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Autore: Another_Life    19/11/2012    34 recensioni
D’un tratto la ragazza alzò lo sguardo.
Errore madornale.
Le guance le andarono a fuoco e il cuore cominciò a battere come un forsennato appena incrociò il suo sguardo.
Lui la stava guardando.
No, non le importava se i suoi amici stavano osservando lei e le altre con un sorrisino furbo.
Non le importava di cosa potevano pensare i suoi genitori, o tutte le persone nella sala.
Non le importava se il suo insegnante l’avrebbe richiamata.
Non le importava se così si stava facendo una grande figuraccia.
L’unica cosa che veramente la interessava era lui. I suoi occhi, il suo sorriso, la sua espressione rassicurante. Il fatto che adesso la stesse osservando ma non per riderle in faccia.
La stava osservando e basta.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hot Ice

Dedicato alla mia cicci,

senza la quale probabilmente ora non sarei qui.
Grazie di tutto,
e non dimenticare mai che, prima o poi, ti farò
conoscere l'irlandese più dolce del mondo :D

“Okay, sta calma, è solo uno stupido saggio. Ne hai già fatti tanti, non è mica la prima volta”.
Questo è quello che continuava a ripetersi la ragazza che stava entrando nel teatro del piccolo paese di provincia nel quale abitava.
Il luogo lo conosceva bene, ci era venuta spesso nonostante fosse alquanto vecchio e non del tutto sicuro. La tipa cominciò a fissare la gente già seduta sulle sedie di legno e ci rimase un po’ male quando non trovò le sue amiche.
“Stanno arrivando, tranquilla, respira e non fare figuracce”.
Il suo sguardo però non cercava due teste bionde e una mora, bensì un ragazzo.
No, quel ragazzo.
Ispezionò la sala parecchie volte prima di trovarlo. Eccolo, era lì, con sua madre e quelli che dovevano essere suo padre e suo fratello maggiore.
C’era anche altra gente attorno a lui, familiari ed amici forse.
Il cuore della ragazza batteva all’impazzata e le sue guance erano diventate di fuoco appena lo aveva notato; lui non era come gli altri, oh no.
Lui era diverso, e dannatamente perfetto.
I suoi occhi erano rimasti incatenati alla sua schiena per parecchi minuti; non gli importava se qualcuno poteva vederla, se qualcuno poteva capire.
Lei voleva solamente continuare a fissarlo.
Per l’ultima volta.
Sì, perché dopo quella serata non lo avrebbe più rivisto.
O almeno, non per i prossimi quattro mesi.
L’estate era alle porte, e sebbene fosse solamente fine maggio il caldo era già insopportabile. Odiava dover andare a scuola, odiava prendere il bus e fare lunghi tragitti con stupidi ragazzi che si credevano i padroni del mondo quando erano alti solamente mezzo metro.
Solo sbruffoni, ecco cos’erano veramente.
Ma ogni nodo viene al pettine, giusto?
Quindi anche loro avrebbero avuto quel che si meritavano, o sì.
E lei non aspettava altro che vederli star male.
Lo sapeva, non era una cosa buona da dire o pensare, ma loro se lo meritavano, eccome.
Per colpa di uno di loro aveva perso un’amica.
Ecco un altro motivo per cui non lo sopportava.
Ed ecco perché ha giurato a se stessa di non cambiare mai per un ragazzo.
Almeno, non in negativo.
Improvvisamente una scarica elettrica le attraversò il corpo: lui si era voltato e ora le stava sorridendo e la stava salutando con il braccio.
Quel meraviglioso sorriso…
Si scioglieva ogni volta che lo trovava.
E inconsapevolmente sorrideva anche lei.
Una cosa positiva, per fortuna.
Adorava vederlo felice, e lui lo era sempre. Trasmetteva allegria e rideva due volte sì e la terza pure. Era un ragazzo in gamba, simpatico, intelligente, tenero e…
“Okay, basta, smettila”, si era ordinata.
In un certo senso odiava che l’effetto che lui aveva di lei, ma solamente per il fatto che anche solo con la sua presenza lei si sentiva vulnerabile.
Si sentiva le guance in fiamme, ora non era solo lui che la stava fissando, bensì tutta la sua famiglia e i suoi amici - i quali avevano un sorriso furbo stampato sulle labbra, ma tralasciamo.
