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Autore: karman    16/11/2012    4 recensioni
Isabella è un'insegnante con un passato doloroso, indecisoni e tormenti per il futuro. Fuggita dal suo paese per ricominciare si troverà ad affrontare la nascita di una nuova amicizia e di un nuovo semtimento per un suo collega, Edward, professore estremamente gentile e premuroso. Ma anche la vita di Edward non è stata tutta rose e fiori e i due troveranno nella loro amicizia il sostegno per andare avanti, per veder sorgere una "nuova alba" e vedere la loro amicizia tramutata irrimediabilmente in amore. Anche se alcuni eventi sul loro cammino impediranno di poter vivere da subito una storia felice, il loro amore dimostrerà l'indissolubilità di un legame nato per farli stare insieme.
Tratto dalla storia:"Ero pronta per ricominciare.
Ma lo ero veramente?
In realtà forse stavo solo scappando, dal mio Paese, dal mio lavoro, dalla mia storia.
Ma ne avevo bisogno.
Sentivo la necessità di resettare tutto e ripartire."
..........
"L’incontro terminò, la preside ci congedò e accadde quello che avrebbe modificato la mia permanenza in quella scuola: il professor Cullen si alzò e si avvicinò rivolgendomi un lieve saluto e un sorriso da far incantare gli angeli. "
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo 1

“Nuovo inizio”

 

Ero pronta per ricominciare. 

Ma lo ero veramente?

In realtà forse stavo solo scappando, dal mio Paese, dal mio lavoro, dalla mia storia.

Ma ne avevo bisogno.

Sentivo la necessità di resettare tutto e ripartire.

Cercando di non pensare a tutto quello che avevo vissuto negli ultimi anni e soprattutto mesi, alle delusioni, al dolore fisico ed emotivo che avevo provato.

Tutto per colpa sua? No, non credo.

I fossi si fanno con due rive, di questo ero certa, ed io lo avevo amato troppo, talmente tanto da farmi accecare dai sentimenti e non riuscire a vedere come era invece la realtà.

E ora che ci avevo sbattuto il naso, avevo deciso il mio modo di affrontarla.

Scappare.

Per cercare di dimenticare, per cercare di non pensare. O forse solo per piangermi addosso, ma almeno avevo fatto un cambiamento rispetto agli ultimi squallidi e fermentati mesi nella mia cittadina.

Questi erano i miei pensieri mentre attendevo il mio bagaglio all’aeroporto di Londra, guardando le goccioline di pioggia che si abbattevano sulle vetrate. Io, Isabella Swan, orgogliosa insegnante di scuola primaria, mi ero buttata a capofitto in questa avventura.

Avevo deciso di chiedere un trasferimento come insegnante per gli americani all’estero e avevo deciso di cimentarmi con i ragazzi delle scuole secondarie, abbandonando la mia oramai rassicurante realtà con i bambini più piccoli. Ma a trent’anni e con un passato da cancellare o si faceva in quel momento un passo o così, o mai più.

E così dopo quintali di documenti, iscrizioni e domande avevo accettato di trasferirmi in un paese alle porte di Londra dove avrei “tentato” per la prima volta di insegnare materie umanistiche ad un gruppo di ragazzi americani, che per il lavoro dei propri genitori si erano dovuti trasferire in Inghilterra, alcuni anche da parecchi anni. Ero stata contattata, anche a seguito delle mie numerose domande, direttamente dalla preside, che aveva accettato il mio incarico a detta sua principalmente per il mio interesse verso la storia europea e per il fatto che a trent’anni non avessi una famiglia e quindi niente complicazioni.

Sadica eh! Forse però era quello che ci voleva per me.

E così in fretta e furia alla fine di Agosto ero partita per la mia muova casa, salutando mio padre con il quale vivevo a Forks, piccola e sperduta cittadina della penisola di Olimpia e la mia adorata mamma, trasferitasi con il suo nuovo marito nell’assolata Jacksonville.

Mi sono sempre chiesta cosa mi ha spinto all’età di quattordici anni ad abbandonare la casa di mia madre e andare a vivere con mio padre. Ma dopo i primi momenti d’imbarazzo e le piccole incomprensioni sono stata felice della mia scelta. Voglio bene a mia madre, ma ora posso dire di adorare indiscutibilmente mio padre, che ha fatto di tutto perché mi potessi laureare in storia e filosofia a Seattle, e che poi ha accettato il mio lavoro nella Forks primary school.

In realtà sono stati gli anni più belli…l’università, il lavoro come baby-sitter e poi come supplente per guadagnare abbastanza soldi per mantenermi all’università e poi….l’incontro con lui. L’uomo che mi aveva cambiato la vita, la persona che credevo di aver amato sopra a ogni cosa, che mi aveva ferito e dal quale mi stavo allontanando. Ma nulla di quello che avevo fatto negli ultimi quindici anni a Forks, era stato motivo di rammarico, nonostante tutto.

