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Autore: shelovesdraco    16/11/2012    4 recensioni
«Quando eravamo insieme il tempo sembrava correre sotto i nostri occhi, ci sfuggiva, ed ogni attimo era prezioso.
Ascoltavo il battito accelerato del suo cuore, e poggiando la testa nell'incavo del suo collo, odorai ancora la sua pelle candida. Lui, invece, accarezzava la mia pelle calda, bollente, a contatto con la sua.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Happiness.

     
#Writer corner
Non so neppure io perchè sto scrivendo all'inizio.(?)
Ad ogni modo, ciaaaaaaaaaaaaaaaaao.
Solo un mio breve commento prima di lasciarvi alla OS, lol.
Spero vi piaccia, è parecchio sdolcinata, quando scrivo su Niall non riesco ad immaginare altro che dolcezza.
Però giuro che ci ho messo il cuore per scriverla e neppure volevo pubblicarla per l'insicurezza. 
Grazie a chi legge e chi recensisce. 
Un grande bacio.
Me(?)
xjawaads voice.

     





Era il tredici di giugno. Quel giorno a Mullingar faceva veramente caldo. Strano ma vero. Decisi che quello era il giorno perfetto.
Mi alzai presto, chiamai George tramite il citofono collegato al suo ufficio.
«Buongiorno, signorina Hellen» rispose.
«’Giorno, George. Muoio dalla voglia di fare shopping oggi» trillai.
«Perfetto! A che ora?» chiese.
«Tra quarantacinque minuti sono pronta» dissi, guardando la sveglia sul mio comodino.
«Benissimo. A dopo» disse.
La nostra parola d’ordine era ‘fare shopping’, ma sapevamo entrambi che lo shopping significava Niall.
Noi lo sapevamo, mio padre no.
Lo shopping era solo una scusa per andare da lui. Avevo un rapporto magnifico con quell’uomo e mi copriva ogni qual volta gli chiedevo di portarmi da Niall.
Mio padre, stronzo per com’era, trattava George come un semplice cameriere.
 Io fortunatamente, non ero come lui, ero nata con un cervello, e avevo capito che se quell’uomo non avesse avuto bisogno di soldi per la sua famiglia sarebbe scappato via da casa nostra.
Purtroppo mio padre era un grande imprenditore e grazie ai soldi potevamo permetterci qualsiasi cosa, anche dei camerieri.
 
Niall mi mancava, morivo dalla voglia di abbracciarlo e non mi sarei trattenuta.
Vi chiederete, perché nascondere tutto questo a suo padre? Bè, perché i genitori di Niall erano semplici commessi in un negozio e mio padre non voleva frequentassi gente che non fosse ricca sfondata come lui. Non capiva proprio nulla. I signori Horan erano le persone più dolci del mondo, mi volevano bene come fossi loro figlia. E Greg, il fratello maggiore di Niall, era adorabile.
Sorrisi all’idea di abbracciare il mio ragazzo.
Mi feci una doccia e mi vestii.
Appena fui pronta scesi correndo le scale e andai da mio padre che era in compagnia di George, che aspettava me.
«Ciao papà» dissi.
«Buongiorno. Esci?» chiese, alludendo alla mia borsa e al mio outfit delle dieci di mattina.
«Sì, George mi accompagna a fare shopping. È da tanto che non sto fuori tutto il giorno per lo shopping, torno prima di cena. Ti dispiace?» chiesi, anche se in effetti neppure m’importava.
«Certo che no. Và pure. George non mollarla neanche un secondo» disse guardando prima me e poi George.
«Certo, non si preoccupi signor Morrison» disse lui, serio.
Sapevamo fingere parecchio bene.
Uscimmo insieme e appena chiuse la porta mi diede il batti cinque.
Casa di Niall distava più o meno venti minuti da casa mia. A metà strada, estrassi il cellulare dalla borsa e mandai un sms a Niall.
-Arrivo. Hel xx-
Non rispose perché sapeva che ero quasi dietro l’angolo, come sempre.
Poco dopo, infatti, George accostò di fronte casa Horan.
Scesi dalla macchina e mi avvicinai al suo sportello.
«Grazie, George. Passa una bella giornata con la tua famiglia. Salutami Nicole e da un bacio da parte mia ai tuoi figli» dissi sorridente. «Grazie, Hellen. Sarà fatto» disse salutandomi.
Suonai eccitata al campanello e in pochi secondi un Niall sorridente e a petto nudo corse ad aprirmi.
