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Autore: Diomache    03/06/2007    38 recensioni
Molti si chiedono se Jack abbia mai amato.
Parliamo dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.
Ma non è sempre stato così.
La verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello che conosciamo è avvenuto ben altro.
Prima di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.
Ha amato Lei.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti, il mio nick è Diomache… è la prima ff che scrivo riguardo il mondo dei Pirates, vi prego siate clementi

Ciao a tutti, il mio nick è Diomache… è la prima ff che scrivo riguardo il mondo dei Pirates, vi prego siate clementi..   

Come avrete letto dall’introduzione, questa storia si colloca prima dei tre film che conosciamo ed introduce un nuovo personaggio di mia invenzione.

Mi sono sempre chiesta se Jack mentisse o meno quando dice ( nel II) che l’unica cosa che ami è il mare. E questa ff vuole, diciamo, indagare sul passato di Jack, quando era capitano della Perla Nera con Barbossa come primo ufficiale, proprio prima dell’ammutinamento.

Beh, spero che vi piaccia e naturalmente ogni genere di commento è ben accetto!

Buona lettura

Diomache.

 

 

 

 

Darkness and Starlight

 

 

 

 

Molti si chiedono se Jack abbia mai amato.

Parliamo dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.

Ma non è sempre stato così.

La verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello che conosciamo è avvenuto ben altro.

Prima di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.

Ha amato Lei.

 

 

 

 

 

Capitolo I

 

 Poca corda e caduta sorda

 

 

 

 

Il rumore della cella che si apriva velocemente con un cigolio stridulo si diffuse all’interno delle mura della grande prigione, risuonando con un eco strano, quasi surreale.

“Per di qua, monsignore, vedrà che troveremo un alloggio adeguato alle sue mansioni religiose!” quella voce era specificamente ironica e sarcastica ed anticipò la visione del gendarme che trascinava un tipo dall’aspetto piuttosto singolare.

Lunghi capelli da pirata, fascino selvaggio, bandana ai capelli e sguardo malizioso uniti ad un casto e puro abito da vescovo.

Il soldato aprì la cella e vi sbatté dentro il nuovo detenuto, accompagnando il gesto con nuove risa. “ E che la pace sia con voi!” concluse il gendarme ridendo all’indirizzo di quello che sembrava avere tutta l’aria di un pirata.

L’uomo in questione iniziò poco dopo a giocherellare con  le mani, inquieto, poi, mosso quasi da una agitazione intrinseca al suo essere si alzò di scatto e cominciò a guardarsi intorno spasmodicamente, fissando la fessura arrugginita della serratura, evidentemente inaccessibile per lui. Dato che nulla di quell’ambiente angoscioso sembrava dargli un briciolo di speranza, si distrasse con altro: la sua attenzione si spostò sullo strano ninnolo che pendeva al suo collo, una sorta di croce, richiamata anche nel resto dell’abito.

No, in definitiva, non avrebbe dovuto travestirsi da religioso!

Ma che razza di idea era!

Si grattò il capo, mentre immaginava la faccia della sua ciurma a cui avrebbe dovuto spiegare questo piccolo intoppo non previsto, questo quid che aveva fatto saltare il suo grandissimo spettacolare, perfettissimo piano. Ok, magari non perfettissimo ma niente di irrimediabile.

Perché si può rimediare. Vero?

Si guardò di nuovo intorno e deglutì lentamente. Diavolo, le prigioni di Port Royal sembravano più antipatiche del previsto. Su, no problem. Era o non era il capitan Jack Sparrow?

Si tolse velocemente quegli indumenti ridicoli che avevano ormai fatto il loro corso; rimase quindi con i suoi abiti consueti e si sentì subito molto meglio, molto più capitano, anche se effettivamente senza cappello e senza i suoi effetti si avvertiva decisamente meno calato nel ruolo.

Preso dall’impossibilità di stare fermo per almeno dieci minuti consecutivi, iniziò a sbirciare nella cella di fianco dove una figura strana almeno quanto lui, stava accucciata alla parete opposta, silenziosamente.

