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Autore: Danya    03/06/2007    7 recensioni
Ok. Prima One-shont su Naruto…prego tutti i fan di Gaara&co di non linciarmi, perchè io non avevo cattive intenzioni! Ho pensato un sacco a questa ff. I sentimenti di Gaara e dei suoi genitori, e dei suoi fratelli…ammetto che l’ispirazione è nata leggendo Racconti del Deserto, ff che troverete sempre su questo sito (e che io adoro XD). Purtroppo sono un po’ incerta sulla sua uscita…preferisco scrivere ff lunghe… (se volte date un’occhiata alle mie ff…non ancora concluse XD), e vi renderete conto di quanto abbai cambiato il mio stile! Non vi annoierò più con questa stupida introduzione…leggete e commentate! "Dopo la morte di Yashamaru, poi, era impossibile avvicinarlo. Avevano paura, paura di morire. Iniziarono i giorni del Disprezzo." (...) "Uscendo da quella stanza, Gaara si concesse un sorrisetto. Qualcosa poteva cambiare, e in meglio… Iniziarono i giorni dell’Affetto."
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sabaku no Gaara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kazekaghe

Ok.

Prima One-shont su Naruto…prego tutti i fan di Gaara&co di non linciarmi, perchè io non avevo cattive intenzioni!

Ho pensato un sacco a questa ff.

I sentimenti di Gaara e dei suoi genitori, e dei suoi fratelli…ammetto che l’ispirazione è nata leggendo Racconti del Deserto, ff che troverete sempre su questo sito (e che io adoro XD).

Purtroppo sono un po’ incerta sulla sua uscita…preferisco scrivere ff lunghe… (se volte date un’occhiata alle mie ff…non ancora concluse XD), e vi renderete conto di quanto abbai cambiato il mio stile!

Non vi annoierò più con questa stupida introduzione…leggete e commentate!

I Giorni del Disprezzo,Il giorno dell’Affetto

Il Kazekaghe della sabbia non era un uomo propriamente cattivo.

Era rispettato e temuto nella giusta dose.

Probabilmente, il suo difetto era l’ambizione.

Voleva primeggiare su tutto e tutti. Voleva che il suo paese fosse il più forte di tutti.

Desiderava avere un figlio maschio, così da educarlo in modo un po’ bellicoso. Sarebbe diventato il più grande guerriero del mondo!

E per questo aveva bisogno del giusto “Tabernacolo”.

E lo trovò.

La donna, secondo lui, perfetta.

Era bella.

Il suo fisico non era del tipo anoressico o costruito, come quello di molte persone a Suna, ma bello, con le cose giuste al punto giusto.

Aveva capelli biondi, come la sabbia, e come la sabbia, emetteva quel profumo particolare.

Gli occhi sempre attenti e vigili, scuri come il cielo notturno.

Le labbra, il naso, perfetti.

La simmetria era spettacolare.

Non trovò difetti.

Non ne era veramente innamorato, ma ne era attratto. Molto.

La bella donna aveva pure un fratello gemello nella squadra medica, Yashamaru.

La figlia d'Eva non aveva mai partecipato alle azioni ninja, non lo era, infatti. Era la figlia di un benestante mercante di Suna.

Iniziò a corteggiarla, e alla fine, ottenne l’attenzione della ragazza.

Era bella, intelligente, e senza troppi ghiribizzi per la testa. Era stata educata bene.

Un giorno, come voleva la buona educazione e la tradizione, chiese al padre della ragazza la sua mano, concessa facilmente, come era da copione.

La loro, si poteva dedurre, era una coppia bellissima e affiata.

Nessuno poteva immaginare il loro futuro, e chi lo faceva, pensava a un futuro di glorie!

Dopo circa tre anni, venne al mondo la prima figlia.

Il Kazekaghe all’inizio, sembrò un po’ contrariato, lui voleva un maschio, ma le guanciotte paffute di quella bambina, identica alla mamma, gli riempì il cuore d’orgoglio!

Gli occhietti visti, i capelli sempre all’aria.

La chiamarono Temari.

E la prima foto di famiglia ritraeva un uomo possente, una donna, con in volto le fatiche del parto, ma felice, e una bambina che stava rannicchiata sul petto della madre.

Il padre di famiglia teneva un braccio intorno alle spalle della moglie, e lei, sfiorava delicatamente una mano su quella del marito.

Un gesto pieno di Confidenza, ma non propriamente di Amore.

Mentre Temari intraprendeva i primi passi, un po’ cadendo, ma sempre rialzandosi, nacque Kankuro.

