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Autore: butimwithyou    20/11/2012    8 recensioni
Katherine sorrise impiantando il suo sgaurdo nel mio, e avrei potuto giurare sul fatto che quegli occhi avrebbero potuto parlare, se solo lei lo avesse concesso. Avrebbero buttato fuori tutta la verità, mi avrebbero implorato di tenerla con me, di proteggerla. Mi avrebbero confessato che lei, a Cambridge, non sarebbe mai voluta andare, che quel bambino avrebbe voluto crescerlo insieme a me, che non era interessata per nulla alla facoltà di lettere, che aveva già letto abbastanza storie, che aveva bisogno di me. Perchè quegli occhi, in fondo, mi amavano ancora, e forse, anzi, sicuramente, erano l'unica cosa certa, tra tutta la finzione che ci circondava.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Katherine

Ero nervoso.
Perfino l'anziana signora seduta di fronte a me in metro doveva essersene accorta, dato che sembrava leggermente infastidita dal continuo "tap-tap" provocato dalla suola delle mie scarpe sul pavimento.
Sfilai il telefono dalla tasca della felpa per controllare l'orario, e prima di riporlo al suo posto guardai distrattamente il mio riflesso sullo schermo del display, notando le sempre più accentuate occhiaie violacee che erano ormai diventate caratteristica immancabile sul mio viso già pallido per natura. 
Sarebbe arrivata a casa a momenti, e anche volendo, non sarei mai riuscito ad arrivare in orario.
Il fatto che fossi sempre in ritardo era una delle tante cose che Katherine odiava del mio carattere, e neanche questa volta avevo fatto del mio meglio per recuperare almeno qualche punto dell'interminabile lista dei miei pregi e difetti, che nessuno dei due aveva mai scritto, ma che lei teneva sempre bene in mente.
Alla stazione di South Kensington i vagoni si svuotarono notevolmente, e anche quell'attempata signora scese, reggendo a fatica le buste della spesa, così piene che sarebbero bastate per un'intera invernata.
"Jonah, rimani seduto composto." Ripresi mio figlio poggiando delicatamente la mano sopra il suo ginocchio, cosicchè si sistemò sbuffando sul sedile. Mi feci più stretto vicino a lui accarezzandogli lentamente i capelli, sapevo fosse la cosa che lo rilassava più di tutte. "Sei contento di rivedere la mamma?" Domandai. Il bambino alzò lo sguardo puntando i suoi occhi scuri dritti nei miei, poi annuì felice, continuando a giocare con la sua macchinina rossa, facendola sfrecciare lungo tutte le mie gambe, lasciando delle piccole ombreggiature con le ruote sulla stoffa marroncina dei miei pantaloni, forse troppo poco adatti all'aria gelida e pungente di metà novembre. 
Gettai un'occhiata fuori dal finestrino e iniziai ad alzarmi sistemando la grande sciarpa di lana fin sopra la mia bocca, poi aiutai Jonah a chiudere il giubbetto, nell'attesa che le porte si aprissero, annunciando la fermata.
"La mamma dorme con noi stanotte?" Mi chiese non appena ci fummo incamminati, mentre teneva stretto stretto il mio indice con le sue dita minuscole, quasi aggrappandosi. 
Sospirai cercando di abbozzare un sorriso, vedere Jonah felice era una delle cose che mi stavano più a cuore, e questa situazione era diventata troppo complicata da gestire, per me, per lui, ma anche per Katherine.
Anzi, soprattutto per lei.
"No amore, ricordi i patti? Un week-end al mese lo passiamo da veri uomini, ma per il resto del tempo sei a Cambridge..."
Notai il suo volto diventare leggermente più cupo, per questo lo fermai, chinandomi alla sua altezza. 
"Allora io non voglio tornare!" Esclamò deciso puntando i piedi a terra. 
Mi passai una mano sulla fronte pensando a quanto fosse testardo; come sua madre, d'altronde. 
Cercai velocemente un modo per distrarlo, e fortunatamente, questo arrivò prima del previsto. 