«Ciao, splendore» esclamò abbracciandomi.
«Ciao, Niall» dissi, assaporandomi l’odore della sua pelle fresca. Mi sentii finalmente al sicuro.
Niall e Hellen. Hellen e Niall.
Intrecciò le nostre dita, «Vieni dentro» disse.
Chiuse velocemente la porta e mi accompagnò in sala da pranzo, e ci accomodammo sul morbido divano di pelle bianca.
Si girò a guardarmi, guardai dentro i suoi occhi cristallini.
Più lo guardavo negli occhi più mi rendevo conto che lui era il centro del mio mondo, il mio tutto. Potevo perdermi nei suoi occhi e rimanerci dentro per ore, a contemplarli.
 Ci avvicinammo e le nostre labbra si sfiorarono. Poi mi baciò dolcemente, molto dolcemente. Ci aggiunse anche un pizzico di passione. Mi lasciai trasportare dalle sue labbra, da lui, dalla sua perfezione.
«Hel, mi sei mancata da morire» disse, tra un bacio e l’altro.
«Anche tu, troppo» risposi.
Ci staccammo e mi accarezzò i capelli. Mi lasciai coccolare, completamente.
Lo guardai dal basso.
Era veramente stupendo. Ed era assurdo credere fosse il mio ragazzo. Mio, completamente mio. I suoi morbidissimi capelli biondi, se pur tinti, mi ricordavano la bellezza del sole.
Anzi no, lui era molto più bello del sole. Riusciva ad illuminare ogni mia giornata con uno sguardo o un sorriso.
E le sue labbra, oh.. Erano calde, dolci, dal sapore sempre piacevole.
Mi faceva sentire sua, ed era la sensazione più bella del mondo. Non era mai eccessivo.
Ad ogni singolo tocco, scatenava dentro me un uragano di emozioni.
Lui era il mio arcobaleno dopo la tempesta.
Lui era il mio fiore sbocciato d’inverno.
Lui era la mia riserva d’acqua nel deserto.
Lui era la mia gravità.
Lui era la mia forza.
Lui era il motivo per cui la mattina mi alzavo con la voglia di vivere.
Lui era ciò che mi teneva ancora in quella piccola cittadina.
Lui era il mio angelo custode.
Lui era il mio futuro.
«Che pensi?» chiese, interrompendo i miei pensieri, «Nulla» dissi, stringendolo. Mi lanciò uno sguardo poco convinto ma cambiò discorso.
«Hai fatto colazione, piccolina?» chiese con la sua dolcezza infinita, scossi la testa, «Andiamo a preparare qualcosa, vieni» disse alzandosi e tendendomi la mano, la afferrai e la solita sensazione di calore e sicurezza mi invase.
Ecco, con lui, ogni cosa era perfetta. Mi bastava un semplice contatto con la sua pelle per sentirmi al sicuro, protetta da tutto e tutti.
Mi trascinò nella sua spaziosa cucina, «Bene, che prepariamo?» chiese osservando la dispensa, «Le crepes!» urlai, «Ci sto. Prendo gli ingredienti» disse afferrando la farina.
Preparammo le crepes, ci tirammo la farina a vicenda e appena furono pronte le riempimmo di nutella. Ci sedemmo a tavola. Mi riavviai i capelli biondi e cominciai a mangiare.
 «Sei sporca qui» indicò un punto nella mia magliettina, istintivamente abbassai la testa e, lui, con la stessa mano con cui aveva indicato il ‘punto’ inesistente, mi spalmò la nutella nel naso. «Sparisci entro tre secondi o sei morto» dissi, scattando dalla sedia, lui mi imitò e cominciando a ridere, scappò dal lato opposto della cucina. Lo rincorsi, fortunatamente nella corsa me la cavavo, ma non abbastanza per prenderlo. Poi a due passi da lui gli feci lo sgambetto, cadde sul tappeto, e io inciampai su di lui, finendogli addosso.
Strofinai il naso al suo, sporcandolo, lui rise di cuore e poi mi baciò.
Un bacio alla nutella, fantastico.
Ci alzammo e mi prese in braccio, mi poggiò sul bancone e continuò a baciarmi; sulle labbra, sul collo e sulle spalle. Aveva voglia di giocare, e di farmi impazzire. Sospiravo, e sorridevo sulle sue labbra. Sapeva come giocare con me, sapeva ormai quali erano i miei punti deboli e li sfruttava a suo favore.
Mi sollevò e prendendomi di nuovo fra le sue braccia entrammo, senza staccarci, nella sua camera.
