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Autore: Samarskite    17/11/2012    12 recensioni
She's not afraid of all the attention
She's not afraid of running wild
How come she's so afraid of falling in love?
She's not afraid of scary movies
She likes the way we kiss in the dark
But she's so afraid of f-f-falling in love
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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She's not afraid

 
She's not afraid of all the attention
She's not afraid of running wild
How come she's so afraid of falling in love?
She's not afraid of scary movies
She likes the way we kiss in the dark
But she's so afraid of f-f-falling in love
Oh, oh, oh, oh


 
Il treno stava partendo, e delle gemelle ancora nessuna traccia. L'ho sempre saputo che la puntualità non è il forte degli irlandesi. È vero che entrambe vivevano a Doncaster da più di quattro anni, ma mia madre ama ripetere che il lupo perde il pelo e non il vizio.
Se bisogna proprio essere sinceri, la colpa dei ritardi era sempre sempre sempre di Norwen. Asen non sarebbe mai stata in ritardo, lei che era capace di alzarsi alle cinque di mattina per sistemarsi tutta e truccarsi. Asen non sarebbe mai arrivata in ritardo.
Di Norwen, invece, non parliamone. Secondo me era diventata così per l'insofferenza di avere una sorella precisa e perfettina come Asen.
Sentii il treno fischiare e passò il controllore, che mi lanciò un'occhiata come a dire "Ragazzo mio, non posso aspettare mezz'ora quelle due ogni mattina." prima che potessi anche solo aprire bocca.
D'un tratto sentii un "Ehi!", urlato con un misto di potenza e cattiveria, verso chi poi lo sapevano solo Norwen e Asen.
Vidi dal finestrino che Norwen si attaccò all'unico sportellone ancora aperto del treno, mentre la sorella si ficcava in tasca le chiavi del motorino. Poi raggiunse Norwen, che le tese la mano e la tirò sulla piattaforma con una forza sviluppata in mesi e mesi di pratica, e finalmente il treno partì dalla stazione di Doncaster.
In quel momento entrarono sia Asen e Norwen, trafelate, simili come due gocce d'acqua e così diverse nel vestire. Infatti, mentre Asen si limitò a prendere posto accanto a Luke, il suo ragazzo, Norwen scaraventò lo zainetto Eastpack sul sedile accanto al mio e si tolse il cappotto, dedicandosi alla chiusura dei bottoni dei jeans e del cardigan grigio fumo, alla sistemazione del colletto della maglietta di sotto e addirittura all'allacciamento delle scarpe.
"No! Non puoi vestirti a casa?", le chiesi divertito ma, se posso essere sincero, tremendamente eccitato alla visione di No che controllava che il reggiseno fosse accanciato sotto il golf.
"Non posso perchè sono sempre in ritardo...", ribattè piccata. Asen riemerse per l'occasione da uno dei suoi baci appassionati con Luke e rimarcò che lo era semplicemente perchè dormiva fino all'ultimo minuto.
"Io non dormo, Asen. Se potessi lo farei, ma quella tua cazzo di sveglia mi assorda ogni mattina..."
"Stamattina l'hai rotta con una cuscinata, cosa vuoi di più dalla vita?"
"L'abolizione degli orologi dalla faccia del pianeta.", replicò Norwen con una serietà spiazzante.
"Ritardataria.", sorrisi.
"Io non sono una ritardataria, Tomlinson!", rise lei stendendosi sul suo sedile in modo tale da poter appoggiare la sua testa sulle mis gambe, gesto che una vecchietta di ottant'anni dello scompartimento di fronte non apprezzò granchè. "È il resto del mondo che è in anticipo.", aggiunse sistemandosi meglio.
"Dopo tutta questa tirata, me lo merito un bacio sì o no?", le chiesi mettendo il broncio.
"Oh, brontolone.", replicò lei tirandomi per il colletto della felpa in un bacio semi-orizzontale particolarmente lungo.
"A proposito", aggiunse dopo un po' Asen senza che ci fosse alcun argomento a cui collegarsi. "Ci venite alla festa di stesera?"
"Dov'è? A casa di Danny, giusto?", chiesi io poco convinto.
"Esatto. Dai, Lou, è Halloween, divertiamoci un po'... Glu glu yuuhu." mi pregò No dandomi dei piccoli colpetti sulla mascella con l'indice.
"Da cosa ti travesti, tu?", chiesi a nessuno in particolare.
"Cat Woman", rispose Asen ridacchiando, mentre Luke diceva "Lo Squartatore" e No stava zitta.
"Tu?",le chiesi.
"Non lo so. Potrei prendere roba in cantina e scartabellare un po'. Quel che esce esce.", meditò Norwen picchiettandosi le labbra con l'indice e il medio.
"Interessante intenzione. Ti passo a prendere alle otto."
"Porta i preservativi fluorescenti."
"Devo sperare?", mi illuminai irrigidendo i muscoli.
"No, mi servono per fare i palloncini. Siamo arrivati, bestie.", aggiunse No alzandosi dal sedile, prendendo fulmineamente lo zaino e scendendo dal treno.
"E la cosa tremenda era che era seria. Secondo me vuole testarmi.", commentai lugubre a bassavoce con Luke mentre la seguivamo. Lui mi mise una mano sulla spalla, solidale: "Probabile. Però... Non credo faccia apposta ad essere così sfuggente. Secondo me ha solo paura."
"Paura di... Andare oltre?", chiesi incredulo.
"Lou, ma sei tardo? Ha paura di renderla una cosa seria.", mi rispose Luke come se fosse un'ovvietà.
"Paura di fare sul serio? La devo prendere come un complimento?", replicai incapace di lasciargli l'ultima parola.
"Un sentimento del genere associato ad una come No... Amico, direi proprio di sì."
Ed ecco, che lui aveva avuto l'ultima parola.