Sembrava una massa informe. Probabilmente, chiunque fosse, era stato coperto da un lungo telo nero. Doveva essere anche piuttosto pericoloso, visto che alle caviglie –l’unica cosa che sporgeva dalla coperta- erano state applicate catene arrugginite. Jack strinse i denti, massaggiandosi i polsi solo al pensiero.

Passò in quell’istante uno dei soldati, reggendo due ciotole piene di un brodo informe che volevano chiamare cena. Aprì la cella di quel condannato e la appoggiò a terra e ugualmente fece con quella di Jack solo che, visto l’aspetto famelico del pirata, il soldato si divertì a tirarla a terra, incurante di tutta la minestra che si sarebbe buttata.

“Credi di essere simpatico, eh?” mugugnò Jack lanciando uno sguardo omicida al soldato che si allontanava in quel mentre. Dato che non gli avevano dato un cucchiaio, s’attrezzò a mangiare quella poca che gli rimaneva nel piatto, guardando insistentemente la ciotola piena dell’altro recluso e maledicendo in ogni momento quel cretino che gli aveva detto che ciò che cercava si trovava a Port Royal.

Se lo beccava..

Ma le maledizioni non riuscivano a distoglierlo dalla fame. Ancor più perché l’altro galeotto sembrava non toccare cibo.

“Ehm, giovanotto?” lo chiamò quindi con un certo savoir faire.  

Finalmente quella strana massa informe sembrò muoversi, ma lentamente, come un animale che esce dal letargo e dall’apatia.

“Ehi giovanotto senti un po’.- continuò Jack, fiducioso.- non che io sia abituato a chiedere, perché essendo capitano non lo so, i capitani non chiedono loro comandano ed esigono, quindi pur sapendo che forse tu non acconsentirai, particolari circostanze mi inducono a domandarti, e dato che non si potrebbe sprecare ciò che..”

Il suo attacco di logorrea venne interrotto sul nascere quando il pirata s’accorse che il galeotto a cui si rivolgeva non era affatto un ceffo da prigione con cui credeva d’aver a che fare.

La coperta si era spostata e ne era apparsa una ragazza.

Questa lo osservava quasi con sfida. Era bella, anche troppo per quel luogo. Vestiva umilmente, con un vestito non certamente da donna aristocratica ma dal volto di una fiera ragazza di sangue blu. Capelli neri, lunghi e ricci quanto seducenti, gli occhi del color dell’oceano più profondo. Il suo sguardo blu ed aggressivo non lasciava quello di Jack, decisamente allibito.

Il pirata strinse i lati della bocca e deglutì, lentamente, quasi in impaccio. “Tesoro.. ehm dicevamo…”

“Che cosa c’è??” domandò lei osservando quasi con cautela la figura bizzarra ma affascinante del pirata. “Sembra che tu abbia visto un fantasma.”

Jack si concentrò sulle forme di lei, delicate ma molto femminee. “Ehm no. Diciamo che sei piuttosto reale.”

Lei sorrise, ma non arrossì, come invece si conveniva ad una pudica ragazza della sua età. Poteva avere al massimo vent’anni. Il suo sguardo si concentrò sulla ciotola di minestra. “La vuoi tu?” domandò, cautamente, e senza che Jack rispondesse la prese e gliela passò oltre le sbarre larghe che dividevano una cella dall’altra. Il pirata la prese quasi con diffidenza e riprese a mangiare, senza dire altro.

Lei sospirò e il suo sguardo azzurro andò a collocarsi fuori dalla finestra a sbarre che c’era nella cella di Jack. Era quasi buio ormai. “è notte.” Disse ma più che altro la sua voce fu un sussurro. Poi dopo una pausa. “L’alba arriverà ancora prima di accorgersene. –si volse verso di lui.- ti  impiccheranno?”

Jack restò un po’ spiazzato da quella domanda. Appoggiò la scodella vuota a terra. “Diciamo che è altamente probabile.” Abbozzò Sparrow. “ma non possibile.”

Si interruppe, aspettando che lei gli domandasse il perché.

Ma questa domanda non arrivò.

Sparrow le fece capire che voleva quella domanda con un centinaio di gesti del volto che l’esortavano a continuare, poi, capita l’antifona: “Non mi chiedi il perché?”