Stendendoci sul letto, giocammo un po’, ci stuzzicavamo a vicenda e ridevamo.
Ci liberammo dei nostri indumenti, poco a poco, e con delicatezza sfiorò le mie curve con la punta delle dita e con le labbra, facendomi anche gemere.
 Ci liberammo anche dell’intimo, lo osservai in tutto il suo splendore, e lui osservava me, mi sentivo leggera, mi sentivo bene, e non ero in imbarazzo.
Dopo qualche minuto mi strinse fortissimo a se, e mi fece sua, per la prima volta.
Non era la mia prima volta, ma la prima volta con lui; la migliore in assoluto.
E soprattutto, col ragazzo di cui ero innamorata.
Lui era certamente il mio primo, vero, amore. E non me lo sarei assolutamente lasciato scappare. Ero sicura di volerlo nella mia vita per sempre.
I suoi movimenti, erano carezze per me, aveva paura di farmi male, io pensavo tutto tranne che quello. I suoi capelli mi sfioravano il viso, le sue mani mi accarezzavano e mi tenevano stretta, le sue labbra mi baciavano con amore donandomi piacere e fortissime emozioni.
Strinsi le gambe attorno al suo bacino, non avevo voglia di lasciarlo, sarei voluta rimanere stretta a lui.. per sempre.
Arrivati entrambi all’apice del piacere rimanemmo stretti l’uno all’altra, con un’infinita voglia di rimanere insieme. Quando eravamo insieme il tempo sembrava correre sotto i nostri occhi, ci sfuggiva, ed ogni attimo era prezioso.
Ascoltavo il battito accelerato del suo cuore, e poggiando la testa nell’incavo del suo collo odorai ancora la sua pelle candida. Lui, invece, accarezzava la mia pelle calda, bollente, a contatto con la sua.
Pensavo, mi vedevo già con lui, nella nostra camera da letto, davanti la culla del nostro piccolo bimbo ad osservarlo, insieme, adulati, pronti a rimboccargli le coperte dopo averlo coccolato per ore, per farlo addormentare, magari mentre ci stringevamo l’uno all’altra, felici.
«Non andartene, ti prego» sussurrò, facendomi tornare coi piedi per terra «Vorrei rimanere qui per tutta la vita, ma come faccio, Niall?» chiesi, «Troviamo un modo, per favore, non ce la faccio a starti lontano per un’altra settimana».
Lì, in quel preciso istante, fui certa che era quello che volevo anch’io.
«Si, ma come? Cosa faccio con mio padre? Lui pensa io sia a fare shopping con George»
«Scappiamo insieme» disse riflettendoci, «Diciamolo ai tuoi genitori, loro possono aiutarci» dissi, «I miei ti adorano, saranno dalla nostra parte», io risi, «Potresti venire a vivere qui. Staresti con me, nella mia camera, potremmo comprare un letto a due piazze o un altro uguale al mio e poi unirli» disse eccitato all’idea, «Piano, piano, amore» dissi dandogli un bacio sulla guancia. Sorrise, e illuminò il mio cuore. «Rimani a cena qui, ne parliamo con i miei genitori e decidiamo, anzi, rimani a dormire qui» disse, rilassandosi, «Ho detto a mio padre che sarei tornata prima di cena e se gli dico che non torno s’incazza» dissi sbuffando.
«Ho un’idea» disse, «Che idea?» chiesi, «Avevo dimenticato che i miei stasera tornano tardi, quindi, domani dici a tuo padre che vai da una tua amica e vieni a pranzo da me. Ci saranno i miei e anche Greg, ci aiuteranno. Poi chiami George e lo diciamo anche a lui. Poi andremo da tuo padre e proveremo a convincerlo. Amore, hai quasi vent’anni, direi che tuo padre dovrebbe lasciare prendere a te le decisioni della tua vita» spiegò, «Lo so, Niall. Ma fallo capire a quell’idiota. Però ci sto, proviamoci. Ma se lui non si convince, cosa faccio, cosa facciamo?», «Non preoccupartene, io dico che ce la faremo» disse, «Io conosco mio padre, Niall. Sarà difficile, più che difficile» spiegai, rimanemmo qualche minuto in silenzio, poi lo spezzai.
«Se non riusciamo a convincerlo scappiamo davvero, Niall» dissi, «Sempre se vuoi, cioè se vuoi veramente stare con me, perché se non vuoi potrei tornarmene a casa e basta e convivere col cuore sp…» fui interrotta dalle labbra di Niall sulle mie. «Sta’ un po’ zitta, è ovvio che voglio stare con te, idiota».