Il piccolo problema era il seguente: avevo accompagnato No alla festa, ma ero troppo fuso per poterla riportare a casa.
Per fortuna lei non era sufficentemente ubriaca da non riuscire ad orientarsi per Doncaster. Quindi, in pratica, io la accompagnavo per fare presenza, ma se fossero spuntati dei drogati balordi probabile che sarebbe stata lei a dover difendere me e non viceversa.
Era proprio carina quella sera. Indossava un abito argentato e degli stivali scuri, senza molto tacco. Non era particolarmente truccata, aveva solo un po' di quella roba nera per gli occhi, credo che si chiami matita, e i capelli corti ribelli erano tenuti a bada da un cerchietto nero con delle orecchie da gatto.
Il fatto che non fosse fusa come me non significava che fosse sobria, e infatti fece metà percorso saltando e ridendo per le strade di Doncaster, con quella risata cristallina che detto francamente mi faceva voglia di prenderla e farla mia in un vicoletto buio appartato; correva, mentre io le correvo dietro inciampando in me stesso e nei miei sentimenti.
Quella di correre insieme era una cosa che facevamo spesso. Ci faceva sentire liberi. Liberi e, in qualche modo, selvaggi.
Arrivammo davanti alla proprietà dei suoi genitori, lei fece un'ultima piroetta e poi si fermò proprio sulla soglia del cancello.
"Sembri un gatto.", le dissi senza logica, ovvero pieno di ovvietà.
Lei scoppiò a ridere gettando indietro la testa, e quando tornò in posizione normale intrecciò le dita delle mani dietro la mia nuca e mi attrasse a sè per darmi un bacio.
"Mi sento bene in questo momento. A baciarmi con te al buio."
"Anche io, Lou."
"Mi viene voglia di stare con te per sempre.", le dissi esortato dall'alcool.
No sorrise. "Sei solo stanco."
Mi alterai. "Non sono solo stanco. Sono innamorato, No. Ed ogni cazzo di volta che cerco di fartelo capire tu mi liquidi con scuse da terza elementare. Non so se sia perchè non significo niente per te, se sono solo il tuo trastullo in attesa di lasciare la scuola e trovarti un uomo vero o una persona matura, se sia perchè le tue amiche ti dicono che ti farò del male e ti ferirò. Non so perchè. Ma tu scappi da me, d'accordo? E io sono stanco. Siamo persone adulte, o sedicenti tali, e io non voglio sentirmi il ragazzino insicuro che ero in prima media, o anche solo in seconda superiore, quando ti ho conosciuta.".
No mi aveva ascoltato per tutto il mio discorso miracolosamente lineare con il labbro inferiore che le tremava leggermente.
In quel momento tutto in lei mi portava a confermare i miei dubbi. Lei era Norwen Hook, cazzo, lei non aveva paura di niente. Lei era una che poteva ballare musica da discoteca ovunque dovunque con chiunque, tenendo a mente comunque chi erano le persone a cui concedere un lento. Lei poteva stare al centro dell'attenzione sentendosi perfettamente a suo agio. Lei non aveva paura di sembrare pazza, di sembrare menefreghista, selvaggia. No era il tipo che guidava senza cintura, scalza, per intenderci.
Non aveva paura di andare in giro la sera da sola.
Lei non aveva paura.
Me lo aveva sempre detto, Louis, io non ho paura di niente.
E allora, perchè doveva aver paura proprio di innamorarsi?
Girai i tacchi adirato e mi avviai verso casa mia, piantandola lì senza darle possibilità di proferire parola. Parole che non avrebbe detto comunque, anche se fossi rimasto.
Cominciò a piovere.
Grazie nuvole del cazzo, non mi serve la vostra solidarietà.