Con un sorriso un po’ più rilassato la giovane si alzò e avanzò verso di lui, camminando a fatica per vie delle catene. “Perché?”

“Perché sono il capitano Jack Sparrow.”

“Addirittura capitano di una nave.” La voce della ragazza era sensuale e molto profonda. Ma non lasciva o puerile.. era affascinante. Di quelle che non si dimenticano facilmente.

Si avvicinò alle sbarre oltre le quali c’era Jack.

“Non una nave tesoro, la nave.- precisò lui- La perla nera.” Disse con voce ad effetto, mimando qualcosa di enorme.

Lei sorrise, come se sapesse esattamente di che cosa si trattasse. “Un capitano del tuo calibro usa travestimenti del genere?” il suo sorriso sapeva d’ilarità mentre il suo sguardo si concentrava sugli abiti da vescovo sparsi sul pavimento.

“Un mio sottoposto.- si giustificò- aveva avuto quest’idea e io ho voluto dargli fiducia..”

“La tua nave sparerà su Port Royal per salvarti?”

Jack s’immaginò Barbossa che organizzava il suo salvataggio.

Ehm no, non era proprio un quadretto verisimile.

Chi indietro rimane..

“Non .. non sarà necessario. Penso di togliere le tende molto prima..”

Lei scoppiò quasi a ridere. “Sembri molto sicuro di te.. eppure scommetto che domani penzolerai giù dalla forca.”

Jack si sentì punto nel vivo e aggrottò la fronte, incurvando le sopracciglia. “E tu saputella?” domandò con uno sguardo penetrante. “Tu che ci fai qui?”

Lei roteò gli occhi con un gesto che gli sembrò tutto fuorché popolano.

Era vestita poveramente eppure aveva l’impressione di trovarsi davanti una nobilissima giovane. “Dettagli.”

“Dettagli.- gli fece la bocca.- credo piuttosto che sarai tu a penzolare dalla forca. Io no, grazie, non mi piace l’idea.. semmai un’altra volta.”

Lei rise di quell’ingenuità. “Ah si, e come speri di cavartela?”

“Ci sto pensando, guarda un po’.”

Inclinò la testa di lato. “Dimostramelo. Salva anche me.”

Lui scoppiò letteralmente a ridere. “Ti piacerebbe, eh? Ehm.- finse di pensarci.- no.”

Il sorriso di lei si spense di botto. “Me lo devi.” Controbatté. Lui rise ancora più forte. “Io ti ho salvato…- lei si interruppe non sapendo come continuare. Poi, ecco l’idea.- da un’atroce morte di fame. Devi rendermi il favore.”

“Io non ti avevo chiesto niente!”

“Tuttavia non hai respinto la mia cena, quando io te l’ho data. Ti ho fatto un favore, no?”

Jack esitò, per qualche istante. “Dimentichi che sono un pirata, i pirati non sono gentiluomini.”

“Si tratta di onore.- la sua arrampicata sugli specchi si rivelava più difficile del previsto.- ti chiedo solo di farmi evitare la forca. Niente di più.- piccola pausa.- se puoi salvare te stesso, perché non anche me?” Disse avvicinandosi e aggrappando anche lei le sbarre con le mani.

I suoi occhi da cerbiatta lo osservavano sensualmente. “Vorresti forse farmi credere che non ne saresti capace?Sei il capitan Jack Sparrow, no?”

Erano vicini, forse troppo. Quasi attratto dal fuoco delle labbra di lei, Jack fece per avvicinarsi di più ma a questo punto lei si ritrasse accompagnando il gesto con un sorriso malizioso. “Pirata.”

Jack rise di quello che voleva essere un insulto. “E il tuo nome? Un dettaglio anche questo?  Come faccio a programmare una sortita se non so come chiamarti?”

“Diciamo che non ti dico il mio nome così hai la garanzia che una volta salvata non mi avrai tra i piedi.” I suoi occhi non lo lasciavano un istante. Gli porse la destra. “Andata?”

Il suo ragionamento non aveva una logica nemmeno a pagarla oro. Ma Jack era totalmente senza logica. Strinse con vigore la destra della ragazza.

“Andata.” Disse quindi.  “la forca aspetta anche te, eh?”

“Soprattutto me.”

