Prologo

 Abby non respirava, letteralmente. Il sangue le ostruiva completamente i polmoni non permettendole di respirare e sentiva un dolore lancinante alla testa.
Non poteva urlare o lamentarsi, tremava solamente.
Poi arrivò un'ombra, un uomo forse, dalla faccia sconosciuta e anonima. Lei sperava solo di venire aiutata, sperava che facesse smettere il dolore, questo però si avvicinava sempre di più a lei, al suo collo.
Prima un dolore al collo poi un'altro che era il doppio più doloroso di quello precedente e lo sentiva ovunque. Si sentiva bruciare viva. Prima sul collo e poi come il sangue che scorre nelle vene si espandeva. Lo sentiva arrivare piano piano sulle braccia, sulle gambe, alla testa...
Non riusciva a fare nulla se non sperare che finisse presto, ma non sembrava volersi fermare.
"Ti prego fermati." Era ciò che Abby pensava in continuazione, nonostante i tentativi per distrarsi alla fine il dolore si faceva sentire, come se non volesse essere ignorato.
Abby ora sentiva di potersi muovere, si sentiva ancora bruciare su un rogo inesistente ma almeno ora poteva contorcersi e lamentarsi, per ricevere soccorso o per attirare l'attenzione di qualcuno.

[...]

Correvo, con naturalezza.
Probabilmente ero nel nord America, avevo fatto parecchia strada, schivavo gli alberi e gli altri ostacoli con naturalezza quando sentii una traccia.
Era un'odore mai sentito prima, pungente e un pò fastidioso a dire il vero. Ma la mia natura curiosa mi spinse a seguire la traccia dello sconosciuto.

[...]

Avevo deviato parecchio dalla strada che pensavo di percorrere, il clima si era fatto più freddo (non che mi infastidisse) e ora la pioggia picchiava forte ed insistemente.
C'era un dolce suono nell'aria, il picchiettio della pioggia sul terreno aveva un effetto ipnotico su di me e persi totalmente la cognizione di tempo e spazio.
Mi ritrovai così a destinazione, o almeno era il primo posto a cui la traccia portava.
Una villa, incorniciata da alberi e alberi. Con la parete totalmente in vetro, eppure nessuno si vedeva all'interno.
Feci l'unica cosa che mi veniva in mente, bussai e aspettai che qualcuno aprisse.
Nell'attesa (che non durò molto) lessi il nome sul campanello: Cullen.