di affondare.

Non c’era voluto molto tempo prima che Cathy scoprisse
quanto fossero sbagliate le cosiddette “voci di corridoio” su quella stanza.
Judy era estremamente intelligente e infinitamente dolce, ma le persone temono
l’innocente sincerità.

Anche Brigitte la sorprese piacevolmente: A differenza
di quanto le avevan detto non era affatto pazza. Era infatti una donnina dolce
e in gamba, che amava giocare e vivere e non temeva il suo tumore.

La stanza 381 era un luogo magico, capace di cambiare
la vita delle persone.

 

Brigitte
Cantastorie.

Era un periodaccio per Brigitte, il tumore all’utero
peggiorava, impedendole quasi di reggersi in piedi, era fisicamente e
mentalmente spossata. In più Judy aveva intensificato le cure e rientrava
sempre più raramente nella stanza; Cathy sapeva che questo la spaventava molto.

Così il suo giorno libero lo passò nella stanza 381, a parlare
amabilmente con lei.

Quando entrò era sdraiata, riscaldata da una copertina
di pile e una sciarpa di lana, guardava fisso di fronte a sé.

“Buongiorno Brigitte”

“Oh, cara, che pensiero gentile farmi compagnia, ma non
dovresti essere a casa con il tuo fidanzato?”

“No, preferisco di gran lunga esser qui.”

“Cosa ti turba, zucchero?”

“Beh… Lui è il tipo di ragazzo che i miei genitori
volevano per me: Bello, ricco imprenditore…”

“Ma non ciò che tu vuoi, vero?”

“No io… Oh, ma che dico. Non è affatto ciò che
desideravo. È così freddo, senza vita, spento. Ma dopotutto ho smesso di
credere nell’amore da tempo, perciò lo sposerò.”

Si tirò su di scatto portandosi la mano al petto, come
fosse indignata.

“Non dire più nulla di simile! – Sussultò – L’amore dovrebbe
vivere ovunque, nel rapporto tra due amici, tra genitori e figli, tra nonni e
nipoti, nel sorriso scambiato con uno sconosciuto… Nella propria anima
gemella.”

Quelle parole colpirono profondamente Cathy, le girò la
testa e, cercando di distrarsi, chiese:

“Eri sposata?”

Gli occhi di Brigitte s’illuminarono al pensiero e si
lasciò andare al flusso dei ricordi.

“Si chiamava Ike, era una ragazzo così affascinante!
Che sorriso! Mi ricordo ancora l’anello che mi regalò il giorno di
fidanzamento, semplice e delicato, non aveva molti soldi. Eppure era il
gioiello più prezioso che possedessi. Era così spensierato, così divertente. Mi
faceva sempre il trucco della moneta purché sorridessi. E ora non mi resta che
vivere a pieno questi ultimi anni, senza di lui.”

“Mi dispiace così tanto.”

“E perché mai cara?”

“Non hai paura? E non pensi sia ingiusto?”

“Paura? No, no tesoro. Questo è il momento di transito,
aspetto di rivedere il mio Ike. La vita è più difficile della morte, ma lui mi
ha insegnato a non temerla, a vivere ogni giorno con il sorriso. Ed è questo
che farò, sino alla fine.”

“Lo amavi?”

“Lo amo come i fiori amano il sole.”

“Brigitte… Judy ha poco tempo. Troppo poco per una
bimba della sua età. Voglio che tu sia forte, ricordati di Ike.”

“Ci proverò.”

 

Di professione
scrittore.

Da un po’ di tempo Cathy frequentava un bar, dove ormai
si conosceva con molti clienti. Tra cui, Nick. Aveva due anni in più di lei e
le faceva di continuo la corte. Ciò che più la sorprendeva era il suo modo di corrispondere.

“E così fai lo scrittore.”

“Sì, fallito però. Ma così va la vita. Potremmo
approfondire l’argomento a cena.”

Il dubbio le stritolò lo stomaco. Cosa avrebbe detto
Steve?

“Certo, ok.”

Malgrado i suoi timori si sentiva finalmente leggera,
felice. Cos’era quella sensazione sconosciuta.

Le parole di Brigitte le suonarono in testa: “Dolcezza,
Ama! Buttati! Vivi per una buona volta e smettila di sopravvivere.”

Si era forse innamorata? Doveva correre da lei.

Irruppe nella stanza quasi correndo, confidando nella
calorosa accoglienza delle due pazienti speciali.