 

 

-o-

 

 

Era notte fonda ormai ma nelle prigioni di Port Royal sembrava che fosse pieno mezzogiorno.

I soldati passavano in continuazione e gli altri abitanti delle celle che nel frattempo si erano popolate (probabilmente i gendarmi avevano fatto un giretto tra le più affollate bische del paese) sembravano non avere niente di meglio a che fare che osservare l’insolita ragazza, chiamandola con gesti e parole.

Ma lei non li degnava di uno sguardo, né sembrava essere infastidita da loro.

Superiore, osservava quasi incantata il suo complice che invece di pensare ad una possibile via di salvezza stava aggrappato alle sbarre della finestra ed osservava pensieroso il mare e i riflessi della luna.

Avrebbe dato un dollaro per conoscere i suoi pensieri. Devono essere interessanti i pensieri di una pirata. Di un pirata senza logica poi lo devono essere ancora di più.

Avrebbe dovuto dormire. Anche se poco, almeno un po’ per riposarsi. Si appoggiò al muro, distogliendo lo sguardo da Jack e fu proprio in quel momento che avvertì tutto il disgusto per gli ammiccamenti degli altri uomini. Si voltò di nuovo verso Sparrow forse nell’inconscia speranza che lui chiedesse loro di smettere.

Macché.

Era un pirata, no?

Era inequivocabilmente un pirata.

E lei era una donna, sola. Una donna che tutti definivano colpevole per di più, magari abbandonata anche da Dio. Strinse forte il vestito sotto le dita, mentre si sentiva sprofondare in un’angoscia terribile. Eppure non riusciva a sentirsi in colpa totalmente. C’era una parte dentro di se che continuava ad urlare che quella era stata la cosa giusta.

L’alba non doveva essere così lontana. Pensò alla forca che l’attendeva.

No, doveva essere positiva. Aveva l’aiuto di un pirata e i pirati sanno scappare dalle prigioni. Sua madre le raccontava sempre storie del genere, no?

Eppure, adesso che ne aveva conosciuto uno.. che aveva conosciuto QUEL pirata, non ne era poi così sicura.

Si abbandonò con le spalle al muro, fissando il pavimento.

E improvvisamente quelle fastidiosissime chiacchiere sembrarono scomparire di nuovo.

 

-o-

 

 

Il sole era sorto finalmente con una puntualità impeccabile e aveva invaso con i suoi raggi rossi  tutta la cella per poi espandersi al resto del locale. La ragazza aprì i gli occhi. Non aveva dormito nemmeno un minuto, ma non si sentiva stanca, anzi, era quasi pervasa da uno strano attivismo e adrenalina.

Avrebbe voluto urlare in quel momento.

“Jack?” lo chiamò quasi sussurrando. La sua voce suonò quasi di supplica.

Il pirata stava lì, ancora appoggiato alla finestra. “Buongiorno.” Disse lui poi si voltò verso di lei e le regalò un sorriso intrigante e furbo allo stesso tempo. Lei incurvò le sue sopracciglia nere, così scure e in contrasto rispetto ad un volto così etereo.

Non fece in tempo a dire altro. La prigione si riempì di quattro soldati subito dopo.

“Andiamo, signorina.” disse il primo dopo averle tolto le catene dalle caviglie. Un altro gendarme aveva preso Jack ed un altro ancora con gli altri prigionieri. Cercò di seguire Sparrow con gli occhi cercando un indizio, un cenno, qualsiasi cosa.

Ma il destino li divise e i soldati si frapposero tra i due. Lo perse. Sia con lo sguardo che con il contatto fisico.

Venne trascinata fuori dalla prigione e neppure l’aria fresca del  mattino riuscì a strapparle un sospiro di tranquillità. Docilmente obbediva agli strattoni dei soldati.

Salì le scale della prigione quasi con più velocità, il soldato lo notò e incuriosito strinse di più la presa attorno al suo braccio, poi, infilando il naso tra i capelli con fare provocante, le domandò: “Tanta fretta di morire?”

Lei si allontanò dal viso di lui con un gesto brusco. Gli avrebbe sputato in faccia se non fosse stata costretta  a camminare così velocemente.