Arrivai a casa gelato, bagnato, senza giacca, col cervello che faceva quella specie di fumo che esce dai freezer quando nei film horror li apri e sono desolatamente vuoti, e fanno quella luce inquietante che non annuncia nulla di buono allo spettatore.
Già pentito della sfuriata alcolica che avevo fatto a No, presi il cellulare e scrissi:
"Scusa No. Ma sei così perfetta che a volte dimentico la fortuna che ho di averti accanto."
Feci per inviarlo ma scoprii di non avere credito. Perfetto. Di chiamarla non se ne parlava. avrei svegliato mezza casa.
Vagai per la mia, di casa, svuotata di qualsiasi forma di parente, dato che erano tutti a Londra per fare non ricordavo nemmeno più cosa.
Mi spogliai in preda ad una depressione diabolicamente sobria. Indossai un felpone e un paio di pantaloni da ginnastica di pile. Mi venne da sorridere pensando a No, che ogni volta diceva letteralmente "pile" invece di pronunciare "pail", e la depressione guadagnò terreno.
Dopo una sceneggiata del genere Norwen mi avrebbe ignorato per un tempo proporzionale alla rabbia che provavo quando l'avevo detta. Cioè, più o meno una vita.
Non avevo sonno, quindi mi sedetti sul divano con una coperta, una tazza di cioccolata calda e biscotti, guardando un vecchio episodio di Friends.
Verso le tre di mattina, in uno stato di dormiveglia catatonico, sentii suonare al campanello.
"Ecco. Se sono i miei, sono cazzi.", pensai. Ero mezzo intontito dal sonno e mezzo intontito dalla sbornia, per un totale di rincoglionimento a trecentosessanta gradi. Non so cosa mi sarei inventato per giustificare lo stato in ui mi trovavo.
Aprii la porta in condizioni, immagino, pietose. I capelli, di solito a caschetto, erano tutti sparati in su. Ero vestito come uno sfattone, gli occhi mezzi chiusi dal sonno e le occhiaie per il semplice fatto che ero tormentato dal rimorso.
Se mi aspettavo di ritrovarmi davanti mia madre, mi aspettavo male. Sulla soglia della porta di casa c'era No, ancora vestita di tutto punto tranne che per gli stivali. Non li aveva, era a piedi scalzi.
Il cappotto grigio fumo era aperto e zuppo, come zuppo era il vestito e i capelli di lei. Sarebbe stata meno bagnata a farsi un tuffo in piscina, sinceramente. La poca matita (?) che aveva era leggermente colata, gli occhi erano rossi e tremava dal freddo.
"No, cosa diavolo...?", fu la prima cosa che mi lasciai sfuggire. Ma poi il mio cervello aggrovigliato connesse, e capii che se era lì non era arrabbiata, e se non era arrabbiata potevo benissimo abbracciarla, e fu quello che feci.
"Scusa, scusa, scusa...", singhiozzò lei prima che potessi farlo io.
Stavo per dire no scusami tu, sono io che sono un cretino, avrei dovuto essere paziente, cercare di capirti, rispettare i tuoi temp...
Però non lo dissi, perchè lei si staccò dall'abbraccio e mi prese il volto tra le mani e mi baciò con una foga che non aveva mai avuto prima. Un bacio misto a decisione eccitazione e disperazione.
Io, che non sapevo cosa aspettarmi, semplicemente allontanai le mani da lei e le restituii il bacio, per farle capire che non volevo in alcun modo farle pressione per spingerla a decidere.
No prese fiato solo per un attimo guardandomi negli occhi, bagnata fradicia, sulla soglia della porta, e in quell'attimo vidi tutto quello che il suo cervello stava elaborando. O meglio, vedevo che stava elaborando, ma sinceramente quella ragazza era per me peggio di una sfinge.