“Era ora” disse la vecchina sorridendo con orgoglio,
come se le avesse procurato lei quella gioia.

“Che lavoro fa?” chiese Judy curiosa.

“Scrittore.”

“Wow! Potreste scrivere insieme le avventure di Aquila
spennata e Serpe annodata! E magari sposarvi e fare una bambina. Ti aiuto io ad
accudirla. Mi chiamerà zia. Zia Judy, suona bene. Saremo pelate entrambe quando
lei nascerà! Così somiglierà un po’ anche a me, all’inizio!”

Il sorriso svanì dal viso di Brigitte, sostituito da
uno sguardo vacuo.

“È un po’ presto per pensare ai figli, ma gli proporrò
la stesura del nuovo libro.”

“Io e Brigitte faremo le illustrazioni!”

 

Amore e gelosia.

Delicatamente la manina di Judy le sfiorò il viso,
scostando le lacrime. Sembrava così adulta, richiusa in quel corpicino minuto,
eppure così immensamente matura.

Brigitte parlava con voce cantilenante, cercando di
calmarla.

“Sono passati sei mesi, eppure senza di lui ti senti
persa. Non c’è storia. Lo ami, lo ami davvero.”

“Già.”

“Steve è andato via per sempre dalla tua vita Cathy,
non tornerà.”

“Sì, ma non è solo questo.”

“Allora, fammi capire bene. Ha ricevuto dei messaggi da
un numero sotto il nome di coniglietta giusto?
Oh, non può essere ciò che pensi. Anche se ammetto che è molto equivoco.”

La sua voce era spezzata.

“E se non mi amasse? Se mi facesse del male?”

Judy balzò in piedi. Sembrava presa da un attacco
isterico, le mani le tremavano e sbatteva continuamente le palpebre.

“Perché? No. Non ti prenderà. Non ti torcerà neanche un
capello. No. No.”

“Calmati piccolina, è un modo di dire. Respira.”

Quella sera Cathy tornò a casa confusa, disorientata.

Non la chiamava da tre giorni, era sparito, come il
sole sparisce dagli occhi del fiore, durante un’eclissi.

La porta però non era ben chiusa, e il suo cuore
accelerò nel notarlo. Dischiuse piano l’uscio, sorpresa di trovare, nel piccolo
soggiorno, il suo amato Nick.

“Avrei voluto che qualcuno m’insegnasse come si ama una
donna. Come ci si deve comportare. Ti ho presa e poi gettata via, con i miei
malo modi.

Cosa devo fare perché tu mi perdoni?”

“No. Tu sei felice con lei. Non voglio nulla.”

Detto questo, chiuse la porta in faccia a un Nick
spiazzato e confuso.

Mentre si accasciava delusa sul divano notò un
pacchetto sul bracciolo del divano.

Il biglietto recitava:

“Ogni giorno passato con te il mio cuore germogliava.
Ora il fiore è pronto ad aprirsi. Vuoi essere il mio sole? Vuoi essere la mia
dolce ragazza, la mia ispiratrice e la mia tenera Amante?”

Lo aprì e trovò tre copie di un libro, fresche di
stampa.

 

Nick Tiblet &

Cathy Wood

 

Stanza 381

Agenti
Aquila Spennata

E
Serpe Annodata.

 

Con
le speciali illustrazioni di

Brigitte
Black &

Judy
Dickon

 

Una lacrima le solcò le guance, rigandole il viso come
una lama tagliente.

L’amava, l’amava davvero.

 

Judy. Meno testa
e più cuore.

“Caaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaathy!”

“Sì, piccola pestifera?”

“Tu credi in Dio?”

“Sì.”

“Nel diavolo?”

“No.”

“Negli Angeli?”

“Con tutto il cuore.”

“Dove si trovano gli angeli?”

“Oh, sono in mezzo a noi. Dove meno te lo aspetti, loro
sono lì, intrufolati nelle nostre vite. E quando non ci crederesti mai scopri
che ti sta tenendo la mano.

Può essere l’uomo che ti ama, un’amica fidata, un
genitore amorevole, la mano che ti aiuta.”

“Tu e Brigitte siete Angeli?”

“No, io no. Ma penso che infondo Brigitte sia proprio
un angelo. Uno molto speciale.”

“Quindi gli angeli possono morire?”

“Non muoiono, semplicemente tornano a casa, dopo aver
compiuto la loro missione. Tornano dalla propria famiglia, dal proprio Ike.”

