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Autore: Trick    06/06/2007    8 recensioni
- Quindi sono morti? - domando Harry molto piano.
- No - rispose Silente, con un'amarezza che Harry non gli aveva mai sentito, - sono pazzi. -
Da "Harry Potter e il Calice di Fuoco".

Perchè pazzo non è l'eroe che cavalca senza spada.
Genere: Commedia, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Bartemius Crouch junior, Bellatrix Lestrange, Neville Paciock, Rabastan Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Desclaimer:    I personaggi di questa storia sono di invenzione di J. K. Rowling; questa storia non è finalizzata a scopi di lucro.  

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   "Ultima vien la follia"

   Prima Parte

 

by Trick

*****

 

 

- Dormi, dormi, mio bambino. Dormi al caldo nel lettino. Chiudi gli occhi, su, coraggio. Nei tuoi sogni è un altro viaggio. -

Alice Paciock rivolse al neonato placidamente addormentato fra le sue braccia un dolce sorriso. Accarezzò affettuosamente le sue paffute e rosee guanciotte, facendo scivolare il dito sul piccolo nasino rotondo. Lo osservò respirare tranquillo, con quella piccola boccuccia rossa lievemente aperta. Si chiese se avesse mai visto una creatura più bella.

- Alice...? -

- Ssh... si è appena addormentato. - 

Frank Paciock avanzò nel salotto, guidato solo dalla debole luce dei lampioni di Madness Street. Si sistemò dietro la poltrona occupata dalla moglie e sfiorò con una mano il viso del loro bambino.

- È uguale a te - sussurrò all'orecchio di Alice.

- Però ha i tuoi capelli. -

- E il tuo sorriso. -

- Ha i tuoi stessi piedi. -

- Avete gli stessi occhi. -

- È vero. - 

Rimasero in silenzio un attimo, completamente rapiti dalla visione del loro unico figlio.

- Alice...? -

- Dimmi. -

- Cosa ti fa dire che abbiamo gli stessi piedi? -

Alice ridacchiò leggermente. Buttò indietro la testa e tese il braccio fino a circondare la nuca del marito per attirarlo a sé.

- Vi amo. -

- Anch'io. Anzi, di più - decretò solennemente Frank Paciock. - Io sono pazzo di voi due. -

 

 

Regina di notte fu la magia.

Sorridi mio amore, e vien la follia.

 

*****

 

 

Disperazione.

Fida compagna della loro marcia.

Compatti, stretti nei loro lunghi mantelli, i visi protetti dalle maschere che avevano avuto l'onore di essere spettatrici e portatrici di morte e paura. Ghignavano, nella loro artistica staticità: leali ambasciatrici di pene e castighi.

Passi, che se avessero potuto parlare, avrebbero decantato inni alla tensione e al nervosismo che attanagliavano quelle gambe, come il ferro della trappola stringe e spezza la fragile colonna vertebrale del piccolo topo.

Fragilità.

Maschere abbastanza orgogliose e superbe da non voler perdere il loro sorriso, pienamente consapevoli di essere l'esasperazione della nobiltà di sangue, nonostante l'assenza del loro Maestro.

Assenza?

No. Sconfitta.

Sconfitta.

Fredda e brutale consapevolezza, irreprensibile luce di un destino segnato. Un vorticare di confuse parole, che nulla potevano fare, se non incidere nel profondo la neonata verità, all'alba di quel novembre di gelo.

Interessante festività, Halloween. Notte di spiriti e paure infantili. Notte, culla di un'umiliante e intollerabile rovina.

Accettazione.

No, questo mai.

Non si sarebbero sottomessi alla vergogna e alla mortificazione. La guerra non era finita. E non sarebbe finita, finché tutte le loro maschere non avrebbero smesso di sogghignare.

Loro, austeri alfieri nella grigia e aristocratica scacchiera del Signore Oscuro, non avrebbero abbassato il capo in cerca di pietà.

Loro, splendenti vessilli in una comunità di ordinari e inutili popolani.

Loro, macabri amatori di quel cibo dal sapore impronunciabile.

Loro, mangiatori di morte.

 

 

Di grida si tinse Novembre ingannatore.

A nulla servì pianger per il dolore.

 

*****

 

 

Il vento s'insinuava dolcemente fra le fronde delle betulle in Madness Street, coreografo di una danza senza suono e senza tempo.

