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Autore: 9Pepe4    20/11/2012    2 recensioni
Loki si strinse nuovamente nelle spalle. «Norman Osborn è un cattivo, no? È quello con cui il precedente me stesso si è alleato per la distruzione di Asgard, giusto? Be’, se dimostrassi che non ho più nulla da spartire con lui, la gente si ricrederà sul mio conto».
“E come pensi di dimostrarlo senza essere fatto a pezzi, stupido ragazzino?!” si domandò Ikol, pieno di irritazione.
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Niente è come sembra

«Uff…» Il giovane Loki esaminò il livido che aveva sulla spalla. «Sai, Ikol? Essere picchiati è sempre doloroso, ma essere picchiati da dei vigliacchi… È particolarmente umiliante».
La gazza, intenta a lisciare le proprie piume col becco, non gli rispose neanche.
«Se Thor fosse qui» proseguì il ragazzino, con una certa amarezza, «si guarderebbero bene dal mettermi le mani addosso, ma dato che non c’è si divertono ad utilizzarmi come punching bag».
Si strofinò il braccio con un sospiro teatrale, dopodiché recuperò i propri vestiti e procedette a infilarseli.
Ikol, dal canto suo, ebbe modo di trovare preoccupante l’espressione cogitabonda che si era dipinta sul visetto del giovane dio.
E quando suddetta aria pensierosa si sciolse nel trionfo di chi ha avuto un lampo di genio, l’uccello decise di avere il pieno diritto di allarmarsi.
«Gioisci, Ikol» lo sollecitò il bambino, con un sorriso trionfante. «Ho la soluzione ai nostri problemi: dobbiamo trovare Norman Osborn!»
La gazza fece schioccare il becco, sbalordita.
Onestamente, le sembrava che la prima e la seconda parte dell’ultima frase di Loki fossero un po’ troppo in contraddizione tra loro.
«E tu cosa sai di Norman Osborn?» chiese, prudentemente.
Loki fece spallucce. «Non molto» ammise. «Ho letto qualcosina su internet. Ho sentito delle voci. E un giorno, Thor mi ha portato alla taverna con i suoi amici, e Fandral ha detto che sarebbe stato interessante vedere come Norman Osborn avrebbe reagito se io gli fossi capitato davanti come sono ora».
Se Ikol avesse potuto, avrebbe inarcato un sopracciglio.
«A quelle parole, però, Thor si è rabbuiato e ha replicato che invece sarebbe stata una cosa “nient’affatto divertente”» concluse Loki.
Sorpreso, Ikol riconobbe che per una volta era della medesima opinione del dio del tuono.
«E nonostante questo, la ritieni una soluzione?»
Loki si strinse nuovamente nelle spalle. «Norman Osborn è un cattivo, no? È quello con cui il precedente me stesso si è alleato per la distruzione di Asgard, giusto? Be’, se dimostrassi che non ho più nulla da spartire con lui, la gente si ricrederà sul mio conto».
“E come pensi di dimostrarlo senza essere fatto a pezzi, stupido ragazzino?!” si domandò Ikol, pieno di irritazione.
«Hai già cercato di dimostrarlo» gli fece notare invece. «E qual è stato il risultato? Smembramento. Morte. Se fossi in te – e in un certo senso lo sono – io eviterei di farmi ammazzare di nuovo. Sì, forse non è stato Norman Osborn in persona ad ucciderti, ma privo di poteri come sei, dovresti evitare uno scontro con lui. Potresti uscirne molto male».
Loki sbuffò. «Be’, se non faccio nulla mi ammazzerà un qualche asgardiano, quindi tanto vale…»
Si diede una sistemata alla casacca e si raddrizzò, piegando il braccio.
«Vieni, Ikol».
Piuttosto alterato, l’uccello andò a posarsi sul polso del ragazzino.

Poco tempo più tardi, un Loki imbaldanzito e un Ikol alquanto cupo fecero il loro ingresso nella grotta di Leah.
«Tu hai un piano, vero?» stava chiedendo Ikol.
Aveva la sensazione di somigliare ad un genitore apprensivo, ed era una cosa che detestava. Avrebbe lasciato quel ruolo a Thor molto volentieri, ma il dio del tuono era disgraziatamente deceduto…
«Rilassati, Ikol» rispose Loki. «Certo che ho un piano».