Quel piccolo pizzico di lucidità che - non si sa come - le era rimasto la fece rinvenire e dopo averlo salutato con la mano che tremava - ed aver sperato che da lì lui non la vedesse - si voltò e fece finta di unirsi alla conversazione che stavano avendo i suoi genitori con un tizio che non aveva mai visto.
La ragazza continuò a maledirsi per i successivi cinque minuti: era totalmente in collera con se stessa per la figuraccia che si era appena fatta e come se non bastasse l’ansia la stava divorando. Prima di distogliere - anche se contro voglia - lo sguardo dal ragazzo aveva notato che uno dei suoi amici aveva cominciato a dargli gomitate ridendo in un modo alquanto irritante.
“Altro che la sua risata”, aveva pensato lei storcendo il naso.
Dopo aver controllato l’ora una decina di volte negli ultimi minuti stava perdendo la pazienza.
“Dove cavolo erano finite?!”, si stava chiedendo leggermente incazzata.
“Per fortuna che le amiche si sostengono sempre, per fortuna che mi avevano promesso che sarebbero venute”, continuava a pensare.
Improvvisamente, mentre stava entrando nella casella dei messaggi delle urla la fecero sussultare e due braccia si avventarono su di lei stringendola in un abbraccio abbastanza strano.
«Sara!», esclamò la tipa con un tono tutt’altro che delicato e gentile.
«Che succede?», le chiese questa preoccupata lasciando la presa.
La ragazza raccolse immediatamente il suo Samsung nuovo di zecca da terra e lo fissò attentamente per constatare che non avesse ammaccature. Rialzò poi lo sguardo e squadrò la bionda con uno sguardo omicida.
«Ops, scusami», sussurrò questa facendo gli occhioni dolci.
«Allora Miri, pronta?», le chiese l’altra coi capelli dorati cercando di alleggerire la tensione.
D’un tratto la ragazza alzò lo sguardo.
Errore madornale.
Le guance le andarono a fuoco e il cuore cominciò a battere come un forsennato appena incrociò il suo sguardo.
Lui la stava guardando.
No, non le importava se i suoi amici stavano osservando lei e le altre con un sorrisino furbo.
Non le importava di cosa potevano pensare i suoi genitori, o tutte le persone nella sala.
Non le importava se il suo insegnante l’avrebbe richiamata.
Non le importava se così si stava facendo una grande figuraccia.
L’unica cosa che veramente la interessava era lui. I suoi occhi, il suo sorriso, la sua espressione rassicurante. Il fatto che adesso la stesse osservando ma non per riderle in faccia.
La stava osservando e basta.
Non capiva nemmeno lei il perché.
Non sapeva perché nel suo viso non c’era traccia di ironia o di disprezzo.
Lui era sincero, e sembrava che le stesse dicendo “Non fare caso agli altri, sono degli idioti”.
Lei ascoltò il consiglio del tipo e gli sorrise con un po’ di imbarazzo prima di tornare a fissare le sue amiche.
«T-tutto. B-bene», mugugnò tenendo la testa.
«Dio Santissimo, Miri, chi sono quegli dèi?», le aveva chiesto la mora in preda ad una crisi isterica.
Quando vedeva dei bei ragazzi andava nel pallone, e fortunatamente non accadeva spesso. Era quella del gruppo che aveva i gusti più difficili e complicati nel fattore “maschi”.
«Non lo so, non li ho mai visti prima», balbettò la ragazza ancora rosso in viso.
«Allora? Qual è il tipo di qui ci hai parlato?», le chiede la bionda-assassina-di-cellulari con un tono decisamente troppo alto.
«Sara! Sta zitta!», esclamò la ragazza per farla tacere.
«E’ quello biondo», bisbigliò l’altra nonché una delle sue confidenti.
Sapeva tutto di lui, Miriana le aveva raccontato tutto per filo e per segno; ogni suo gesto, ogni sua battuta, ogni suo cambio d’espressione. Tutto.
«Mmh, mica male», commentò Sara sorridendole in modo furbo.
«Perché i suoi amici ci stanno fissando?», chiese la mora all’improvviso.
Le quattro ragazze si voltarono di scatto e incrociarono lo sguardo dei cinque ragazzi, che sorrisero gentilmente e uno di loro le salutò con la mano.
