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Autore: L Change the World    18/11/2012    1 recensioni
“Comunque, piacere. Io sono Sirius.” disse il ragazzino, tendendo la mano verso James.
“Io mi chiamo James, James Potter.” rispose James, fiero. “Sei contento di andare a Hogwarts? Io non potrei essere più felice, è un sogno che si avvera!”
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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“ Papà… ho paura.” disse James Potter al padre, con un’espressione preoccupata dipinta sul volto.                                                                     
“Dai, James, sono convinto che ne sei più che capace. In fin dei conti, non devi far altro che correre in direzione della barriera tra i binari nove e dieci, e poi ti ritroverai davanti al treno. Non temere, hai visto che la mamma è già passata?” il padre di James cercava di tranquillizzare il figlio da più di dieci minuti. Dietro di loro si era creata una calca di gente che indossava mantelli colorati e aveva bauli pieni di grossi libri e gabbie con i rispettivi gufi. Non potevano più aspettare, anche se erano largamente in anticipo. Tutti quei maghi tra il binario nove e dieci davano troppo nell’occhio in un luogo Babbano (le persone si giravano e commentavano le stravaganze che avevano di fronte troppo spesso, ormai).                                             
“Va bene!” disse poi James, con voce decisa che nascondeva la sua insicurezza. Senza troppi indugi, infine, si mise a correre, sempre più veloce. E se non avesse funzionato? E se avesse fatto una delle sue solite brutte figure, procurandosi un bernoccolo in piena fronte? Eccolo che si avvicinava sempre di più, sempre di più, di più, di più…                         Improvvisamente si ritrovò in un posto affollato, troppo affollato per i suoi gusti. Ogni genere di persona o cosa che si muoveva era estremamente buffa. Cappelli a punta, gatti neri e gufi spelacchiati, libri rilegati e penne d’oca, con tanto di boccette di inchiostro di tutte le varietà di colori.                                                                                                                                     
“Sei stato bravissimo.” James si voltò e il volto del padre gli sorrideva, accanto a quello si sua madre. E poi lo vide. Era una locomotiva a vapore lunghissima, infinita forse, di un rosso scarlatto e lucente. Allora era quello, il leggendario Espresso di Hogwarts. Ma non ci rifletté tanto a lungo, perché si sentì portare via dalla folla impazzita. Dovette annaspare per non perdere di vista i genitori, che camminavano dietro a lui, commentando e ricordando i tempi in cui anche loro andavano a scuola. Scorse un ragazzo ed una ragazza con una spilla a forma di una grossa ‘P’ attaccata alla divisa scolastica nera. Vide anche alcuni ragazzini della sua età, intimoriti e allo stesso tempo curiosi, che stringevano le vesti dei genitori così forte che gliele avrebbero potute strappare. Guardò in su, lesse le lancette di un grosso orologio. Le dieci e quarantacinque. Davvero mancava solo un quarto d’ora e poi avrebbe lasciato suo padre e sua madre, la sua camera, la sua casa, per andare a Hogwarts? Sentì dei lamenti vicino a lui. Erano due bambine, una delle quali molto graziosa, con lunghi capelli rosso scuro e un abito a fiori. Quella con cui stava parlando (più che altro litigando, dato le loro facce) doveva essere sua sorella, anche se aveva i capelli raccolti e castani, e una faccia poco simpatica. Le udì senza che ne potesse fare a meno.                                                                                                                                 
“… mi dispiace, Tunia, mi dispiace! Ascolta, forse quando sarò là… no, ascolta, Tunia! Forse quando sarò là riuscirò a convincere il professor Silente a cambiare idea!” disse la ragazzina dai capelli rossi.                                                                                                                                                         
“Io non… voglio… venirci! Tu credi che io voglia andare in uno stupido castello a imparare ad essere una… una… credi che io voglia essere un… un mostro?                                 
“Io non sono un mostro. E’ una cosa terribile da dire.”                                                                                                                                          
“E’ la che stai andando. In una scuola speciale per mostri. Tu e quel Piton… due balordi, ecco cosa siete. E’ giusto separarvi dalla gente normale. Per la nostra sicurezza.”           
“Non pensavi che fosse una scuola per mostri quando hai scritto al Preside per supplicarlo di ammetterti.”                                     