Il forte era pieno di persone urlanti. Venne trascinata tra di loro e si beccò spinte, insulti allo stesso modo degli altri condannati. La gente inveiva loro contro e quasi non li lasciava passare. Decise di chiudere gli occhi, per non dover per forza leggere odio in quelli della gente, un odio gratuito perché non la conoscevano e non sapevano niente di lei, niente.

“Jack!” urlò improvvisamente sentendosi affondare il cuore dalla paura; aprì gli occhi nel disperato tentativo di scorgerlo.

Ma invece di incontrare gli occhi neri del pirata incontrò quelli di suo padre. Era anche lui lì, tra la folla.

“Papà..”

Il viso austero del soldato non cambiò espressione, nemmeno di fronte alla figlia.. soffriva certo, ma il suo era un dolore severo, per l’ennesima volta.

“Addio Evelyne” le disse, di ghiaccio, ma sul suo nome la voce sembrò tremargli. “Che Dio abbia pietà di te.”

Lei rimase di sasso. Non durò oltre, il gendarme la trascinò via, verso l’abisso della morte.

Abbassò gli occhi mentre la spingevano. A questo punto non le importava nulla. Aveva sbagliato a fidarsi di quel pirata, non si sarebbe salvata, ma non le interessava più di tanto.

La spinsero sul patibolo.

E lì, prima di venir messa davanti alla sua corda, incontrò gli occhi di Jack.

“Ci siamo quasi.”

Non era sicura d’aver sentito bene. In realtà si era affidata alle labbra di Jack, perché di suoni non ne aveva proprio sentiti.

Intanto davanti a lei spenzolava il cappio.

Il boia le si avvicinò e glielo mise al collo. La corda le graffiava la pelle ma in quel momento non riusciva a sentire altro se non il suo cuore che batteva forte nel petto. Cercava gli occhi di Sparrow ma questi guardava nella parte opposta alla sua.

Dai, cretino girati.. avanti girati!

Lo maledisse un migliaio di volte, avrebbe chiamato in causa anche Dio se non si fosse sentita troppo sporca per farlo.

Jack!

Il boia si avvicinò al piccolo marchingegno di legno.

Sparrow!

Maledetto! Maledetto! Era stato così vigliacco che aveva anche finto di darle una speranza!

Stringendo le labbra per la rabbia non si rese nemmeno conto del soldato che leggeva l’accusa e la condanna da un foglio papiraceo. La sua attenzione fu solo destata dai cori di ‘a morte’ che serpeggiavano tra la folla. Come suo ultimo ricordo del mondo dei vivi volle cercare gli occhi del padre.

Le sue labbra erano serrate e severe come sempre. La odiava e forse ne aveva tutte le ragioni.

Ecco il momento.

Il boia abbassò  la leva e quattro piccole buche si aprirono.

Evelyne credette di sentire rumori di spari mentre moriva.

In realtà si aspettava di piombare nel male assoluto, in un’ onda di ferro e fuoco, con diavoli e tridenti. Invece fece solo un gran botto a terra, sbattendo violentemente il sedere contro il terreno. “Oh.” Mugugnò.

“Andiamo, non c’è tempo di piagnucolare!”

La giovane aprì gli occhi. Jack Sparrow era lì, accanto a lei.

Quel deficiente l’aveva seguita anche all’inferno?

“Avanti ti ho detto!” la rimproverò lui, scuotendola dal suo torpore. Finalmente capì. Non era morta ma in compenso quei rumori di spari erano stati veri. Qualcuno con una pallottola aveva davvero reciso la corda, facendola capitombolare sotto il patibolo.

Si era salvata. Ma non ebbe il tempo di farsi prendere dai sensi di colpa perché Jack le prese la mano e la trascinò fuori dove intanto si stava scatenando una violenta battaglia. Vide un gran numero di pirati combattere contro i soldati. “Meglio tagliare la corda, ci penseranno loro!” queste pure ed egoistiche parole da pirata l’accompagnarono per tutta la sua folle corsa attraverso la folla impazzita.

Qualcuno tirò una spada a Jack e questi, con un’abilità che non immaginava, la prese al volo.