 
«Papà sono a casa» dissi sbattendo la porta, preceduta da George, «Ciao, Hellen. Ti sei divertita?», «Come se t’importa veramente. Piuttosto, domani sono da a pranzo da Julia» dissi, indifferente, «Ci vediamo tra dieci minuti a cena e non ti permettere di rispondermi in questo modo» urlò, quando mi trovavo già a metà della scala.
Scesi puntuale a cena, inventai qualche raccontino della giornata a mio padre e gli chiesi scusa per come gli avevo risposto quando ero appena arrivata. Dovevo tenermelo caro per il discorso che avrebbe dovuto affrontare il giorno dopo con i genitori di Niall, Greg e George. La sua scelta mi avrebbe cambiato certamente la vita.
Gli diedi la buonanotte e corsi in camera, composi il numero di Niall, avevo voglia di sentire la sua voce, e non solo.
«Ehi, amore» rispose, «Niall. Ho una cosa da dirti» dissi, seria, «Hai cambiato idea su noi vero? Come avevo potuto pensare che una ragazza come te fosse veramente interessata a me, che mi volesse bene? Se ho sbagliato qualcosa dimmelo, posso rim..», «Ti amo» lo interruppi. «Puoi ripeterlo, per favore?» chiese, io sorrisi, «Ti amo» ripetei, «Allora non ho sentito male. Diooo, anch’io ti amo» urlò, dalla gioia, «Vorrei essere con te» dicemmo contemporaneamente, poi, ridemmo.
 Un paio d’ore dopo gli diedi la buonanotte e subito dopo gli mandai un sms: -Ah, grazie per il più bel pomeriggio di sempre. xx-
 
 
La mattina dopo mi alzai raggiante e piena di forze per ciò che mi aspettava. Avrei dovuto parlare con i genitori di Niall, George e infine con mio padre, la parte peggiore. Guardai fuori dalla finestra, ancora sole, il clima era dalla mia parte.
Mandai un sms di buongiorno al mio ragazzo.
 
«Buongiorno George! Oggi shopping e casa di Julia» trillai al citofono che mi collegava al mio complice.
«Buongiorno signorina, pronta per che ora?» chiese, «Mezz’ora, oggi sono elettrizzata» trillai, «Piuttosto, George, ti ho detto che devo parlarti più tardi?» lo avvisai, «No, ma chissà perché immagino anche di cosa» disse, immaginai il sorriso sornione stampato sulle sue labbra, io risi, «Tra mezz’ora, yeah» urlai, lui rise di cuore, «E poi, George, la smetti di essere così formale con me? Siamo amici, no? Chiamami Hellen o come caspita vuoi e basta. Non signorina bla bla bla» dissi, rise ancora «Ok, Hellen, a dopo».
 
Mezz’ora dopo scendevo le scale eccitata e col sorriso sulle labbra. Salutai mio padre e gli dissi che sarei tornata nel pomeriggio, non gli dissi però che sarei tornata con della compagnia.
Venti minuti dopo fui davanti casa di Niall, mi aspettava in giardino, sull’amaca. George diede un colpo di clacson e lui saltò giù per venire ad abbracciarmi.
«Ciao, Niall» sussurrai, «Amore» disse stringendomi fra le sue braccia, lasciammo George dicendogli che lo avremmo chiamato quando sarebbe stata ora di parlare anche con lui, anche se sapeva già tutto. Appena si fu allontanato, Niall mi strinse più forte e mi baciò con amore, sorrisi sulle sue tenere labbra. «I tuoi sono a casa?» chiesi, «Non ancora», guardò l’orologio sul suo polso, «Tra un’oretta dovrebbero essere a casa» affermò, «Bene, che ne dici di preparare il pranzo?» chiesi, «Ci sto, baby».
Preparammo una montagna di cose buone e le poggiammo sul tavolo nel momento in cui i suoi genitori suonarono al campanello, poco dopo l’una.
 «Sanno che sono qui, vero Niall?» chiesi leggermente agitata, «Certo, tranquilla. Loro ti adorano, e anche Greg. E soprattutto sanno e accettano che stiamo insieme» disse, aprendo la porta.
