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Autore: nocciola_ama_i_cani    16/11/2012    1 recensioni
Sarah, non avresti dovuto.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Gerard, dammene un’altra, ti pago il mese prossimo.
Gerard, ti prego, non ce la faccio più.
Gerard, sento che sto per morire.
Gerard, Gerard …
Ecco, dritta dritta nel mio sangue. E già mi sento meglio, più sollevata, più libera. Penso che mi manca la mia mamma. La voglio.
Per questo devo lasciarmi andare, devo difendermi.
Gerard, toglimela tu, io non ne ho la forza.
Sto male, Gerard, è bello quello che sento amore, ma sto male, Gerard … E’ colpa tua amore mio.
Amore, toglimela.
Gerard prende quella siringa dannata e me la trappa dal braccio. Sono bianca, piena di lividi. Con quelle poche forze che mi rimangono mi sfioro i denti. Sono ruvidi, alcuni ne mancano. Gerard dice che sono brutta. Che prima ero bella come un sole, ora invece faccio schifo, sono da buttare, non servo più neanche da sfogo alle sue frustrazioni quando torna la sera, ubriaco.
Decido di riservare energie per collegarmi con la mia mamma. Lei è lontana, tanto lontana.
La mia mamma non voleva che finissi così, lei mi vedeva come una giornalista, “la sua scrittrice”, andava a riferire  a tutte le sue amiche quanto io fossi brava in italiano e quanti bei voti prendessi al liceo.
Nizza splende stanotte, mentre io non splendo più. La mamma è arrabbiata con me, mi ha tolto tutto, mi ha lasciato in balia dell’eroina. Chissà se mi pensa.
Mamma, io sono a Nizza, in … Gerard, dove siamo?
Amore mio rispondimi, non vedi la mia lacrima? 
I Pink Floyd, Gerard, li senti? Chissà chi li ascolta. Ti ricordi quando noi eravamo anime innocenti, di una scuola d’indirizzo classico? Sentivamo The Dark Side Of The Moon mentre facevamo greco. Ah, maledetto, me li hai fatti odiare. Il nostro sottofondo ai compiti di greco e.. alla nostra prima canna, e poi siamo arrivati a questo. Sei stato tu, io non volevo.
Che fai? Ti alzi, tu non sei fatto. E io non ci capisco più niente. Esci, mi lasci così. Ad un tratto mi si chiudono gli occhi e mi abbandono.
Mi sveglio ed è già giorno. Lo specchio lercio e pieno di calcare mi rimanda una triste visione: occhiaie, viso bianco, magro. I miei capelli rossi sono lunghi, sporchi e spenti. Faccio schifo, come dice Gerard.
Lui non c’è in casa, sarà rimasto a dormire con qualcuna migliore di me, che magari è pura e bella, non di seconda mano come questa ragazza in questo lurido pezzo di vetro.
Esco anch’io, perché mai dovrei stare sempre qui? Tanto l’abbiamo finita, speriamo che Gerard si renda utile e torni a casa con ciò che mi spetta.
Oggi indosserò il mio vestitino celeste. Sono tanto magra, non lo riempio neanche più. Mi sta male. Davanti a me c’è una mia fotografia: sono con lui, con questo vestito, ho un bel seno, dei denti bianchi, il trucco fatto, dei capelli lucenti.
Con un po’ di cipria forse andranno via queste occhiaie. Mmm, sempre meglio di niente.
Ma sì, tanto sono inutile. Inutile, a che serve essere bella? Sono brutta, faccio schifo.
Evado dal mio carcere, mi chiudo la porta alle spalle. La luce del sole mi acceca, è da tanto che non la saluto. Non riesco ancora a sorriderle, però, mi sento tradita.
Un anno fa, appena uscita di casa, sarei andata al mio bar e avrei acquistato una brioche calda per me e tanti bei pasticcini da portare alla mia mamma per decorare il pranzo. Ora, quei soldi che ho li devo risparmiare per l’eroina.
E’ domenica mattina. Un bicchiere d’acqua è gratis, vero? Vado, il mio bar è lì. Chissà cosa penseranno quando mi vedranno così diversa. Dai, tanto sono inutile, a che serve apparire.
<< Un po’ d’acqua>> mi meraviglio di come abbia parlato con quel grammo scarso di energia che mi è rimasto. Ero decisa, quasi vitale, sarà il clima.
Il barista, il mio adorabile Antoine, un uomo cicciottone e tenero, mi guarda strano, la mia faccia e poi il vestito. Poi sussurra qualcosa a Marie, la signora che prepara i dolci. Lei annuisce, sconvolta, guardandomi. Io abbasso gli occhi, provo una tale vergogna. Mi osservo il seno scomparso, le pieghe del vestito che non si riempie, le caviglie sottili.
