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Autore: slyfox18    18/11/2012    1 recensioni
Silvana Vinci porta gli occhiali altrimenti non vede la lavagna. Si dipinge le unghie con smalti di mille colori. Si fa la riga nera sugli occhi più spessa del dovuto.
Silviana Vinci ha una passione smisurata per la lettura. Vorrebbe diventare una mangaka. Adora Inuyasha e vorrebbe visitare il Giappone.
Silvana Vinci non vive senza il suo iPod e disegna su qualsiasi superficie e in ogni momento.
Silvana Vinci sembra una ragazza come tante, ma la sua vita non è sempre stata rose e fiori. Quando arriva all'Istituto d'Arte spera di concludere gli studi in santa pace.
Non sa ancora che, tra le stramberie dei prof., le compagne antipatiche e le amiche scalmanate, avrà inizio la sua nuova vita!
Stralci di vita, scuola e quotidianità di una ragazza come tante, insomma...un po' speciale!
Mi sono accorta di aver impostato male la raccolta, soprattutto l'introduzione. Ho provveduto a correggere gli errori e a revisionarla. Per chi cercasse " Il Karma esiste", lo trova ancora qui!
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IL KARMA ESISTE!
 
Quando dicono che la tv non è istruttiva sbagliano di grosso!
Io dalla tv ho imparato una cosa importante: ogni cattiva azione che fai prima o poi ti si ritorce contro. Questo si chiama Karma. Sono convinta che ci siano definizioni più specifiche e filosofiche, ma la sit-com televisiva, da cui ho estrapolato il mio concetto di Karma, non credo sia stata lì a preoccuparsene. Non ho mai creduto molto a queste cose, sono del parere che il nostro comportamento non debba essere determinato da strane leggi cosmiche, ma dalla nostra mente e dal nostro buonsenso. Certo che se il Karma si abbatte su qualcun altro e non su di me…beh chi sono io per contrastare una legge cosmica? Proprio nessuno. Quindi mio caro Karma, se vuoi ho già un paio di vittime da proporti.
La prima si chiama Nadia e già sentirne il nome mi fa venire i brividi dal nervoso.
Può una persona innervosirti solo respirandoti a un metro e mezzo di distanza? Si!
Può rovinarti la giornata solo guardandoti? Si!
Entrambe queste cose sono successe qualche mattina fa.
La mia meta, come ogni maledettissimo lunedì mattina, era l’aula U: quattro metri per cinque di pessima acustica, una lavagna sgangherata su cui molti prof. sono ancora convinti di poter scrivere e due file di banchi divisi come le acque da Mosè, posizionata per la gioia del mio ginocchio malandato, alla fine di ben due rampe di scale odiose e ripide.
La porta rosso lacca, con annesse scrostature e scritte poco fini, era aperta davanti a me e la luce era accesa. Cosa parecchio strana, dato che i miei compagni di classe hanno difficoltà ad assimilare il concetto di puntualità, soprattutto il lunedì mattina. Solitamente io sono la prima ad entrare in classe, qualsiasi essa sia, quindi il mio compito è quello di aprire la porta e accendere la luce, e da brava rappresentante di classe, devo pure assicurarmi che il nostro registro non sia sparito da qualche parte. Fatta eccezione per i dettagli di porta e luce, il mio ingresso non era variato di molto: borsa stracolma a tracolla, cappello in testa, registro sotto braccio e cuffie nelle orecchie. Come ogni mattina la musica, unica cosa che riesce a tenermi sveglia in tram, era piuttosto alta e la canzone che stavo ascoltando mi aveva preso parecchio. Per cui, come al solito, ero entrata strusciando svogliatamente gli stivaletti sul pavimento, avevo scaraventato poco gentilmente la borsa sul primo banco che mi era capitato davanti e avevo appoggiato il registro sulla cattedra. Solo l’ultima azione era stata fatta delicatamente semplicemente perché, dopo solo poco più di due mesi di scuola, il registro cadeva già a pezzi.
Mi voltai per tornare al mio posto e mi trovai davanti l’ultima persona che avrei voluto vedere di prima mattina, che mi stava guardando con aria offesa. Cosa potevo averle fatto se non avevo nemmeno parlato?! Non che mi importasse e non che le servisse un motivo per avercela con me. Sembrava che la sua poca simpatia nei miei confronti fosse qualcosa di genetico… e reciproco, ovviamente.