Solo. Un attimo.

Il mio cuore batteva forte per ciò che era successo negli ultimi minuti, sentivo il sangue pulsare alle tempie, sentivo il suono e l'odore della pioggia, sentivo il sapore di No ancora sulle labbra, e negli occhi vedevo solo lei, tinta di quei colori cupi che il mondo assume alle tre di mattina.

Solo. Un attimo.

Una decisione.
La foga con cui riprese a baciarmi mi fece rinculare all'indietro, e lei per seguirmi entrò completamente in casa, chiudendo la porta immagino col piede.
Sentivo le sue mani ovunque, il che mi eccitava non poco, la verità. Il cappotto fradicio finì miracolosamente a sgocciolare sull'appendiabiti.
Fu lei per prima a sfilarmi il felpone, perchè io da vero rincoglionito non avevo ancora capito che stava succedendo sul serio, che stavo per fare l'amore con No.
Quando avvenne lo sblocco e il felpone cadde a terra, decisi che potevo iniziare a darmi da fare per sfilarle il tubino argentato. La cerniera scivolò in giù con una facilità che aveva un che di divino.
No rimase in intimo; io avevo ancora i pantaloni, ma in capo a trenta secondi anche quelli erano su una sedia tutti appallottolati. Scivolammo verso il divano, decidendo silenziosamente che era abbastanza grande per tenerci entrambi. Lei si sdraiò ed io le tolsi il reggiseno.