Farsi strada a quel punto iniziò ad essere più facile, Sparrow si dimostrava di una bravura incredibile e lei, stretta a lui, aveva un buon lasciapassare verso la vita e la libertà.

Correvano, insieme ad un’altra decina di pirati, lungo le scale del forte in quell’istante quando si sentì afferrare per la vita e, non riuscendo più a muoversi, perse Jack.

Si voltò di scatto. Suo padre.

“Lasciami andare!” urlò, quasi piangendo.

L’uomo l’osservò, fuori di se. “Sei una vigliacca! Sei una..”

“Glielo dirà un’altra volta, signor imbacuccato, andiamo di fretta adesso!” la voce arrogante di un nuovo pirata interruppe la scena. Questi colpì suo padre con un pugno e le fece cenno di seguirlo. La ragazza indugiò qualche istante su suo padre che cadeva poi volse di scatto lo sguardo e seguì a rotta di collo il pirata che sembrava davvero saper il fatto suo.

Era più grande di Jack di una buona decina d’anni, capelli lunghi e barba lunga, riccia, sul rossiccio.

Arrivarono in un luogo sopraelevato, che finiva a strapiombo. Jack combatteva ferocemente contro due soldati, dietro di lui, l’oceano. Evelyne e Barbossa lo videro parare una stoccata di uno e con un colpo netto tagliare le cinghie dei pantaloni di un altro. Lo sguardo di Jack si soffermò in mezzo alle gambe del soldato.

“Ecco un altro eunuco.” Commentò prima di disarmare entrambi e di correre via verso di loro.

“E adesso?” la voce di Evelyne era così sospirata che quasi non si udì.

“Adesso buona fortuna milady.” Rispose Barbossa, di fretta.

Lei, smarrita, si volse verso Jack. “Cosa?” urlò, guardando altri soldati che stavano correndo verso di loro. “Mi abbandonate così?”

“Sei salva, ora, no?” continuò Jack.

“Tu.. tu non puoi!”

“Erano questi i patti. Ti ho salvato, sei libera!” lei rimase senza parole. “Buena suerta, tesoro!” il pirata le consegnò una spada in mano, poi dato che i soldati si avvicinavano, sia Barbossa che Jack, dopo un cenno d’intensa, si gettarono in mare.

“Noo”  urlò di rabbia guardandoli tuffarsi nel mare aperto.

“Eccola, prendiamola!”

Di scatto, si voltò verso il pericolo che incombeva su di lei. Strinse forte la spada in mano.

Un gendarme le si fiondò contro e lei reggendo l’arma si fece schermo dei suoi colpi con movimenti precisi e neanche troppo timidi, abituata a veder la gente combattere, con un padre soldato. Non riuscì a vincere il soldato, né a disarmarlo in maniera efficiente, come diceva sempre suo  padre.

Però riuscì a guadagnare qualche secondo per buttarsi in mare.

 

-o-

 

Il  contatto con l’acqua fu più violento del previsto. Per qualche istante rimase stordita dalla forza con cui l’oceano l’aveva accolta tra le sue braccia. Poi, svegliandosi dal torpore, iniziò a muoversi lentamente, verso una meta non chiara nemmeno a lei, mentre sentiva delle voci, in alto, sopra il suo capo. Erano i soldati, di nuovo.

Fece per alzare istintivamente lo sguardo verso di loro quando sentì aggrapparsi per la vita. Senza che potesse respirare oltre, venne trascinata giù, sott’acqua.

Evelyne si dimenò, strattonò colui che la uccideva sotto la superficie del mare, ma senza troppo successo, perché la sua presa era forte e decisa e lei, disperata e senza ossigeno, poteva ben poco.

Aprì gli occhi allora e fu così che incontrò lo sguardo ironico e teso di Jack.

Stava per colpirlo (anche se sapeva che non gli avrebbe fatto troppo male) quando lui le indicò delle piccole pallottole di piombo che scendevano piano, grazie all’acqua, verso il fondale del mare.

I soldati stavano sparando su di loro e Sparrow l’aveva salvata di nuovo.

Il sollievo durò poco però. Strattonando il gilet del pirata, Evelyne cercò di fargli capire che aveva finito l’ossigeno. Se prima di farla sprofondare l’avesse fatto prendere una boccata d’aria come si deve!

