Titolo: Giving
the Best.
Conteggio
parole: 3.783/3.783
Personaggi:Bonnie
McCollough, Damon Salvatore, (accennati) Stefan Salvatore, Elena
Gilbert, Signora Flowers.
Note: One-Shot, fluff.
Trama :
Damon becca la sua streghetta durante uno dei suoi
allenamenti notturni.
“Hai
mai
avuto il desiderio di metterti alla prova, il desiderio di migliorare e
vedere
quanto in alto puoi arrivare?” Aveva
provato a rispondere con una domanda timida ma, proprio mentre parlava,
la
trepidazione di conoscere la risposta di Damon aveva preso il
sopravvento –
facendo diventare un mormorio timido, una domanda agitata e impaziente.
Note
pressappoco inutili, d’autrice: Classica
One-Shot iniziata
in un modo e finita completamente in un altro. A dire il vero
l’ho presa e
lasciata un po’ di volte e questo tira e molla preannunciava
qualcosa del
genere.
Che altro dire? Sono Bonnie e Damon. Io li amo, loro si amano. E
facciamoli
stare assieme, suvvia!
© I
personaggi non mi
appartengono anche perché se così fosse stato, a
questo punto si sarebbero già
sposati e in un modo o nell’altro sarebbero finiti insieme a
viaggiare per il
mondo con tanto di prole.
Giving
The Best.
-Try hard and
reach the top.-
Quel
pomeriggio, alla Pensione della signora Flowers, stava regnando il caos.
L’ennesima
mancata cattura di quelle dannate volpi e l’ennesimo litigio.
Questa
volta era stato Stefan ad iniziare, dicendo alla sua amata qualcosa come ‘ti
ho portato via la felicità’ o robe del
genere.
L’apice di tutto era però stato raggiunto quando
Elena – la forte ed imperiale
regina di Fell’s Church – aveva gridato tra le
lacrime che era solo ed unicamente Stefan
stesso la sua felicità, e che a lei non
importava di nessun altro se non di
lui.
Il
solito dramma, in fin dei conti.
Bonnie
e Meredith ci avevano fatto il callo ormai, sapevano che
l’amica non parlava
dell’amore che riservava a loro e quindi non se
l’erano presa a male più di
tanto con quel “nessun
altro”; per Damon
invece era stato totalmente diverso. Era sparito senza dire nulla a
nessuno per
tutto il giorno ed era tornato pochi istanti prima che Bonnie desse la
buonanotte a tutti, verso le dieci di sera.
In effetti era stata la stessa Bonnie ad aspettarlo sveglia,
perché sapeva che
non sarebbe stata in grado di andare a dormire tranquilla se non lo
avesse
visto rientrare sano e salvo – o, più logicamente
parlando, rientrare e basta,
segno che non li aveva abbandonati.
Stupida
preoccupazione infantile. Avevano cose ben più complicate di
cui occuparsi che
della sua immatura propensione alla modalità mamma
chioccia, soprattutto quando si parlava dei sentimenti
–
reali perché, grazie tante, lei era certa che ci fossero- di
Damon Salvatore.
Fell’s
Church era di nuovo sotto attacco; in quelle notti buie i Kitsune erano
più
minacciosi che mai, quel silenzio presagiva la tempesta che sarebbe
scoppiata e,
lì, era tutto talmente teso che sembrava di soffocare.
Nulla
andava bene.
Per
questo Bonnie era rimasta piacevolmente sorpresa quando si era resa
conto di
star sorridendo. Era nella camera che l’anziana strega aveva
fatto preparare
per lei quando aveva deciso di andare a vivere lì per
migliorare con la magia e
per essere di supporto ad Elena – continuava a sperare che
prima o poi l’amica
avrebbe capito che non era totalmente
sola come credeva e che il peso di
tutte quelle battaglie non era solo sulle sue spalle d’Angelo.
C’era
anche Stefan, che l’avrebbe protetta al costo della morte,
così come Damon,
c’era anche Meredith, che non si sarebbe mai tirata indietro
di fronte al
pericolo, e perfino Matt era disposto a combattere per la salvezza e la
pace.
