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Autore: puntoeacapo    16/11/2012    3 recensioni
Damon becca la sua streghetta durante uno dei suoi allenamenti notturni.
“Hai mai avuto il desiderio di metterti alla prova, il desiderio di migliorare e vedere quanto in alto puoi arrivare?” Aveva provato a rispondere con una domanda timida ma, proprio mentre parlava, la trepidazione di conoscere la risposta di Damon aveva preso il sopravvento – facendo diventare un mormorio timido, una domanda agitata e impaziente.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Giving the Best.

Conteggio parole:  3.783/3.783

Personaggi:Bonnie McCollough, Damon Salvatore, (accennati) Stefan Salvatore, Elena Gilbert, Signora Flowers.

Note: One-Shot, fluff.


Trama
 : Damon becca la sua streghetta durante uno dei suoi allenamenti notturni.
Hai mai avuto il desiderio di metterti alla prova, il desiderio di migliorare e vedere quanto in alto puoi arrivare?” Aveva provato a rispondere con una domanda timida ma, proprio mentre parlava, la trepidazione di conoscere la risposta di Damon aveva preso il sopravvento – facendo diventare un mormorio timido, una domanda agitata e impaziente.

 

Note pressappoco inutili, d’autrice: Classica One-Shot iniziata in un modo e finita completamente in un altro. A dire il vero l’ho presa e lasciata un po’ di volte e questo tira e molla preannunciava qualcosa del genere.
Che altro dire? Sono Bonnie e Damon. Io li amo, loro si amano. E facciamoli stare assieme, suvvia!
 

 

© I personaggi non mi appartengono anche perché se così fosse stato, a questo punto si sarebbero già sposati e in un modo o nell’altro sarebbero finiti insieme a viaggiare per il mondo con tanto di prole.

 

Giving The Best.

-Try hard and reach the top.-




 Quel pomeriggio, alla Pensione della signora Flowers, stava regnando il caos.

L’ennesima mancata cattura di quelle dannate volpi e l’ennesimo litigio.

Questa volta era stato Stefan ad iniziare, dicendo alla sua amata qualcosa  come ‘ti ho portato via la felicità’ o robe del genere.
L’apice di tutto era però stato raggiunto quando Elena – la forte ed imperiale regina di Fell’s Church – aveva gridato tra le lacrime che era solo ed unicamente Stefan stesso la sua felicità, e che a lei non importava di nessun altro se non di lui.

Il solito dramma, in fin dei conti.

Bonnie e Meredith ci avevano fatto il callo ormai, sapevano che l’amica non parlava dell’amore che riservava a loro e quindi non se l’erano presa a male più di tanto con quel “nessun altro”; per Damon invece era stato totalmente diverso. Era sparito senza dire nulla a nessuno per tutto il giorno ed era tornato pochi istanti prima che Bonnie desse la buonanotte a tutti, verso le dieci di sera.
In effetti era stata la stessa Bonnie ad aspettarlo sveglia, perché sapeva che non sarebbe stata in grado di andare a dormire tranquilla se non lo avesse visto rientrare sano e salvo – o, più logicamente parlando, rientrare e basta, segno che non li aveva abbandonati.

Stupida preoccupazione infantile. Avevano cose ben più complicate di cui occuparsi che della sua immatura propensione alla modalità mamma chioccia, soprattutto quando si parlava dei sentimenti – reali perché, grazie tante, lei era certa che ci fossero- di Damon Salvatore.

Fell’s Church era di nuovo sotto attacco; in quelle notti buie i Kitsune erano più minacciosi che mai, quel silenzio presagiva la tempesta che sarebbe scoppiata e, lì, era tutto talmente teso che sembrava di soffocare.

Nulla andava bene.

Per questo Bonnie era rimasta piacevolmente sorpresa quando si era resa conto di star sorridendo. Era nella camera che l’anziana strega aveva fatto preparare per lei quando aveva deciso di andare a vivere lì per migliorare con la magia e per essere di supporto ad Elena – continuava a sperare che prima o poi l’amica avrebbe capito che non era totalmente sola come credeva e che il peso di tutte quelle battaglie non era solo sulle sue spalle d’Angelo.