 Sua mamma entrò sorridente, salutò il figlio e abbracciò me come fosse stata mia madre, «Ciao, Hellen, sei splendida» disse, baciandomi le guance. Io arrossii. «Salve, signora» dissi, imbarazzata, «Oh, ti prego, chiamami Maura» disse cortese, mettendomi a mio agio, «Ecco, non provare a chiamarmi signor Horan, chiamami Bobby» si intromise il padre di Niall, io risi, si avvicinò a me, superandomi parecchio in altezza, e mi bacio la testa.
«Mamma, ma Greg?» chiese Niall, «Arriverà tra qualche minuto» disse la donna, entrando in cucina, «Ma avete già preparato tutto, ah, siete fantastici» continuò notando il pranzo appena servito sul tavolo.
Qualche minuto dopo, come detto dalla mamma di Niall, Greg arrivò a casa. Niall gli aprì la porta e lo salutò, appena vide me sorrise e venne ad abbracciarmi. «Ciao, Hellen, sei sempre più bella» disse, le mie guance si accaldarono e diventarono rosse, «Grazie, Greg» dissi semplicemente, sorridendo. Niall tossicchiò, e io e Greg ridemmo.
Il ragazzo entrò in cucina e io e Niall rimanemmo di nuovo soli, lo baciai teneramente e sorridemmo guardandoci negli occhi.
 
Dopo pranzo ci spostammo in sala da pranzo, tutti e cinque.
Stavamo parlando del più e del meno, ma sapevo che prima o poi avremmo dovuto parlare con loro, seriamente.
Infatti, dopo poco, Niall mi strinse la mano e iniziò a parlare. «Io e Hellen dobbiamo parlarvi», io annuii, «Hellen, sei incinta?» chiese impulsivamente Maura, sbiancai «No, no, no» dissi, Greg rise di cuore e i suoi genitori tirarono un sospiro di sollievo.
«Io e Hellen vogliamo essere liberi di stare insieme, sempre, e voi dovete aiutarci. Suo padre, come sapete, non è d’accordo alla nostra relazione», «Mi vergogno all’idea di essere figlia di una persona del genere, ma io non sono come lui, ve lo giuro. Io vi adoro, tutti quanti. Siete così dolci con me e poi, ehm, bè, io mi sono innamorata di Niall» dissi senza vergognarmene, lui mi accarezzò il dorso della mano col pollice e guardandolo con la coda dell’occhio mi accorsi che sorrideva, sorrisi anch’io, «Abbiamo bisogno che parliate con suo padre» sibilò Niall, «Non c’è bisogno che diciate altro» disse la donna, di fronte a me, sorridente, suo marito e suo figlio annuirono, «Parleremo con lui» disse Bobby, «George vi aiuterà» li rassicurai, «Ha un buon rapporto con mio padre».
Dopo aver parlato ai genitori Niall, io e lui, andammo in giardino, avevamo bisogno di rilassarci, di scaricare la tensione e prepararci ad affrontare l’ostacolo più grande.
Qualunque fosse stata la risposta di mio padre io sarei rimasta col ragazzo che mi aveva cambiata, con colui che mi aveva resa migliore, mi aveva resa una persona solare, sempre sincera e di cui fidarsi, e soprattutto mi aveva fatto innamorare.
Ero sicura fosse -ormai- l’uomo della mia vita.
Chiudemmo la porta alle nostre spalle e ci abbracciammo forte, poi ci rilassammo sul prato verde.
Un paio d’ore dopo parlammo con George che acconsentì subito e prendendo coraggio ci avviammo a casa mia.
Scendendo dalla macchina tremavo, ero nervosa, tesa, avevo paura di una risposta negativa da parte di mio padre.
 Se fosse stata tale, mio padre mi avrebbe sicuramente persa.
Niall mi baciò sulle labbra e mi rassicurò stringendomi fra le sue braccia, anche i suoi genitori, Greg e George mi diedero forza.
Raccolsi il poco coraggio che possedevo e suonai il campanello, la famiglia Horan osservava casa mia, «Non siate imbarazzati, ne in difficoltà, per favore» dissi, loro sorrisero.
Ivonne, un’altra delle cameriere, rispose al citofono e sentendo la mia voce aprì immediatamente il cancelletto grigio, in ferro battuto, che dava accesso allo spazioso giardino.
«Sign.. uhm, Hellen, che ne dici se entriamo prima io e te?» chiese, intelligentemente George, «Si, è meglio. Diremo a mio padre che c’è qualcuno che vuole parlargli e allora entrerete voi» dissi guardando prima George e poi gli altri, finendo per sorridere al mio ragazzo. Loro annuirono tutti, nervosi quanto me.
