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Autore: Nymphna    15/11/2012    4 recensioni
Una notte di pennellate e amore, un quadro e due vite intrecciate.
Raffaello e la sua Fornarina.
Genere: Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Pennellate damore

 
1519, Roma.
 
La prima pennellata di colore è sempre una profonda emozione. Lui lo sa bene, ha dipinto un sacco di quadri. Alcuni ritraevano nobildonne, altri famiglie reali, antri ancora santi o la Santa Vergine. Non questo. Sa che non verrà apprezzato da nessuno, lo sa bene perché non lo vuole esporre. Dal primo tratto in matita, ha deciso che quel dipinto rimarrà suo, appeso al muro della sua stanza da letto, forse. Così sarà sicuro che nessuno lo andrà a vedere. Si sente geloso, possessivo. Così succube.
La donna che gli siede davanti ha lucenti capelli neri, agghindati in un turbante rigato d’oro e blu, vivaci occhi scuri e tratti armoniosi del viso. Sorride dolcemente, guardandolo. Lui la guarda e inarca le labbra di rimando. Sbatte le palpebre, quel secondo che basta per farlo innamorare ancora di più. Vorrebbe possederla ora, vorrebbe possederla adesso, ma il bisogno di pitturare, di colorare quella tela bianca dei suoi colori lo riempie di entusiasmo, lo accende. Ha bisogno di dipingerla per non dimenticare mai così tanta bellezza. Sa che ha altri quadri da finire, ma non gli importa. Aspetteranno. Tutto dovrebbe fermarsi dinnanzi all’amore.
Il Papa disapproverebbe in pieno. Così come il vescovo, l’arcivescovo e il frate. Ma lui sa che non può essere così sbagliato se è anche così bello. La guarda ancora una volta, cercando di cogliere quelle sfumature di colore che non ha ancora colto, quei dettagli che solo un professionista può conoscere. Cerca l’ombra a destra, la luce dell’est a sinistra. Cerca la curva del collo, della spalla, si sofferma sui capezzoli che ama più di qualsiasi altra cosa. Ricorda di averli succhiati avidamente la sera prima, come fossero la sua unica ancora di salvezza. In fondo al cuore, è sicuro che lei sia veramente la sua unica musa. Sa che non si potrebbe amare di più una donna. Loro costituiscono il limite oltre il quale non si può andare, nemmeno la pazzia e l’ossessione potrebbero separarli. Lui è già pazzo di lei. Pazzo d’amore.
 - Come dite? – domanda Margherita agitandosi un poco sul suo sofà, muovendosi appena. Deve aver parlato a voce alta. È un vizio che non è mai riuscito a togliersi del tutto. Spesso, quando qualcosa di importante fa capolino nella sua mente, bisbiglia fra sé e sé. Per fortuna tutti lo conoscono, sanno che è un artista e non lo credono matto. Lo giustificano, dicendo che “il genio sta parlando”.
 - Nulla, mia cara, state tranquilla. Vi riesce di ritrovare la posizione di prima? – domanda con un sorriso sornione, osservandola spostarsi, appoggiando le mani sul sofà e lasciando cadere il drappeggio di stoffa trasparente sul ventre. Sospira. I seni si muovono con lei, mentre si sposta indietro. Osserva attenta dove mette le mani, una che regge uno di quei meravigliosi frutti indicando il bracciale al braccio su cui lui scriverà il suo nome. Già, perché lui è suo. Non sa se può sposarla, non ne è del tutto certo. Ma lei non gli ha mai fatto pesare il fatto di essere solamente amanti, perciò sta bene così.
 - Stavate di nuovo parlando da solo – gli fa notare la giovane donna, guardandolo con tenera malizia. Raffaello scuote la testa delicatamente, colorando i capelli di nero ala di corvo. Sa che lei lo capirà sempre. Lei sa benissimo cosa stava dicendo. Ha capito ogni sillaba, come se lui le stesse parlando nell’orecchio, come fa quando scende la sera e non c’è più niente da dipingere, prima di baciarla e trascinarla sul letto.
Margherita, come il fiore dai mille petali, come le sue mille sfaccettature. Margherita, il fiore della speranza e della richiesta d’amore. M’ama o non m’ama? Oh, Margherita lo ama. Lo ama alla follia. Farebbe di tutto per lui, e già fa tutto il possibile. Lavora da suo padre, mattina e pomeriggio, ma quando ha finito si afferra le gonne fra le mani e corre da lui, da Raffaello, dal pittore, dal suo grande amore. Irrompe in casa sua come un uragano, aspettando con ansia il suo prossimo compito. Ogni giorno è una sorpresa. Non sa mai se vorrà ritrarla a matita, dipingerla, usarla come musa per qualche altro soggetto o semplicemente fare l’amore. Anche farsi guardare è una forma di piacere sottile, un fremito ogni volta che posa lo sguardo attento su di lei. La scruta in ogni dettaglio, studia ogni curva e sorride ad ogni difetto. Margherita sa che nessuno la conosce meglio di lui. Raffaello conosce ogni minimo particolare del suo corpo. La conosce sin dalla prima volta che si sono visti.
