I’M ALONE
Tic
Tic Tic Tic
Tic Tic Tic Tic… Whrosh.
Accompagnato dal
suono di mille applausi è cominciato.
L’acqua
scroscia
inesorabile, un diluvio universale.
Ti scivola
giù
dai capelli biondi, scivola sui tuoi occhi di smeraldo, ti penetra
dentro.
Freddo.
Fuori fa
freddo…
Ma anche dentro.
Fuori
piove…
Ma anche dentro.
Fuori si
è soli…
Ma anche dentro.
Non hai mai
preso consapevolezza della tua solitudine. Non ti è mai
importato né
interessato. Tendi sempre a trattare male le persone, ad allontanarle.
E cosa
c’è oggi
di diverso?
Perché
oggi è
cambiato tutto?
Forse
perché oggi li hai visti. LO hai
visto.
Hai visto tutti
i loro volti sorridenti, sorridenti senza di te.
Ludwig e
Feliciano, Lovino, Antonio, Gilbert, Francis, persino Alfred e Matthew.
In gruppo,
ridevano e scherzavano. Sorridevano.
Sei passato
accanto, forse speravi un “Ciao”, un
“Ehi, Arthur!” o magari un “Arthur, vieni
con noi!”, perché no.
E invece nulla.
Nemmeno uno
sguardo.
Sei scivolato
via come un’ombra. Invisibile.
Una folata di
vento gelido ha raggiunto il tuo cuore, gelandolo.
E così ti
ritrovi lì.
Rannicchiato su
una panchina, la testa tra le braccia, a piangere sommessamente.
Solo la pioggia
e il vento ti danno attenzione.
Ti stai
bagnando, anzi, lavando, letteralmente.
Ma non ti
importa.
Ti
ammalerai…
Meglio.
Singhiozzi, il
tuo orgoglio vinto dalla solitudine, sei fragile, troppo.
Tic…
Tic… Tic..
Che
succede?
Il rumore della
pioggia è cambiato.
“Così
ti ammali, anglais stupide.”
Spalanchi gli
occhi, riconoscendo la sua inconfondibile voce.
“Frog…”
Lui sbuffa e ti
tende una mano. Con l’altra è impegnato a reggere
un ombrello sopra la tua
testa. Ma non sopra la sua…
Ti asciughi gli
occhi e ti alzi, rifiutando l’aiuto di quella mano
così grande e… calda.
Calda?
Come fai a
saperlo?
Ti tocchi la
guancia che ti ha appena sfiorato, incantato.
No, un momento.
Sbatti le
palpebre scuotendo la testa. Arrossisci leggermente.
“C…
che ci fai qui, frog? Che vuoi, eh?
Sei qui per qualcosa? Forse per una delle tue schifose perversioni
indecenti, sappi
che io…” e continui a
parlare.
E a parlare.
E a parlare.
Ormai non sai
più neanche tu quello che stai dicendo, ma continui a
parlare, a dirne di tutti
i colori.
Il francese non
si muove.
Perché
non se ne va?
Che fa?
Che fai tu?
Fai come sempre.
Cerchi di
allontanarlo, di cacciarlo via.
Perché tu
vuoi
che se ne vada.
O forse
no…?
Lui sospira.
Ti guarda di
sbieco.
Chiude gli
occhi.
Avvicina le
labbra alle tue.
No, un
momento…
Il bacio ti
spiazza.
La sua lingua
sfiora la tua.
Strizzi gli
occhi, posi le mani sul suo petto, cercando di allontanarlo.
Lui molla
l’ombrello. Ti stringe le mani, mentre con l’altra
ti sorregge la nuca.
Mugoli, sentendo
le lacrime tornare.
Che cazzo succede
ora, eh?
Perché il
cuore
sembra volerti scoppiare?
Alla fine ti arrendi.
Ti arrendi a
quel gesto, ti aggrappi a quel bacio quasi con disperazione.
Allora…
qualcuno
ti aveva notato, non eri passato come un’ombra.
Le vostre lingue
si intrecciano, danzano, giocano.
Sai che è
sbagliato, tu dovresti odiarlo quell’uomo. Ma non riesci a
fermarti, non ti sei
mai sentito così bene. Senti di essere davvero legato a lui.
E la cosa ti
strazia, non ti senti più forte come un tempo, quando giravi
per mare, fiero e
potente, l’indiscusso dominatore dei mari. Ora ti sei
indebolito, il tuo cuore
si è indebolito.
Ora non puoi
fare a meno di desiderarlo, nel tuo profondo.
Ti stacchi da
quel contatto, nascondendo il viso, bagnato non solo per la pioggia.
Lui ti stringe
forte, ti fa sentire protetto.
E amato.
“I’m
alone…”
“Non, je suis avec toi.”
^
Angolo della cretina ^
Ehm.
Salve.
Lo so che è brutta.
Non
trucidatemi, please. çwç