E
Bonnie, che stava studiando così
tanto per migliorare, che si
impegnava
nella pratica quando nessuno poteva
vederla – giudicarla, prenderla in giro o demoralizzarla- sebbene
quel dono la
terrorizzasse.. si anche lei, nonostante la paura e i
fremiti, avrebbe
combattuto.
Quindi
Elena non doveva fare tutto da sola. Non era necessario, e la strega
voleva- in
qualche modo- farglielo comprendere.
Aveva
trovato quello lì, di metodo.
Diventare
una maga completa, coltivare la sua magia e imparare ad essere
d’aiuto. Ogni
sera, dopo la mezzanotte, aprendo quel grimorio e dandosi da fare
mettendoci
tutta l’energia che riusciva a recuperare.
Così,
quando riusciva in qualcosa, semplicemente sorrideva
contenta della conquista.
Era
una
delle tante nottate passate all’insegna dello studio segreto,
quando Bonnie
sentì la porta della sua camera schiudersi.
Non
fece niente, alzò solo di scatto la testa, paralizzata e con
il cuore a mille,
sentendosi quasi come quando era piccola e i suoi genitori scoprivano
le sue
marachelle.
“Ma
guarda un po’ qui.. Cosa stai facendo, Pettirosso?”
La
fiamma che aveva tra le mani si spense all’istante quando
riconobbe la voce “Damon!”
“Siamo
ancora svegli, mh?“ Lui aveva sorriso, ironico e presuntuoso
“Che c’è? Vuoi un
po’ di compagnia?”
Si era avvicinato raggiungendola sul letto, con uno sguardo talmente
inequivocabile
che la strega ci aveva messo neanche un secondo ad arrossire
furiosamente.
Balbettò
un “E’ tardi, Damon. Che ci fai qui?”
cercando di deglutire qualcosa che non
fosse nervosismo.
“Pensavo
dormissi.”
Bonnie
corrugò la fronte, senza capire; tuttavia, non aveva avuto
il tempo di chiedere
nulla perché Damon l’aveva intercettata e aveva
deciso di cambiare argomento
“Come mai, neanche con il mio speciale udito, sono riuscito a
sentire alcun
rumore provenire da questa camera?”
La
strega aveva preso a mordersi il labbro inferiore e a contorcersi le
mani.
Sapeva di non doverci neanche pensare perché anche volendo
non avrebbe saputo
mentire – figuriamoci ad un esperto come Damon “Me
l’ha insegnato la Signora
Flowers.. E’ un incantesimo per la privacy o qualcosa del
genere..”
Cercando
qualche pensiero nella calma, Bonnie si chiese se Damon fosse
arrabbiato o
deluso dal fatto che lei avesse usato quello specifico incanto; in
fondo non
c’erano molte persone che potevano capire cosa succedeva
nella sua stanza – non
senza entrare- ed, escludendo Stefan, effettivamente rimaneva solo lui.
Ma
Bonnie non lo aveva applicato per erigere una sorta di barriera contro
di lui:
il suo unico intento era stato quello di sentirsi semplicemente
più sicura di
sé stessa. Con quel trucchetto aveva voluto eliminare il
nervosismo e non
c’entrava nulla il vampiro. Lei si fidava e non ne avrebbe
avuto bisogno in
ogni caso.
Damon
ridacchiò e Bonnie lo guardò confusa, ancora
mezza persa nei suoi ragionamenti
complicati.
“Non mi arrabbio per così poco, Uccellino,
dovresti saperlo.”
E
Bonnie seppe di aver il volto così rosso da far fatica a
distinguerlo dalla
chioma sbarazzina.
Dannazione,
non poteva scegliere un altro momento per dimenticarsi dello scudo
mentale!? La
sua goffaggine, prima o poi, l’avrebbe fatta uccidere
– se non da un nemico,
almeno d’imbarazzo.
“Quando
hai finito di darti della stupida..” Iniziò lui
con fare paziente ma in modo molto
ironico “.. non è che potresti usare
il tuo mojo anche nella mia stanza?”
“Perché?”