C’era anche Stefan, che l’avrebbe protetta al costo della morte, così come Damon, c’era anche Meredith, che non si sarebbe mai tirata indietro di fronte al pericolo, e perfino Matt era disposto a combattere per la salvezza e la pace.

E Bonnie, che stava studiando così tanto per migliorare, che si impegnava nella pratica quando nessuno poteva vederla – giudicarla, prenderla in giro o demoralizzarla- sebbene quel dono la terrorizzasse.. si anche lei, nonostante la paura e i fremiti, avrebbe combattuto.

Quindi Elena non doveva fare tutto da sola. Non era necessario, e la strega voleva- in qualche modo- farglielo comprendere.

Aveva trovato quello lì, di metodo.

Diventare una maga completa, coltivare la sua magia e imparare ad essere d’aiuto. Ogni sera, dopo la mezzanotte, aprendo quel grimorio e dandosi da fare mettendoci tutta l’energia che riusciva a recuperare.

Così, quando riusciva in qualcosa, semplicemente sorrideva contenta della conquista.

Era una delle tante nottate passate all’insegna dello studio segreto, quando Bonnie sentì la porta della sua camera schiudersi.

Non fece niente, alzò solo di scatto la testa, paralizzata e con il cuore a mille, sentendosi quasi come quando era piccola e i suoi genitori scoprivano le sue marachelle.

“Ma guarda un po’ qui.. Cosa stai facendo, Pettirosso?”

La fiamma che aveva tra le mani si spense all’istante quando riconobbe la voce “Damon!”

“Siamo ancora svegli, mh?“ Lui aveva sorriso, ironico e presuntuoso “Che c’è? Vuoi un po’ di compagnia?”
Si era avvicinato raggiungendola sul letto, con uno sguardo talmente inequivocabile che la strega ci aveva messo neanche un secondo ad arrossire furiosamente.

Balbettò un “E’ tardi, Damon. Che ci fai qui?” cercando di deglutire qualcosa che non fosse nervosismo.

“Pensavo dormissi.”

Bonnie corrugò la fronte, senza capire; tuttavia, non aveva avuto il tempo di chiedere nulla perché Damon l’aveva intercettata e aveva deciso di cambiare argomento “Come mai, neanche con il mio speciale udito, sono riuscito a sentire alcun rumore provenire da questa camera?”

La strega aveva preso a mordersi il labbro inferiore e a contorcersi le mani. Sapeva di non doverci neanche pensare perché anche volendo non avrebbe saputo mentire – figuriamoci ad un esperto come Damon “Me l’ha insegnato la Signora Flowers.. E’ un incantesimo per la privacy o qualcosa del genere..”

Cercando qualche pensiero nella calma, Bonnie si chiese se Damon fosse arrabbiato o deluso dal fatto che lei avesse usato quello specifico incanto; in fondo non c’erano molte persone che potevano capire cosa succedeva nella sua stanza – non senza entrare- ed, escludendo Stefan, effettivamente rimaneva solo lui. Ma Bonnie non lo aveva applicato per erigere una sorta di barriera contro di lui: il suo unico intento era stato quello di sentirsi semplicemente più sicura di sé stessa. Con quel trucchetto aveva voluto eliminare il nervosismo e non c’entrava nulla il vampiro. Lei si fidava e non ne avrebbe avuto bisogno in ogni caso.

Damon ridacchiò e Bonnie lo guardò confusa, ancora mezza persa nei suoi ragionamenti complicati.
“Non mi arrabbio per così poco, Uccellino, dovresti saperlo.”

E Bonnie seppe di aver il volto così rosso da far fatica a distinguerlo dalla chioma sbarazzina.

Dannazione, non poteva scegliere un altro momento per dimenticarsi dello scudo mentale!? La sua goffaggine, prima o poi, l’avrebbe fatta uccidere – se non da un nemico, almeno d’imbarazzo.

