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Autore: chaska    19/11/2012    1 recensioni
Arthur dondolò la sigaretta fra le dita, incurante della cenere che gli scivolava sulla pelle.
Con sguardo assente osservò la carta per qualche secondo infuocarsi, per poi ritornare ad emettere flebili disegni di fumo nel vento.
Nulla. Non gli interessava nulla.
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Taste of cigarette



Arthur dondolò la sigaretta fra le dita, incurante della cenere che gli scivolava sulla pelle.
Con sguardo assente osservò la carta per qualche secondo infuocarsi, per poi ritornare ad emettere flebili disegni di fumo nel vento.
Nulla. Non gli interessava nulla.
Se un tempo era importante nascondere al mondo intero quel piccolo vizio, custodirlo lontano dagli occhi di chicchessia, adesso quel segreto non era di alcuna importanza.
Ormai era troppo tardi.
Era tardi per tutto.
L'inglese sospirò profondamente prima di poggiare la schiena sulla superficie fredda alle sue spalle, ed alzò il volto al cielo.
Con le labbra schiuse, colte in un attimo di sorpresa, rimase immobile per qualche istante. Oh. Era così azzurro.
Aveva mai visto un cielo così cristallino in vita sua? Ne dubitava.

«Sai Arthur, c'è una cosa che non ti ho mai detto.»

Era una voce debole quella che sentiva, ed era proprio accanto a lui.
Sembrava amareggiata -no, era stanca. Stanca e disperata.

«Quando ero piccolo, e tu mi leggevi quelle storie. E quando mi parlavi di quelle fate, e gli elfi e tutti quei mostri. Te lo ricordi Arthur?»

L'inglese sospirò ancora, liberando un altro intreccio di fumo.
Lo fece con calma, e non disse una parola, nè fece un cenno in risposta alla domanda di Alfred.
Nulla.
Ormai era troppo tardi per tutto.

«Ricordi cosa rispondevo? Ridevo e ti dicevo che erano belle favole, le tue. E tu ti arrabbiavi perchè non ti credevo.»

Una risata, flebile come i refoli di fumo e il vento che li faceva danzare, lasciò le labbra dell'americano.
Arthur ricordava, certo che ricordava.
Come poteva essere altrimenti?
Con lentezza scostò la sigaretta dalle labbra e la strascicò sul marmo su cui era seduto, macchiandolo di nera cenere.
Allungò poi il polso sul capo e lo guardò pensieroso.
Era del colore del cielo.

«Sai, ho sempre mentito. Ho sempre visto le fate e gli elfi e i fantasmi.»

Aveva chiesto il tempo di un'ultima sigaretta, e quello aveva ottenuto. Gli sembrava anche giusta come cosa.

«Non è troppo tardi per dirmelo, idiot

La risata rotta dai singhiozzi dell'americano seguirono le sue parole.

«Forse. Ma sai, sono cose da eroi.»

Arthur scosse la testa con un sorriso mesto.
Era troppo tardi, tardi per tutto.
Peccato.

«Ehi Arthur.»

La voce di Alfred lo fermò sul posto, a guardarlo curioso.

«Grazie.»

Riuscì a sussurrare in qualche modo.
America, l'aveva sempre detto che era un moccioso.

«Ci vediamo, Alfred.»

E poi nulla, perchè era maledettamente tardi, anche solo per un saluto.
E tutto ciò che rimase furono il vento flebile, una lapide macchiata di cenere e un americano in lacrime.
   
 
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