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Autore: Albor    16/11/2012    0 recensioni
Andrew McGrory è un ragazzino di 12 anni, trasferitosi da poco da liverpool alla ridente cittadina di WoolWitch, qui scoprirò cose del suo futuro e del suo vero io che non poteva lontanamente immaginare
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Il Trascolo




L’auto  sobbalzo, svegliando Andrew,  si stropicciò gli occhi  e guardò fuori, la campagna inglese corre al loro passaggio, si era addormentato  sopra uno dei tanti scatoloni del trasloco deposti vicino al suo posto, sulla parte superiore si era creata una piccola infossatura, dovuta al peso del ragazzo,  sopra le sue ginocchia, chiuso in una gabbia, c’e Oscar, il gatto di famiglia, di taglia media, il corpo è solido e compatto, senza coda, il manto soffice e lucente, ha una piccola parte del pelo di colore bianco-argento, mentre  il mantello ha le punte di color ardesia, in quel momento stava dormendo profondamente. L’utilitaria del sig. McGrory è  piena quasi fino al tetto, di fatto, il signor McGrory, riusciva a stento  a guardare dallo specchietto retrovisore, il porta pacchi quasi straborda  da quanti scatoloni vi sono collocati,  hanno lasciato Liverpool da tre ore e cinque autogrill, o almeno Andrew era arrivato a quel numero prima di addormentarsi << Buon giorno caro,> gli dice dolcemente Mrs. McGrory, girando leggermente il viso simpatico e pacioccone verso il ragazzo, non ricevette risposta,  il ragazzo ha innescato una sorta di protesta silenziosa con i suoi genitori da quando avevano lasciato Liverpool. << Quanto durerà ancora questo tuo capriccio?>>  << sei grande ormai per queste cose, non credi?>> continuò sua madre,  ma Andrew non aprì bocca, il motivo del loro trasferimento  da Liverpool a Londra e di conseguenza del silenzio autoimposta da Andrew, è che il signor McGrory ha ricevuto una promozione alla sede centrale  della “Bank of London”, e così Jim, ha deciso di portarsi dietro l’intera famigliola. Il signor McGrory, è un ometto basso e grassoccio,  stempiato, con dei grossi baffoni che gli nascondono quasi del tutto una bocca sottile, sua moglie è bassa e grassoccia come lui, ha i capelli di un biondo che, se visti alla luce del sole, sembrano bianchi, il viso simpatico  e due zaffiri che gli spendono dalle orbite. Una cortina di pioggia accompagna il loro viaggio,  il cielo è completamente coperto da nuvoloni neri e cupi, un fulmine dardeggiò nel cielo e subito dopo fu seguito da un tuono così fragoroso che ricordava un colpo di cannone. Oscar, il gatto che sino a quel momento  sonnecchiava beato nella sua gabbietta, emette un miagolio acuto e spaventato, <> cercò di tranquillizzarlo Andrew, rompendo per un momento il suo silenzio, << Parla con il gatto  ma non parla con noi è assurdo!> sbottò Jim Mcgrory, diventando rosso in viso per l’indignazione, << tesoro calmati, non ti fa bene agitarti.> gli dice premurosa Michelle, gettando una rapida occhiataccia al figlio. Il viaggio continuò così per diverse ore, un altro filmine illumino a giorno l’orizzonte,  in quel breve frangente, il signor McGrory, riuscì a scorgere il cartello stradale che recita “Woolwitch town 10 km”  << siamo quasi arrivati, >> dice Jim con una certa soddisfazione nella voce. Ad Andrew non era andata giù che i suoi genitori avevano deciso di traslocare senza chiedere la sua opinione, a Liverpool ha lasciato le sue amicizie, le sue abitudini, ma soprattutto, Nonna Anna. La strada li condusse in una via di case separate da muri di pietra, serpeggianti, appena una decina di comignoli  mandano fumo, per strada non c’era nessuno, soltanto loro. < è questo il posto?