Cercai di capire quale potesse essere il suo ennesimo problema.
« Ehm…si? » Le dissi tanto per spingerla a parlare e subito mi chiesi cosa mi fosse saltato in mente. Sicuramente aveva qualcosa da ridire e io le avevo appena dato l’occasione per farlo.
« Potresti anche salutare! »
Ecco appunto! La guardai e mi chiesi come facesse ad essere così acida anche alle otto di mattina.
« Ciao… » Le dissi con una scrollata di spalle e in tono piuttosto neutro.
Non sia mai che le dia l’occasione di accusarmi di maleducazione. La sentii borbottare qualcosa riguardo la mia antipatia e qualcos’altro che preferii ignorare. Mi sedetti al mio posto e cominciai a pregare qualsiasi divinità conosciuta perchè arrivasse qualcuno a salvarmi dal supplizio di dover stare da sola in una stanza con lei.
Le mie preghiere furono ascoltate. Poco dopo, con la stessa allegria di chi sta andando al patibolo, Laura, ribattezzata ufficialmente Lalla, entrò dalla porta e più o meno con la stessa gentilezza che avevo usato io, scaraventò zaino e casco sul banco. Le sorrisi e lei mi rispose facendo poi un cenno col capo verso Nadia. Io alzai le spalle come a dire che non ne sapevo nulla.
« The? » Le chiesi alzandomi e infilandomi l’i-Pod i tasca.
« The »  
Scendemmo le scale in silenzio, lo facevamo sempre quando c’era “L’arpia” nei paraggi, l’avevamo gentilmente soprannominata così esattamente due giorni dopo che l’avevamo conosciuta.
Davanti alla macchinetta, nostra migliore amica nei giorni più freddi, sbuffai talmente forte che il ragazzo accanto a me mi guardò male.
« Posso sapere questa volta cos’ha fatto? » Mi chiese Lalla che già aveva capito con chi ce l’avevo.
« Ha parlato…no no no…ha respirato »
Lalla scoppiò a ridere. Mi faceva piacere sapere che almeno lei si divertiva e preferii ignorare il fatto che probabilmente stava ridendo della mia faccia.
« Non è divertente! – la rimproverai scherzosamente – Sai che non la sopporto. Per di più mi chiedo da quando le importa se la saluto o no»
« Magari voleva fare conversazione »
« Con me? – la guardai perplessa – credo che preferirebbe prendere un caffè con la preside piuttosto che fare conversazione con me »
Restammo in silenzio per qualche secondo e poi scoppiammo a ridere insieme, probabilmente perché entrambe avevamo immaginato la scena di Nadia e la preside sedute al bar. Conoscendo il buon sangue, si fa per dire, che correva tra le due, la cosa sarebbe stata esilarante. Viste le quattro teste che si erano voltate al suono della nostra risata, decidemmo di proseguire il nostro discorso lungo il corridoio principale.
« Oggi Quasimodi consegna i compiti, come pensi che sia andata? » Mi ricordò Lalla a metà corridoio.
« Credo bene…mi sembrava abbastanza facile, a parte le sue solite domande trabocchetto. Tu? »
« Un paio le ho sbagliate sicuramente, ho ricontrollato a casa. Le altre credo e spero che siano giuste »
« Le cose le sapevi quando abbiamo ripassato »
« Si! Ma sai che poi vado in tilt…comunque tu sicuramente avrai fatto tutto giusto…»
« Ti prego non cominciare anche tu con questa storia che io non sbaglio mai… » Le dissi con una leggera punta di esasperazione. Da quando ho preso il primo 9, mezza classe si è fermamente convinta della mia infallibilità nei compiti.
« Potresti prenderti una rivincita sull’ arpia…»
« Ma se aveva ottocentocinquantamila bigliettini sotto il banco?!» Esclamai enfatizzando il numero dei bigliettini. Non che fossero proprio così tanti, ma c’erano, li avevo visti benissimo. Peccato che il prof. non se ne fosse accorto. Quella si che sarebbe stata una giornata memorabile. Da segnare sul calendario e festeggiare con cadenza annuale.