Presi un taxi e diedi all’autista le indicazioni:

«Trinity Istitute of American’s Child per favore», feci mente locale del percorso perché se fossi rimasta qui, avrei dovuto alla fine far arrivare un’auto o acquistarla. Anche perché non avevo idea di dove avrei potuto alloggiare né tantomeno quanto sarei distata da Londra. Avevo scelto l’Inghilterra perché da sempre adoravo questo paese e in più il clima mi avrebbe aiutato a mantenere un legame con la mia Forks!

Dopo circa quaranta minuti il taxi rallentò di fronte ad una tenuta verdeggiante. Eravamo molto fuori dalla città e avrei potuto scommettere sul fatto che il paese confinante con la scuola non contasse più di 30-40 abitazioni..ma andava bene così, per il momento era molto meglio stare bassi di tono. Ero qui per ricominciare e non per fare baldoria, quindi anche un piccolo paesino sarebbe rientrato nei miei gusti.

Il taxi si fermò davanti ad un grande cancello di ferro battuto circondato da edera rampicante e rose selvatiche. “ Beh tipicamente inglese..” pensai fra me.

« Signorina la accompagno al cortile?» mi domandò l’autista.

« No, grazie dovrei farcela da sola», In realtà non mi andava di fare un’entrata trionfale il primo giorno, pur non sapendo chi avrei trovato nell’istituito gli ultimi giorni di estate.

Il cielo si era leggermente rischiarato, e la temperatura era leggermente afosa, forse per l’umidità scatenata dalla pioggerella che fino a quel momento era scesa. Per fortuna viaggiavo sempre con jeans e giubbino impermeabile e non mi lasciavo scoraggiare da due gocce d’acqua. La maggior parte dei miei amici di scuola, poi di college, non vedevano l’ora di trovarsi impieghi al caldo. Io invece ero passata dalla padella nella brace!

Avanzai camminando velocemente, trascinando le mie valige ed entrai nel grande cortile della scuola. Vi si affacciavano tre edifici e potevo scorgerne altri due sullo sfondo. Ma quanto era grande questa scuola? Pensavo che gli studenti fossero solo qualche centinaio! Iniziai a guardarmi intorno cercando di orientarmi.

« Sembra un po’ spaesata – una voce alle mie spalle – sta cercando qualcuno? » Un ragazzo alto con la pelle olivastra e i capelli neri troneggiava a fianco a me: aveva una muscolatura notevole e un bel sorriso, ma mi colpì il suo accento americano:

« Sto cercando gli uffici e la presidenza. Dovrei prendere servizio qui»

« Lei è la nuova insegnante?»

« Sì, Isabella Swan » gli porsi la mano per salutarlo e lui ricambiò la stretta molto calorosamente:

« Jacob Black piacere, io mi occupo dell’organizzazione, sono si può dire una specie di custode.»

« Ah bene mi può dare le indicazioni che cerco?»

« Sì certo, ma può darmi del tu se vuole».

Era molto gentile e il sorriso che mi aveva riservato mi fece pensare. Non è che ci sta provando? Ma perché dovevo sempre vedere il doppio senso in tutto! In fondo non ero una donna così attraente e anche in passato avevo avuto un solo uomo….. e dalli di nuovo stavo ritornando alla mia vecchia vita.

« Ehi tutto bene? »

Mi ridestai improvvisamente ringraziandolo e ripetendo la mia necessità di trovare la presidenza.

« È nel fabbricato più grande. Lì troverà anche gli uffici, dove registrarsi e prendere servizio. Se vuole il bagaglio posso tenerlo io»

Era già il secondo favore che mi offriva, mi sembrava di sfruttarlo, ma in realtà non mi andava di presentarmi come una profuga alla ricerca di casa:

« Grazie tornerò a prenderli appena avrò sbrigato tutto».

Mi avvicinai al fabbricato indicato. Ogni passo un battito accelerato. Tutto sarebbe ricominciato da qui!

 

 
Nota: dopo anni di letture su EFP mi sono decisa anche io a pubblicare. La storia non è probabilmente tra le più originali, ma ci tenevo a raccontare qualcosa che mulinava nel mio cervello già da tempo. Inizialmente doveva essere un'originale e di pochi capitoli, ma poi i personaggi hanno assunto le sembianze della "saga" e hanno iniziato a raccontare una storia propria,  così...ecco qua.
Mi farebbe piacere fosse seguita e commentata da qualcuno, ma cercherò comunque di postare regolarmente anche per mettermi alla prova.

Questi personaggi non mi appartengono, sono proprietà di Stephanie Meyer






 
  
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