“Quando hai finito di darti della stupida..” Iniziò lui con fare paziente ma in modo molto ironico “.. non è che potresti usare il tuo mojo anche nella mia stanza?”

“Perché?”

L’ingenuità con cui glielo aveva chiesto lo aveva fatto sorridere “Stefan ed Elena stanno facendo pace e non è che muoia dalla voglia di sentire i loro sospiri d’amore, se capisci che intendo..”

Quella sera Bonnie rischiava seriamente di prendere fuoco. Si sentiva sempre più accaldata e non è che immaginare i suoi migliori amici sotto le coperte fosse una delle sue più grandi ambizioni, ecco.
Fece una leggera smorfia.

Quel litigio era stato inopportuno sotto tutti i punti di vista, soprattutto perché lo avevano reso pubblico manco fossero a una parata dei sentimenti e della ricerca della definizione di felicità.

E comunque la strega aveva creduto che fossero già tutti addormentati.

Bonnie provò una dolorosissima fitta al petto dovendogli rispondere con una banale spiegazione magica per giustificare il suo diniego “Mi spiace ma l’incanto funziona solo da scudo per l’esterno. Chi è dentro la stanza sente i rumori fuori dalla camera come farebbe anche senza magia..”

Damon aveva sorriso sghembo scuotendo la testa e alla giovane parve l’immagine più straziante che avesse mai visto in vita sua. Se solo avrebbe potuto prendersi lei tutto quel dolore,lo avrebbe fatto.

Ma la voce del vampiro era tranquilla, quasi derisoria “Ti stavo prendendo in giro, streghetta. Credi davvero che avrei fatto intaccare il mio spazio privato da dei giochetti magici? Non dovresti essere così ingenua, sai?”

E,no. Bonnie non ci aveva creduto neanche un po’.

Senza preavviso, Damon lanciò un’occhiata al grimorio che Bonnie teneva aperto sul comodino e aveva fatto per alzarsi “Sarà meglio andare.. Ho un leggero appetito..” Poi aveva borbottato qualcosa che la giovane McCullough aveva fatto fatica a capire. Seppe solo che sembrava, più che qualsiasi altra cosa, una fuga vera e propria, altroché.

L’unica cosa di cui Bonnie era sicura, però, era che quello che fece dopo fu dettato solo ed unicamente dall’istinto.

“Puoi tornare qui, dopo.. se vuoi.”

Quando Damon si era voltato non aveva nascosto lo stupore e la curiosità; inutile dire quanto Bonnie arrossì a quello sguardo imperscrutabile.

“C-cioè.. intendo dire.. se tu non dormi..i-insomma.. io devo rimanere sveglia e forse..” No. Bonnie era certa che non sarebbe riuscita a concludere una frase di senso compiuto o almeno non sotto quegli occhi d’onice.
E meno male che pensava di essere migliorata in fatto di sicurezza e faccia tosta – inutili speranze.

“Ti troverò sveglia?”

Quella domanda colse entrambi come un fulmine a ciel sereno. Damon non aveva pensato a come rispondere e, la stessa risposta, era venuta automatica. Come se non aspettasse altro che quella proposta da parte della streghetta.
E stessa cosa valeva per Bonnie, che non ci aveva manco sperato in una risposta – in una risposta smaliziata e normale, una volta tanto.

Forse per questo si ritrovò semplicemente ad annuire, assistendo solo passivamente al “Bene.” Borbottato dal vampiro e alla sua uscita di scena.

***

Quando Damon  riebbe nel suo campo visivo la struttura della Pensione non era passata neanche un’ora; planò con grande maestria sul davanzale del balcone di quella stanza e si ritrasformò senza problemi, balzando al suo interno.
La porta finestra era socchiusa. Nulla poté trattenerlo dal ghignare in modo così automatico – dato forse dall’abitudine.