La gazza emise un basso stridio, per nulla rassicurata.
Conosceva Loki, e sapeva che non era particolarmente scalmanato.
Così come la sua versione precedente, non aveva una significativa predisposizione all’arte della guerra, ed era in grado di starsene chino su un libro – o sul proprio cellulare – anche tutto il giorno.
Purtroppo, però, sotto quella superficie di placidità, il ragazzino fremeva.
Era irrequieto, e la sua irrequietezza vibrava ogni volta che si trovava a dover affrontare l’ostilità di chi lo circondava, di chi lo vedeva come una minaccia.
Ikol gli aveva rimproverato la sua impazienza, lo stesso Thor lo aveva ammonito al riguardo.
Ma per Loki era difficile aspettare. Anelava al perdono, e pareva lo volesse immediatamente.
E dopo la morte del fratello, il senso di inadeguatezza e la smania di riscattarsi che spingevano il ragazzino a fare idiozie… Be’, si erano ingigantite, secondo l’opinione di Ikol. L’ultima trovata di Loki ne era la prova lampante.
Leah si girò verso di loro. Sino ad un attimo prima stava fissando il vuoto, eppure ora guardò il dio degli inganni con aria disgustata, come se il giovane avesse interrotto un’operazione estremamente importante.
Thori, da parte sua, accolse il padroncino ringhiando minacciosamente. «Morte? Distruzione?»
Loki si chinò con l’intenzione di accarezzarlo, ma dovette ritirare di scatto la mano quando il cucciolo infernale cercò di morderlo.
Scosse la testa e si rivolse alla servitrice di Hela.
«Rallegrati, Leah!» esclamò, solennemente. «Ho un incarico per te!»
Ikol si mosse sul suo braccio, tentando di reprimere il proprio fastidio e allo stesso tempo di escogitare qualcosa che impedisse al suo protetto di fare una fine estremamente dolorosa.
L’ancella infernale lo guardò senza interesse. «Sarebbe?» s’informò.
In poche parole, Loki le delineò il suo progetto: «Nella mia vita precedente, mi ero alleato con un malvagio midgardiano… Ora, lui è detenuto in una prigione di massima sicurezza, e io intendo andare da lui, per poi affrontarlo e conciarlo per le feste, così che tutti capiscano che non sono la minaccia che credono».
Si fermò un istante per prendere fiato.
«È un piano brillante» concluse poi, con l’aria più soddisfatta del mondo.
«Piano brillante» pronunciò Ikol, sprezzante. «Missione suicida, vorrai dire».
Leah, che aveva assunto un’aria scettica durante il racconto di Loki, lanciò un’occhiata alla gazza prima di rivolgersi al giovane dio.
«Dunque cosa vuoi che faccia?»
«Raggiungiamolo! Scortichiamogli la faccia!» ruggì Thori, inarcando la schiena e agitando la coda con fare esuberante.
Loki sembrò un po’ turbato dall’opzione proposta dal cucciolo.
Notandolo, Ikol avrebbe voluto beccarlo con forza: come credeva di poter fronteggiare Norman Osborn, se impallidiva al solo suono di una proposta macabra?
Eppure, quando si era trattato di aiutare Thor, aveva dimostrato di non cavarsela affatto male, con le minacce…
«Loki?» incalzò Leah.
Il ragazzino si riscosse. «Ah, giusto. Tu devi solo trovarlo, e portarmi da lui».
L’ancella annuì gelidamente, quindi si chinò a passare un dito sul capo nero di Ikol.
Lo guardò con una certa intensità, e l’uccello ebbe la remota sensazione di avere un’alleata contro l’incoscienza di Loki. Ma doveva essersi ingannato, poiché un momento dopo la ragazza si raddrizzò e disse con calma: «Molto bene».
Si concentrò, poi allargò le braccia e iniziò a preparare un portale.
Thori ringhiò selvaggiamente davanti alla luce verde che andava sprigionandosi dalle mani della ragazza, e arretrò di qualche metro. «Morte! Morte agli esseri di ogni dimensione!»
