CAPITOLO 1
La soffitta ingombra era a
malapena illuminata da uno spiraglio di luce polverosa che riusciva a stento a
sfuggire ai pesanti tendaggi, intenti a preservare il segreto di quella stanza
dimenticata. Con cautela,Takanori si diresse a quell’unica finestra,
scostandone gli scuri drappeggi e permettendo alla luce del sole di irrompere
nuovamente dove, ormai da lunghi anni, non era più di casa.
Parevano passati secoli
dall’ultima volta che Takanori aveva messo piede in quel luogo; volgendosi
verso la stanza, l’onda dei ricordi lo investì in pieno, trascinandolo nella
sua calda corrente, e d’un tratto il tempo non era mai trascorso: lì, proprio
su quel tavolo consumato dal tempo, la nonna poggiava il mochi fatto in casa,
quello con il ripieno di umeboshi, il preferito di Takanori, per farlo
raffreddare; e là, su quella sedia a dondolo abbandonata in un angolo, lei si
sedeva ogni pomeriggio, cucendo, leggendo o semplicemente riposando, mentre il
sole tramontava oltre la finestra alle sue spalle.
Ogni oggetto, in quella soffitta,
portava con sé un potente ricordo e possedeva ancora un’impronta della sua
anima, come del resto ogni cosa che le era appartenuta.
Takanori mosse alcuni passi,
sfiorando con la punta delle dita il bracciolo della morbida poltrona a fiori
dove lei si sedeva prendendolo tra le braccia, narrandogli dolcemente storie
antiche quanto il mondo stesso… leggende di Kami e impavidi guerrieri.
Una lacrima calda sfuggì alle sue
ciglia, scendendo lentamente sulla sua guancia pallida; tutti quegli oggetti,
ora accatastati distrattamente ed impolverati, costituivano la sua infanzia, i
suoi primi ricordi.
D’un tratto, gli occhi di
Takanori si posarono su di un oggetto estraneo, lungo e stretto; quel qualcosa
ricoperto da un lenzuolo bianco si ergeva proprio al centro della stanza,
spezzando la dolce corrente dei ricordi. Asciugandosi quell’unica lacrima,
Takanori si diresse lentamente verso l’oggetto, curioso, chiedendosi cosa
potesse essere.
Esitava. Non sapeva il perché, ma
in qualche modo l’idea di prendere quel lenzuolo e farlo scivolare via,
svelando il mistero, lo intimoriva.
“Non essere stupido Taka!” si
disse dopo alcuni secondi ancora, mentre la sua mano restava sospesa a pochi
centimetri dalla stoffa leggera, “Cosa potrà mai essere?!”. Finalmente,
riuscendo ad autoconvincersi, si decise ad afferrare il lenzuolo e a tirarlo
via; davanti ai suoi occhi increduli apparve un magnifico specchio a figura
intera.
Era inspiegabile e bellissimo: la
cornice dorata era modellata in eleganti sembianze di farfalle e serpenti,
tanto accurati da sembrare creature vere pietrificate per sempre da qualche
crudele sortilegio; la superficie riflettente, perfettamente lucida, pareva
catturare la luce del sole e farla sua, restituendola attraverso le spire sensuali
dei serpenti e le ali delle farfalle, che, d’un tratto, prendevano vita….
Takanori osservò ammirato quello
spettacolo di luci e riflessi, quell’oggetto che sembrava più un portale che
uno specchio, un portale verso un altro
mondo… un mondo lontano ma allo stesso tempo assurdamente a portata di mano.
Le sue dita sottili si poggiarono
sulla superficie fredda, raggiungendo il loro perfetto riflesso; gli occhi
marroni e dolci si fissarono sui loro gemelli, appena velati dal ciuffo di
capelli biondi.
Takanori non ricordava di aver
mai visto prima quello specchio: non apparteneva ai suoi ricordi, e per quel
che ne sapeva non era nemmeno appartenuto alla nonna…. Chissà chi lo aveva
portato sin lì…. Ciò che era sicuro era che era splendido.
