Rintanata nel tuo antro,
buio e silenzioso,
sei te stessa.
Sola.
Una botola si apre,
la luce filtra,
ferisce gli occhi,
una scala a pioli scende,
lentamente.
Devi uscire.
Non vuoi.
Ti rintani in un angolo,
ti fai piccola,
sperando di non esser notata,
ma il tuo corpo emana calore.
Una figura,
nera più della pece,
scende.
È qui per te,
per portarti fuori,
alla luce,
in mezzo alla gente.
Ti prende un braccio,
stringe,
forte.
Ti divincoli,
non puoi scappare.
Opponi resistenza,
punti i piedi,
la preghi di non farlo,
di lasciarti lì,
al sicuro.
Ma non ha un volto,
non può vedere
i tuoi occhi,
grandi,
umidi,
terrorizzati.
La stanza si stringe,
non puoi restare,
o verrai schiacciata,
forse sarebbe meglio,
più semplice,
meno doloroso.
Ha qualcosa con sé,
qualcosa che ti aiuti: una maschera.
Un sorriso stampato.
Ma gli occhi restano i tuoi.
Impossibile celarli.
Ti porge il manufatto,
ti carezza la testa,
ti sussurra qualcosa nell’orecchio,
la tua più potente arma contro il mondo esterno.
Una frase,
una semplice frase
atta a distogliere l’attenzione.
Unita al viso posticcio
può permetterti di uscire.
Solo gli occhi dicono la verità.