L’ingenuità
con cui glielo aveva chiesto lo aveva fatto sorridere “Stefan
ed Elena stanno
facendo pace e non è che muoia dalla voglia di sentire i
loro sospiri d’amore, se
capisci che intendo..”
Quella
sera Bonnie rischiava seriamente di prendere fuoco. Si sentiva sempre
più
accaldata e non è che immaginare i suoi migliori amici sotto
le coperte fosse
una delle sue più grandi ambizioni, ecco.
Fece una leggera smorfia.
Quel
litigio era stato inopportuno sotto tutti i punti di vista, soprattutto
perché
lo avevano reso pubblico manco fossero a una parata dei sentimenti e
della
ricerca della definizione di felicità.
E
comunque la strega aveva creduto che fossero già tutti
addormentati.
Bonnie
provò una dolorosissima fitta al petto dovendogli rispondere
con una banale
spiegazione magica per giustificare il suo diniego “Mi spiace
ma l’incanto
funziona solo da scudo per l’esterno. Chi è dentro
la stanza sente i rumori
fuori dalla camera come farebbe anche senza magia..”
Damon
aveva sorriso sghembo scuotendo la testa e alla giovane parve
l’immagine più
straziante che avesse mai visto in vita sua. Se
solo avrebbe potuto prendersi lei tutto quel dolore,lo avrebbe fatto.
Ma
la
voce del vampiro era tranquilla, quasi derisoria “Ti stavo
prendendo in giro,
streghetta. Credi davvero che avrei fatto intaccare il mio spazio
privato da
dei giochetti magici? Non dovresti essere così ingenua,
sai?”
E,no. Bonnie non ci aveva creduto neanche
un po’.
Senza
preavviso, Damon lanciò un’occhiata al grimorio
che Bonnie teneva aperto sul
comodino e aveva fatto per alzarsi “Sarà meglio
andare.. Ho un leggero
appetito..” Poi aveva borbottato qualcosa che la giovane
McCullough aveva fatto
fatica a capire. Seppe solo che sembrava, più che qualsiasi
altra cosa, una
fuga vera e propria, altroché.
L’unica
cosa di cui Bonnie era sicura, però, era che quello che fece
dopo fu dettato
solo ed unicamente dall’istinto.
“Puoi
tornare qui, dopo.. se vuoi.”
Quando
Damon si era voltato non aveva nascosto lo stupore e la
curiosità; inutile dire
quanto Bonnie arrossì a quello sguardo imperscrutabile.
“C-cioè..
intendo dire.. se tu non dormi..i-insomma.. io devo rimanere sveglia e
forse..”
No. Bonnie era certa che non sarebbe riuscita a concludere una frase di
senso
compiuto o almeno non sotto quegli occhi d’onice.
E meno male che pensava di essere migliorata in fatto di sicurezza e
faccia
tosta – inutili speranze.
“Ti
troverò sveglia?”
Quella
domanda colse entrambi come un fulmine a ciel sereno. Damon non aveva
pensato a
come rispondere e, la stessa risposta, era venuta automatica. Come se
non
aspettasse altro che quella proposta da parte della streghetta.
E stessa cosa valeva per Bonnie, che non ci aveva manco sperato in una
risposta
– in una risposta smaliziata e normale, una volta tanto.
Forse
per questo si ritrovò semplicemente ad annuire, assistendo
solo passivamente al
“Bene.” Borbottato dal vampiro e alla sua uscita di
scena.
***
Quando
Damon riebbe nel
suo campo visivo la
struttura della Pensione non era passata neanche un’ora;
planò con grande
maestria sul davanzale del balcone di quella stanza e si
ritrasformò senza
problemi, balzando al suo interno.
La porta finestra era socchiusa. Nulla poté trattenerlo dal
ghignare in modo
così automatico – dato forse
dall’abitudine.
Quando
fu dentro la stanza della sua streghetta, la prima cosa che lo
stordì -come
tutte le volte d'altronde- fu l’odore. Nulla poteva cambiare
il primo istinto che lo colpiva
ogni volta
che si trovava accanto alla streghetta.
Odore
di primavera e fragole mature. Era certo che non se ne
sarebbe mai
stancato.
