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Autore: Cat Can Play Cello    14/11/2012    2 recensioni
Dissidio interiore in un momento di crollo e incertezza.
Equilibri persi e distrutti e la volontà (univoca?) di ricostruirli.
Una chiamata: quanto basterebbe piantare una nuova speranza o distruggere quanto rimasto.
Una chiamata per farmi precipitare nella disperazione più nera.
Una chiamata per sollevarmi nei cieli più alti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Dovrei chiamarti.
Avevi detto che mi avresti fatto sapere.
Che avresti trovato un attimo per me. Ma poi mi hai scritto che non avevi tempo né energie.
Per affrontare me. Il tuo scomodo passato. Qualcuno che temi possa attentare al tuo fragile e meraviglioso nuovo equilibrio.
Mi hai sempre detto che ero come una tempesta in arrivo, confusionaria, precipitosa e testarda ma ti piacevo quando tentavo goffamente di starti vicino, piccola e in ombra.
Quando lavoravi ero lì a guardarti a distanza, eri circondata da così tante persone.. E mi sentivo sempre in disparte.
Ma poi mi sorridevi e io rimanevo lì, immobile, incapace di spiccicare parola e ti ricambiavo sentendo il cuore più leggero.
Mi cercavi, stavi attento che non mi succedesse nulla perché in fondo ero la tua 'piccolina'.
Non che tu mi ci abbia mai chiamato così, e se lo avessi fatto ti avrei strappato le corde vocali presumo ma era così: mi stavi accanto mi proteggevi, arginavi la mia carica distruttiva. Mi amavi.
E io ti adoravo. Con tutta me stessa, con quanto amore avevo in corpo.
Era tutto in equilibrio.
Poi la tua forza è venuta a mancare.
Ero instabile, tu lo eri più di me.
Avrei dovuto essere io a proteggerti e starti accanto.
Dove ero?
E tu eri solo, in balia di te stesso.
Non l'ho capito o forse in uno dei miei momenti non l'ho voluto capire.
L'equilibrio si è rivoltato contro di noi.
E la tempesta ha rotto gli argini. Ti ho attaccato quando eri vulnerabile.
Tu hai reagito di conseguenza.
E in attimo il nulla, vuoto cosmico.
Abbiamo avuto paura l'uno dell'altro e ci siamo risolti in una fuga precipitosa verso due estremi opposti.
Sono anni che non ti vedo.
Sono anni che ti penso.
Sono anni che vivo nella speranza e nella paura di vederti.
Anni di telefonate anonime per non scordare il suono della tua voce e poi piangere per ore senza aver avuto il coraggio di spiccicare parola.
Anni in cui ho tentato dimenticarti.
Dovrei chiamarti. Ho bisogno di te..
Ma ho paura di perderti.
Eppure non ce la faccio a vivere così con il tuo ricordo che mi avvelena l'anima ogni giorno.
Mi guardo intorno.. È tutto gelido, ho fatto di nuovo il vuoto intorno a me. 
Non c'è nessuno che mi aspetta.
Nessuno a preoccuparsi di me.
Se ti chiamassi e ti perdessi..
Avrei perso veramente tutto.
Non rimarrebbe nulla.
Ma del resto.. Cos'ho da perdere?
Lacrime? Ne ho perse già tante.. Non sarebbe una gran perdita.
Il mio ultimo pezzo di cuore? Almeno chi mi odia avrebbe ragione nel dire che sono senza cuore e pietà.
Me stessa e la ragione? Non sono forse già perse se sono in queste condizioni?
Io ho bisogno di te ma tu.. Tu?
A quanto pare no.
Per te non sono che uno scomodo intralcio.
Una mosca fastidiosa da scacciare.
Un pericolo imminente.
.. Cosa ho fatto.. Devo essere stata un vero mostro..
Vorrei chiamarti.
Almeno per chiederti perdono.
Almeno per darti l'addio che non ci siamo mai dati.
Almeno per dirti quanto tu sia stato meraviglioso, dolce con me e quanto ti ho amato.
Perché l'ho fatto, ti ho amato.
Male.
Ma ti ho amato.
Fisso il telefono poco lontano.
Basterebbero due passi.
Il tuo numero è tra i preferiti.
Basterebbe tenere premuto un tasto.
...

"Pronto..?" al mio orecchio.

Un sussulto.
Il telefono è ancora lì giù.
E presumibilmente lì rimarrà chissà per quanto altro ancora.
   
 
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