Ikol si rivolse a Loki in tono eloquente: «Lui non lo portiamo».
Il ragazzino, però, non fece in tempo a rispondere, poiché Leah annunciò: «Il portale è pronto. Attraversalo, e ti troverai davanti Norman Osborn».
Loki si ricompose in un sorriso smagliante, mentre Ikol si irrigidiva. «Grazie, Leah!»
Poi il dio fece un passo, e attraversò il portale.

Colpita dalla luce del sole, la gazza traballò sul braccio del suo padrone.
Loki sbatté le palpebre, sorpreso, mentre il portale dietro di lui si richiudeva e scompariva senza lasciare traccia.
Il ragazzino si guardò attorno, enormemente perplesso.
Si era aspettato di ritrovarsi in una lurida prigione, in una cella di massima sicurezza… E invece era nel curato giardino di una casa dall’aria graziosa.
«Leah ha sbagliato indirizzo?» si chiese ad alta voce, attonito.
Per tutta risposta, Ikol volò sulla cassetta delle lettere, che mostrava il nome OSBORN a caratteri cubitali.
«Bizzarro» commentò Loki.
Se non ricordava male le proprie esplorazioni su Google Earth, dovevano trovarsi nel New Jersey.
In quel momento, un rumore attirò la sua attenzione, e il dio si voltò di scatto.
A ricambiare il suo sguardo, però, non fu un uomo folle e minaccioso, ma un bambino più basso di lui di almeno due teste.
Sempre più sconcertato, Loki lo osservò.
Il bimbo aveva una massa di riccioli ramati e un paio di grandi occhi azzurri, che lo fissavano diffidenti. E, quando parlò, la sua voce infantile era altrettanto sospettosa: «Ciao. Tu chi sei?»
Per il momento, Loki decise di mettere da parte lo stupore e cercò di ergersi in tutta la sua altezza. «Io sono Loki, figlio di Laufey, adottato da Odino» rispose, con grande solennità.
Era strano presentarsi in quel modo, non sentendo come un padre né Laufey né Odino, ma suonava comunque meglio di «Sono Serrure, figlio di non so chi».
Il bambino non parve molto impressionato, ma aggrottò la fronte.
«E tu?» aggiunse Loki.
Avrebbe voluto modulare la domanda con un tono imperioso, a beneficio della propria immagine, ma piuttosto gli venne fuori una voce gentile e cantilenante, forse a causa della statura ridotta del suo interlocutore.
«Io mi chiamo Norman Osborn» replicò il piccolo, con noncuranza, prendendo ad armeggiare col modellino di carro armato che aveva in mano.
Loki si girò verso la cassetta delle lettere per lanciare a Ikol uno sguardo allibito. «Ti sei dimenticato di dirmi che anche Norman Osborn è morto e si è reincarnato?»
La gazza arruffò le piume. «Non è così».
Il dio degli inganni si girò verso il bambino e si accigliò. «Allora Leah ha deciso di spedirci anche indietro nel tempo?» ipotizzò.
Senza attendere che la gazza esprimesse la sua opinione, si diresse a grandi falcate verso il bambino.
Quest’ultimo si era accucciato sul prato e stava obbligando il carro armato a farsi strada tra gli steli d’erba.
Loki si accovacciò alla sua altezza. «Norman, devi ascoltarmi!» disse, colto da un’ispirazione improvvisa.
Il bimbo sollevò gli occhi azzurri su di lui, senza entusiasmo. E, più che alle parole del giovane dio, parve interessarsi al cerchio dorato che gli cingeva la fronte.
«In futuro» annunciò Loki, con aria saggia, «ti si presenterà l’occasione di compiere diverse azioni malvagie. Ebbene, non dovrai farlo!» Il suo tono si fece decisamente melodrammatico mentre continuava: «Perché la stessa spietatezza che ti porrà in cima al mondo, ti precipiterà poi ai suoi livelli più bassi!»
Il bambino scrollò la testolina e si chinò nuovamente sul suo modellino.
Loki lo richiamò: «Mi stai ascoltando?»
«La mamma dice che non si parla con gli estranei» replicò il piccolo, con inoppugnabile perentorietà, senza mettere in conto che lui stesso aveva appena fornito nome e cognome allo sconosciuto che gli stava davanti.