“Supplicarlo? Io non l’ho supplicato!”                                                                                                                                                                          
“Ho letto la sua risposta. Era molto gentile.”                                                                                                                                                
“Non dovevi… Era una cosa personale… come hai potuto?” le disse con un sussurro la sorella, con un’aria spregevole. Di colpo, la ragazzina si voltò verso destra, lanciando un’occhiata lampo. Anche James si voltò. Un ragazzino giallastro, con i capelli neri troppo lunghi, che indossava dei vestiti troppo grandi per lui (e per giunta, anche male abbinati) le stava guardando, il volto privo di espressione. James si voltò subito, indignato. La discussione era ricominciata. Si fece avanti la ragazzina dai capelli scuri, stavolta:”L’ha trovata quel ragazzo! Siete entrati di nascosto in camera mia!”                                                                                                                                                                                                                        
“No… non di nascosto… Severus ha visto la busta e non poteva credere che una Babbana avesse preso contatti con Hogwarts, tutto qui! Dice che alle poste devono esserci dei maghi che lavorano in incognito per…”                                                                    
“A quanto pare i maghi ficcano il naso dappertutto! Mostro!” e si precipitò dai genitori. La ragazzina dal vestito a fiori salutò con la mano la madre, poi corse dentro all’Espresso, con le lacrime agli occhi, incapace di trattenersi. Il ragazzino giallastro, che doveva chiamarsi Severus Piton, entrò anche lui dentro la locomotiva, lontano da lei. 
L’attenzione di James, poi, fu colpita da una figura adulta. Era alta, bella, ma i suoi tratti erano duri, la sua espressione fredda, nonostante l’euforia altrui riempisse profondamente l’aria. I capelli erano lunghi e neri, come anche il suo abito in pizzo, molto nobile e insieme molto lugubre. La donna sovrastava un ragazzino dai capelli neri e corti e dal volto simpatico, che guardava ogni persona che gli passava davanti e ammirava con un sorriso stampato sulla bocca la locomotiva scarlatta, stringendo a sé il suo baule e tenendo salda in mano la bacchetta. Un lungo fischio svegliò James, ricordandogli che se non si sbrigava a salire, avrebbe detto addio a Hogwarts. Svelto, salutò i genitori (“Mamma, dai, non piangere, starò bene”) e si diresse verso una delle tante porte dell’Espresso. Percorse lo stretto corridoio, ammirando la sua pulizia ed il suo ordine, avvistando il ragazzino che aveva visto poco prima. Adesso aveva l’aria piuttosto avvilita, e continuò a camminare, seguito da James, finchè non trovò uno scompartimento vuoto dove stare in santa pace. Con parecchio imbarazzo, anche James entrò. Cercò di riporre il suo baule di fronte a quello del ragazzino, mormorandogli quello che somigliava ad un saluto. Quest’ultimo gli si avvicinò, e, timidamente, gli chiese:”Serve una mano? Sembri in difficoltà.”                                                                                   
“Grazie.” disse James, e insieme sollevarono il baule. Poi si sedettero, affannati.                                                                                          
“Comunque, piacere. Io sono Sirius.” disse il ragazzino, tendendo la mano verso James.                                                                           
“Io mi chiamo James, James Potter.” rispose James, fiero. “Sei contento di andare a Hogwarts? Io non potrei essere più felice, è un sogno che si avvera!”       
“Io è da una vita che aspetto questo momento! Non vedevo proprio l’ora!” disse Sirius, emozionato.                                                      
“Sei figlio di maghi, oppure sei un Mezzosangue?” chiese James, curioso. L’espressione di Sirius si incupì leggermente, ma rispose con fare tranquillo e non curante:” Sì. La mia famiglia è Purosangue. Sono un Black.”                                                             
“Oh, sì, mio padre ha avuto a che fare con un Black qualche anno fa… è una famiglia ricca, vero?” James non si trattenne. Si era sempre chiesto come fosse vivere in una famiglia di maghi estremamente ricca. Solo che ora, guardando bene Sirius, lui non sembrava appartenere ai Black: era vestito bene, ma non si atteggiava come si sarebbe aspettato, e le sue posizioni non erano esattamente ciò che si definirebbero “regali”.                                                                                                           
“Sì.” rispose Sirius, alzando gli occhi al cielo. “Se vuoi te la regalo, la mia famiglia, e tu mi dai la tua.” Sorrise.                                              
“Perché? Cos’ha che non va?”                                                                                                                                                                                                       
“Oh, niente, hanno solo la miania del sangue puro, dei matrimoni combinati tra nobili e, cosa peggiore, non hanno senso dell’umorismo.” Sirius sorrise un’altra volta, come se la cosa lo divertisse. “Ma io non sono come loro, nossignore!” scosse vigorosamente la testa.        