Quando fu dentro la stanza della sua streghetta, la prima cosa che lo stordì -come tutte le volte d'altronde- fu l’odore. Nulla poteva cambiare il primo istinto che lo colpiva ogni volta che si trovava accanto alla streghetta.
 Odore di primavera e fragole mature. Era certo che non se ne sarebbe mai stancato.

Nonostante avesse detto il contrario al pettirosso, non aveva cacciato quella sera. Si era limitato a sorvolare Fell’s Church; prima senza pensare a nulla, poi  pensando decisamente a troppo.

Infine si era stancato, aveva borbottato qualcosa a metà tra un lamento e un ringhio, e aveva fatto dietro-front, seccato. Non aveva più voglia di fare nulla se non rintanarsi nella camera della streghetta per punzecchiarla mentre questa si esercitava con trucchetti magici di poco conto.

Forse per questo resistere alla Fame era tanto semplice. Il primo impatto lo stordiva – non che lo mostrasse, ovviamente - ma poi veniva immediatamente e inevitabilmente distratto.
Da un balbettio, da un frullare di ciglia, da una caduta improvvisa – Damon sghignazzò- o dal battere frenetico di un cuoricino impazzito.

Andiamo, chi si sarebbe perso un tale divertimento per un banale pranzo occasionale?

Lo cercò subito, quel divertimento. Doveva distrarsi.
I respiri combinati nell’altra stanza non facevano più male, se riusciva a non ascoltarli.

Si guardò intorno adocchiando subito la figura minuta della ragazzina: era seduta sul pavimento con la schiena poggiata al lato del letto, le gambe avvicinate al petto. La testa caduta sulle ginocchia, in maniera scomposta, decisamente.. addormentata. Davanti a lei una candela era ancora accesa e rischiarava quell’angolino di spazio.

I riflessi arancioni di fuoco che si muovevano sulla figura della ragazza lo deconcentrarono per qualche istante; un incanto.

Damon scosse la testa con fare esasperato e, forse inconsciamente, cominciò subito ad avvicinarsi al suo pettirosso imbranato.

Non era deluso, anche se Bonnie gli aveva detto che sarebbe rimasta sveglia ad aspettarlo.

In qualche modo era diverso dal ricordo d’aspettativa che aveva provato per Katherine tanto tempo prima – per una risposta, per una scelta definitiva.- e che poi era finito letteralmente in un mucchietto di cenere fasulla intaccando la sua capacità di fiducia.
Era diverso anche dalla speranza bruciata che ogni volta si accendeva nei suoi momenti con Elena –  subito stracciata e fatta a brandelli da quegli occhi di lapislazzuli brillanti quando si posavano sulla figura del fratello.

Non se lo chiese il perché.

Soffiò sulla candela per spegnerla e la spostò sul comodino per poter prendere tra le braccia quella ragazzina che adesso aveva una chiazza rossa sulla fronte – segno che si era addormentata anche da più tempo del previsto.

Il petto di Damon vibrò in una risata trattenuta e, anche se le labbra perfette rimasero in quel ghigno, un raro sorriso raggiunse gli occhi.
Non se ne accorse nessuno ma davvero poco importava. La notte poteva custodire quei momenti senza problemi.

L’adagiò al centro del lettone a baldacchino e quel visino a cuore sprofondò tra i due cuscini freschi, le palpebre tremolarono e Bonnie sospirò nel sonno.

Damon la guardò per qualche secondo senza fare altro. Fu investito dal suo profumo e allora pensò che forse doveva andarci, alla fine, a caccia.

Non aveva preso una decisione definitiva ma, appena fece per andarsene, un lamento soffocato e una presa debole alla manica della giacca lo bloccarono.
Girò il viso a tre quarti, abbastanza per riuscir a guardare la streghetta che si stropicciava un occhio con una mano e faceva cadere l’altra sulle lenzuola – era un vampiro, diamine, poteva essere buio ma quel dolce rosso vivo sulle guance dell’uccellino non poteva non notarlo.

Scusa.” Fu la prima cosa che sentì  dalla voce impastata di sonno di Bonnie. “Mi sono addormentata.”

