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Autore: Glinda    17/11/2012    1 recensioni
Riassunto generale: Non è un fix-it di Children of Earth. O forse lo è. Non è una versione AU di Torchwood o di Doctor Who, né un what-if. O forse sì. Una storia nella storia, una realtà dentro un'altra realtà. Passati, presenti e futuri che si mescolano e si confondono. Possibili domande a cui non esistono risposte, e impossibili risposte a domande che non dovrebbero esistere. In poche parole, Jack Harkness e la sua inarrestabile sete di verità. Può il passato essere invertito, può il presente essere manipolato, e può il destino essere riscritto?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ianto Jones, Jack Harkness, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: Torchwood, Doctor Who e i personaggi e/o situazioni a essi inerenti non sono di mia proprietà, bensì degli aventi diritto (Russell T. Davies, BBC Wales, ecc. ecc.), tranne Laurent. Lui sì che lo rivendico!

Avviso a quanti stanno seguendo la storia: Facendo un rapido calcolo, mi sono resa conto che The Casimir Effect sarà composta da almeno 30 capitoli (!). Se quindi nel corso di questo periodo doveste avere dei commenti, nutrire dei dubbi, ecc., vi prego di non aspettare il termine della storia… Perché mi sa che qui ne avremo per molto XD Buona lettura a tutti!

 

 

Capitolo 2: Verdun, Francia, maggio 1916

 

Quando mi risvegliai, mi ritrovai a fissare da vicino l’espressione corrucciata del tenente Laurent de La Rosière, ufficiale medico del quinto battaglione del 254simo Reggimento di Fanteria francese, di stanza nel villaggio di Cumières, presso Verdun.

 

“Mi hai davvero stancato, Jacques, lo sai vero?” mi disse con voce tremante di rabbia.

 

Malgrado il male cane che ancora provavo alle gambe, riuscii a farmi forza e a scoccargli uno dei miei famigerati sorrisi. “Ehi, di solito questa frase me la rivolgono in ben altra situazione.”

 

“Non scherzare,” ribatté cupo lui.

 

“Oh, ma io non sto affatto scherzando,” gli risposi allegramente. Allungai una mano verso il suo viso per attirarlo verso di me, ma Laurent mi bloccò il polso con durezza.

 

“Non è il momento,” sibilò. I suoi occhi scuri si mossero velocemente all’interno della tenda, e immaginai fosse per controllare che nessuno avesse notato il mio gesto. Se anche qualcuno ci avesse visto, per me non avrebbe affatto costituito un problema. Ma nel caso di Laurent la questione era diversa… Il ventesimo secolo non rappresentava di sicuro il periodo ideale per quelli come me, come lui, come tanti altri; sempre meglio degli oscuri e bigotti secoli precedenti, ma nemmeno libero da pregiudizi ed etichette come il mio tempo d’origine.

 

Comunque, nella tenda non era presente alcun altro oltre a noi due, per cui proprio non vedevo il motivo di tanta segretezza. Con la mano libera gli circondai il collo e lo premetti contro le mie labbra, prima di sussurrargli all’orecchio le seguenti parole: “Siamo in guerra. Ogni istante può essere l’ultimo, quindi perché non approfittarne?”

 

Quella frase non la pronunciai a caso. Sapevo infatti che di lì a uno o due giorni si sarebbe svolto un sanguinosissimo scontro proprio nel punto dove ci trovavamo ora, ossia presso il villaggio di Cumières, riparati dietro la collina del Mort-Orme. Il battaglione di cui facevo parte al momento sarebbe stato spazzato via dall’artiglieria tedesca; le possibilità di Laurent di cavarsela erano esigue, se non praticamente nulle, per cui volevo perlomeno lasciargli un gradevole ricordo del mio breve passaggio nella sua altrettanto breve esistenza.

 

Girai la testa e trovai la sua bocca. All’inizio lo sentii irrigidirsi, poi si rilassò e mi lasciò libero il polso dell’altra mano, permettendomi di abbracciarlo meglio. Il bacio si faceva via via più intenso; cercai di tirarlo sopra di me, ma quando Laurent appoggiò un po’ del suo peso sulla parte inferiore del mio corpo, non potei trattenermi ed emisi un grido di dolore. In preda a fitte lancinanti, quasi mi sfuggì il balzo all’indietro che Laurent compì in quel preciso momento.