«Uhm, tua madre ha ragione, te lo concedo» rispose Loki. «Però scommetto che ti dice anche che devi fare il bravo».
«Il bravo bambino, sì» ammise il piccino.
Ikol, dall’alto della cassetta delle lettere, cominciava ad avere l’impressione che quella conversazione stesse divenendo un po’ troppo assurda.
«Perfetto!» Loki si illuminò. «Sai, devi proprio ascoltare tua mamma. E non dovrai dimenticare i suoi insegnamenti nemmeno quando sarai grande».
«Loki…» gracchiò Ikol.
«Essere bravi è bene, essere cattivi è male» continuò il giovane dio dell’inganno.
«Loki…» insistette Ikol, agitandosi.
«E fare del male alla gente e distruggere è da cattivi» concluse il ragazzino.
«Loki!» Ikol si alzò in volo e raggiunse il padroncino, affondando gli artigli nel suo braccio con forza eccessiva.
Loki girò di scatto la testa verso l’uccello. «Ehi!» protestò.
Il bambino, invece, contemplò l’animale con un certo interesse. «Parla» commentò.
«Tu, ragazzino» lo apostrofò la gazza, «come si chiamano i tuoi genitori?»
A quanto pareva, la madre del piccolo lo aveva sì messo all’erta nei riguardi degli estranei, ma non gli aveva mai suggerito di diffidare degli animali parlanti, poiché il bambino rispose senza problemi.
«Mia mamma si chiama Liz, mio papà Harry».
Si rabbuiò un po’, nominando il secondo, ma Loki non lo notò.
Ikol, infatti, gli aveva appena assestato una dolorosa beccata sulla nuca.
«Ahia, Ikol!» protestò il ragazzino, alzando un braccio a proteggersi il viso. «E questo per che cos’era?»
«Per farti presente che hai sbagliato su ogni fronte» replicò l’uccello, con grande dignità.
Loki lanciò uno sguardo imbronciato al bambino. «E questo cosa vorrebbe dire?»
«Harry Osborn» gracchiò Ikol. «Questo è il figlio di Harry Osborn. È il nipote di Norman Osborn».
Loki sbatté le palpebre, assimilando la notizia, e sentì una strana, improvvisa affinità con quel bimbo, poiché entrambi portavano un nome che implicava una storia molto più grande di loro.
«Oh, diamine» disse. «Non sapevo che Norman Osborn fosse nonno! O che avesse un nipote che si chiama come lui…»
“Questo ti insegni che non puoi sapere tutto dopo una semplice ricerca su internet” pensò Ikol, stizzito.
A dirla tutta, era sollevato che le cose fossero andate così. Che Loki non si fosse trovato a fronteggiare Norman Osborn, ma il suo innocuo nipotino.
«Oh, bella!» Loki scosse il capo. «Io credevo di aver fatto un viaggio nel tempo, e invece si tratta di un caso di omonimia». Fece una smorfia. «Leah deve essersi divertita molto, a spedirmi dalla persona sbagliata».
«Faremmo meglio a tornare…» osservò Ikol.
«Hai ragione». Il giovane dio si alzò in piedi, con un sospiro. Diede un’occhiata al bambino che giocava col suo carro armato e si chiese se avrebbe dovuto dargli un qualche avvertimento sulla diffidenza delle persone. Alla fine, però, scrollò le spalle. «Be’, Ikol. Come dicono i mortali, prevenire è meglio che curare».
La gazza lo fissò. «E cos’avremmo prevenuto, di grazia?»
Loki incrociò per un momento gli occhi del bambino – iridi verdi in iridi azzurre –, accennò un sorriso e si mise in marcia. «Che Norman Osborn jr segua le orme del suo caro nonnino…»
“Oh, sì, sicuro” pensò Ikol, ironico, guardando scettico verso il bimbetto che sembrava già aver perso ogni interesse per loro. “Perché certamente, prima di incontrare noi, non voleva altro che diventare il futuro re del caos…”

Quella sera, quando entrambi furono al sicuro nella camera di Loki, il ragazzino si accovacciò in un angolo con un libro sulle ginocchia.