Lui sembrò rimproverarla con lo sguardo, poi, facendole segno di aspettare, risalì.

Senza la presa di Jack che la teneva sul fondo insieme a lui, Evelyne si trovava davvero in difficoltà. Non solo non riusciva ad impedire che il mare la portasse con se sulla superficie, ma era anche sicura di non poter resistere un altro secondo in più senza aria.

Jack la raggiunse nemmeno un istante dopo e senza esitazione alcuna le prese il viso, reso rosso dallo sforzo e dalla mancanza d’ossigeno, e impresse le sue labbra su quelle di lei.

La ragazza soffocò il primo istinto di ribellione e capì il vero intento del pirata.

Quindi schiuse le labbra lasciando entrare l’ossigeno.  

Pochi secondi dopo, la pioggia di pallottole finì. Jack risalì e lei risalì con lui, uscendo fuori dall’acqua con un grande sospiro e tossendo poi per i restanti minuti.

Il pirata l’osservava, divertito. “Ridi?” chiese lei, con la voce un po’ roca a causa del mare.

“Eccome. Se solo ti vedessi.”

“Perché non te ne sei andato?” chiese lei, quasi offesa. “mi avevi lasciato lì, tra i soldati. Perché non sei sparito con il tuo amico e mi hai aspettato, qui in mare?”

Lui aggrottò la fronte. “Ehm forse ti sfugge un particolare”

“No, non mi sfugge proprio niente!” attaccò lei. “già che c’eri potevi andartene ed essere coerente invece di..”

“Vuoi tapparti la bocca!” Sparrow l’interruppe, poi fingendosi deliziato dal suo silenzio, continuò. “Grazie.”

Lei rimase comunque accigliata mentre continuava a nuotare per tenersi a galla. “ E adesso?”

“Hai un’autonomia di un secondo, vero? Di più non ti riesce stare zitta!”

“Se solo tu mi rispondessi lo farei!- continuò.- mi vuoi dire perché stiamo qui a fare le acciughe!”

“Primo!- rispose Jack, finalmente, con voce alterata.- io non ti ho abbandonato ma ti ho anche dato un spada e non era nemmeno nei patti- lei stava per ribattere ma lui fu più veloce.- secondo. Non stavo aspettando che tu ti tuffassi, prima.”

Lei rimase in silenzio, con il viso bagnato ed illuminato dal sole mattutino. “Come hai fatto a dire ai tuoi uomini che..”

“Ci sono abituati.-mentì- è quasi telepatia.”

“Oppure uno di loro ti ha raggiunto fuori dalla finestra della prigione e tu gli hai comunicato tutto, cioè che dovevo essere salvata anch’io?”

Sparrow rimase in silenzio, punto sul vivo. “Fandonie.”

“E ..”

“Mm.” Mugugnò lui, insofferente. “ti ho risposto, perché continui a parlare?”

“Se non aspettavi me, perché non… ” la voce della ragazza si spense, infondo alla gola, alla vista di qualcosa di grande e di imponente, dietro le spalle di Jack. Questi si volse velocemente e un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo viso alla vista della maestosa Perla Nera, a poche decine di metri da loro. “ah finalmente.- si volse verso di lei, cercando di chiamarla per nome. Ma giacché non ne aveva uno o meglio, lui non lo conosceva, si limitò a dire.- i miei omaggi”

Lei lo osservò nuotare.

 

Jack giunse in prossimità della sua nave, si arrampicò su un fianco, poi si aggrappò alla mano che il signor Gibs gli porgeva e finalmente entrò nella sua nave.

“Finalmente.” Fu il commento sprezzante di Barbossa. “non si è mai visto che un capitano debba andare a recuperare un suo mozzo! È inammissibile!”

“Per fortuna che non sei tu il capitano, allora.- rispose Jack, a tono.- è molto più comune che un mozzo venga a recuperare un capitano.”

“Capitano.” La voce di Gibs interruppe il dialogo. “ecco i suoi effetti. Gli uomini li hanno presi dalle prigioni.”

Sparrow, con gesti rituali, si infilò cappello e tutto il resto, stando ben attento ad ogni singolo particolare. “Spero di non aver dimenticato niente.” borbottò guardandosi i vestiti.