Damon corrugò la fronte alla reazione che si era scatenata in lui, all’istinto ancora più protettivo del solito, all’impulso che aveva dovuto soffocare.
C’era qualcosa che non andava in lui. Quel pensiero limpido quasi lo spaventò e, anche se non era da lui mostrare una qualsiasi emozione che non fosse scherno, qualcosa colpì la sua sicurezza guardando la sua streghetta mettersi seduta in quel lettone troppo grande per un corpo così minuto.

“Sei prevedibile, strega.” E forse non avrebbe dovuto mostrare la sua stizza con quell’acidità, fuori luogo anche dalla prospettiva di un vampiro sanguinario come lui.
 “Non mi aspettavo altro, comunque.” E, nonostante le parole, cercò di alleggerire il tono – mugugnando scontroso.

Già, le relazioni personali non erano più il suo forte da qualche secolo.

Bonnie arrossì furiosamente e abbassò il capo mormorando un “Mi spiace.”

Damon sentì la gola secca; non era mai stato bravo a consolare gente o a esprimere sentimenti cercando di tranquillizzare qualcuno che era tutto a posto.
Quindi non disse niente. Si limitò ad aspettare pazientemente che  il piccolo e imbranato Pettirosso sollevasse il capo e capisse da sola tutto quanto.

Tutto questo accadde pochi secondi dopo, quando Bonnie abbozzò un sorriso cauto e uno sguardo che era tutta una scusa per la sua eterna goffaggine.
La rossa si sistemò meglio sul letto, incrociando le gambe e  coprendosele meglio con le coperte. Attorcigliò il lenzuolo nero tra le dita candide e provò ad intavolare un qualunque tipo di conversazione “Allora.. uhm.. beh, com’è andata la cena?”

“Non ho ucciso nessuno.” Il tono duro di Damon era uscito fuori spontaneo, sulla difensiva, impulsivo – come lui.

La ragazza si limitò a guardarlo negli occhi corrugando la fronte “Non ti ho chiesto questo.”

“Ma era quello che volevi sapere.”

“No. Insomma, credo che avrei dovuto ma io non-“ Bonnie si era bloccata come confusa dai suoi pensieri e aveva cominciato a mordersi un labbro guardando ovunque nella stanza tranne che lui, il cuore batteva all’impazzata.
Poi chiuse gli occhi, inspirò ed espirò, riprese ossigeno con calma e lo riguardò “In realtà non ci avevo neanche pensato.”
E ammetterlo era come sbagliato, probabilmente avrebbe dovuto pensarlo eccome, chiedere qualcosa per assicurarsi che non ci fossero stati spargimenti di sangue inutili. Probabilmente il suo senso del dovere era andato a farsi una vacanza o, più logicamente parlando, non era la ragazza dolce e dal cuore tenero di cui tutti parlavano; forse era tutta una maschera inconsapevole e in realtà nascondeva un’anima nera e oscura come il peggiore dei mostri.

“Sento il ronzio dei tuoi pensieri impazziti fino a qui, uccellino.” Il rimprovero di Damon la richiamò alla realtà e al turbine che l’aveva travolta e, quasi come per magia, lei si calmò subito. Una sola frase, una sola voce, e tutto si era placato – strabiliante.

Intanto il vampiro si era seduto sul letto, aveva poggiato la schiena alla colonna di legno del baldacchino e aveva steso le gambe – incrociando le caviglie- sulla porzione di letto libera. La suola delle scarpe lucide sfiorava il cuscino accanto Bonnie e la ragazza imbronciò le labbra, Damon si limitò a sghignazzare.

“Allora, che stai combinando clandestinamente?” Un cenno alla candela che aveva poggiato poco prima lui sul comodino e lo sguardo della giovane strega era volato in quella direzione per poi scattare dalla parte opposta – sul comodino più vicino a lei, dall’altra parte- dove, chiuso e conservato, c’era il grimorio della Signora Flowers.

“.. nulla?”