Ricordano bene entrambi quel giorno. Erano in chiesa e il prete non faceva altro che parlare della purificazione del corpo, del peccato della lussuria, della voluttà umana. E lui proprio non riusciva ad essere d’accordo con lui. Aveva notato una giovane, nell’altra navata. Stava ferma col viso abbassato e i capelli coperti, ma quel ciuffo ribelle era scappato dalla crocchia e scendeva arricciandosi sul collo. Le spalle erano dritte anche se le mani forti facevano chiaramente capire che non era una nobile. La seguì con lo sguardo, quando andò a prendere l’ostia, e non aspettava altro che finisse quell’interminabile messa. Quando finalmente terminò, riuscì ad avvicinarsi a lei e ad afferrarle una mano.
 - Siete bellissima – in un bisbiglio, l’espressione stupefatta della giovane e il suo sorriso provocatorio, il giorno dopo era nuda davanti a lui per farsi ritrarre. E lui era impazzito per lei, da subito. Era impazzito per la sua decisione, la sua malizia, la sua sfrontatezza nascosta, il modo in cui pronunciava goffamente qualche parola in francese e come le sue mani macchiate di farina contrastavano con gli abiti colorati. Inutile dire che dopo una settimana Raffaello non era riuscito a trattenersi, l’aveva condotta in camera sua e l’aveva baciata con passione. Non sapeva cosa aspettarsi come reazione, lì per lì, ma quando lei rispose con altrettanto ardore lasciò perdere lo stupore e la prese con dolcezza, con urgenza e con bisogno. La amava già. Era speciale.
 - Il sole sta calando, mio signore – annuncia la Fornarina, sorridendo maliziosa. Non gli sfugga la piega ironica e piena di aspettativa che hanno preso le sue labbra. Annuisce con fare disinteressato, ma in realtà sta cominciando a pregustare il momento in cui la luce smetterà di fare il suo dovere per lasciare alla luna l’onere di illuminare gli amanti. Si scosta un momento dal dipinto. Solo poche parole, uno scorrere libero di pensieri e quel pomeriggio è già finito. E’ quasi fatta. La pelle è ormai rosa pallido, gli occhi e le sopracciglia, come i capelli, di un intenso color scuro, la mano comincia ad abbozzarsi e ai seni mancano solamente i capezzoli.
 - Devo lasciar asciugare la pittura – mormora piano Raffaello. Non vede l’ora che arrivi il momento dei particolari.
Il mestiere del pittore, dopotutto, era simile a quello dell’amante: si cominciava da un abbozzo, un sorriso, una parola o un gesto per proseguire alla delineatura attenta dell’altra persona; il seguito era il colore di base, quello che avrebbe dato al quadro un carattere, così come alla relazione. E poi, c’erano i dettagli. Conoscere il soggetto, trovarne ogni ombra, ogni anfratto nascosto, sapere perfettamente che colore abbinare alla passione, all’energia del moto, alla dolcezza dei baci, che cosa si aspetta il destinatario dell’opera, se una notte di furiosa passione oppure un tranquillo panorama di tenerezze.
Margherita si alza dal sofà, la leggera stoffa trasparente scivola via dal petto, mostrando i seni pieni scoperti, permettendo a Raffaello di provare un fremito di piacere. Quando abbassa gli occhi vede anche la stoffa rossa della coperta di seta che segue la prima, rivelando una nube di ricci scuri, il ventre leggermente rigonfio e le gambe morbide, robuste. La Fornarina avanza verso di lui, gli cinge il collo con le braccia, lo attira a sé baciandolo con passione.
 - Abbiamo finito per oggi? – gli domanda provocante. Si. Hanno finito. Improvvisamente dipingere non gli pare più interessante, non col viso immerso in quei capelli profumati, scuri, lisci, non davanti a un corpo così allettante e roseo. La stringe a sé forzando le labbra dolcemente, cercando la sua lingua. – Mi farete vedere il quadro, almeno prima che sia finito? -