Coreografo fu il vento, in quella notte di follia.

 

*****

 

 

Non riesco a impedire alle mie mani di sfregarsi agitatamente l'una con l'altra. Eppure, l'aria non è fredda. È pesante, rarefatta, irrespirabile. Soffocante.

Chiudo gli occhi, ricercando nella mia mente l'invariabile melodia che più volte ho usato per convincermi di come la strada che ho scelto sia la più corretta.

Io, Rabastan Lestrange, giuro a Voi, mio solo Signore, mio unico Padrone, mia eterna Ragione.

Cerco il giovane Crouch con lo sguardo, sperando di trarre coraggio dalla sua paura di novellino. Mi rammarico nel vederlo ritto in tutta la sua altezza, i lineamenti ancora acerbi induriti dall'eccitazione di ciò che stiamo facendo. Un sadico sorriso, che nulla aveva mai avuto a che fare con la sua età, gli deturpa il viso.

È vero, un sorriso può sempre svanire dal volto. Ma se noi, valorosi Mangiamorte del Signore Oscuro, sorridiamo una volta, una soltanto... ecco che ci ritroviamo costretti a sorridere ai nostri orrori per sempre. Essere malvagi è la nostra maledizione. 

La nostra benedizione.  

Io, Rabastan Lestrange, mi prostro dinanzi alla Vostra Presenza con tutto il mio spirito, tutta la mia anima, tutto il mio respiro.

Mi volto con lentezza in direzione dell'unico motivo per il quale non sono crollato. L'unico mio appiglio in queste notti di follia. Incrocio lo sguardo di mio fratello e leggo nei suoi occhi la determinazione e la convinzione che non riesco a trovare in nessuna parte del mio corpo. Annuisce fievolmente, e in quel leggero abbassare il capo riesce a racchiudere tutto l'incitamento di cui ho bisogno.

Rodolphus sa perfettamente che se questa notte sono qui, è soltanto per lui. Il mio unico, irreprensibile appiglio. L'uomo serio e deciso a cui mi sono sempre ispirato per abbandonare la mia muta insicurezza. Nessuno deve sapere per quanta paura, in realtà, anch'io tremi.

Io, Rabastan Lestrange, mi obbligo dinanzi al mio Nobile Maestro, e dinanzi a Voi, rispettosi membri della Corte, a servire la nostra pura e inviolabile causa.

Non riesco a non guardarla e a non domandarmi come può una donna dotata di una così intensa bellezza, essere allo stesso tempo così perversa. Bellatrix Lestrange, consorte di mio fratello, ma devota a lui meno di quanto non lo sia ad un dito del Signore Oscuro, mi offre le spalle, quelle spalle rigide e geometriche, ma così dannatamente sensuali. Oh, sì. Quanta carnalità riusciva a raccontare quel corpo, nonostante sembrasse essere guidato dal demonio stesso. 

Il suo braccio lungo e flessuoso si muove un'ennesima volta, e il vento, che sembra voglia accompagnarci nella nostra incombenza come un fedele cagnolino, scosta il lembo della manica del suo mantello nero.

Indelebile segno sull'avambraccio, mi sorride un serpente.

Io, Rabastan Lestrange, obbedirò ai voleri del Signore Oscuro, incurante di null'altro all'infuori di Lui.

Alice Paciock gridò.

O morte mi colga.

 

 

*****

 

NdA:  Chiedo umilmente e sinceramente scusa a chi sta seguendo il mio "Diario di un Lupo in un Branco di Lupi", ma il mio povero cervello aveva bisogno di uno stacco pubblicitario. Non preoccupatevi, comunque. Il prossimo capitolo è praticamente ultimato, sono quasi sicura di riuscire a postare entro breve termine.

"Ultima vien la follia" non è ancora finito. Quando l'ho conclusa mi sono accorta che era veramente molto lunga, così ho pensato di dividerla in due brevi capitoli, nonostante originariamente fosse nata come One-Shot.

Alzino dunque la mano gli interessati a leggere la seconda parte!

 

P.S

Madness Street è di mia invenzione: significa Via della Follia.

 

Suvvia, ragazzi: un piccolo click, e per magia si apre la finestra delle recensioni! Un bacio,

Trick_ 

 

*****

 

 

   
 
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