"E cosa penserà Anuk se non correrai ad abbracciarlo stasera? Potrai tornare a dargli da mangiare, è una grande responsabilità la tua, sai?"
Jonah spostava lo sguardo da me alle sue scarpe, ancora poco convinto.
"Allora?" Lo incitai. "Me le fai vedere le belle fossette che hai quando sorridi?" E senza che me ne accorgessi, avevo appena provocato lo stesso effetto sulla mia faccia, facendo scoppiare a ridere il bambino, che aveva ora ripreso a camminare a passo più svelto, verso il viale alberato che ci avrebbe riportati a casa nel giro di qualche minuto. 
 
Non mi stupii, quando vidi quell'utilitaria nera pargheggiata davanti al cancelletto ancora chiuso. 
"Mamma!" Urlò Jonah sfuggendomi dalle braccia, e la figura slanciata di lei mi appariva sempre più nitida ad ogni passo che facevo. 
"Scusa per il ritardo, sono passato a comprare del tè..." Mi giustificai non appena la raggiunsi, rimanendo intrappolato senza via d'uscita in quello sguardo così semplice quanto attraente, della non più mia Katherine. 
Aprii il portone facendole strada tra i vari scatoloni, contenenti quell'infinità di libri in attesa di essere riposti nella nuova libreria che tardava ancora ad arrivare. 
La aiutai a togliersi il cappotto, non riuscendo a fermare i miei pensieri concentrati sulla sua sempre impeccabile forma, ed alimentati dal solito profumo alla pesca che emanavano i suoi capelli perfettamente lisci. 
Scossi la testa cercando di focalizzare la mia mente su altro, il tè, ecco, dovevo prepararle del tè.
"Accomodati..." dissi imbarazzato, tirando fuori una sedia da sotto il tavolo, per poi appoggiare sopra di esso due grandi tazze colorate e una zuccheriera. 
"Grazie." Rispose lei educatamente, senza lasciar trasparire nessuna emozione. Era stata sempre brava, in questo genere di cose. 
Fu Jonah, fortunatamente, ad interrompere il silenzio che si era via via creato nella stanza, raggiungendo la madre con in mano un pacchettino rivestito di una carta dorata.
"E' per me?" Domandò lei entusiasta alzando la voce di qualche tono. "Grazie amore!"
Katherine scartò con cura il suo regalo, rimanendo stupita alla vista del ciondolo argentato raffigurante l'iniziale del suo nome.
"Ti piace?" Chiese impaziente il bambino, che non vedeva l'ora da giorni di dare quel piccolo pensierino alla donna che amava più di tutte.
"Da parte mia e di papà..." Esclamò ammiccando verso di me, che ero rimasto in disparte a guardare la scena seduto sull'isolotto della cucina. "Mi ha aiutato lui a scegliere." Concluse. 
La ragazza si voltò sorridente, richiudendo la scatolina con cura. "Non dovevi Harry..." Disse infine abbracciando forte Jonah, che si era seduto sopra le sue gambe. 
Mi avvicinai a loro con la teiera bollente, e ne versai parte del contenuto nelle tazze. Poi, prima di sedermi, aprii la credenza tirando fuori un pacco di biscotti al cioccolato, i suoi preferiti. 
"Jonah insisteva molto...voleva farti un regalo a tutti i costi." Biascicai riprendendo il discorso di prima, che sembrava essere l'unico in grado di reggere per più di tre minuti. 
Osservai Katherine. 
Diventava sempre più bella. Dopo la nascita del bambino era cambiata completamente. Adesso prediligeva di gran lunga i vestiti, ai grandi maglioni che mi rubava di nascosto più volte in una settimana. Le scarpe con il tacco erano diventate forse per lei la cosa più comoda da indossre, accantonando il vecchio paio di Vans sdrucite che la caratterizzavano così tanto. 
Era diventata una donna, la non più mia Katherine, e il fatto che mi fosse scivolata dalle mani con così tanta facilità mi faceva stare male.
"Con lo studio?" Domandò forse veramente interessata non appena finì il suo tè. 