 - Mai, mia dolce. Sai che porta sfortuna. – ribatte Raffaello. Conosce le dicerie. C’erano alcune leggende che giravano in città, nei sobborghi. Quando si aggirava fra le vecchie sedute fuori casa a chiacchierare e filare, il fuso in mano e l’arcolaio in movimento, le sentiva. “Il pittore maledetto”, dicevano, “Quello che ha mostrato il suo quadro”.  Si era fermato davanti a una vecchina sdentata, il capo coperto da una stoffa blu con alcuni ricami in tratti sconnessi, indistinti. “Chi?” aveva domandato, lanciandole una moneta. La vecchia aveva sorriso, afferrato la moneta e in fretta l’aveva nascosta in seno, occultata da sguardi e mani indiscrete. “Il pittore fiammingo” aveva bisbigliato “Si dice che stesse dipingendo il quadro a una fanciulla. Oh, non una fanciulla come tante, proprio no… quella era la figlia del doge di Venezia!” l’aveva guardato come se la sapesse lunga, mentre lui sapeva che si trattava solo di leggende e dicerie; “Ella era nuda, appoggiata su un sofà, delicata e dolce come una rosa appena sbocciata. Ma a una sua richiesta, il pittore fiammingo non riuscì a dire di no… le mostrò il quadro prima che fosse finito”. Si interruppe, facendo girare l’arcolaio, tossendo sangue sul grembiule ormai sporco. “La perse. La perse perché dei briganti l’ammazzarono e la buttarono nel canale. Il pittore s’impiccò dal dolore.” Doveva aver fatto una smorfia poco convinta, perché la vecchina insisteva.
 - Ancora la storia del pittore fiammingo? – la perfezione della donna lo riporta a terra. Annuisce contro il suo collo, porta le mani ai suoi seni, premendo le sporgenze scure fra i polpastrelli delle dita. Margherita geme di piacere. Lo lascia fare, tuttavia, assaporando il suo tocco, tenendogli i polsi. Gli sfiora dolcemente le labbra, poi scoppia in una risatina, coprendosi deliziosamente la bocca.
 - Perché ridete, mia cara? – domanda Raffaello, beandosi dell’immagine della ragazza senza vesti che rideva. Pensa che deve essere una ninfa o un essere inumano per essere così perfetta.
 - Mi chiedevo se il vostro allievo Giulio sa che sono io la Velata e la Madonna Sistina – svela ironicamente – Anche se sono sicura che questa sarà la vostra opera migliore. –  Somiglia a una donna araba, pensa Raffaello, una di quelle dei bordelli che una volta frequentava, quelle bellissime donne di color marrone chiaro, i lunghi, sensuali capelli neri, gli occhi scuri che sapevano leggere dentro il cuore degli uomini e i turbanti, i bracciali, i campanelli intorno alle caviglie. Anche lei ha il copricapo a righe che le tratteneva i capelli, il bracciale. Vuole scrivervi il suo nome. Questo quadro non è da mostra, no. Quel quadro è suo. E’ da tenere ogni giorno davanti agli occhi, rimirarlo nella sua interezza, nei suoi dettagli. Ecco perché non vuole completare gli altri lavori: la Fornarina ha la precedenza. E’ la sua collezione privata. Come i suoi schizzi. La bozza della Velata. Inizialmente aveva pensato di non vestirla. Era così bella, solo col velo e la collana… perché bisognava infagottare un corpo così stupefacente di ingombranti abiti di raso colorato, corsetti, fiocchi e sottovesti. Margherita è bella così: senza nulla addosso.
 - Non lo sa, mia adorata – risponde tendendole una mano. Lei lo guarda maliziosa, poi si gira e si dirige verso la camera da letto. Raffaello la segue ridendo, togliendosi finalmente il cappello che ha dimenticato da quando era uscito. Non è educazione che un rispettabilissimo pittore esca senza coprirsi la testa dinnanzi a Dio onnipotente. Il pavimento di legno scricchiola sotto i suoi passi come non ha fatto con l’amata, che scosta la porta scivolando quasi eterea nella stanza. Lui la segure quando entra è già sdraiata sul letto, su un fianco, una mano a sorreggere il corpo per poterlo guardare meglio. Il tramonto stava scendendo, lo nota dalla luce, così le fa cenno di aspettare un momento e prende una candela bianca, profumata, dal cassetto e la incastra nel candelabro d’ottone. Sfrega due pietre focaie nel camino davanti al letto, in modo che diano fuoco ai legnetti più piccoli e infiammabili, poi ne prende uno e accende anche la candela. Ora c’è un po’ di luce. Agita il bastoncino per spegnerlo e lo lancia di nuovo nel fuoco, poi raggiunge la sua sensualissima Fornarina sul letto. Quando lei lo bacia non trova più che la donna sia semplicemente un’apparizione divina, una bellissima ninfa solo per lui. Diventa piuttosto fuoco ardente, che lo brucia e lo lascia come brace a sognarla ancora, finchè non torna, come una raffica di vento ad appiccare nuovamente le fiamme della passione. La stringe sotto di sé e quando la penetra, si sente il più mortale e piccolo degli uomini, a confronto dell’amor sacro e profano disteso sotto di lui, le gambe spalancate per accoglierlo, il corpo fremente dal piacere.
Si addormenta subito dopo l’amplesso.
 