Ho studiato filosofia. Molti filosofi hanno detto che l'attesa del piacere è essa stessa il piacere. Lo diceva Leopardi, e anche la pubblicità di un alcolico, vai te a capire il perchè. Ho sempre pensato fosse vero, ma non avrei mai creduto che non potesse essere applicabile al sesso: l'attesa di fare l'amore con lei, con No, non era piacevole nemmeno la metà di quanto lo era farlo davvero.
Luke rideva quando prendeva quattro in filosofia, dicendo volgarmente che invece di pensare i filosofi dovevano andare a farsi una sana scopata. Io ridevo ma pensavo dentro di me che era proprio una frase stupida. I grandi della storia sono grandi della storia non a caso, non c'entra la loro vita sentimentale.
Invece, osservando il corpo nudo di Norwen, la sua schiena inarcata, la sua linea che porta all'ombelico, le sue labbra, i suoi occhi, i suoi capelli spettinati, la bocca semi aperta in gemiti di piacere, sentirla unita con me, non era assolutamente paragonabile ad alcuna altra forma di felicità.
La stessa sensazione di stordimento che provavo sdraiato sotto di lei, semi addormentato, nudo, caldo, era qualcosa di molto simile alla pura felicità.
Ci svegliammo verso mezzogiorno. Lei, appena sveglia, alzò la testa e mise una mano sul mio petto, per poi appoggiarci sopra il mento.
Io ero sveglio da un po', un quarto d'ora forse, ad osservarla e pensare. Una donna queste cose le capisce, non so perchè.
"A che pensavi?", mi chiese lei sorridendo.
Decisi di rispondere parzialmente. "A Leopardi.", dissi sincero.
Lei strabuzzò gli occhi, valutando se prendermi sul serio o meno, poi scartò l'eventualità che fosse uno scherzo e scoppiò a ridere nascondendo il viso nel mio petto. Tutto il divano scricchiolava sotto il peso delle sue risate, avrei detto che la cosa era imbarazzante, se non fosse stato per ciò che era successo la notte precedente e per il fatto che eravamo solo protetti da una coperta.
"Che c'è?", le chiesi sorridendo stupito.
"Sei... Non so, sei sempre fuori tempo.". Era bellissima anche con le occhiaie.
"Un po' come te, ma in un modo diverso.", replicai.
"Infatti."
Rimase in silenzio per un po', poi disse: "Credo, solo... Non è che non volessi. Lo desideravo con tutta me stessa. Solo... Avevo paura."
Quest'ammissione sulla bocca di Norwen rimbombò per tutta la casa deserta, come sempre accade con le affermazioni storiche, di quelle che appena le ascolti capisci che non ti ricapiterà mai più l'occasione di risentirle.
Le scostai una ciocca di capelli dalla fronte.
"Avresti potuto giudicarmi, in fondo.", continuò lei. "Avresti potuto vedermi e pensare che vestita ero anche carina, ma nuda proprio ero una rana vivisezionata. Avresti potuto pensare che non baciavo bene, che non lo... facevo bene -arrossì- che avevi commesso una stupidaggine ad investire il tuo tempo su di me."
Io la osservavo, sconcertato dalle stupidate che stava dicendo. Boccheggiai per un minuto buono.
"Norwen, ti rendi conto vero che stanotte è successo l'esatto contrario di ciò di cui avevi paura?"
Lei arrossì di nuovo. In fondo, forse, proprio come io non riuscivo a credere che si fosse convinta, lei non riusciva a credere di sembrare così bella ai miei occhi.
"Norwen, nel momento in cui ti ho vista sdraiata sul divano, in cui ti ho vista davvero come sei, per la prima volta, tu non sai... non immagini... non riesco nemmeno a spiegarti che...", continuai ad annaspare, desideroso di spiegarmi.
Tacqui e ripresi la faccenda da un'angolazione più drastica. "Ho semplicemente pensato che eri l'essere più bello sulla faccia della terra. Mi sono chiesto come mai tu fossi proprio in casa mia, sul mio divano, mi sono chiesto perchè stessi stringendo e amando proprio me... perchè tu avresti potuto benissimo tornare a quella festa e accalappiare Jack Morrison, sai il figo che gioca a football, non si sarebbe nemmeno chiesto queste cose lui, ti avrebbe fatta sua e basta. E stamattina, quando mi sono svegliato e ho visto che eri qui, eri con me, non avevo sognato e tu non eri andata via, mi sono sentito la persona più felice dell'universo. Nient'altro. E lo sono tutt'ora."
No mi guardò come se mi stesse vedendo davvero per la prima volta solo in quel momento.
Poi anche lei mandò a cagare i mezzi termini e mi chiuse la bocca con un bacio delicato. Sentivo la sua lingua che danzava con la mia, quasi ringraziandola delle parole che era stata in grado di formare, parole che avevano cancellato la sua paura.
Quando si staccò, mi chiese perchè pensavo a Leopardi.
"Storia moolto lunga.", risposi ambiguo apposta.
Lei scoppiò in una di quelle risate che suscitavano in me effetti già ampiamente descritti. Infatti smise subito e abbassò lo guardo verso il mio petto, ma per estensione anche più in giù.
Fu il mio turno arrossire.
Lei si limitò a ridere di nuovo, cercando di trattenersi ed ottenendo solo che lo sbuffo della risata trattenuta le sollevasse la frangetta e le conferisse un'aria da dea Afrodite incarnata in un criceto.
Aumentando l'effetto che stava cercando di arginare. Non ce la fece più e rise: "Louis, ma insomma!"
Mi avvicinai a lei, per quanto mi fosse possibile. "Aspetto questo momento da tutta la vita, lasciamelo vivere appieno.", le dissi sorridendo con gli occhi.
E via, che arrossì come una bambina.
Con l'indice disegnò l'ovale del mio viso, pensierosa. "Oggi è domenica, giusto?"
Annuii.
"E dobbiamo trovarci con Asuke al cinema alle tre."
Lei chiamava la coppia formata dalla sorella Asen e da Luke Asuke, perchè diceva che dire entrambi i nomi le sapeva briga.
"Esatto."
"Abbiamo tre ore, meno mezz'ora per arrivare al cinema in motorino, meno un'ora per mangiare."
Fu il mio turno ridere, era così evidente dove volesse andare a parare, eppure decisi di non andarle incontro.
"Nell'ora e mezza rimanente potremmo dedicarci alla pulizia della casa. O giocare a Monopoli."
Lei mi fregò subito. "Ci sto. Ma sappi che io il vestito di ieri sera non me lo metto per pulire la casa, mi dovrai sopportare come madre natura mi ha fatta."
"Ripensandoci potremmo fare dell'altro."
"Tipo?"
"Non so, dimmi tu. Ma questa coperta inizia ad accaldarmi."
Scoppiò a ridere nuovamente e la tolse.
Dio, se era bella.
Quando vidi che si era fermata, mi accorsi si essere arrossito ancora.
"Che c'è?", mi chiese corrucciata.
"Sei solo... Bellissima.", risposi attirandola a me per poterla baciare.