Temari alla nascita aveva le forme di una graziose bambina, mentre, Kankuro, sembrava un piccolo orso!

Era bello rotondetto, e già si vedeva un ciuffo di cappi scuri.

Se Temari assomigliava alla mamma, Kankuro al padre.

La secondo foto di famiglia era composta da quattro persone.

Una bambina di un anno, che si aggrappava al braccio del padre, che sorrideva, guardando l’obbiettivo. La donna teneva in braccio un bambino che piangeva molto, e rideva di gusto.

Quel bambino, però, era molto diverso da Temari.

Se la bambina era allegra e viziata, lui era pigro, ma tanto pigro.

Non faceva che dormire (cosa del tutto normale per un bebè, ma lui superava tutti in questa abilità!) e mangiare.

Il padre sembrava un po’ dubbioso sul futuro del figlio.

Ogni volta che parlava con la sua compagna, questa lo scherniva, dicendo che era ancora un bambino un po’ pigro, ma col tempo, il suo carattere sarebbe cambiato.

I due bambini, più crescevano, più litigavano.

Una volta Temari, da grande dispettosa e viziata che era, staccò a morsi la testa del pupazzo preferito di Kankuro, che per contraccambiare il torto, provo a staccare la testa alla sorella a morsi.

Il bambino aveva un forte attaccamento ai suoi giocattoli.

Li sistemava tutti in un preciso ordine. Guai a chi li toccava.

Notandolo, il Kazekaghe capì, e fece costruire una marionetta a forma d’uomo, che avrebbe dato al figlio a tempo debito. Sarebbe stata un’arma spettacolare. Aveva deciso il futuro di Kankuro: Marionettista.

Temari, invece, aveva una mente calcolatrice. Ragionava su tutto, anche se era solo una bambina di pochi anni.

Anche per lei fu stabilito un futuro.

Una stratega di cui andare fieri.

I due genitori vedevano crescere quei bambini forti e sani (soprattutto Kankuro =_=, che non aveva perso il difetto di dormire e mangiare sempre).

E un giorno, Temari aveva tre anni, Kankuro due, la moglie del Kazekaghe disse di essere per la terza volta incinta.

La gioia del Kazekaghe era immensa.

Aveva un progetto anche per quel figlio.

Non sarebbe stato di meno ai fratelli! Avrebbe imparato l’arte del vento e della sabbia.

Sarebbe stato un terzo figlio esemplare.

Certo, Temari sarebbe stata di sicuro la più forte, non c’erano dubbi, ma se la sarebbe cavata in questo mondo!

Ma le cose andarono diversamente. Mancavano due mesi al parto, e un giorno…

Un giorno, mentre controllava alcuni documenti, lesse che Konoha, un paese alleato, aveva avuto molti problemi a causa di un demone, chiamato Kyuubi, la volpe dalle nove code.

“Interessante” pensò, incuriosito.

Il suo istinto lo fece indagare, e scoprì, che il demone era stato chiuso in un bambino, del quale però, era stato cancellato il nome.

Al bambino era stato sigillato il demone, e solo qualche ora prima (se non si meno) gli era stato reciso il cordone ombelicale.

Colui che aveva sigillato il demone, il Quarto Hokaghe, era morto.

“Sicuramente quel bambino racchiude in se un grande potere…un giorno potrebbe diventare fortissimo…”usare un bambino come contenitore di una forza stratosferica…”

dilatò gli occhi… “Lui…potrebbe diventare…il più forte del villaggio” però… “La mia vita è troppo preziosa…lo deve fare qualcun altro…e per il demone…so dove andare…”

La sabbia possedeva una reliquia dove, al suo interno, un valoroso guerriero aveva sigillato un demone. Il demone Tasso.

Il Kazekaghe entrò nella camera polverosa dove era deposto.

Il contenitore era chiuso dentro un armadietto di legno scuro, pesante, come se quelle porte fossero una barriera.

Sogghignò.

Aveva trovato la sua arma.

La sera, si chiuse nel suo studio a meditare.

L’arte del sigillo era difficile,ma non impossibile. Bisognava trovare un ninja esperto.

Ma chi?

Chi era il pazzo?

Bussarono alla porta.

Era sua moglie, che portava un vassoio con una tazza di tè appena fatto.

-Posso?-

-Certo…tu non dovresti neanche bussare…- disse, strofinandosi gli occhi.