Nonostante
avesse detto il contrario al pettirosso, non aveva cacciato quella
sera. Si era
limitato a sorvolare Fell’s Church; prima senza pensare a nulla, poi
pensando
decisamente a troppo.
Infine
si era stancato, aveva borbottato qualcosa a metà tra un
lamento e un ringhio,
e aveva fatto dietro-front, seccato. Non aveva più voglia di
fare nulla se non
rintanarsi nella camera della streghetta per punzecchiarla mentre
questa si
esercitava con trucchetti magici di poco conto.
Forse
per questo resistere alla Fame era
tanto semplice. Il primo impatto lo stordiva – non che lo
mostrasse, ovviamente
- ma poi veniva immediatamente e inevitabilmente
distratto.
Da un balbettio, da un frullare di ciglia, da una caduta improvvisa
– Damon
sghignazzò- o dal battere frenetico di un cuoricino
impazzito.
Andiamo,
chi si sarebbe perso un tale divertimento per un banale pranzo
occasionale?
Lo
cercò subito, quel divertimento. Doveva
distrarsi.
I respiri combinati nell’altra stanza
non facevano più male, se riusciva a non ascoltarli.
Si
guardò intorno adocchiando subito la figura minuta della
ragazzina: era seduta
sul pavimento con la schiena poggiata al lato del letto, le gambe
avvicinate al
petto. La testa caduta sulle ginocchia, in maniera scomposta,
decisamente.. addormentata. Davanti
a lei una candela
era ancora accesa e rischiarava quell’angolino di spazio.
I
riflessi arancioni di fuoco che si muovevano sulla figura della ragazza
lo deconcentrarono
per qualche istante; un incanto.
Damon
scosse la testa con fare esasperato e, forse inconsciamente,
cominciò subito ad
avvicinarsi al suo pettirosso imbranato.
Non
era
deluso, anche se Bonnie gli aveva detto che sarebbe rimasta sveglia ad
aspettarlo.
In
qualche modo era diverso dal ricordo d’aspettativa che aveva
provato per
Katherine tanto tempo prima – per una risposta, per una
scelta definitiva.- e
che poi era finito letteralmente in un mucchietto di cenere fasulla
intaccando
la sua capacità di fiducia.
Era diverso anche dalla speranza bruciata che ogni volta si accendeva
nei suoi
momenti con Elena – subito
stracciata e
fatta a brandelli da quegli occhi di lapislazzuli brillanti
quando si posavano sulla figura del fratello.
Non
se
lo chiese il perché.
Soffiò
sulla candela per spegnerla e la spostò sul comodino per
poter prendere tra le
braccia quella ragazzina che adesso aveva una chiazza rossa sulla
fronte –
segno che si era addormentata anche da più tempo del
previsto.
Il
petto
di Damon vibrò in una risata trattenuta e, anche se le
labbra perfette rimasero
in quel ghigno, un raro sorriso raggiunse gli occhi.
Non se ne accorse nessuno ma davvero poco importava. La notte poteva
custodire
quei momenti senza problemi.
L’adagiò
al centro del lettone a baldacchino e quel visino a cuore
sprofondò tra i due
cuscini freschi, le palpebre tremolarono e Bonnie sospirò
nel sonno.
Damon
la guardò per qualche secondo senza fare altro. Fu investito
dal suo profumo e
allora pensò che forse doveva andarci, alla fine, a caccia.
Non
aveva preso una decisione definitiva ma, appena fece per andarsene, un
lamento
soffocato e una presa debole alla manica della giacca lo bloccarono.
Girò il viso a tre quarti, abbastanza per riuscir a guardare
la streghetta che
si stropicciava un occhio con una mano e faceva cadere
l’altra sulle lenzuola –
era un vampiro, diamine, poteva essere buio ma quel dolce rosso vivo
sulle
guance dell’uccellino non poteva non notarlo.
“Scusa.” Fu la prima cosa che
sentì dalla
voce impastata di sonno di Bonnie. “Mi
sono addormentata.”
Damon
corrugò la fronte alla reazione che si era scatenata in lui,
all’istinto ancora
più protettivo del solito, all’impulso
che
aveva dovuto soffocare.