“Bhe, non immaginavo che tu appartenessi ad una famiglia come la tua.” disse James, sincero.                                                                                                            
“Grazie, ne sono lusingato!” e, dicendo così, l’umore di Sirius parve migliorare. “ E tu, sei un Babbano?”                                                     
“Oh, no. Sono un Mezzosangue, però, mia madre è nata da genitori Babbani, mentre mio padre è un mago.”                                                                   
“Capisco.” Annuì Sirius “Quest’anno a Hogwarts c’è un nuovo preside, e non è altri che Albus Silente! Voglio assolutamente conoscerlo, è il mago più potente degli ultimi cento anni, sai?” Sirius si affrettò a cambiare argomento.                                                                                                                                                                                                                              
“Sì, è vero, anche io sono abbastanza curioso di vederlo.” disse James “ Quella è la tua bacchetta?” esclamò, poi Posso darle un’occhiata?”                                                      
“Certo!” disse Sirius, porgendogliela. “ Ha un cuore di piuma di fenice. E la tua?”                                                                                        
“Corde di cuore di drago. E’ molto bella.” disse infine James, restituendo la bacchetta.                                                                                      
“Grazie. Non dubito che anche la tua sia magnifica.”                                                                                                                                                    
“Diciamo che non è male.” Risero. Sirius Black gli stava simpatico, con quell’atteggiamento che James definì di ‘casuale eleganza’, e sicuramente anche lui doveva provare simpatia per James. Passò una signora dall’aria materna, con due fossette sulle guance, che portò loro un carrello pieno di leccornie. Comprarono di tutto: Gelatine Tuttigusti +1, Bacchette Magiche alla liquirizia, gomme Bolle Bollenti, Zuccotti di zucca, Cioccorane, e altro e altro ancora. Fecero una gran scorpacciata di caramelle, scherzando e ridendo. James pensò che Sirius Black fosse il ragazzino più stravagante che avesse mai incontrato. Su questo, però, dovette ricredersi. La porta scorrevole fu aperta da un bambino che aveva due grosse cicatrici rosse sulle guance, oltre agli altri tagli meno visibili e profondi. I suoi occhi brillavano, come se non avesse mai visto la luce del sole, e sovrastavano due pesanti occhiaie bluastre.  Avanzò timido verso di loro, e poi disse, con voce bassa e suadente:” Posso sedermi?”                                                                                                                                                       
“Sì,certo, vieni.” risposero all’unisono James e Sirius, sgomberando un posto vicino dalle miliardi di cartacce di caramella.                                
“Grazie.” disse il ragazzo, affrettandosi a mettersi seduto e ad aprire un grosso volume, immergendovisi dentro. James e Sirius si scambiarono un’occhiata divertita, poi Sirius chiese:”E’ bello quel libro?”                                                                          
“In verità l’ho appena iniziato.” disse, sempre timidamente il ragazzo.                                                                                                           
“Ehi, aspetta… ma sì!” esclamò all’improvviso Sirius ” ‘Il giro del mondo su un tappeto volante’! L’ho letto anche io, è figo.”                           
“D-davvero? A me piace, anche se non sto neanche a metà.” e il ragazzino, per la prima volta, gli rivolse un sorriso.                        
“Come ti chiami?”                                                                                                                                                                                                                   
“Remus Lupin. E voi?”                                                                                                                                                                                                             
“Io sono Sirius, e lui è James.” Si scambiarono sorrisi e strette di mani giusto in tempo prima di sobbalzare tutti e tre. Nello scompartimento irruppe quella che James riconobbe come la ragazza dai capelli rossi che litigava con la sorella. Era ancora in lacrime, gli occhi arrossati. Sirius gli scoccò un’occhiata interrogativa, poi lui e James continuarono a fissarla, inebetiti. Stavano per protendersi verso di lei per consolarla e fare amicizia, quando lei gli rivolse un’occhiata furente ed esasperata, e capirono all’istante che non dovevano intromettersi nei suoi affari, lasciandola nel suo triste angoletto a singhiozzare. Così ritornarono a parlare tra di loro, facendo conoscenza con Remus. Poi sentirono la ragazzina mormorare, intimidatoria:” Non voglio parlare con te.”                                                                                        
“Perché?” rispose una voce sconosciuta. James e Sirius si voltarono di scatto, stupiti del fatto che un nuovo compagno fosse entrato nello scompartimento a loro insaputa. Sirius lo guardò noncurante, poi si girò verso James. Quest’ultimo lo riconobbe all’istante: era il ragazzino giallognolo (come si chiamava, Severus Piton?), che ora si era cambiato e indossava la divisa nera di Hogwarts. La ragazzina gli rispose:”Tunia mi… mi odia. Perché abbiamo letto la lettera di Silente.”                                                                                                                             
