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Autore: PostBlue    20/11/2012    5 recensioni
Delirio ansiogeno su Song to Say Goodbye.
In un’intervista di quest’estate a Radio2, Brian racconta come questa canzone sia nata fondamentalmente come un biglietto d’addio rivolto a quella parte di sé che faceva tutto ciò che si poteva riassumere con la parola autodistruzione. Alcool, droga e così via. E’ uno dei primi tentativi dichiarati di smettere, di fronte al fatto che c’è un limite fisico oltre il quale non si può tornare indietro.
Questa parte però, questo altro Brian, non se ne è mai andato del tutto e ora ritorna a farsi sentire.
Ah, già, Brian non è mio, non ho idea di cosa gli passi effettivamente per la testa e non ci ricavo un bel niente da tutto ciò.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brian Molko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quello che non hai mai capito è che non c’è mai stato un modo per dire addio.
Non era una scelta possibile. Perché non avresti mai potuto lasciarmi davvero. Non avresti mai potuto esistere senza di me. Sopravvivere, forse. Ma non vivere come ti eri abituato.
Hai sempre avuto bisogno di me.
Per costruire la tua immagine. Il tuo personaggio. Per sostenere il ruolo che ti sei ritagliato addosso. Senza di me non saresti andato da nessuna parte. Di chi è stata l’idea del trucco, la prima volta? E di quel trucco? Che lasciava intendere un mondo di distanza da quello che eri realmente. Chi ti ha spinto a insistere, a provare? Non sarebbe mai uscito, quel primo album, senza di me. Non saresti mai stato in grado di affrontare le conseguenze di quello che avevi ottenuto. Non da solo. E neanche con Stef. Nemmeno Stef è mai stato abbastanza.
Tu hai sempre avuto bisogno di me.
Sono sempre stato quello che avevi bisogno di essere. La veste perfetta di trasgressione, noncuranza, leggerezza. Sono i tuoi gesti da puttanella da quattro soldi. Sono il tuo modo di lanciare via la sigaretta. I tuoi occhi neri di eye-liner e mascara. Tu sei le lacrime che fanno sciogliere quel mascara lungo le guance. Sei il terrore di svegliarti da solo nei letti in cui io mi infilo senza preoccuparmi di chi siano i loro proprietari. Sei la voce che ti manca, l’ansia che non ti fa respirare. Sei il virus che ti fa scappare dal palcoscenico. Quante volte è successo? Ormai non le contiamo neanche più, vero? E Stef raccatta i pezzi. E Stef si becca i fischi. Stef che ti prende in braccio e ti porta via privo di sensi. Stef che annuncia che il suo amato fratello Brian sta male e non ce la fa a tornare sul palco e a continuare lo show. Stef.
Quando ti basterebbe lasciare andare me, su quel fottuto palcoscenico. Non ce la fai da solo, non lo capisci? Non ce l’hai mai fatta da solo.
Quante volte hai provato a lasciarmi?
Quante volte hai creduto davvero di potercela fare?
Quante volte hai creduto davvero di avercela fatta?
Mi hai addirittura scritto una lettera, a modo tuo. La tua canzone. Il tuo biglietto d’addio. La tua suicide note, come l’hai chiamata un po’ di tempo fa in quell’intervista per radio, con quella tizia idiota che non ha trovato nessun modo migliore di reagire se non ridacchiare, rendendo così ancora più evidente l’imbarazzo che il borghese-medio-benpensante prova di fronte agli argomenti scomodi. E tu, quando sei con me, sei un argomento scomodo per molti aspetti, questo lo sai vero? Finché rimani un articolo di gossip o una foto su una copertina patinata va bene, ma nessuno vuole sentirti parlare veramente delle tue turbe emotive. Sono tutti imbarazzati di fronte all’autentico dolore altrui.
La storia delle tue dipendenze è solo un tassello del tuo personaggio. Qualcosa di cui parlare con un misto di condiscendenza e disapprovazione lontano dalla tua presenza. Qualcosa su cui articolare un’introspezione di plastica dall’alto di una presunta e sana normalità.
Nessuno vuole la persona.
Voglio tutti il personaggio.
Nessuno vuole te, Brian.
Vogliono tutti me.
Credi che a qualcuno di quei fan ululanti interessi come ti senti realmente?
Credi che tutti quelli che si scoperebbero me vorrebbero davvero svegliarsi accanto a te?
Nessuno vuole la verità in fondo alla leggenda.
Nessuno vuole il volto sotto il trucco.
Per questo devi rassegnarti.
Non c’è niente che tu possa fare. Se dici addio a me, siamo comunque finiti entrambi.
 
Nota
In queste ultime settimane, per vari motivi mi sono trovata più volte a parlare (male) dell’introspezione e di tutto ciò che essa comporta. E nonostante tutto mi sono ritrovata con questa cosa qui. Alla fine, in un modo o nell’altro, pare che non riesca ad evitarla. Così come finisco sempre per ricadere su Meds e su tutte le sue implicazioni.
Spero non sia un totale disastro e che qualcuno abbia voglia di dirmi cosa ne pensa – anche se pensa che faccia schifo – non c’è niente di più utile delle critiche :-)
Grazie comunque a tutti quelli che passano di qui.
PB
 
P.S. Lo so, sono mostruosamente in ritardo con MyMolko e chiedo perdono. Non me ne sono dimenticata, sono solo incastrata in un punto, ma confido che a breve Brian mi darà una spinta e mi sbloccherò. Thanks again.
   
 
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