Il tono della rossa, colmo di una speranza mai esistita e rassegnato all’essere stata beccata, aveva fatto ghignare il vampiro che – con uno sguardo eloquente, un paio di sopracciglia alzate e occhi divertiti – l’aveva fatta sbuffare e arrossire allo stesso tempo.

“Un po’ di pratica, tutto qui.” Ammise guardandosi le dita affusolate e bianche che giocavano ancora nervose con il lenzuolo.

“Oh, andiamo Uccellino! Così offendi il mio grande acume, lo sai vero?” Damon non distoglieva lo sguardo dalla sua figura nemmeno un attimo, troppo curioso di cogliere ogni minimo particolare “Avanti, sputa il rospo. Qual è il grande piano dietro tutto questo?”

Finalmente il cioccolato caldo degli occhi della ragazza raggiunsero quelli attenti del vampiro; Bonnie lo guardò per un attimo – anche se non era necessario: ormai conosceva quel volto in ogni piccola caratteristica e lo avrebbe potuto ricostruire senza nessuna fatica. E quel pensiero era anche un po’ triste perché le faceva ricordare tutte le volte che lo aveva osservato senza che lui se ne accorgesse minimamente.

“Hai mai avuto il desiderio di metterti alla prova, il desiderio di migliorare e vedere quanto in alto puoi arrivare?” Aveva provato a rispondere con una domanda timida ma, proprio mentre parlava, la trepidazione di conoscere la risposta di Damon aveva preso il sopravvento – facendo diventare un mormorio timido, una domanda agitata e impaziente.

Il corvino si limitò a corrugare la fronte. Quelle sfere nere stavano tentando di inghiottire la figura minuta della ragazza per scoprire cosa diamine mancava a concludere il puzzle che l’avrebbe raffigurata- con dolce confusione e calda sorpresa.

Damon non pensava mancasse qualche pezzo eppure eccolo lì: un mondo nuovo tutto da esplorare.

Nonostante tutto rispose con un sorriso storto e un pizzico di superbia “Perché avrei dovuto?”

Dopo quella stoccata ci fu silenzio per un secondo intero, poi Bonnie sgranò gli occhi e cominciò a scuotere la testa incredula ed esasperata.

Poi lo aveva guardato ancora e notando la sua espressione compiaciuta alzò gli occhi al cielo borbottando e bofonchiando qualcosa come “Non è che siamo tutti Damon Salvatore, però, uffa.

Questa volta Damon dovette lottare per reprimere il sorriso sulle labbra. Si decise, quindi, a chiedere con tono leggero “Allora, perché non mi fai vedere qualcosa?”

Silenzio.

“Eh?”
Wow, Bonnie. Molto arguto sul serio.

“Hai fatto pratica, giusto? Fammi vedere cosa sai fare streghetta.”

“I-io.. no. Voglio dire, non posso. Non posso, non sono pronta, è presto.. devo ancora.. c-cioè!”

“Allora questo tuo grande discorso sul volersi mettere alla prova era tutta una scusa e tu stai semplicemente perdendo tempo prezioso.”

“Non sto perdendo tempo.” S’impuntò lei, punta nell’orgoglio appena sbocciato.

Damon le scoccò uno sguardo sarcastico “Non ne sei sicura neanche tu.”

Bonnie imbronciò le labbra, ancora titubante ma anche – forse per la prima volta- determinata a dimostrare di aver ragione.
Scostò le coperte che aveva sulle gambe e si allungò per prendere la candela – cercando di non bruciare lei stessa sentendo lo sguardo d’onice del vampiro sul ogni centimetro del suo corpo per tutto il tempo.

Espirò aria chiudendo gli occhi, poi ne incamerò altra riaprendoli e guardando un ultima volta il volto dell’altro – trovando sorprendentemente uno strano incoraggiamento e tanta sicurezza.

Mormorò qualcosa che Damon non riuscì a distinguere e subito dopo una fiammella vivace aveva acceso la candela.
Il vampiro mugugnò qualcosa di sconnesso prima di commentare “Tutto qui?”