Entrando in casa, mi liberai della giacchetta e, insieme a George, andai da mio padre che era sul divano a leggere un libro. «Ciao, pà» lo salutai, lui alzò gli occhi dal suo libro e mi rivolse un sorriso, strano ma vero, «Ciao Hellen».
Mi sedetti sul divano al suo fianco, capì subito che dovevo parlargli, eravamo diversi ma, in fondo, era sempre mio padre.
Così, chiuse il libro, non prima di aver messo il segnalibro, e mi guardò negli occhi.
 «Hellen, che devi dirmi?» chiese, io abbassai gli occhi, mi torturavo le dita, «Forza Hellen, non ti mangio mica» disse, ‘perché non ti ho ancora detto nulla’ pensai, «Bè, è una cosa molto importante per me. E per questo, ho portato qualcuno per.. ehm, aiutarmi» iniziai, lui mi guardò confuso ma mi fece un lieve cenno di proseguire. «George, puoi chiamarli, per favore?» chiesi, preoccupata, lui annuì e sparì dietro la porta, guardai mio padre che mi fissava con la faccia di uno che non ha capito niente. Ma appena la famiglia Horan al completo avrebbe attraversato la porta avrebbe subito capito. 
George entrò di nuovo nella stanza, portandosi dietro gli Horan, Niall appena entrato, salutò immediatamente mio padre «Salve, signor Morrison» disse, tendendogli la mano che mio padre non strinse. I genitori di Niall e Greg lo salutarono, anche loro, gentilmente. Lui non rispose.
 «Hellen, che ci fanno qui, questi signori?» chiese mio padre guardandoli con disprezzo, «Primo: loro ti hanno salutato, devo insegnarti io che è buon’educazione rispondere al saluto?» dissi io, nervosa.
«Non sei tu a dovermi dire chi devo salutare e poi non ho nulla da dire a loro» disse guardando solo me, «Sono loro che devono parlarti. Lo fanno per me. Ascoltali, ti prego» lo supplicai, «Non più di cinque minuti» affermò, «Che stronzo» sussurrai, mi sentì solo Niall che trattenne una risata.
I genitori di Niall, con calma, spiegarono a mio padre cosa significava per due ragazzi innamorati stare separati a causa sua, e per una motivazione tanto stupida; mio padre li ascoltava, li osservava ma non si esprimeva.
Le parole che stava usando la mamma di Niall, mi fecero svegliare, mi fecero capire quanto fosse egoista mio padre. Stare con Niall era ciò che desideravo, avevo bisogno di quel ragazzo al mio fianco, e se mio padre fosse stato diverso, avrebbe potuto capire i miei sentimenti, avrebbe potuto capire cosa significava per me stare lontano dal ragazzo che mi aveva risollevata, che mi aveva fatta rinascere, che aveva permesso alla parte migliore di me di venire alla luce e che mi aveva resa veramente felice.
Ma, pensandoci, mio padre sapeva cos’era la felicità? E io?
Per me la felicità erano le piccole cose della vita, le più semplici. Un abbraccio, un bacio, un sorriso, una mano tesa in aiuto, fiducia; queste erano alcune delle cose che appartenevano al mio concetto di felicità. Ma mio padre, aveva mai provato la felicità? Avrei voluto chiederglielo, ma probabilmente mi sarei beccata come minino una risposta poco carina.
La mamma di Niall, aiutata dal marito e dal figlio, concluse il discorso, George ci mise la sua buona parola e in quel momento, ci ritrovavamo tutti quanti a fissare mio padre in attesa del suo verdetto. Sembrava tranquillo. Poi parlò, «No», una sillaba, quella, trafisse il mio cuore.
Sentii dentro me rabbia, tristezza e forse anche odio represso nei suoi confronti.
Tutto quello mi portò sull’orlo del pianto, Niall cercò la mia mano, la prese e la strinse, io raccolsi il briciolo di forza che possedevo e mi alzai.
«Che significa, no?» chiesi, «No» ripeté, «Ho chiesto alla famiglia di Niall e a George di parlarti, pensavo potessero farti ragionare, aprire gli occhi e farti capire quanto sei egoista. Perché, tu pensi solo a te stesso, questa è la verità» spiegai puntandogli il dito contro, apparentemente calma, lui mi guardò serio. «Ti importa solo di te stesso, della tua immagine, ma di me? Hai promesso alla mamma che mi avresti protetta e resa felice» continuai, «Lo sto facendo, non mi pare ti manchi qualcosa» disse, «No che non lo stai facendo! No! Ho tutte le cose di cui non ho bisogno, l’unica cosa di cui ho bisogno veramente è lui» dissi, indicando Niall che continuava a fissarmi. Gli sorrisi lievemente, era terrorizzato, glielo leggevo negli occhi.