-Beh…infondo sei sempre il Kazekaghe…- sorrise gentilmente –Che cosa turba il mio Kazekaghe?-

-Nulla, non ti preoccupare…-

La donna si toccò il pancione –Ah! Ha scalciato! Però lui è meno irruente di Kankuro…ricordo i calci che tirava!-

Il Kazekaghe sorrise forzatamente.

-Sarà sicuramente forte! Chissà a chi assomiglierà…-

L’uomo guardò la donna.

Nonostante fossero passato qualche anno, era sempre molto bella.

Ed era pure forte.

Una idea gli si formò nella testa.

Come un ragno che tesse la sua tela.

Aveva risolto la questione…sarebbe stata lei.

La donna si alzò, per uscire, augurandogli la buona notte.

Il Kazekaghe aspettò che si allontanasse, e scoppiò ardere, in maniera svogliata e animosa.

Si, il suo villaggio sarebbe stato il più forte!

Grazie a quella donna!

Il giorno dopo, il Kazekaghe la informò della sua idea.

E per il tempo rimasto le fece studiare l’arte magica del sigillo.

La donna, all’inizio, aveva debolmente protestato, ma poi, aveva rinunciato.

Sapeva che ribellarsi era inutile.

I suoi occhi non avevano più lo sguardo dolce che di solito riservava al suo amante, ma duri, ostili.

Solo con i due figli, teneva un comportamento normale e dolce.

Le restavano due mesi di vita.

Poi, sarebbe scomparsa, per lasciare posto a un mostro.

Se prima, quando il bimbo scalciava, sussultava, di gioia, ora sussultava, di ribrezzo.

Lo odiava, come odiava suo marito.

-Mama…- la piccola Temari le strinse la mano –Che hai?-

-Niente, amore…- rispose, baciandola sulla fronte

-Quando arriva?- chiese, curiosa.

-Chi?-

-La cicogna…-

Il volto della donna si indurì –Presto mancano poche settimane. - guardò a figlia, poi Kankuro, che aveva due anni, e giocava con una marionetta.

Le si strinse il cuore

-Temari…Kankuro…state sempre uniti. Non lasciate che vi dividano. -

I due bambini, la guardarono, ma erano troppo piccoli per capire, e lasciarono stare, facendo scivolare quelle parole.

Dopo un paio di settimane, il giorno fatidico arrivò.

La donna iniziò a urlare da l dolore.

Venne portata in una saletta, dove era stato allestito tutto per il parto e per il rito di sigillamento.

Il Kazekaghe, naturalmente era presente, e anche il fratello gemello di lei, Yashamaru, che fu testimone diretto di ciò che accadde quel giorno.

La donna iniziò a rompere i sigilli con l’incantesimo che le era stato insegnato, e lo spirito del demone Tasso prese possesso di lei.

Sentiva la vita scivolare via.

Come un fiume.

Sentiva la rabbia e l’ingiustizia crescere dentro di lei.

Stava dando alla luce un bambino che non amava.

-IL SUO NOME SARA’ GAARA!- un attimo di pausa, la fronte era impressa di sudore, ele fitte di dolore che sentiva, a causa del paro si facevano più fitte –Questo nome…nome…vuol dire…Demone che ama solo se stesso!- ancora pausa, mentre Yashamaru cercava di tranquillizzarla, inutilmente –E spero che viva a lungo! Così porterà alla distruzione il tuo villaggio!-

-ZITTA DONNA!- urlò, turbato il Kazekaghe. Quella donna stava maledicendo il villaggio.

-AHAHAH!- si lasciò scappare una risata isterica, mentre le forze l’abbandonavano, lasciando posto a Gaara –TU! Morirai in modo disonorevole! Mi fai schifo! Non ti ho mai amato!- spinse forte, e dalle sue labbra uscì un urlo di dolore –MAI! Speravo che la vita con te sarebbe stata facile! Eri un buon partito!Non amo ne te, ne questo bambino! Spero che tu muoia tra atroci sofferenze!-

-SILENZIO!- urlò l’uomo.

E il silenzio fu.

Solo un pianto sommesso rompeva quella lastra di tensione tra i pochi presenti.

Yashamaru teneva in braccio un bambino, sporco di sangue, appena nato.

Le mani stese verso l’alto, in cerca di qualcosa che non riusciva a prendere, i singhiozzi…

Poteva sembrare un bambino comune, peccato che…

-E’ avvolto dalla sabbia…- sibilò un uomo della guardia medica.

Yashamaru posò il bambino in un angolo, mentre un medico si occupava delle prime cure.

Si avvicinò alla sorella, immobile.

Era morta.