Eccezionalmente Bonnie lo squadrò divertita e sorrise soddisfatta, poi puntò un indice verso l’alto e soffiò “Guarda in alto, bel vampiro.”

Lui lo fece e rimase di stucco: sullo sfondo scuro del tetto del baldacchino si muoveva un drago di fuoco, come quelli cinesi che sicuramente Bonnie aveva visto in qualche film, ricco di particolari. I movimenti fluidi e aggraziati rapirono la sua attenzione per quanto erano intricati – la testa rimaneva sempre ben definita ma il corpo era effimero; il fuoco sembrava quasi un fluido di tutte la variazioni di giallo, arancione, e rosso che si intrecciavano ed attorcigliavano apparentemente senza nessuna logica.

Poi all’improvviso il drago scese in picchiata su di lui e per istinto chiuse gli occhi; quando li riaprì una pioggia di scintille tiepide stava cadendo su di lui e, oltre quel bagliore, riuscì a scorgere il volto soddisfatto della sua giovane e sempre meno inesperta streghetta.

Damon guardò un attimo imbambolato una scintilla di fuoco innocua che era caduta sul dorso della sua mano, poi borbottò “Non proverò nemmeno a cercare di capire il rapporto oscuro che lega voi ragazze ai brillanti.”

Bonnie lo guardò un attimo confusa e poi scoppiò semplicemente a ridere, spensierata e allegra.

Quando l’ilarità naturale terminò poco a poco, Bonnie era comunque rimasta con quel sorriso sincero sul volto. Poi lo aveva incatenato con gli occhi e gli aveva scavato nell’anima.
Il vampiro era scosso, quasi completamente sbaragliato, allora cercò di difendersi “Ti farò i miei complimenti solo quando mi sorprenderai con abilità utili per qualche scontro.”

 “Un giorno riuscirò persino a spaventarti da quanto sarò diventata potente.”

Il vampiro corrucciò la fronte ma lo sguardo era divertito adesso, sorrise sghembo in un ghigno che era tutto un programma. “Vedremo streghetta. Vedremo.”

Un altro sorriso della rossa e ormai era caduto nella sua trappola.

Damon era stato travolto da quel calore, interamente.

Damon tornò in quella stanza, la notte dopo, per bearsene ancora.

***

L’orologio scoccava la mezzanotte.
A Damon quella situazione non piaceva: c’era qualcuno in casa, una presenza, ma era gelida. L’aura di suo fratello era sparita e lo stesso valeva per Elena ma, ancora più importante, quella di Bonnie sembrava non essere mai venuta a contatto con quelle pareti.
Ed era impossibile,
quella era la loro casa.

Sembrava un incubo.

Aprì di scatto la porta della loro camera ed entrò spedito. Il letto era sfatto, la porta finestra era spalancata, il vento congelante.

Si era spostato nella stanza inconsciamente, si guardava in giro attento e l’adrenalina che aveva in circolo non era mai stata così tanta.

All’improvviso qualcosa lo inchiodò a terra.

Gli ci volle qualche secondo per capire che non era qualcosa ma qualcuno; il profumo lo travolse come fosse stata la prima volta e il suo dolce peso sullo stomaco calmò la sua agitazione in meno di una frazione di secondo – così velocemente che neanche riuscì ad incamerare la notizia.

Per il momento gli importava solo delle labbra della sua strega che lo baciavano dolcemente, come sempre era stato.

Quando Bonnie si staccò da lui, ancora a cavalcioni sul suo ventre, Damon riuscì a scorgere il suo sorriso. Corrugò la fronte, ancora relativamente preoccupato, la presenza gelida era svanita come se non fosse mai stata avvertita “Bonnie.. ma cosa..?”

Lei si chinò su di lui “Mi spiace.. ti ho forse spaventato, amor mio?” e mentre lei sorrideva nel bacio, divertita, Damon si rese conto di esser stato vagamente preso in giro.

 

 

 

 

   
 
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