 Tornai a guardare mio padre negli occhi.
«E non dire che non posso averlo perché è solo un tuo capriccio. Quando ti guardi allo specchio cosa vedi? Vedi un uomo pieno di soldi, e poi?», «Non puoi di certo vedere un uomo che nella vita sta facendo anche quel poco per rendere sua figlia felice. Che poi, papà, ho quasi vent’anni e ho un cervello, sono capace di prendere decisioni per me, per la mia vita, sono in grado di scegliere la strada da percorrere perché sono sicura che è quella giusta ma tu, egoista per come sei, mi stai sbarrando la strada perché pretendi ch’io scelga quella che tu hai scelto per me» spiegai, alzando il tono della voce di un’ottava. «Se pensi che sbarrandomi la strada io tornerò indietro e cambierò strada, sappi, che ti sbagli di grosso. In fondo alla mia strada c’è il mio ragazzo, c’è il mio uomo che mi aspetta a braccia aperte e non esiterò a scavalcare il muro che tu mi hai costruito davanti» urlai, «Urla ancora e ti faccio vedere io cosa succede» disse, solamente, «Questa è l’unica cosa che sai dire? Non urlare? Altrimenti mi alzi le mani, certo. Secondo te, alzandomi le mani, i miei pensieri e i miei sentimenti cambieranno? Se pensi questo, ti sbagli ancora. Io voglio solo essere felice, ma tu cosa puoi capirne? Hai mai provato a pensare un po’ a me? A cosa può rendermi veramente felice? Ho tutto, questo è vero, ma quel tutto non è quel che voglio. È altro che mi serve per vivere. Ho bisogno di amore, di affetto, di abbracci e sorrisi, di certezze, di sicurezza; tu tutto questo non sai darmelo. Loro si» dissi indicando la famiglia Horan, «Se tu non accetti la mia relazione con Niall, andrò via, dove posso essere felice. E allora non saprai più che esisto. Potrai avere questa casa tutta per te, e potrai anche cancellarmi dalla tua mente» affermai urlando ancora, lui mi guardò male, malissimo. Senza rifletterci, si alzò, si avvicinò a me e urlò «Per me puoi anche andartene. Lì c’è la porta. Ma non tornare», il mio cuore sussultò a quelle parole, «Come puoi farmi una cosa simile? Sono tua figlia, sangue del tuo sangue» dissi, con la voce rotta dalle lacrime. Mi accasciai a terra priva di forze, e, prima che mio padre potesse avvicinarsi ulteriormente, Niall schizzò in piedi e corse al mio fianco, piansi sulla sua spalla, distrutta. I suoi genitori e Greg si misero in piedi, preoccupati. George, in silenzio, si avvicinò a noi e suggerì a Niall di portarmi in camera mia, spiegandogli la direzione. Lui, senza esitare, mi prese in braccio facilmente e mi portò in camera.
Nel frattempo George suggerì a Bobby, Maura e Greg, di andare a casa, dicendogli che avrebbe accompagnato lui stesso a casa Niall e me.
Niall entrato nella mia stanza, mi poggiò sul letto, mi tolse le scarpe e si mise al mio fianco, cominciando ad accarezzami i capelli. «Ehi, andrà tutto bene, piccolina. Adesso devi riprenderti, ti sei sfogata e questo ti ha fatto perdere le forze ma devi stare tranquilla» mi spiegò, io annuii, «Niall, io voglio andare via di qui, veramente. Io voglio passare il resto della mia vita con te» sussurrai, con la poca voce che possedevo, «Anch’io, amore. Sei sicura di voler andare via di qui?» chiese. Lui si che si preoccupava per me, lui si che voleva la mia felicità. «Si, Niall. Lui non ha accettato la nostra relazione, bene, adesso deve accettare anche che io me ne vado. E non cambierò idea. Dove vado però?»
 «Da me, ovvio, idiota» rispose lui, facendomi ridere, «Mi aiuti a preparale le cose? Mi sento già meglio, il tuo affetto mi fa sentire al sicuro» spiegai, lui sorrise e mi baciò le labbra rosse e gonfie per il pianto.
Preparammo due valigie con vestiti e il minimo indispensabile.