<< Sarah?! >>
<< Perdonami Antoine, scusami>>
Vado via, scappo. Qualcuno mi prende il braccio da dietro, e mi tira dalla sua parte.
Ma chi è? Non sarà mica Enrico?! L’italo francese figlio di Antoine. Mi sono sempre piaciuti quegli occhi celesti, che ovviamente non sono mai stati simpatici a Gerard. Ora ha ventidue anni, io venti. In un anno è completamente cambiato, è un uomo!
<>
Gli faccio pena, si vede.
<< Enrico, è una causa persa. Forse ieri avrei negato tutto, ma oggi mi sono vista allo specchio: è evidente che io sia da buttar via, non c’è più nulla da fare per me >>
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Mi lascia il braccio, ormai è sicuro di avermi rapita, che ora non scapperei mai via.
<< Ecco, io ti aiuterò, ci tengo troppo a te>>
Mi porge un bigliettino. E’ incredibile come io riesca a leggere. Si tratta di una comunità. Ma non se ne parla nemmeno, non posso più uscire da questo giro. Ci sto troppo dentro, sono incastrata in un tunnel nel quale si può soltanto avanzare, non si riesce a indietreggiare.
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Mi riprende per il polso, ha capito che il suo incantesimo sta iniziando a svanire. Mi spinge in macchina. Io mi divincolo in tutti i modi, mi agito, ma sono troppo debole. E quel bisogno, quel dannato bisogno avanza. Inizio a sentirmi male. Voglio la mia mamma? Non più, non ora, adesso voglio soltanto l’eroina, la mia eroina, a prescindere da tutto. Il mondo? Che muoia! Che muoia tutto! Che sparisca tutto! Non voglio Gerard, vai via Enrico, fanculo bar, fanculo mamma! Voglio l’ Eroina!!!
Grido, piango, urlo. Intanto l’auto parte, mi porta non so dove.
<< Sto maleeeee!!!!!! >>
<< Shh!!>>
Agonia, pura agonia. Non sono mai stata così. Mi butto sui miei capelli, strappo via due ciocche rosse. Slaccio la cintura e apro il finestrino. Enrico lo chiude e mette la sicura. Mi tira per la spallina e mi rimette seduta. Continuo a gridare.
Ci fermiamo sotto un edificio con un immenso giardino. Due occhi celesti mi prendono e mi ci sbattono letteralmente dentro. Cado in ginocchio e piena di lacrime, e due ragazzi della mia età mi vengono in contro, prendendomi per mano e aiutandomi a camminare, mi dicono di stare calma. Un medico mi visita e mi da un’iniezione di non so cosa che subito mi fa stare meglio. Riconosco immediatamente quei due uomini che mi hanno soccorso: sono Nicolas e François, sono loro, sono .. sono loro che mi hanno fatto iniziare, insieme a Gerard. Comprendo di trovarmi in una comunità. E voglio andarmene.
Fuggo, come faccio sempre, fuggo via e nessuno mi ferma. Si sa che per uscire dal giro della droga è fondamentale la forza di volontà, e io non ce l’ho.
Eccomi nel mio carcere, ecco Gerard, fatto. Menomale, ciò vuol dire che ha l’eroina. La voglio, l’iniezione del medico mi ha semplicemente calmato lo stimolo, ma esso vive ancora, è presente ed è forte, nonostante il mio benessere risalente a dieci minuti fa.
………………………………………………Mamma ………………………………………………………………………………………………
Bava, come nei film, inizio a tremare. Non vedo più, non sento, credo di aver finito per sempre. Vorrei gemere, ma non riesco a parlare. Ho finito mamma, non essere contenta.
Bussano alla porta, saranno i vicini.
Passa il tempo … tra poco andrò via, me l’ha detto Dio.
Qualcuno sfonda il ferro scadente, Enrico ..
Chiudo gli occhi.
Sono all’ospedale, davanti a me c’è la mia mamma! Sono piena di fili. Vedo Enrico, sta dietro il vetro, fuori dalla stanza. Forse c’è anche Antoine. La mamma piange.
Sono viva mamma! Come faccio a dirtelo, non ho la forza di parlare. Muovo il dito, lei lo vede. Sorride, io mi limito a sorridere con gli occhi. Brava mamma, ridi, perché ti voglio salutare.
Sarah … qualcuno pronuncia il mio nome, mamma, e non sei tu.
Mamma, ti voglio bene, te ne ho sempre voluto. Mi abbracci? Non sai quanto desideravo le tue mani quando ero persa in quel buio. E tu dov’eri? Forse a Nizza, a cercarmi, o forse a Parigi, a fare shopping?
E’ tardi mamma, dammi un bacio.
Mamma, dammi un bacio, presto!
Mamma, è tardi …
 
 
 
 
  
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