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Autore: demetriasmyeverything    15/11/2012    1 recensioni
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Amavo sentire i capelli sulla schiena mentre facevo la doccia. Ero seduta, mentre l'acqua mi rigava il viso. Era l'unico modo che avevo per rilassarmi. Mi alzai in piedi, chiusi l'acqua e uscii dalla doccia. Mi infilai il pigiama e andai a dormire; l'indomani sarei andata a scuola, e io odiavo la scuola.

Era una fredda giornata di metà novembre, indossavo dei leggings, una felpa grigia e una sciarpa lunga dello stesso colore della felpa. Capelli raccolti, sul castano scuro, frangia, occhi verdi con qualche parte gialla, grandi, forse fin troppo, alcuni dicevano assomigliavano a quelli di un gatto, altri a quelli dei cullen. Erano truccati, un po' di eyeliner e di mascara, senza esagerare, un po' come la bocca coperta da quel filo di rossetto rosso. Non sono alta, sono sul metro e cinquantasette, non sono nemmeno magra, peso cinquanta kg, le mie cosce sembrano delle polpette: le odio. 
“Hey, Ali, come va?” La voce calma e dolce di Marina era inconfondibile.
”Hey, sto bene e tu?” 
“Certamente! Hai studiato? Probabilmente interroga in storia e..”
Smisi di ascoltarla, da lontano vidi una figura vicino alla porta, sembrava Marco. Iniziai a correre velocemente verso di lui, avevo bisogno di parlargli, dovevo farlo. Una ragazza mi precedette, li andò in contro e gli stampo' un bacio sulle labbra.

Certo, doveva essere lei la stronza per cui avevamo litigato. Era alta, bionda, magra. Forse era quello che cercava un diciannovenne come lui: una ragazza adulta e "figa", adulta e figa abbastanza da dargliela tutte le volte che voleva. Per quello c'eravamo lasciati. L'età forse aveva fatto la sua parte, ma io non me la sentivo di perdere la verginità, anche s'era passato un anno dal giorno in cui c'eravamo messi insieme. Avevo quattordici anni, lui diciannove, forse la differenza era troppa.

Cercai di distrarmi, guardare altrove, non cercarlo. La verità è che lo amavo ancora, e non riuscivo ad accettare il fatto che lui non ci fosse più. Mi sentivo vulnerabile: avevo paura. Le giornate senza di lui erano diventate cupe, prive di senso. Avevo smesso di uscire. Studiavo, era tutto ciò che facevo.

La campanella suonò ed entrai in classe con uno strano nodo alla gola. Odiavo la mia classe, era popolata da gente falsa, che mi salutava col sorriso ma che poi, appena mi allontanavo, mi riempiva di cattiverie. 
La lezione di storia fu un disastro, non presi nemmeno un appunto, nulla di nulla, continuavo a pensare a quel bacio, a lui, a lei.
La campanella segnò l'una, e finalmente uscii da quel posto. Anche l'aria puzzava di falso. Andai a casa, studiai, feci la solita doccia e andai a letto.

Quella notte sognai me e Marco sulla riva di un fiume, lui mi coccolava, diceva che ero la sua piccola, l'unica che voleva. Mi baciava, abbracciava, stringeva a sé. Mi svegliai con le lacrime agli occhi. Non mi era mai mancato qualcuno cosi tanto.
Erano le sette in punto, stavo facendo colazione quando mia sorella entrò in camera correndo. “Hai sentito? Dio, Alice, dimmi che hai sentito”era euforica, e non capivo perché. Poi riprese il discorso. “I ragazzi, i ragazzi saranno qui oggi. Vogliono farsi delle vacanze, e hanno scelto dei giorni in Italia. Oh dio, sono cosi felice.” La guardai stupefatta. “Miley, non ti offendere, eh, ma hai otto anni, come puoi essere cosi euforica per una band di diciannovenni? È ridicolo, ed è anche difficile incontrarli.” “Lo so.”

Fui costretta da mia madre, di accompagnare mia sorella in giro per la città, cosi si sarebbe svagata e avrebbe smesso di piangere. La portavo in giro mano per mano, come fosse il mio piccolo gioiello, poi d'un tratto si bloccò. “Alice, oh dio, guarda, guarda quei ricci! Chi ti sembra, eh? Oh mio dio, è lui. Corriamo verso quel negozio, ti prego! Vai tu, io non so l'inglese.”
Mi avvicinai al ragazzo, che al momento stava guardando una vetrina. Non si accorse di noi. Picchiettai sulla sua spalla. “Scusa, mia sorella è una tua grande fan, non è che potresti fare una foto con lei?” Il ragazzo si volto'. Aveva dei capelli ricci, e degli occhi color mare caraibico. Sorrise. Anche il suo sorriso era perfetto. “Certo” disse con quel sorrisone che solo un bravo ragazzo potrebbe sfoggiare. “Grazie” gli dissi. Mi guardo' e mi sorrise, poi si abbasso' verso Miley. “Allora, tesoro, fai cheeeeesee!” “Cheeeseee” dissero insieme. Lo ringraziai ancora una volta. 
“Harry, ti va di venire con noi a prendere un caffè? Qui fuori fa freddo, dai, per favore”. Si stava comportando come se lo conoscesse da tempo, la guardai con aria di rimprovero. “Miley, non esisti solo tu al mondo. Ora lasciamo il ragazzo in pace, è già tanto se ha fatto una foto con te, finiscila subito.” Poi mi rilvosi a Harry “scusami, è che è piccola e non..” “Tranquilla, non importa, verrò volentieri con voi a prendere un caffè”.

Il bar era deserto, eravamo gli unici in tutto il locale. Harry stava di fronte a noi, inizio' a raccontarci della sua vita, dei suoi amici e della sua carriera. Ascoltavo interessata. 
“E tu che scuola frequenti?” mi domandava ogni cosa col sorriso, quasi mi faceva sentire bene. “Liceo linguistico.“ “per questo tu e tua sorella parlate cosi bene inglese? Lei frequenta qualche scuola internazionale?” “No, si limita ad ascoltare il vostro album tutto il giorno. Dice di essere innamorata di Niall, è buffo, non trovi?” Questa volta sorrisi anche io. Lui scoppio' a ridere, poi diede un'occhiata all'orologio. “Mi dispiace, ragazze, devo scappare. Se volete lasciarmi un numero di telefono, possiamo sentirci. Mi state simpatiche.” Sorrise ancora una volta, e io ricambiai. “Certo, ecco qui” gli lasciai un foglietto col mio numero, dentro di me pensavo non l'avrebbe mai più utilizzato. “Ci si vede, allora!”

Le giornate a scuola passavano in modo monotono: le spiegazione, l'intervallo, il via vai nei corridoi, nient'altro. Le giornate passavano in modo assolutamente normale.

L'uscita con Harry e Miley non era significata molto per me, almeno cosi credevo, perché quando scoprii che i ragazzi erano tornati in Inghilterra, avevo sentito come un pugno allo stomaco. Partiti? Eppure Harry non aveva chiamato. Forse, per quel ragazzo, provavo qualcosa, qualcosa che pero' non volevo ammettere.

  
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