Rimase a specchiarsi per alcuni
secondi ancora, le labbra carnose leggermente dischiuse, il petto della piccola
figura che si alzava ed abbassava lentamente nel respiro.
Era curioso come quello specchio,
a differenza di tutto il resto nella stanza, fosse incredibilmente intonso,
senza un solo graffio o una sola macchia… sembrava appena uscito dal negozio;
ma allora che ci faceva lì?
Takanori stava fissando il muro
spoglio oltre la sua spalla, sovrappensiero, quando, con la coda dell’occhio,
gli parve di scorgere un movimento sospetto… qualcosa che non avrebbe dovuto
esserci: sicuramente si era sbagliato, ma… aveva forse visto i suoi stessi
occhi muoversi sullo specchio quando in realtà non li aveva affatto spostati?
Takanori catturò il proprio
sguardo, ma non c’era niente di strano, niente di sbagliato: il Takanori di
sempre lo fissava a sua volta, come ogni mattina dallo specchio del bagno,
restituendogli, ora, un’occhiata stupita e vagamente preoccupata.
Sì… doveva essersi sbagliato!
Forse era un po’ stanco; non aveva dormito molto quella notte e la pesantezza
cominciava a farsi sentire. Con riluttanza raccolse il lenzuolo e alzandosi in
punta di piedi ricoprì l’oggetto.
Lentamente si voltò e si avviò
verso la porta dalla quale era entrato, lanciandosi qualche occhiata alle
spalle ogni tanto, continuando a tornare allo specchio coperto, quello specchio
che ora sembrava un fantasma uscito dai racconti di Halloween per bambini.
Non sapeva perché, ma qualcosa,
dentro di lui, era ancora in allerta. Era stupido pensandoci, ma per qualche
motivo non riusciva proprio a quietare del tutto il suo cuore.
Qualche giorno più tardi Takanori
tornò alla soffitta, in apparenza senza nessun motivo concreto. Semplicemente
aveva voglia di rivedere quello specchio, o meglio… ne aveva bisogno…: aveva bisogno di assicurarsi
una volta per tutte che quello che gli era parso di vedere fosse effettivamente
solo un’allucinazione, uno scherzo della sua mente spossata; e poi c’era
qualcos’altro… un qualcosa che nemmeno lui riusciva a comprendere.
Come qualche giorno addietro, si
portò d’innanzi allo specchio e, questa volta senza esitare, lo spogliò della
sua protezione. Ed eccolo, nuovamente davanti ai suoi occhi, quell’oggetto
contenente nient’altro che il suo riflesso, nient’altro che sé stesso.
Takanori tirò un respiro di
sollievo; si sentiva un idiota fifone per essersi fatto tutti quei problemi,
per aver cercato ogni giorno qualcosa di inesistente su tutte le superfici
lucide che aveva incontrato. “Scemo! Scemo! Scemo!!” si disse, ridacchiando.
Poi successe di nuovo; stava
fissando il proprio viso, i propri bei lineamenti modellati da un’adorabile
sorriso, quando vide distintamente i suoi occhi abbassarsi. I suoi occhi.
Li serrò immediatamente,
affondando le mani tra i morbidi capelli biondi.
Come poteva essere un errore
questa volta? Come??! Lui li aveva visti…!!
“Calmati Taka!! Calmati!!” le sue
mani stringevano tanto da tirare dolorosamente i capelli a cui erano
aggrappate, “Non è successo niente!! Andrà tutto bene!! Quello che pensi di
aver visto non è reale… non è reale!” e tuttavia, stentava a credere alle sue
stesse parole.
Cominciò a fare respiri profondi,
lunghi e lenti. Lasciò che i secondi scorressero, che i minuti passassero,
rallentando i battiti del suo cuore impazzito. Attese, attese per un tempo che
parve dilatarsi all’infinito… ma non poteva restare così per sempre. Doveva
aprire gli occhi… indipendentemente da qualsiasi cosa avrebbe visto….