Le due bionde e la mora alzarono il mento e sorrisero di rimando mentre l’altra non scrostò lo sguardo dal biondo, che si era allontanato dal gruppo e stava parlando con il loro insegnante.
La voce del presentatore invitò tutti a prendere posto mentre gli allievi dovevano seguirlo nel fondo della sala. Miriana salutò le sue amiche e queste le augurarono un grosso in bocca al lupo prima di lasciarla andare assieme al ragazzo biondo e a tutti i suoi compagni.
* * *
Era passata un’ora ed ora lei era sul palco.
Doveva suonare. Doveva cominciare a suonare la canzone che provava da mesi.
Poco lontano da lei c’era lui, bello come non mai sebbene la sala fosse oscurata.
La ragazza alzò gli occhi verso gli spettatori e vide le sue amiche che facevano il tifo, sedute accanto ai ragazzi di poco prima. Incredibile come riuscivano a fare amicizia così velocemente.
Le due bionde stavano chiacchierando allegramente con due ragazzi castani mentre la mora non distoglieva gli occhi da un ragazzo con il ciuffo rialzato.
Miriana sorrise a quella scena: “non sarebbero mai cambiare”, pensò.
Spostò lo sguardo su di lui e il suo cuore perse un battito quando vide che la stava osservando; subito le labbra si alzarono verso l’altro distruggendo ogni barriere della ragazza.
Ora sì che si sentiva vulnerabile.
Ripensò alla scena di poco prima, quando quel biondino l’aveva salvata da una crisi isterica.
Aveva perso il suo plettro - l’unico che si era portata, il suo portafortuna - ed era andata nel pallone. Stava perlustrando tutto il pavimento quando era arrivato lui che in un momento l’aveva calmata e poi aveva trovato l’oggetto, poco lontano da loro, nell’unico punto in cui lei non aveva ancora guardato.
Quando le lo aveva dato e le loro dita si erano sfiorate una scarica elettrica le aveva attraversato il corpo, facendola rabbrividire.
Il braccio destro le cominciò a tremare e in un attimo perse tutta la concentrazione.
Rialzò lo sguardo verso quel ragazzo che le stava sorridendo e subito si sentì meglio. Una strana sensazione si impossessò di lei, una cosa simile al coraggio.
Le note era cominciate ed anche arrivato il suo momento: tornò a fissare la sua chitarra e cominciò a suonare meglio di quanto aveva mai fatto.
Ogni tanto sentiva quelle sfere di ghiaccio che la scrutavano ma lei non ci credeva; sarebbe stato troppo bello, troppo fantastico. Eppure era la verità.
* * *
Doveva farlo, era l’unico modo.
Doveva parlargli, doveva.
Non lo avrebbe visto per tutta l’estate, non poteva permetterlo.
Lui doveva sapere.
Doveva sapere che le piaceva, che era innamorata di lui da ormai otto mesi.
Doveva sapere che dalla prima volta che è entrato nella piccola stanza dove lei prende le lezioni di chitarra con altri ragazzi non è riuscita a smettere di pensare a lui.
Ricordava bene quel giorno: era ancora abbastanza caldo per essere ottobre e lei stava provando a fare qualche accordo, quando sentì la porta aprirsi. Non ci fece caso, ma quando l’uomo disse che quello era il nuovo allievo lei trattenne un sorriso al pensiero di un altro principiante. Aveva ancora gli angoli delle labbra rivolti verso l’alto quando alzò la testa e incontrò quegli occhi azzurri.
“Mai visto niente di più bello”, aveva sussurrato a se stessa continuando a guardarlo imbambolata.
E da lì era iniziato tutto: si erano parlati poche volte ma lui ci teneva a salutarla sempre. Era un bravo ragazzo, lo aveva capito subito, e si dovette ricredere: con la chitarra era un vero professionista, la suonava in una maniera che era unica.
E poi sapeva anche cantare, molto bene, anche se lo aveva sentito solo un paio di volte. La sua voce era calda e tenera, proprio come lui, di una bontà infinita.
Durante le prove, quando l’insegnante se ne andava per pochi minuti, lo udiva mentre strimpellava alcuni accordi e sussurrava le parole di qualche canzone d’amore; se l’era perfino immaginato mentre stava dritto su un palco godendosi gli applausi di tutti.