"Tutto bene." Risposi guardando un punto non definito della parete che avevo di fronte. "Tutto bene. - Ripetei. - Credo di ricominciare a frequentare i corsi universitari nel giro di qualche mese, mi sento abbastanza pronto, e tu?"
In realtà la sua risposta non mi importava più di tanto, avrei preferito chiederle del perchè due ragazzi che si erano dati così tanto si erano ridotti ora ad essere poco più che estranei, sinceramente. 
"Non mi hanno accettata." Rispose con un velo di tristezza lisciandosi con cura qualche ciocca di capelli, facendo dondolare avanti e indietro il piccolo Jonah, che probabilmente si sarebbe addormentato nel giro di qualche minuto. 
Katherine sorrise impiantando il suo sgaurdo nel mio, e avrei potuto giurare sul fatto che quegli occhi avrebbero potuto parlare, se solo lei lo avesse concesso. Avrebbero buttato fuori tutta la verità, mi avrebbero implorato di tenerla con me, di proteggerla. Mi avrebbero confessato che lei, a Cambridge, non sarebbe mai voluta andare, che quel bambino avrebbe voluto crescerlo insieme a me, che non era interessata per nulla alla facoltà di lettere, che aveva già letto abbastanza storie, che aveva bisogno di me. Perchè quegli occhi, in fondo, mi amavano ancora, e forse, anzi, sicuramente, erano l'unica cosa certa, tra tutta la finzione che ci circondava.
"Mi dispiace molto..." Risposi aderendo completamente allo schienale della sedia, la tensione che stavo accumulando aveva fatto irrigidire tutto il mio corpo. 
La ragazza si alzò con il bambino ormai dormiente in braccio, ma io la precedei aiutandola, così che, cullandolo dolcemente, lo portai in camera, dove lo coprii bene con la mia felpa, prima di lasciargli un bacio affettuoso sulla fronte. Riguardai bene dal chiudere tutte le luci in corridoio, e nel tornare in cucina, afferrai il pacchetto di Lucky Strike che avevo lasciato sulla mensola dell'entrata. 
Katherine nel frattempo aveva sistemato in ordine le tazze e i cucchiaini usati vicino al lavandino, e alla vista della sigaretta che avevo acceso vicino alla finestra, sbiancò.
"Non avrai toccato una di queste mentre eri con Jonah...giusto?" Domandò con fare autoritario, raggiungendomi. 
Mi voltai verso di lei e senza neanche farlo apposta, le espirai in faccia. Lei indietreggiò tossendo, gli occhi chiusi e la mano che sventolava davanti alla sua faccia. Non potei far altro che scoppiare a ridere, mentre altro fumo mi usciva dalle narici. 
"Non sei cambiata per nulla. - Affermai spegnendo il filtro nel posacenere sul davanzale. - Credi davvero sia un padre così poco responsabile?"
Sospirò pesantemente, avvicinandosi di nuovo. 
Lo faceva sempre, anche se diceva di odiarlo. Ogni qual volta che qualcuno attorno a lei portava addosso quell'inconfondibile odore di tabacco, lei ne era terribilmente attratta. Faceva uso indiretto di nicotina ogni giorno, ed il bello arrivava proprio quando ti implorava di accenderne un'altra, per poi guardarti consumarla in silenzio.
"Ti sbagli, credo invece che tu sia un papà meraviglioso, Harry..."
Forse sbagliai, ma interpretai quelle parole come un avanti, e i suoi occhi color cioccolato scrutavano ogni parte del mio viso. 
Allora in quel momento tornai un diciottenne. 
Tornai al giorno del nostro primo appuntamento, mentre la aspettavo al freddo sotto la porta di casa sua. 
Tornai alle prime notti passate insieme, quelle in cui tutto il resto del mondo non contava, perchè c'eravamo solamente noi due.
Tornai alla sera in cui mi chiamò al telefono con la voce rotta dal pianto, mentre cercava di dirmi che era in attesa di un bambino. 