Ikol gli svolazzò un po’ intorno. Dentro di sé, approvava il fatto che il giovanissimo dio si stesse dedicando a un simile passatempo, e avesse momentaneamente accattonato il suo telefonino e – soprattutto – i suoi piani suicidi.
Il clamoroso fraintendimento in cui era inciampato e il sorrisetto con cui Leah li aveva accolti, domandando se era andato tutto bene, infatti, lo avevano spinto a rinunciare al progetto di far visita a uno dei maggiori criminali del pianeta.
Ad un certo punto, l’uccello venne colpito da un pensiero improvviso.
«Ora puoi dirmi cosa avresti fatto, se ti fossi trovato davanti il Norman Osborn che volevi incontrare?»
Loki sollevò gli occhi. Chiuse il libro e lo mise da parte, dopodiché scrollò le spalle. «Niente».
Ikol lo guardò male – in effetti, possedeva un’ammirevole capacità d’espressione, per essere un uccello.
«Lo giuro, niente» ribadì il bambino. «Volevo solo vederlo».
La gazza aprì il becco con uno schiocco. «E questo come avrebbe potuto metterti in buona luce?»
Il ragazzino esitò, muovendo nervosamente le dita. Poi, con l’aria di chi sta sostenendo una grande prova, confessò: «Spingere gli asgardiani a ricredersi sul mio conto non era il mio vero scopo… So che nessun incontro avrebbe mai potuto convincerli che non sono una minaccia».
Ikol era allibito. «Allora perché volevi vederlo?»
Loki arrossì. «Io… È una cosa stupida, lo so» farfugliò, «ma pensavo che se avessi visto Norman Osborn, se avessi visto che tipo di persona era… Se avessi visto con che tipo di persona mi ero alleato nella mia vita precedente… Sarei riuscito a capire qualcosa di più sul mio passato. Sul nostro passato».
L’uccello lo fissò, ancora non del tutto persuaso. «In tal caso… perché alla fine hai rinunciato?»
Loki si strinse nelle spalle in maniera un po’ impacciata. Poi, però, i suoi occhi verdi guardarono seri in quelli di Ikol. «Perché quel bambino… Sono pronto a scommettere che non si domanda niente su suo nonno, per questo riesce ad essere completamente diverso da lui. E io voglio essere Loki, certo, ma voglio esserlo a modo mio».
La gazza era senza parole.
«Sì, Ikol, lo so» borbottò il giovane dio degli inganni, distogliendo lo sguardo. «Sono uno stupido impudente, eccetera eccetera…»
«No» lo corresse l’uccello, riluttante, «pensavo solo che sei meno ingenuo di quanto sembri».
Loki inarcò un sopracciglio. «È un complimento?» domandò, quando riuscì a riprendersi, accennando un sorriso impertinente.
«Non montarti la testa, ragazzino!»
Ikol si sollevò in volo ed andò a posarsi sul davanzale della finestra.
In ogni modo, però… Era davvero un complimento.
Quella mattina, aveva creduto che Loki fosse impazzito, e che si fossero salvati la pelle solo grazie a Leah, che aveva pensato bene di mandarli nel luogo sbagliato.
Ora, scopriva che il ragazzino era assetato di conoscenza, non di fantomatiche glorie. Che non aveva mai favoleggiato di compiere chissà quale impresa contro Norman Osborn e di venire accettato tra gli asgardiani in virtù di essa.
No, il ragazzo aveva mentito, ostentando con successo un’estrema ingenuità.
Forse Thor l’avrebbe trovata una cosa triste, ma Ikol riusciva solo a pensare, soddisfatto, che il nuovo Loki non era uno sprovveduto.
Che, in fondo, avrebbe potuto cavarsela.












Note:
Normie Osborn è un personaggio del fumetto di Spider-Man, ed è figlio di Harry Osborn e Liz Allen… Non è esattamente quel che si dice un bambino normale, e da lì ad associarlo a kid!Loki il passo è stato davvero breve.
Spero di non aver scritto un’assurdità ^^”
So di aver sfiorato più volte la demenzialità, ma spero di non essere sprofondata nell’OOC.
(Tanto di cappello a chi è riuscito a leggere tutto!)
  
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