C’era qualcosa che non andava in lui.
Quel pensiero limpido quasi lo spaventò e, anche se non era
da lui mostrare una
qualsiasi emozione che non fosse
scherno, qualcosa colpì la sua sicurezza guardando la sua
streghetta mettersi
seduta in quel lettone troppo grande per un corpo così
minuto.
“Sei
prevedibile, strega.” E forse non avrebbe dovuto mostrare la
sua stizza con
quell’acidità, fuori luogo anche dalla prospettiva
di un vampiro sanguinario
come lui.
“Non mi
aspettavo altro, comunque.” E,
nonostante le parole, cercò di alleggerire il tono
– mugugnando scontroso.
Già,
le
relazioni personali non erano più il suo forte da qualche
secolo.
Bonnie
arrossì furiosamente e abbassò il capo mormorando
un “Mi spiace.”
Damon
sentì la gola secca; non era mai stato bravo a consolare gente o a esprimere sentimenti
cercando di
tranquillizzare qualcuno che era tutto a
posto.
Quindi non disse niente. Si limitò ad aspettare
pazientemente che il
piccolo e imbranato Pettirosso sollevasse
il capo e capisse da sola tutto quanto.
Tutto
questo accadde pochi secondi dopo, quando Bonnie abbozzò un
sorriso cauto e uno
sguardo che era tutta una scusa per la sua eterna goffaggine.
La rossa si sistemò meglio sul letto, incrociando le gambe e coprendosele meglio con le
coperte. Attorcigliò
il lenzuolo nero tra le dita candide e provò ad intavolare
un qualunque tipo di
conversazione “Allora.. uhm.. beh, com’è
andata la cena?”
“Non
ho
ucciso nessuno.” Il tono duro di Damon era uscito fuori
spontaneo, sulla
difensiva, impulsivo – come lui.
La
ragazza si limitò a guardarlo negli occhi corrugando la
fronte “Non ti ho
chiesto questo.”
“Ma
era
quello che volevi sapere.”
“No.
Insomma, credo che avrei dovuto ma io non-“ Bonnie si era
bloccata come confusa
dai suoi pensieri e aveva cominciato a mordersi un labbro guardando
ovunque
nella stanza tranne che lui, il cuore batteva all’impazzata.
Poi chiuse gli occhi, inspirò ed espirò, riprese
ossigeno con calma e lo
riguardò “In realtà non ci avevo
neanche pensato.”
E ammetterlo era come sbagliato, probabilmente avrebbe dovuto pensarlo
eccome,
chiedere qualcosa per assicurarsi che non ci fossero stati spargimenti
di
sangue inutili. Probabilmente il suo senso del dovere era andato a
farsi una
vacanza o, più logicamente parlando, non era la ragazza
dolce e dal cuore
tenero di cui tutti parlavano; forse era tutta una maschera
inconsapevole e in
realtà nascondeva un’anima nera e oscura come il
peggiore dei mostri.
“Sento
il ronzio dei tuoi pensieri impazziti fino a qui, uccellino.”
Il rimprovero di
Damon la richiamò alla realtà e al turbine che
l’aveva travolta e, quasi come
per magia, lei si calmò subito. Una sola frase, una sola
voce, e tutto si era
placato – strabiliante.
Intanto
il vampiro si era seduto sul letto, aveva poggiato la schiena alla
colonna di
legno del baldacchino e aveva steso le gambe – incrociando le
caviglie- sulla
porzione di letto libera. La suola delle scarpe lucide sfiorava il
cuscino
accanto Bonnie e la ragazza imbronciò le labbra, Damon si
limitò a
sghignazzare.
“Allora,
che stai combinando clandestinamente?” Un cenno alla candela
che aveva poggiato
poco prima lui sul comodino e lo sguardo della giovane strega era
volato in
quella direzione per poi scattare dalla parte opposta – sul
comodino più vicino
a lei, dall’altra parte- dove, chiuso e conservato,
c’era il grimorio della
Signora Flowers.
“..
nulla?”