"Il film. Faceva. Schifo.", sentenziò No urlando mentre tornavamo dal cinema in motorino. Io guidavo e lei stava dietro, esattamente come, sull'altro motorino, Luke guidava e Asen stava dietro.
"Avevi forse paura, piccola Norwen?", la sfottè Asen.
"No. Se mai mi faceva venir voglia di... Blah.", concluse No come se fosse troppo disgustata per completare il concetto.
Girai bruscamente a sinistra, per poi tornare sulla linea retta della strada. Sentii un urletto da dietro.
"TOMLINSON! DEFICENTE!"
Risi e lo rifeci di nuovo, ma non avrebbe mai più avuto lo stesso effetto.
Riprese a piovere ed entrambi accelerammo per arrivare prima a casa. Ad un certo punto mi resi conto che le braccia di Norwen non erano più attorno a me; mi sentii un balzo al petto che nemmeno la maggior letteratura potrebbe decrivere a parole. Trenta secondi di panico puro . E invece poi mi resi conto che aveva stretto più le gambe attorno a me e aveva alzato le braccia al cielo. Quando vide che la stavo osservando per quanto mi fosse possibile, scoppiò a ridere e si mise ad urlare: "SIAMO I PADRONI DEL MONDO!"
E in un attimo capii cosa intendeva dire. Sotto la pioggia scrosciante, in motorino, il primo novembre, riscaldati dai popcorn e da ciò che quella notte avevamo condiviso, ci sentivamo come parte intregrante del mondo, come se ogni goccia che scivolava su di noi potesse insieme portare via un pezzo di noi stessi e donarcene un altro.
Io personalmente mi sentivo il più ricco del mondo in quel momento; come nei film, ero il perdente che finalmente ha trovato una ragazza, e vive con lei momenti che nemmeno avrebbe potuto immaginare. Avrei voluto che quei momenti con No potessero essere fissati in una pellicola, in foto o in video da poter rivedere ogni volta che volevo.
Urlai anche io, ma non parole precise, semplicemente urla di gioia. Asuke ci guardarono allucinati, come se fossero indecisi se ridere o chiamare il manicomio, ma a me e Norwen non fregava proprio nulla di loro, né dei cani perplessi sotto le tettoie o delle vecchiette che borbottavano contrariate al nostro passaggio.
Norwen smise di urlare e ridere e riportò le mani ai miei fianchi, stringendoli forte.
In quel momento mi sentii come se tutto sarebbe potuto bene. Norwen mi stava stringendo a sé, e con una confidenza del tutto diversa dei giorni e dei mesi precedenti.
Ero una persona ricca, ero una persona felice, e non c'entrava il piacere dell'attesa stavolta, ma il carpe diem del momento.
Evidentemente, Leopardi non aveva mai conosciuto una come No, non aveva mai fatto l'amore con lei e, soprattutto, non era mai andato in motorino sotto la pioggia.





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Disclaimer: questa opera non cerca in alcun modo di cambiare il carattere dei personaggi.
E' stata scritta per sfogo e diletto, ed attualmente (ma non per molto) non posseggo alcuno degli One Direction.
Non copiate o giuro che vi crucio.
  
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