 

Non mi sfuggirono, invece, le sue imprecazioni in francese. “Merde, Jacques! T’es fou ou quoi ?! Persino nelle tue condizioni riesci ad avere di questi… questi pensieri?”

 

Digrignai i denti, mentre le fitte si riducevano a un livello sordo, più sopportabile. “Pensieri? Quali pensieri? Sono un uomo d’azione, Laurent. E poi, di che condizioni parli? Sono ferito alle gambe, sai la novità. Per quanto grave sia, fra pochi minuti il problema sparirà definitivamente, e sarò di nuovo a tua completa disposizione,” conclusi con fare allusivo.

 

La sua reazione mi colse totalmente di sorpresa. Afferrò un catino in peltro e lo scagliò violentemente contro le pareti di tela (se voleva ottenere un effetto drammatico, di sicuro non fu così che lo ottenne, visto che il catino si limitò a rimbalzare con un tonfo sordo sull’erba umida in prossimità dell’ingresso della tenda), poi si girò di scatto verso di me, mi raggiunse con rapide falcate e mi afferrò per le spalle.

 

“Maledizione, Jacques! È proprio questo tipo di atteggiamento che ti condurrà alla rovina, prima o poi! Devo forse ricordarti cos’è successo due anni fa, quando ti hanno sparato alla testa?” Laurent ansimava, e i capelli biondi, in cui tante volte avevo amato passare le mie dita, erano del tutto scarmigliati.

 

“Certo che rammento. Soprattutto il gran mal di capo che mi è venuto in seguito. Se non altro l’aspirina l’avete già inventata, altrimenti chissà per quanto me lo sarei dovuto tenere!”

 

“Le tue facezie non servono a nulla,” tagliò corto Laurent. “Sicuramente non serviranno a farmi dimenticare la fatica e il tempo che mi ci son voluti per mettere tutto a tacere. Un soldato americano che si becca una pallottola in piena fronte e guarisce miracolosamente!”

 

In quell’infausta circostanza, il mio prezioso Laurent si era rivelato tanto scaltro da convincere i vari testimoni che avevano assistito al mio ferimento che il proiettile mi aveva colpito di striscio. E poi la fasciatura a cui mi aveva sottoposto, un vero colpo di genio! Avevo sopportato quella tortura per un mese, ma ne era valsa la pena, visto che almeno era servita a nascondere il fatto che in realtà non ero afflitto dai danni di alcuna lesione (tempo dieci minuti e si era già rimarginata), né mi sarebbero rimaste delle cicatrici; e, una volta tolta, eventuali segni di ferite sarebbero comunque risultati coperti dalla ricrescita dei capelli. Sì, in effetti l’unico neo della farsa messa in atto da Laurent era consistito nella forzata rasatura a zero del mio cranio. Una vera tragedia per me, debbo ammetterlo, ma fra tanti quello era sicuramente il male minore.

 

Alla fine dei conti, la diagnosi ufficiale del tenente Laurent de La Rosière, medico del quinto battaglione del 254simo Reggimento di Fanteria francese di stanza a Cumières, nonché mio amante da circa un anno, si era ridotta a una semplice ‘ferita lieve da arma da fuoco alla tempia dx. Remissione completa del paziente, soldato semplice Jack Harkness, prevista entro 30 giorni’.

 

Ma intanto Laurent stava continuando a inveire contro di me. “Oh, certo, quella volta ti è anche andata bene! Pensa cosa sarebbe successo se, non so, fossi finito nelle mani di qualche mio connazionale traditore, e ti avesse fatto decapitare!”

 

Quasi mi venne da ridere. “Non vi hanno insegnato niente, a scuola? La Rivoluzione è finita da un pezzo.”