“E allora?” fece Piton, inarcando le sopracciglia.                                                                                                                                                          
“Allora è mia sorella!”                                                                                                                                                                                                             
“E’solo una…” Piton parve trattenersi a stento. Poi esclamò:”Ma ci stiamo andando, Lily! Ci siamo! Stiamo andando a Hogwarts!” era raggiante. Lei annuì, e, per la prima volta, James la vide sorridere. Era molto carina…                                           
“Speriamo che tu sia una Serpeverde” continuò Piton.                                                                                                                                                   
“Serpeverde?” A quella parola, James si voltò e, indignato, disse:” Chi vuole diventare un Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola, e tu?” chiese con un sorriso, rivolgendosi a Sirius. Sirius però non sorrise.                                            
”Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde” Perché avevano ritirato fuori quel discorso, pensò Sirius, lui odiava parlare della sua famiglia,e ora tutti sapevano che i Black appartenevano a quella fogna di Serpeverde.                                                 
“Oh, cavolo” commentò James “e dire che mi sembravi a posto!” non lo sapeva che la famiglia Black avesse l’affiliazione di Serpeverde, e, per giunta, credeva che Sirius la odiasse solo perché organizzasse matrimoni combinati e detestasse i Babbani.                                                                                                                                                                                  
“Forse io andrò contro la tradizione” si riprese Sirius “Dove vorresti finire se dovessi scegliere?”                                                         
“Grifondoro… culla i coraggiosi di cuore” recitò James “come mio padre”.                                                                                             
Piton fece un verso sprezzante. James si girò verso di lui.                                                                                                                                     
“Qualcosa non va?”                                                                                                                                                                                                                
“No” disse Piton, i suoi denti scoperti in un ghigno “Se preferisci i muscoli al cervello… ”                                                                      
“E tu dove speri di finire, visto che non hai nessuno dei due?” intervenne Sirius. James esplose in una fragorosa risata. Lily si raddrizzò, nervosa, poi guardò James e Sirius, che ancora ridevano, e, disgustata, disse:”Andiamo, Severus, cerchiamo un altro scompartimento” e si alzò lentamente, scrutandoli torva.                                                           
“Oooooooooh… “ James e Sirius imitarono la sua voce altezzosa, poi James cercò di fare lo sgambetto a Piton.                                 
“Ci vediamo, Mocciosus!” gridò James, accompagnato dalle altre risate di Sirius, che gli disse:”Non so come ti sia venuto, amico, ma quel nomignolo non poteva essere più adatto!"
Tra le risate, emerse la voce profonda di Remus:” Sapete, non credo che lo dovreste trattare così” Li aveva trovati simpatici, erano i suoi primi veri amici, ma su questo non era d’accordo. Perché prendere di mira un povero ragazzo e la sua amica solo per le sue idee e le sue ambizioni? “Insomma, non credo che a voi piacerebbe se veniste presi in giro perfino prima di entrare a Hogwarts”                                                                                                                                                                
“Oh, andiamo, Remus! Stavamo solo scherzando” disse Sirius, battendo la mano sulla spalla dell’amico, che si scordò immediatamente del battibecco e tornò al suo libro, entusiasta e felice di avere per la prima volta legato con qualcuno. Di solito, tutti i bambini non lo salutavano se prima non gli avevano chiesto che cosa fossero quelle due enormi cicatrici che si portava da ormai quasi due anni. Ma loro non ne sembravano infastiditi, al contrario, sembrava che non le avessero neanche notate, anche se era impossibile. Sarebbe successo, prima o poi, gli avrebbero chiesto come si era procurato quei tagli, e come mai persistevano in quel modo. A casa si era già preparato molte scuse per giustificare le sue prossime assenze a Hogwarts. Gli avrebbe raccontato ogni genere di bugie, anche quelle più grosse e vomitevoli, ma non dovevano assolutamente scoprire cosa era realmente. Lo avrebbero ripudiato sicuramente, lo avrebbero escluso e, peggio ancora, avrebbero messo in guardia tutti gli studenti, rendendolo un reietto a tutti gli effetti. Per scacciare quegli orribili pensieri, tese il collo per guardare fuori. Non si era accorto di come il tempo era passato. Si stava facendo buio, e una striscia rosa del tramonto si protendeva all’orizzonte, rendendo il paesaggio ancora più magico di quanto già non lo fosse. Montagne verdeggianti e pianure fiorite scorrevano alla velocità dell’Espresso, dando un senso di libertà tale che Remus si fece trasportare troppo. A quanto parve, però, anche James e Sirius rimasero incantati a quella vista: si erano spostati verso il vetro, con bocca aperta e lo sguardo sognante ammiravano quello spettacolo.

  
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