Sarebbe accaduto, lei ne era certa; quel ragazzo era troppo bravo per rimanere oscuro al mondo.
Miriana aveva da poco salutato le sue amiche che non avevano smesso un secondo di farle complimenti; aveva osservato più da vicino il tipo a cui la mora non toglieva gli occhi di dosso e dovette ammettere che non era così male, sebbene non fosse il suo genere. Gli altri sembravano tutti simpatici e disponibili ma lei era concentrata sul biondino che sembrava essersi volatilizzato.
Eppure lo aveva tenuto sott’occhio fino a qualche secondo prima, non poteva essersene andato proprio adesso; fissò ad una ad una tutte le persone che erano nella sala e riuscì a scorgere la madre e i vari familiari del tizio.
Okay, quindi era ancora lì.
A quel pensiero fece un sospiro di sollievo e sorrise involontariamente.
Aveva bisogno di vederlo, doveva rivedere quello splendido sorriso e quegli occhi così luminosi.
Ma doveva anche parlargli, e questa era la sua ultima occasione.
«Miriana?», la chiamò una voce.
Quella voce.
La sua voce.
L’avrebbe riconosciuta tra mille nonostante le poche volte che l’aveva udita.
Il cuore cominciò a tamburellarle nel petto e sentì qualcosa muoversi nello stomaco.
Fame?
No, al solo pensiero la morsa che aveva nella pancia si faceva ancora più salda.
E allora cos’era?
Non le importava, sta di fatto che era stranamente piacevole…
La ragazza si voltò e incontrò mister-occhi-azzurri-come-il-mare proprio davanti a lei.
«C-ciao», provò a dire cercando di non mostrarsi troppo imbarazzata.
«Ciao», la salutò lui sorridendole in modo genuino.
Peccato che lui non sapesse che facendo così mandava all’altro mondo quella povera ragazza di appena quindici anni che non smetteva di fissarlo.
Voleva imprimere tutto di lui nella sua mente, come se questa non fosse già piena di cose alquanto più importanti di un paio di normali jeans.
No, erano i suoi jeans, quindi erano molto importanti, di sicuro di più di quelle cavolo di regole di francese che si ricordava a stento e dei teoremi di matematica.
Lei lo squadrò bene, osservando bene una delle solite polo che indossava e quei pantaloni che gli calzavano a pennello; poi arrivò alle scarpe, rigorosamente alte e bianche, e con un po’ di timore ritornò a quell’azzurro che aveva al posto degli occhi.
Poteva il ghiaccio essere così caldo e protettivo?
Poteva questo - che di solito ti trasmetteva freddo e tristezza - comunicare calore ed entusiasmo?
Non riusciva a spiegarsi il perché di tutte queste sensazioni ogni volta che gli era vicina.
Era strano, e per niente normale.
«Sei stata molto brava prima», commentò lui per rompere il silenzio che si era creato tra i due.
Entrambi non avevano occhi che per l’altro ed entrambi avevano paura di fare un passo falso e di rovinare tutto. Entrambi erano troppo timidi per dire qualunque cosa.
«Grazie. Anche se tu sei stato migliore. Hai… Hai fatto molti progressi da quando sei arrivato», gli rispose lei cercando di combattere contro se stesse per non far trasparire alcuna emozione.
«Grazie, anche tu non te la cavi per niente male», fece lui sorridendole di nuovo.
Quel piccolo gesto la mandava in totale estasi, le faceva toccare il cielo con un dito, la rendeva felice senza accorgersene.
Lei continuò a tuffarsi in quel mare che si era fatto più brillante e lui non smetteva di curvare gli angoli della bocca verso l’alto mostrando una fila di denti bianchi perfetti.
Lei era ammaliata da lui, era proprio come se lui fosse la luce dopo che questa avesse vissuto per tutta la vita al buio. Era un ragazzo che era arrivato all’improvviso nella sua vita e senza volerlo le l’aveva sconvolta totalmente.
«Ehm, ecco, io volevo chiederti una cosa», disse lui portandosi una mano dietro il collo e cercando di nascondere il rossore che si era formato sulle sue guance.
«Spara», rispose lei cercando di trattenere l’euforia che la stava invadendo.