 

Laurent sogghignò beffardo. “Forse sei tu quello che ha prestato poca attenzione in classe, Jacques. La ghigliottina non sarà più di moda come metodo di esecuzione capitale, ma ti assicuro che, in mano a chi ancora ne possiede un esemplare, è dannatamente efficace!”

 

Beh, questo era proprio il colmo. Accusare me, un ex Agente Temporale, di non conoscere le varie fasi della storia umana ed extraterrestre, passata e futura, equivaleva a un insulto bello e buono. L’unica attenuante di Laurent consisteva nel fatto che non gli avevo mai rivelato tale aspetto della mia vita precedente. E né intendevo farlo.

 

Ciò che mi turbava di più al momento, però, era la veemenza con cui Laurent stava portando avanti le proprie ragioni. Perché tutte queste storie solo ora e non due anni prima? Allora ero morto, e con fior di testimoni, mentre adesso ero sicuro che nessuno si fosse reso conto della gravità o meno delle mie ferite alle gambe. Perché mai, dunque, qualcuno avrebbe dovuto nutrire dei sospetti circa la mia reale natura?

 

Mi accinsi a esporre tali ragionamenti a Laurent, il quale tuttavia mi sorprese di nuovo, stavolta con una risata amara. “Oh, Jacques, Jacques, pauvre diable. Non te ne sei reso conto, vero? Ora la situazione è diversa. Tragicamente, assurdamente diversa.”

 

Aggrottai la fronte. “Di che diamine stai parlando?”

 

Laurent sospirò, e poi si sedette accanto alla mia branda. Mi prese la mano fra le sue, chinò il capo un attimo e poi rialzò lo sguardo, fissandomi dritto negli occhi. “Jacques… Quando ti hanno portato da me, eri morto dissanguato. Lo sai almeno questo, n’est-ce pas ?

 

“Purtroppo sì. Morire dissanguato è una sensazione stranissima, quasi surreale. Senti la vita che se ne va, e ti rimane solo freddo addosso, poi più niente. L’ho provata tante volte. Ebbene?”

 

“Alcuni degli altri soldati ti hanno trasportato qui, in preda alla disperazione; avevi perso troppo sangue, e non riuscivano più a percepirti il battito, com’era ovvio, ma sono riuscito a rassicurarli sulle tue condizioni…”

 

“E allora?” lo incalzai.

 

“E allora, prima di poterti cauterizzare le lesioni, ho dovuto amputarti le parti delle gambe troppo danneggiate. Erano letteralmente a brandelli, Jacques.”

 

Cosa? Cosa?! Ricordo di aver pensato. Laurent doveva essersi bevuto una parte del cervello, visto che io le gambe me le sentivo eccome, fino alle ultime falangi dei mignoli! Quello che stava suggerendo, invece, non era affatto concepibile… Oppure sì? In preda a una foga incontrollabile, mi tirai su a sedere con estrema difficoltà, e Laurent si affrettò a passarmi un braccio attorno alle spalle per sostenermi. Con un gesto disperato afferrai il lenzuolo che mi copriva dal petto in giù. A quel punto Laurent iniziò affannosamente a dirmi qualcosa, ma io non lo udii poiché, nel medesimo istante, dalla mia gola uscì un urlo quasi disumano.

 

Dinanzi a me si era infatti parata l’orribile vista di quelli che un tempo erano i miei arti inferiori, ridotti a due miseri moncherini di pochi centimetri.

 

***

 

Note esplicative al testo:

- La battaglia di Verdun ebbe luogo nel 1916, e a causa della sua lunghissima durata (11 mesi) provocò centinaia di migliaia di morti, sia sul fronte francese sia su quello tedesco. L’episodio cui fa cenno Laurent (ovvero quello in cui nel 1914 Jack viene ferito alla testa in battaglia) fa parte del canone ufficiale di Doctor Who.

- L’acido acetilsalicilico fu sintetizzato nel 1897, e brevettato dalla Bayer con il nome di ‘aspirina’ nel 1899.

- Jack percepisce ancora le proprie gambe come se fossero ancora presenti; tale condizione esiste davvero, è molto comune nelle persone amputate ed è definita ‘sindrome dell’arto fantasma’.

  
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