Tornai a sentire i pugni che mi lasciò sul petto, quando credeva fosse solamente colpa mia. 
Ripensai alla conversazione davanti ai suoi genitori, quando spiegammo loro che ce ne saremmo presi cura insieme. 
Alla paura che avevo standole vicino. A quella cosa che cresceva sempre più dentro di lei e che sarebbe venuta fuori dopo pochi mesi. Al giorno in cui la lasciai sola e senza difese, troppo concentrato solamente su me stesso. 
Ripensai all'ospedale, quando sua madre mi cacciò via, dicendomi che Katherine non avrebbe mai più voluto vedermi. 
A tutte le volte che mi chiuse il telefono in faccia, tutte le volte che cercai di fermarla per strada, implorandola senza successo. Alla mattina in cui finalmente mi rivolse parola, informandomi del fatto che sarebbe partita per Cambridge. 
I suoi occhi color cioccolato scrutavano ogni parte del mio viso, e io tornai a tutto questo. 
Fu in quel momento che la baciai. 
La baciai come la prima volta, come volevo fare da due anni a questa parte. 
Come desideravo ogni giorno, come pensavo una volta al mese, quando passava a casa per riprendere Jonah.
La baciai e basta, ad occhi chiusi, accarezzandole il viso con le mani tese e fredde. 
E lei non si ritrasse. 
Mi avvinghiò le braccia attorno al collo e respirò ogni centimetro della mia pelle, come per studiare ogni minimo dettaglio, come se non volesse più andare via da me.
Restammo abbracciati per un po', il corpo gracile di lei premuto contro il mio, la testa appoggiata al mio petto. 
In silenzio. 
Ho sempre creduto che in determinate situazioni le parole non servino a nulla, niente più della beatitudine che provava in quel momento mi avrebbero fatto capire ciò che avrebbe voluto dire, ovvero che ero io la persona di cui aveva bisogno. 
Cercai il suo sguardo lasciandole un'altra fila di baci disordinati sulla bocca e sulle guance, poi lei si staccò correndo ad infilare il cappotto, lasciandomi solo, vicino al davanzale. E forse solo in quell'istante mi accorsi di quanto freddo facesse, senza di lei. 
Katherine scomparve dietro la porta della mia stanza, uscendone dopo poco seguita dal piccolo Jonah, che barcollava e ancora doveva riprendersi dal sonno. 
Salutai il mio ometto, scompigliandogli i capelli, e lui ricambiò il gesto abbracciandomi stretto, facendomi sentire più felice di quanto non lo fossi già.
"Promettimi di chiamare appena arrivi!" Mi raccomandai, e poi mi dedicai a salutare Katherine, con uno dei sorrisi più indecenti che avessi mai potuto fare, paragonabili a quelli di un adolescente ancora insicuro e impacciato. 
"Ciao Harry..." Concluse dileguandosi, ed io rimasi ad osservarla in piedi sullo stipite della porta. 
Osservai lei, la forse ancora mia Katherine. 

Jhfudsodohdf, sono riuscita a scrivere qualcosa, finalmente!
Dopo tutto questo tempo in silenzio non so quante persone ancora saranno disposte a leggere le mie storie, ma spero comunque che questa noiosissima idea che mi è balzata in mente vi piaccia. 
Harry è l'essere umano più dolce che esista sulla faccia della terra, non si descrive. 
In questo periodo ho sempre in mente un sacco di cose da scrivere, ma il terzo anno è parecchio difficile, e la sera mi ritrovo sempre troppo stanca. 
Infatti non so come sia riuscita a fare tutto ciò, proud of me. 
No seriamente, mi ero quasi dimenticata quanto facesse sentire bene essere felici di qualcosa scritto con le proprie mani. 
Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate vi prego, io ne sono molto contenta, ma siete voi a tirare le somme. 
Ditemi quello che ne pensate dove volete, qui, su twitter (@butimwithyou), basta che mi scrivete. 
Adesso scappo a fare merenda che il mio stomaco implora. 
Un bacio, Federica. x
  
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