Le sfiorò il volto, contratto in una smorfia.

Il demone le aveva risucchiato tutta la vita.

Si portò una mano agli occhi, e trattenne le lacrime.

**

La morte della moglie del Kazekaghe venne presentata come un incidente.

Ma la voce di ciò che aveva fatto il Kazekaghe iniziò girare,fino ad arrivare alle orecchie di Temari e Kankuro.

Quando seppero che la mamma era morta, scoppiarono a piangere, e quando seppero per colpa di chi, o di che cosa, iniziarono a tenersi lontani dal padre e dal fratello.

La terza foto di famiglia fu fatta in un modo tetro.

Il Kazekaghe teneva in braccio Gaara, che stava tranquillo. Temari e Kankuro erano molto vicini a loro, e nello stesso tempo lontani.

Si tenevano stretti, e non sorridevano.

Provarono ad amare il fratello, ma non ci riuscivano bene.

Dopo la morte di Yashamaru, poi, era impossibile avvicinarlo.

Avevano paura, paura di morire.

Iniziarono i giorni del Disprezzo.

**

Qualche anno dopo…

Dopo aver fallito l’esame dei Chunin, e aver perso contro Naruto, Gaara fece una cosa mai fatta.

-Temari…Kankuro…scusatemi…-

I due fratelli si guardavano, mentre reggevano il fratello, stremato.

Che potevano dire?

Di cosa si scusava?

Rientrati a Suna, ognuno si ritirò in una stanza.

Dovevano riposare….

E pensare.

Pochi giorni dopo, arrivò loro la notizia della morte del padre, assassinato da Orochimaru.

Parteciparono al funerale, e una sola fu la lacrima di Temari, sempre forte, e nessuna da Kankuro, che trovava stupido piangere.

Nessuna lacrima fu versata da Gaara, che, impassibile, vedeva le persone avvicinarsi alla tomba del padre.

Molti poggiavano sulla tomba un fiore.

Qualcuno parlava, decantano i pregi, e qualche difetto, del Grande Kazekaghe.

“Ipocriti…” pensò Gaara “Non sanno che tipo di mostro sia…” si fermò “Che mostro fu…è morto. E poi, il mostro sono io…per colpa sua”.

Anche Temari e Kankuro poggiarono un fiore sulla tomba di loro padre.

“Loro possono anche avere dei bei ricordi con lui…è normale che siano addolorati…ma io? Che ci faccio qui? Sono ipocrita quanto le persone qui presenti”.

Un funzionario della cerimonia, guardò verso Gaara, e non solo lui.

Tanti altri aspettavano un gesto, anche dal figlio minore.

“Anche io devo dire addio a una persona che non ho mai amato, e che non mi ha amato?”

Temari e Kankuro si guardarono, poi guardarono Gaara.

Il fratello maggiore gli posò una mano sulla spalla –Non devi, se non vuoi. Tanto nessuno ti dirà niente. -

Quella mano sulla spalla fece provare un brivido a Gaara.

Anche Kankuro ebbe un sussultò.

Dopo il ritorno a Suna non avevano parlato più, ma qualche cosa stava germogliando nel cuore del freddo Gaara, che poco tempo prima, per una azione del genere, avrebbe ucciso.

Quella mano era calda.

Anche la mano di Temari, audace, gli si poggiò sull’altra spalla.

Gaara guardò la tomba e quei fiori.

“C’è mai stato un momento in cui mi abbia amato? Se io l’ho amato, invece, non ricordo…”

Il vecchio funzionario cominciò a parlare, non vedendo nessuna reazione da Gaara.

E mentre parlava, Gaara pensò.

L’aveva mai amato?

“E’ una medicina difficile da trovare…è L’Affetto” le parole di Yashamaru gli tornarono alla mente.

Si mosse, e posò un fiore sulla tomba del padre, lasciando tutti stupefatti.

“Che mi abbia amato o meno non importa. Ormai è morto”

**

Quella sera, Temari e Kankuro, entrando in un salone del grande palazzo del Kazekaghe, litigavano.

Parlavano della selezionerei Chunin.

-Sei stata battuta da Shikamaru Nara…- disse il ragazzo

-Ma non è vero!- rimbeccò lei –Si è arreso-

-Solo perché si scocciava combattere!-

-Avrei vinto!-

-Ah davvero? E come? Eri immobilizzata!-

-Avevo assi nella manica!-

-Oh si…certo come no…- disse Kankuro, come quando si fa con un bambino piccolo –E quali? A me sembravi spaventata…-

Temari divenne rossa dalla rabbia, e alzò un pugno per compire il fratello, ma la presenza dell’altro la fece immobilizzare.