Il
tono
della rossa, colmo di una speranza mai esistita e rassegnato
all’essere stata
beccata, aveva fatto ghignare il vampiro che – con uno
sguardo eloquente, un
paio di sopracciglia alzate e occhi divertiti –
l’aveva fatta sbuffare e arrossire
allo stesso tempo.
“Un
po’
di pratica, tutto qui.” Ammise guardandosi le dita affusolate
e bianche che
giocavano ancora nervose con il lenzuolo.
“Oh,
andiamo Uccellino! Così offendi il mio grande acume, lo sai
vero?” Damon non
distoglieva lo sguardo dalla sua figura nemmeno un attimo, troppo
curioso di
cogliere ogni minimo particolare “Avanti, sputa il rospo.
Qual è il grande
piano dietro tutto questo?”
Finalmente
il cioccolato caldo degli occhi della ragazza raggiunsero quelli
attenti del
vampiro; Bonnie lo guardò per un attimo – anche se
non era necessario: ormai
conosceva quel volto in ogni piccola caratteristica e lo avrebbe potuto
ricostruire senza nessuna fatica. E quel pensiero era anche un
po’ triste perché
le faceva ricordare tutte le volte che lo aveva osservato senza che lui
se ne
accorgesse minimamente.
“Hai
mai avuto il desiderio di metterti alla prova, il desiderio di
migliorare e
vedere quanto in alto puoi arrivare?” Aveva provato a
rispondere con una
domanda timida ma, proprio mentre parlava, la trepidazione di conoscere
la
risposta di Damon aveva preso il sopravvento – facendo
diventare un mormorio
timido, una domanda agitata e impaziente.
Il
corvino si limitò a corrugare la fronte. Quelle sfere nere
stavano tentando di
inghiottire la figura minuta della ragazza per scoprire cosa diamine
mancava a
concludere il puzzle che l’avrebbe raffigurata- con dolce
confusione e calda
sorpresa.
Damon
non pensava mancasse qualche pezzo eppure eccolo lì: un
mondo nuovo tutto da
esplorare.
Nonostante
tutto rispose con un sorriso storto e un pizzico di superbia
“Perché avrei
dovuto?”
Dopo
quella stoccata ci fu silenzio per un secondo intero, poi Bonnie
sgranò gli
occhi e cominciò a scuotere la testa incredula ed esasperata.
Poi
lo
aveva guardato ancora e notando la sua espressione compiaciuta
alzò gli occhi
al cielo borbottando e bofonchiando qualcosa come “Non è che siamo tutti Damon Salvatore,
però, uffa.”
Questa
volta Damon dovette lottare per reprimere il sorriso sulle labbra. Si
decise, quindi,
a chiedere con tono leggero “Allora, perché non mi
fai vedere qualcosa?”
Silenzio.
“Eh?”
Wow, Bonnie. Molto arguto sul serio.
“Hai
fatto pratica, giusto? Fammi vedere cosa sai fare streghetta.”
“I-io..
no. Voglio dire, non posso. Non posso, non sono pronta, è
presto.. devo
ancora.. c-cioè!”
“Allora
questo tuo grande discorso sul volersi mettere alla prova era tutta una
scusa e
tu stai semplicemente perdendo tempo prezioso.”
“Non
sto perdendo tempo.” S’impuntò lei,
punta nell’orgoglio appena sbocciato.
Damon
le scoccò uno sguardo sarcastico “Non ne sei
sicura neanche tu.”
Bonnie
imbronciò le labbra, ancora titubante ma anche –
forse per la prima volta-
determinata a dimostrare di aver ragione.
Scostò le coperte che aveva sulle gambe e si
allungò per prendere la candela –
cercando di non bruciare lei stessa sentendo lo sguardo
d’onice del vampiro sul
ogni centimetro del suo corpo per tutto il tempo.
Espirò
aria chiudendo gli occhi, poi ne incamerò altra riaprendoli
e guardando un ultima
volta il volto dell’altro – trovando
sorprendentemente uno strano
incoraggiamento e tanta sicurezza.
Mormorò
qualcosa che Damon non riuscì a distinguere e subito dopo
una fiammella vivace
aveva acceso la candela.
Il vampiro mugugnò qualcosa di sconnesso prima di commentare
“Tutto qui?”