“Questo.” Una voce femminile che giungeva alle sue spalle, lo fece raggelare. Con un gesto quasi scattoso ed incredulo si voltò verso di lei che gli porgeva una delle sue catene di gioielli.

“L’hai persa nuotando.” Spiegò Evelyne, dritta davanti a lui, sulla nave, con un’innocenza che non avrebbe insospettito nessuno. Specialmente così, poi, con i capelli neri bagnati ed appiccicati al suo viso dalla carnagione chiarissima, gli occhi così azzurri, sembrava più che altro una trasfigurazione divina.

“Oh, grazie.” Borbottò Jack, riprendendola con uno scatto. “ e adesso se non ti dispiace..” disse facendole segno d’andarsene.

“Ti prego fammi restare.” Continuò lei con voce supplichevole.

“Capitano.- il signor Gibs s’intromise leggiadramente.- mi permetto di ricordarle che porta spaventosamente male avere una donna a bordo.”

“è solo un passaggio.- rispose lei, frettolosamente.- io non ho più niente a Port Royal, qualsiasi città in cui farete attracco per me andrà bene…- sospirò.- lavorerò se sarà necessario!” tutti scoppiarono a ridere e lei aggiunse, truce. “farò le pulizie! Pulirò il ponte e..”

“Può restare.” La voce di Barbossa interruppe lo sfogo della giovane. Lei, sorpresa, osservò Jack che per rifarsi dello smacco subito, esclamò. “Ho deciso che puoi restare.”

“Fino a Nassau.” Aggiunse Barbossa.

“Nassau, ovviamente.” Aggiunse Jack, con uno altezzoso.

Lei sorrise, lasciando trapelare di nuovo quella sensualità che tanto lo aveva colpito nella prigione.

“E adesso tutti ai vostri posti, branco di bagordi, alzate l’ancora!”

“Forza bagordi, al lavoro!”

Prima Barbossa, poi Sparrow avevano dato i loro ordini, il secondo come eco del primo.

La giovane sorrise debolmente e mentre la nave partiva si appoggiò alla balaustra di legno, osservando la sua città. La città che non voleva rivedere mai più.

“Senti un po’.”

Lei si girò verso Jack che con il capo piegato di lato la guardava, increspando le labbra. “Se credi che porti sulla mia nave mozzi senza nome ti sbagli. Come devo chiamarti?”

“Evelyne andrà benissimo.”

“Suona complicato come nome.”

Lei gli volse le spalle. “Già.- sospirò.- lo ha scelto mio padre.”

Si avvicinò, appoggiandosi alla balaustra con lei. “Suona troppo complicato. È aristocratico. E tu sei aristocratica. ”

Lei lo fissò. “Cambia qualcosa questo?”

“Credevo che fosse stregoneria. Ma una buona ragazza non va al patibolo per stregoneria.”

“Forse sono davvero una strega.” Sussurrò mentre il suo sguardo non lasciava Port Royal.

“Puoi essere un pirata se vuoi.” Era una provocazione e lei sorrise a quelle parole.

“Sei gentile, ma credo che mi accontenterò di gatti e magia nera per il momento.”

E non aggiunse altro. Lui non insistette oltre, lasciò che il vento cullasse i loro pensieri e il sole caldo del mattino scaldasse i loro abiti fradici d’acqua.

“E tu?” la voce della ragazza si sollevò poco dopo. “tu perché eri in cella?”

“Ero in cerca di una cosa.”

Lei fece uno sbuffo quasi infastidito. “Voi pirati siete una razza che non mi piace. Sempre in cerca di arricchirvi, non vivete per altro.”

Evelyne si aspettava che Jack replicasse.

Ma la risposta non arrivò.

La ciurma iniziò ad intonare uno di quei odiosissimi canti da pirata, prendere il rum e fioccare di brindisi, e lui si allontanò, lasciandola sola sulla balaustra. Evelyne si morse un po’ le labbra, dispiaciuta dal fatto che non aveva potuto sapere altro riguardo questa misteriosa cosa. 

Ma d’altra parte era giusto così.

 

 

 

 

To be continued..

Diomache

 

 

  
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