Gaara era seduto su una poltrona, immobile, e guardava i due fratelli litigare.

Da quanto tempo era lì?

-Ga…Gaara…- disse, tremando appena.

Quel suo modo di farsi notare, fissandoti, era urtante.

Kankuro si mostrò più calmo –Non ti avevamo visto…- disse

-Succede spesso…- rispose Gaara “Sono un fantasma dalla nascita”

Scese il silenzio –Come fate a farlo?-

-Cosa?- domandarono automaticamente.

-Quello che fate…-

-Non ti capisco, Gaara…- disse Temari, mettendo le mani sui fianchi.

-Litigate e fate pace…- soggiunse ancora.

I due fratelli maggiori si guardarono –Beh…siamo fratelli…è normale che si faccia così…- disse Kankuro, prima che Temari gli assestasse una gomitata alle costole.

Aveva parlato troppo.

L’argomento famiglia era molto delicato con Gaara.

-Cioè…emh…-

-Troppo tardi, Kankuro…- disse Gaara –Ho sentito, e capito qualche cosa…-

Temari deglutì “Mannaggia a Kankuro…”

-Probabilmente, io per voi non sono mai stato un fratello- disse ancora.

Temari lo guardò.

Se molte volte aveva guardato quella figura con paura, ora provava un po’ di pena.

Gli occhi di Gaara, non erano più freddi, ma mossi da una fiamma più calda, fioca.

Ora, in una muta preghiera, chiedeva di essere accettato.

-E probabilmente, né nostro padre, né tanto meno nostra madre mi ha considerato un figlio. Io sono il demone di Suna. E nessuno prova affetto per un mostro, no?–

Kankuro abbassò lo sguardo, non sapendo che dire, quasi mortificato.

-Gaara…- la voce di Temari era incrinata –Il tuo futuro non fu deciso durante il concepimento. I nostri genitori ti aspettavano, e nostra madre fremeva dalla voglia di un altro figlio. Non posso parlare per nostro padre, e di nostra madre ricordo poco, ma lei non ti ha mai odiato veramente! Ha odiato nostro padre perché aveva deciso per lei, e per te! Lei…lei non avrebbe mai potuto…- Temari non seppe che dire, perché Gaara le rivolse uno sguardo pieno di tristezza, mischiato all’odio, più per la sua condizione che verso gli altri.

Kankuro, che si sentiva un po’ escluso, tossicchiò nervosamente.

Temari si inginocchiò davanti al fratellino, per guardarlo in faccia.

Non si era mai resa conto che il volto del fratello fosse così pallido e tirato.

La pelle doveva essere liscia come la seta, e non come la sua, che a causa del clima del suo paese doveva essere in continuazione curata con creme adatte.

Stranamente, guardando il fratello da così vicino, non provò terrore.

Nessun brivido salì sulla schiena, e non tremò, come investita da una tempesta di ghiaccio.

Era calma.

Ormai, l’odio di Gaara era svanito, grazie a quel biondino e alla sua squadra.

-Ormai siamo rimasti in tre…vediamo di andare d’accordo, d’ora in poi…- disse Kankuro, sorprendendo i due fratelli.

Temari aggrottò le sopracciglia –E questa da dove l’hai presa?-

Kankuro nascose la sua irritazione –Guarda che non sei la sola in grado di parlare bene!-

-Ah no?-

-Certamente…-

-Non è che ricominciate a litigare?-

-Tranquillo Gaara…non vale la pena perdere fiato con questo Orso.-

-ORSO? MA COME TI PERMETTI?-

-Ma lo sembri…-

-Gaara, lasciamo questa gallina (che ha perso contro un individuo come Shikamaru Nara) e andiamocene…-

Una scarpa volò sulla testa di Kankuro, colpendolo.

-AHI!- urlò lui –Ma sei pazza?-

Nessuna risposta; la biondina riprese la sua scarpa.

Gaara guardò i fratelli –Però Kankuro ha ragione, anche se è dura ammetterlo…-

Questa volta le scarpe lanciate furono due (una di Temari e una di Kankuro), ma la sabbia avvolse Gaara, proteggendolo.

-Ringrazia la sabbia…- mugolò Kankuro

-Da oggi le scarpe saranno molte di più…-

Uscendo da quella stanza, Gaara si concesse un sorrisetto.

Qualcosa poteva cambiare, e in meglio…

Iniziarono i giorni dell’Affetto.

   
 
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