Lo fece… si buttò. Aprì le
palpebre e lo vide… lui.
Sperava di vedere il proprio viso
sconvolto, gli occhi lucidi, sperava di vedere quel labbro che sentiva fremere
incontrollato, sperava di vedere le mani stringere il capo, quasi rischiasse di
andare in pezzi come lo rischiava la sua ragione, se non trattenuto. Ma non
vide niente di tutto questo.
Lui lo fissava con un ghigno, un ghigno che però non distorceva i
suoi lineamenti, anzi, rendeva le sue labbra rosse ancora più sensuali e faceva
brillare come gemme quegli occhi scuri, profondi quanto l’inferno stesso; e
quelle erano le labbra di Takanori, e quelli erano i suoi occhi, nonostante
ormai paressero non appartenergli più….
Le ginocchia del ragazzo
cedettero, incapaci di sostenere oltre il suo peso. Cadde a terra, davanti allo
specchio, le lacrime ormai libere di scendere sulle sue tenere guance, il cuore
stretto in una morsa gelida.
Lui non cadde; abbassò appena il capo, osservandolo divertito, le
labbra increspate in un sorriso sempre più ampio mentre alcuni ciuffi di
capelli, spostandosi, gli accarezzarono le lunghe ciglia arcuate.
Incapace di trattenerli, alcuni
gemiti sfuggirono alle labbra di Takanori; non capiva: vedeva quell’essere
nello specchio, ed era reale… si muoveva, lo guardava… ma come era possibile
che tutto quello stesso succedendo davvero? Perché?! Perché stava succedendo a
lui?!! Perché diavolo era nato in quello schifoso mondo impazzito?!! Perché??!!
E poi, come aveva fatto a non
notarlo prima? Come aveva fatto a non accorgersene? Quell’essere era lui, era
Takanori, ma al contempo non lo era affatto…: più lo guardava e più si rendeva
conto della verità di quella devastante conclusione: lui era uno splendido
demone imprigionato nello specchio… un demone che aveva preso in prestito le
sue sembianze impregnandole della propria essenza….
I suoi capelli biondi parevano
intessuti di luce, così folti e brillanti da sembrare vivi mentre incorniciavano
quel volto levigato e dal pallore opaco e perfetto, quel volto nel quale
splendevano quegli occhi dall’intensità senza pari, tanto profondi da dare
l’impressione che celassero un intero universo al loro interno e da rischiare
di risucchiare tutto ciò che Takanori era, come un’implacabile buco nero… e mai
quelle labbra erano parse tanto morbide ed attraenti, così come mai il suo
piccolo e fragile corpo era sembrato tanto voluttuoso e carico di promesse pur
restando immobile.
“Tranquillo Takanori, non sono
qui per farti del male” poche parole gentili, fuoriuscite dalla sua bocca come
una nenia, la voce bassa e leggermente roca… un tono diverso da quello di
Takanori ma inconfondibilmente proprio delle sue corde vocali.
“C-chi o cosa sei tu?” trovò il
coraggio di chiedergli, senza sapere dove trovasse la forza per reagire a tutto
quello.
Lui gli sorrise ancora,
distendendo le labbra carnose e stringendo appena gli occhi dallo splendore
innaturale, “Io sono Ruki”.
Ciao!! Questa è la prima ff che decido di pubblicare,
nonostante non sia troppo soddisfatta del risultato.
Comunque la mia idea è stata: che succederebbe se prendessi
Takanori, ragazzo dolce e tranquillo, e lo mettessi di fronte al Ruki sexy e
“indemoniato” del palco?
Questa follia mi è stata ispirata da una canzone
bellissima, Mirror of Terror degli A(ace), che, a chi non la conosca, consiglio
vivamente di ascoltare!!
Il secondo ed ultimo capitolo è in fase di elaborazione e
prometto che cercherò di pubblicarlo il prima possibile! Ovviamente sarò più
che felice di sapere cosa ne pensate!!
A presto!!