La Fornarina apre gli occhi, mangiata dalla curiosità. Le braci nel camino scoppiettano ancora, calde, così come il corpo dell’amato al suo fianco. La candela si sta consumando e lacrime calde di cera colano lungo lo stelo. Si alza in piedi. Non è mai stata una donna paziente. Spesso suo padre le parla di santa pazienza o martiri vari, di persone che muoiono di fame o di malattie, le rammenta la peste e le fa ricordare come una donna debba imparare a servire pazientemente il suo uomo in ogni suo capriccio. Ma lei non si piegherebbe mai davanti a uno come suo padre. Davanti a Raffaello si, eccome. Basta uno sguardo per vederla eseguire ciò che il pittore ha solo pensato. Lei vuole eseguire i suoi ordini. Vuole fare come diceva lui. Vuole renderlo fiero. Vuole appagarlo. Vuole che la guardi come quando la dipinge, dettaglio dopo dettaglio. L’eccitazione sale e quando decide che il quadro è a buon punto lei lo trascina a ben altri doveri. E vorrebbe continuare così per sempre. Ma la cosa che odia, quella che le richiede lo sforzo più grande di tutti, è non poter guardare i dipinti. “Porta male”, le dice Raffaello ogni volta. Lei non ci crede. Si dicono così tante cose. “Chi ha un amante e non un marito, prima o poi lo perde”. “Chi nasce provocatrice, muore monaca”. Non ci aveva mai creduto. C’erano tantissime persone a Roma che provocavano, specialmente le donne, di notte. Ma mai nessuna aveva dato i voti. Si copre le spalle con la giacca del pittore, caduta nella foga della passione a terra. Scivola nello studio silenziosa, attenta a non svegliarlo, con la candela in mano. Se pensa in maniera corretta, non si sveglierà fino alla mattina seguente.
Avvicina la candela al quadro che sta asciugando e quando vede tutta quella rosea bellezza si stupisce. Si sfiora le labbra, il naso, le gote, la fronte, i capelli, il collo, il seno. E' veramente lei? E' davvero così come lui la ritrae? Forse è solo un’esagerazione, spinto dall’amore. O forse è davvero così attraente. Margherita è ipnotizzata. Vuole uno specchio, una superficie, ma non sa dove osservarsi e non riesce a distogliere lo sguardo dal dipinto. E' bellissimo. La fronte alta e piccola, la divisione netta dei capelli scuri, il turbante ordinatamente intrecciato ai capelli, gli occhi profondi e sbarazzini, il naso dritto, le labbra piene. E poi il collo proporzionato, le spalle, i seni piccoli ma sodi. Si sente improvvisamente come spogliata dal corpo, come se Raffaello le avesse dipinto l’anima. Non sa se quello è il suo aspetto fisico vero, ma sa con certezza che è quello dell’anima. Un’anima ordinata, frettolosa, troppo attenta a non concedersi ai vizi dal farlo quotidianamente, provocante e birichina. E' lei. Si sente lei.
Resta a lungo a fissare il quadro. Non è finito, ma quella è lei. La sua anima.
Torna malvolentieri in camera, si infila sotto le spesse coperte e si stringe al corpo dell’amato, che mugola qualcosa nel sonno. “Dormi, mio dolce pittore”, pensa, “Dormi e domani continua il quadro fino a finirlo. La Fornarina sarà qua per te, sempre”.
 
 
 
 
 
 
 
La leggenda racconta che nel 1520, dopo una notte di “eccessi amorosi” con Margherita Luti, detta “la Fornarina” perché figlia di un fornaio del Trastevere, Raffaello Sanzio si ammalò di una febbre acuta che durò quindici giorni. I medici dell’epoca cercarono di curarlo con dei salassi, ma senza successo. Egli morì il 6 aprile del 1520, si presume lo stesso giorno della sua nascita.
Dopo la sua morte, Margherita Luti rimase così sconvolta da ritirarsi nel convento di Sant’Apollonia a Trastevere, in cui prese i voti, non volendo più sentir parlare di amore, e lì rimase fino alla sua morte, molti anni dopo.
Alcune fonti ipotizzano che Raffaello Sanzio e Margherita Luti si fossero sposati segretamente.
 
 
La loro triste storia d’amore è ancora oggi una delle più amate di Roma. 
   
 
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