Chiusi le ante dell’armadio e mi ritrovai schiacciata contro di esso, Niall era praticamente addosso a me, e teneva le mani ai lati della mia testa. Sorrisi. staccò una mano dal muro, mi prese il mento con due dita e mi baciò trasmettendomi i suoi sentimenti, cancellando quasi completamente il dolore causatomi da mio padre. Si staccò da me, e mi guardò intensamente negli occhi, leggendomi dentro, «Ti amo, Hellen» sussurrò infine, «Anch’io, amore».
 
Da quel giorno passarono sei mesi, sei lunghissimi mesi.
Mi trasferii a casa di Niall, i suoi genitori ci permisero di dormire nello stesso letto, acquistando il matrimoniale, a patto che non avremmo fatto nulla in loro presenza in casa.
Stavo benissimo lì, la famiglia Horan era ciò che mi rendeva felice.
Greg mi presentò Courtney, la sua fidanzata, presto sua moglie, legammo moltissimo. Diventò, in poco, la mia migliore amica. Ero contenta della scelta che avevo fatto.
Certo, a volte pensavo a mio padre, mi chiedevo come stava, se gli mancavo almeno un po’.
Compii vent’anni in agosto, e Niall ne compì ventidue un mese dopo.
Trovammo entrambi lavoro, io come segretaria di un avvocato e Niall come assistente di un famoso chef di Mullingar.
Ogni cosa sembrava al suo posto, a parte che per mio padre.
 
Greg e Courtney, quindi si sposarono a marzo, nove mesi dopo il mio arrivo a casa Horan.
E proprio lì, al loro matrimonio, Niall mi chiese di diventare sua moglie.
Eravamo in terrazza, aspettando la torta nuziale, quando si parò davanti a me con la tradizionale scatoletta blu fra le mani. Aveva gli occhi lucidi e le mani tremanti, me lo chiese con semplicità, disse solo ‘Hellen, non è che ti andrebbe di passare, veramente, il resto della tua vita con me?’, io senza pensarci su urlai sì e mi fiondai fra le sue braccia.
Io e Niall ci sposammo il ventiquattro settembre, sei mesi dopo la sua proposta, nella piccola cappella di Mullingar. La temperatura ideale, caldo alternato da un leggero venticello fresco.
C’erano tutti, tranne mio padre che ero sicura avesse ricevuto la partecipazione, anche George con la sua famiglia. E proprio quando non me lo aspettavo, si presentò in sala, mentre facevamo le fotografie con gli invitati.
Ci rimasi di sasso. Mi bloccai. Era il bell’uomo che era sempre stato, ma era diverso, si era parecchio trascurato. La corta barba sul suo viso ne era la prova.
Mi allontanai da Niall e gli invitati e raggiunsi mio padre che mi guardava sorridendo. 
«Ciao, Hellen» disse, accorciando le distanze fra noi, «Ciao. Che ci fai qui?» dissi fredda,  «Ho saputo che mia figlia si sposava, non potevo venire?», «Dopo quello che hai fatto?» chiesi io, «Ecco, di questo volevo parlarti. Volevo chiederti seriamente scusa, in questo periodo senza te sono stato malissimo e mi sono reso conto di quanto sono stato egoista e stronzo con te. Mi dispiace da morire, tesoro» disse, lessi nei suoi occhi la sincerità. Poi, mi aveva chiamata ‘tesoro’, la prima volta. Chissà come e perché gli buttai le braccia al collo e lo abbracciai e per la prima volta mi sentii protetta anche fra le sue braccia.
 
 
 
«Hel, vieni qui» urlò Niall dalla camera da letto, corsi da lui, che teneva il nostro piccolo Harry fra le braccia «Dimmi» dissi, «Non trovo il ciuccio, e continua a piangere» disse, in preda al panico, «Dallo a me, il ciuccio sarà caduto dietro la culletta, cercalo» dissi prendendolo in braccio e coccolandolo.
 Niall trovò il ciuccio proprio dietro la culletta, lo diede al piccolino che si calmò immediatamente, lo poggiai delicatamente nel suo lettino. Niall mi cinse i fianchi con un braccio e gli diedi un bacio sulle sue tenere labbra. Osservammo la nostra piccola creatura, in silenzio.
Occhi azzurri come il papà, capelli biondi come i miei. Sarà che era nostro figlio ma a noi sembrava il bimbo più bello del mondo.
E lì, ricomposi i pezzi del puzzle e ricordai che avevo immaginato una scena del genere qualche anno prima.
E, finalmente, mi resi conto di essere assolutamente felice.
  
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