> chiede Michelle, hanno continuato lungo la strada acciottolata sino al cartello stradale che recita “ Pickwick road” davanti a loro,  un basso cancelletto in ferro battuto, introduce ad una casa con l’ingresso invaso da piante rampicanti, suddivisa su due piani, alla quale si accede da una porta in legno nero, circondata di mattoni rossi  e con un’otto d’oro appuntato sullo stipite, << eccoci arrivati.>> esordì Jim McGrory, scendendo dall’auto, corse sino al pianerottolo, seguito dalla moglie. Andrew non mosse un muscolo, rimase li con Oscar sulle ginocchia, con lo sguardo fisso sul gatto, come se fosse una statua di sale. Sentì bussare al finestrino,  girò la testa e sua madre, riparata sotto ad un ombrello nero, è davanti al suo sportello,  lo guarda, << Andrew, Aaaaandreeeeewwwww!>> lo chiama, lui non muove un muscolo,  all’improvviso apre lo sportello, e il fragore della pioggia si fa più forte, << sei arrabbiato per il trasloco vero> non ricevette risposta, << cosa pensi di ottenere con questa tua protesta silenziosa?>> Andrew rimase zitto, Mrs Mc.Grory si arrese, lo lasciò li con lo sportello aperto, il freddo della pioggia s’insinuò nella macchina, avvolgendo Andrew nel suo abbraccio gelido, prese la gabbietta di oscar con la mano destra, e scende dall’auto. Chiude con veemenza lo sportello, e corre verso il pianerottolo, bagnandosi sino alle ossa. Un lampadario a goccia illumina con la sua luce fioca l’ambiente,  la carta da parati è di color verde smeraldo, una scalinata in legno conduce ai piani superiori, un tappeto rosso in patchwork, troneggia nell’ ingresso, uno specchio antico ed una consolle altrettanto vecchia occupano il lato sinistro dell’ingresso. Andrew fu investito dall’odore di chiuso che permaneva e filtrava dalle pareti e dall’arredamento,  sul volto del bambino si manifestò un’espressione di disgusto  “odio questa casa”  pensa tra se e se << Andrew, Andrew vieni a vedere la tua stanza!>  la voce della madre arrivò lontana alle sue orecchie, iniziò a salire le scale, facendo cigolare il legno sotto il suo peso, seguì le voci dei suoi genitori sino alla mansarda, fermandosi alla porta ebbe un brutto presentimento << ti piace?>> gli chiese la madre, sorridente al centro della stanza vicino a suo padre, travi in legno fanno spiccano sul tetto,  un finestrone troneggia in fondo, e stipato in un angolo il suo letto << mi volete segregare quassù, non è vero? Così non mi avrete fra i piedi tutto il giorno,>> li accusa Andrew passando lo sguardo dal padre alla madre <> tuona Jim McGrory con gli occhi iniettati di sangue, < questo tuoo comportamento mi ha stancato giovanotto, se devi interrompere  la tua protesta silenziosa per fare queste lagne, beh, continua pure il tuo silenzio,>> << BENE!!>> gli urla di risposta Andrew uscendo dalla stanza. I due non si parlarono ne tantomeno si guardarono in faccia  nelle ore successive,  Andrew se ne stette tutto il tempo seduto sulla veranda,  su una panca a dondolo che doveva avere parecchi anni a vedere la ruggine che ricopriva le catene che la sostenevano,  lo sguardo furente fisso alle tegole di legno,  con Oscar sopra le ginocchia, che di tanto in tanto gli fa le fusa. << Ti beccherai un raffreddore  se resti qui fuori al freddo.>> Michelle si materializzò sullo stipite della porta, ricevette per risposta uno scrollo di spalle, << oooh andiamo Andrew, smettiamola di farci la guerra.>> sbottò sua madre, << tuo padre tiene molto al suo lavoro, e credimi, se ha deciso di trasferirsi, lo ha fatto anche per noi,>> continuò sedendosi vicino a lui, << ooh si certo come no, papà odiava Liverpool, tu odiavi Liverpool, soltanto a me piaceva.>> borbottò il ragazzo << senti facciamo un patto, vediamo come va qui, poi passati tre mesi, se ancora non ti piace, ritorneremo a Liverpool d’accordo?> << d’accordo,>> 
  
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