«Ecco, io… Ti andrebbe di andare a mangiare un gelato assieme uno di questi giorni?», le domandò in un soffio.
Lei non ci poteva credere.
Si ripeté quella frase mentalmente più volte, dimenticandosi di dover rispondere.
Non poteva essere vero, non stava succedendo davvero.
Questo era tutto quello che continuava a frullarle per la testa, scordandosi perfino della presenza del biondo che la stava osservando cercando di leggere la sua espressione senza risultati.
Pensando ad un rifiuto questo si rabbuiò subito.
«Altrimenti tranquilla, non è un problema», cominciò a deviare lui.
Come aveva potuto pensare di interessargli?
Come aveva anche solo potuto immaginare di piacergli?
Lui non era come i suoi amici, quei quattro tipi così diversi caratterialmente ma con la fortuna di saperci fare con le ragazze; loro erano schietti e sicuri di loro stessi, il contrario di lui.
Era stato con qualcuna, sì, ma con lei era tutto diverso.
Con lei non sapeva come comportarsi, non sapeva come attaccare bottone.
Sembrava sempre così presa dalla sua chitarra e così concentrata a dare il meglio di sé che non voleva disturbarla, non voleva che lei lo vedesse come un rompi palle.
Ritornò a fissare quella ragazza tanto strana con la delusione scritta in volto e solo allora si accorse del suo sorriso.
«No, no, scusami ma mi ero, ecco, ero soprappensiero. Per il gelato va benissimo, comunque», riuscì a balbettare la tipa con una voce che credeva sparita.
Appena il biondo sentì quelle parole ritornò con il solito sorriso fresco e gioioso stampato su quelle labbra così rosee.
Lei aveva accettato, non ci poteva credere, sembrava così surreale.
«Okay; so che così potrò sembrare scortese e maleducato, ma che ne dici di darmi il tuo numero così magari ti mando un messaggio per il giorno e l’ora?», le chiese lui gentilmente.
Il tatto che aveva quel ragazzo era indescrivibile. Se fosse stato un altro tizio a chiederglielo la ragazza avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe andata, ma non poteva.
Non con lui.
«Tranquillo», gli rispose lei prendendo il cellulare che lui le stava porgendo e digitando la serie di numeri mentre le dita le tremavano.
Quando glielo restituì le loro pelli si sfiorarono e lei poté sentire quanto calda fosse la sua mano, a differenza della sua che era peggio del ghiaccio.
Sentì un flebile “grazie” provenire dalla bocca del biondino e si sorrisero un’ultima volta prima che il padre della ragazza la chiamasse per tornare a casa.
«Okay, allora ci vediamo», sussurrò lei senza smettere di staccare i suoi occhi da quelli suoi color ghiaccio luminoso.
Poteva il ghiaccio essere luminoso?!
Sì, bastava vedere le sfere di quel ragazzo.
«Okay, ciao Miri», le rispose lui più allegro che mai.
«Ciao Niall», bisbigliò lei prima di voltarsi e tornare dai suoi genitori.
Il cuore batteva forte ad entrambi e entrambi avevano le guance rosse.
Entrambi non riuscivano a credere quello che era appena successo.
Entrambi erano euforici e sprizzavano gioia da tutti i pori.
Entrambi provavo qualcosa per l’altro, soltanto che non avevano avuto il coraggio di ammetterlo.
O almeno, non ancora.
Prima di lasciare definitivamente il teatro Miriana si voltò un’ultima volta: sorrise vedendo il ragazzo circondato dai suoi amici che lo spintonavano e gli facevano i complimenti per il saggio.
Incrociò un’ultima volta il suo sguardo e, sebbene questo non durò più di due secondi, sentì un brivido attraversarle il corpo ma non ci fece caso.
Ormai ci era abituata.
«Perché sei arrossita Miri?», le chiese suo padre distraendola dai suoi pensieri, che riguardavano un paio di occhi color cielo e un viso incorniciato da capelli biondi.
Lei scosse il capo e non rispose.
È vero: sentiva caldo, molto caldo, e per questo le sue guance erano ormai bordeaux.
Ma dentro sentiva freddo, un freddo strano, un freddo che era addirittura piacevole.
E questo non era vero freddo, triste e gelido.
Era proprio come i suoi occhi.
Un freddo caldo, che la fece sorridere di nuovo.

   
 
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