Eccezionalmente
Bonnie lo squadrò divertita e sorrise soddisfatta, poi
puntò un indice verso l’alto
e soffiò “Guarda in alto, bel vampiro.”
Lui
lo
fece e rimase di stucco: sullo sfondo scuro del tetto del baldacchino
si
muoveva un drago di fuoco, come quelli cinesi che sicuramente Bonnie
aveva
visto in qualche film, ricco di particolari. I movimenti fluidi e
aggraziati
rapirono la sua attenzione per quanto erano intricati – la
testa rimaneva
sempre ben definita ma il corpo era effimero; il fuoco sembrava quasi
un fluido
di tutte la variazioni di giallo, arancione, e rosso che si
intrecciavano ed
attorcigliavano apparentemente senza nessuna logica.
Poi
all’improvviso
il drago scese in picchiata su di lui e per istinto chiuse gli occhi;
quando li
riaprì una pioggia di scintille tiepide stava cadendo su di
lui e, oltre quel
bagliore, riuscì a scorgere il volto soddisfatto della sua
giovane e sempre
meno inesperta streghetta.
Damon
guardò un attimo imbambolato una scintilla di fuoco innocua
che era caduta sul
dorso della sua mano, poi borbottò “Non
proverò nemmeno a cercare di capire il
rapporto oscuro che lega voi ragazze ai brillanti.”
Bonnie
lo guardò un attimo confusa e poi scoppiò
semplicemente a ridere, spensierata e
allegra.
Quando
l’ilarità naturale terminò poco a poco,
Bonnie era comunque rimasta con quel
sorriso sincero sul volto. Poi lo aveva incatenato con gli occhi e gli
aveva
scavato nell’anima.
Il vampiro era scosso, quasi completamente sbaragliato, allora
cercò di
difendersi “Ti farò i miei complimenti solo quando
mi sorprenderai con abilità
utili per qualche scontro.”
“Un giorno
riuscirò persino a spaventarti
da quanto sarò diventata
potente.”
Il
vampiro corrucciò la fronte ma lo sguardo era divertito
adesso, sorrise sghembo
in un ghigno che era tutto un programma. “Vedremo streghetta.
Vedremo.”
Un
altro sorriso della rossa e ormai era caduto nella sua trappola.
Damon
era stato travolto da quel calore, interamente.
Damon
tornò in quella stanza, la notte dopo, per bearsene ancora.
***
L’orologio
scoccava la mezzanotte.
A Damon quella situazione non piaceva: c’era qualcuno in
casa, una presenza, ma
era gelida. L’aura di suo fratello era sparita e lo stesso
valeva per Elena ma,
ancora più importante, quella di Bonnie sembrava non essere
mai venuta a
contatto con quelle pareti.
Ed era impossibile, quella era la loro
casa.
Sembrava
un
incubo.
Aprì
di scatto
la porta della loro camera ed entrò spedito. Il letto era
sfatto, la porta
finestra era spalancata, il vento congelante.
Si
era spostato
nella stanza inconsciamente, si guardava in giro attento e
l’adrenalina che
aveva in circolo non era mai stata così tanta.
All’improvviso
qualcosa lo inchiodò a terra.
Gli
ci volle
qualche secondo per capire che non era qualcosa ma qualcuno; il profumo lo travolse come fosse stata la
prima volta e il suo dolce peso sullo stomaco calmò la sua
agitazione in meno
di una frazione di secondo – così velocemente che
neanche riuscì ad incamerare
la notizia.
Per
il momento
gli importava solo delle labbra della sua strega che lo baciavano
dolcemente,
come sempre era stato.
Quando
Bonnie
si staccò da lui, ancora a cavalcioni sul suo ventre, Damon
riuscì a scorgere
il suo sorriso. Corrugò la fronte, ancora relativamente
preoccupato, la
presenza gelida era svanita come se non fosse mai stata avvertita
“Bonnie.. ma
cosa..?”
Lei
si chinò su
di lui “Mi
spiace.. ti ho forse spaventato, amor mio?” e
mentre lei sorrideva nel bacio, divertita, Damon si rese conto di esser
stato
vagamente preso in giro.