« Già » mormorò rassegnata. Ormai ci eravamo arrese all’evidenza che, per quanto noi ci impegnassimo, Nadia avrebbe sempre avuto un’arma segreta: i suoi maledetti bigliettini. Ogni volta che li vedo penso che vorrei usarli per arrotolarla come una mummia e buttarla in canale. Malefica lei e i suoi bigliettini.
« Secondo te se vado da Quasimodi e gli dico che ha scopiazzato tutto allegramente risolvo qualcosa? » Lalla mi guardò di sottecchi mentre beveva il suo the e mi bastò per capire che avevo appena avuto un’idea assurda.
« Giusto…niente prove… - sospirai di nuovo – vabbè, mi dichiaro sconfitta» Lalla sorrise.
« Torniamo in classe dai… »
Quando arrivammo in classe, un minuto prima del suono della campanella, il professor Quasimodi era seduto alla cattedra con un plico di fotocopie davanti a lui. Come promesso i compiti di chimica erano corretti. Ammetto che ero davvero curiosa. Non volevo fare la presuntuosa ma ero sicura di aver preso 10 questa volta.
La campanella suonò.
« Molto bene! Cominciamo» Esclamò il professore. Era sempre di buon umore quando doveva consegnare dei compiti.
« Scommetto che sono la prima » scrissi sul banco.
« Non sarebbe una novità » rispose sotto Lalla.
« Vinci! » lo disse con talmente tanta enfasi che sobbalzai sullo sgabello. Guardai Lalla con la faccia da “Tanto per cambiare” e mi alzai.
« Eeeh…Vinci…Vinci » il tono sconsolato del professore mi fece preoccupare.
« Tutto bene Prof? » chiesi, cercando di nascondere la preoccupazione dietro un sorrisetto.
« Dimmelo tu Vinci» mi disse porgendomi il compito su cui brillava un 10 grande come una casa. Sgranai gli occhi e sorrisi come una deficiente.
« Complimenti Vinci! » esclamò Quasimodi. Gli sorrisi in segno di ringraziamento e mi diressi al mio banco. Avrei voluto fare il breve tragitto saltellando tipo Heidi ma non mi sembrò il caso e mi limitai a gongolare dentro di me per i successivi dieci minuti. Il compito successivo era quello di Nadia. La vidi alzarsi baldanzosa già sicura di aver preso un voto stratosferico, ma la sua espressione cambiò una volta che si fermò di fianco al professore. Credetti che sarebbe svenuta.
« Mi dispiace Zanchi »
« Ma-ma – balbettò confusa – è tutto giusto…perchè mi ha dato 4?»
« Perché ti è scivolato questo tra le fotocopie del compito» disse Quasimodi estraendo un bigliettino dalla tasca e sventolandolo tipo bandierina.
Se avessi potuto mi sarei alzata urlando di gioia e avrei fatto un balletto intorno alla cattedra, ma non sono un tipo così espansivo. Mi limitai a sogghignare stando ben attenta a farmi vedere da Nadia e non dal professore. Giustizia era stata fatta. Pensandoci mi diede più soddisfazione quello che il mio 10.
Presi la matita e diedi una gomitata a Lalla, incantata a guardare la scena.
« Il Karma esiste! »le scrissi sul tavolo e per poco non scoppiammo a ridere tutte e due.
Mentre l’ arpia tornava al posto sull’orlo delle lacrime, sorrisi.
Il Karma esisteva davvero.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Ciao a tutte/i!!
Questa è la prima storia che pubblico.
Nasce come esercizio  per un corso di "scrittura creativa" che sto seguendo.
Tra  i miei compagni ha riscosso un discreto successo, ma ero curiosa di avere anche altri pareri, per questo ho deciso di pubblicarla.
Ovviamente, fatti, persone e cose presenti in questo racconto sono inventate e qualsiasi collegamento con la realtà è puramente casuale.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Se vi fa piacere lasciate una recensione, sono aperta anche alle critiche (purchè costruttive).
Grazie!
Slyfox18 :)
 
NOTA AGGIUNTIVA:
Mi sono accorta che uno dei nomi che avevo scelto non suonava bene…ho deciso di cambiarlo:)
Per quanto riguarda il resto, la storia rimane esattamente uguale a prima!
Scusate per l’inconveniente…
Slyfox18
 
 
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