“Qual è la sua missione secondo te?”

“Vivere, credo.”

Annuì piano, incredibilmente cosciente di quel discorso
tanto difficile da affrontare.

Cathy fece per alzarsi, con molta cautela, per non
spargere i pezzi di puzzle che inondavano le coperte troppo spente di quel
letto d’ospedale.

“Un’ultima cosa. Perché continuate cercare di guarirmi?
Quelle medicine mi fanno stare tanto male.”

“Mai smettere di lottare.”

“Magari anch’io ho compiuto la mia missione.”

“Cioè?”

“Se te lo dicessi sarebbe tutto vano.”

Cathy, d’impulso si chinò ad abbracciarla, per la prima
volta abbracciava una persona così.

“Meno testa e più cuore Cathy. Questa è la mia
missione.”

“Ti voglio bene, piccola mia.”

 

E poi il
silenzio.

Cathy si stiracchiò piano e lasciò un bacio delicato
sulla fronte di Nick, che riposava ancora tranquillo nel loro letto.

Mentre entrava nell’ospedale sorrideva gentile, priva
ormai di quella maschera di ghiaccio.

Fece il giro con tranquillità, sorridendo della
sbadataggine di Selma.

-     
Stanza 381: Brigitte Black.

Si era scordata ancora una volta un pezzo. Sta volta un
nome, quella prima un numero e quella prima ancora qualcos’altro.

Imboccò il corridoio che portava alla sua pace
interiore, e pian piano il sorriso le scivolò via.

Quanto silenzio.

Niente schiamazzi, niente risatine. Forse Judy dormiva
ancora e Brigitte stava rileggendo per la millesima volta il loro libro.

Per un attimo le sembrò che il mondo perdesse colore.

Aprì piano la porta 
e trovò Brigitte seduta sul bordo del letto, stava proprio rileggendo il
libro.

Cathy sospirò di sollievo. Come immaginava.

O forse no?

Brigitte alzò con lentezza esasperante il volto coperto
di lacrime, dalle pagine consumate del libro.

Silenzio.

Cathy si lasciò scivolare sul quello che era stato il
letto di Judy. Il cuscino era ancora intriso di quel profumo, il suo profumo.

Improvvisamente la donna che aveva davanti sembrava
così anziana.

Alzò piano gli angoli della bocca, rigati dal tempo e
bagnati dal dolore, in un sorriso violento.

“Oggi a colazione ci sono le brioche alla marmellata.”

Cathy sorrise, si alzò e la raggiunse. Si sedette al
suo fianco e piansero.

Piansero un dolore che non le avrebbe mai abbandonate.

Una terribile tempesta si era abbattuta sulle loro
vite, una tempesta insidiosa in quanto non c’erano stati tuoni, né lampi… Era
arrivata, prepotente e muta. Lasciando dietro di sé solo silenzio.

Tutto questo però non bastò. Perché dopotutto, Aquila
spennata, aveva portato a termine il suo compito.

Aveva insegnato a Cathy l’amore, aveva insegnato a un
piccolo pezzo di mondo, una sola stella del cielo, cosa significhi Amare.

 

E poi.

E poi gli anni passarono. Lenti, veloci e scoordinati.

Cathy si sposò ed ebbe una bellissima bambina che
chiamarono Judy Brigitte Tiblet.

Brigitte capì quale fosse la sua missione.

La sua missione era l’amore di una nonna per la sua
nipotina.

Anche se acquisita.

Così, finalmente felice, raggiunse il suo Ike in una
notte di primavera.

Cathy non scordò mai la stanza 381.

Ora Judy Brigitte ha 5 anni e ha dei sogni, delle
speranze, tanta fantasia e pochi peli sulla lingua.

È una bambina sana, felice.

Ha i suoi giochi, una mamma bellissima e un papà
scrittore.

E ha una favola preferita.

“Cosa ti leggo stasera?”

“Il libro tuo e del papà.”

“Ancora?”

“Ti prego.”

“Ok va bene. Poi però dormi senza fare storie, ok?”

“Ok.”

“In un ospedale di una cittadina non molto lontana si
trovava una stanza magica. Un luogo dove i sogni diventavano realtà. Qui i
nostri eroi, Aquila Spennata e Serpe Annodata, combatterono contro mostri
terribilmente forti e prepotenti; i temibili Leucemia e Tumore. Questo posto
incantato si chiamava Stanza 381…”

   
 
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