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Autore: Sidney Rotten    20/11/2012    1 recensioni
Improvvisamente non mi importava più del resto del mondo.
C’eravamo io, lui e nient’altro.
Il cibo, l’acqua, le altre persone, problemi e soluzioni, sembravano essere usciti dai miei pensieri. Pian piano le mie priorità riguardavano sempre meno la sopravvivenza e sempre più la nostra relazione.
Ci fu un momento in cui credetti addirittura di aver smesso di respirare.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non credevo che l’avrei più rivisto.
Dicono che chi lo vede una volta, probabilmente non lo rivede più. E invece eccolo lì, davanti a me. Di nuovo, come qualche giorno fa. Mi guarda, sorride, probabilmente lo fa ridere l’espressione sognante che ho sul volto.
Si accende una sigaretta, fa due note, poi si chiude il giubbotto di pelle con le borchie, tirando su la cerniera. Titubante si avvicina alla panchina dove sono seduta-anzi, rannicchiata.
Quando è a un passo da me, non riesco definitivamente a smettere di guardarlo. La mia mente è assente. Non penso a nulla, i peniseri si confondono, impedendomi di articolare una frase sensata.. Quindi sto zitta, mi limito a cercare di darmi un contegno, provo a spostare lo sguardo altrove, ma sono ipnotizzata. 
Mi accorgo di essere ingorda di dettagli.
Guardo ogni piccolo particolare di quel volto, del suo corpo. 
I capelli neri, pettinati con gli spike; gli occhi color ghiaccio, freddi, oscuri; le fossette appena accennate e il trucco calato; il corpo magro, malcelato sotto jeans neri strappati e il giubbotto leggero.
Nonostante sia solo metà ottobre, il freddo e la nebbia hanno già avvolto la città. Mi chiedo come faccia a non avere freddo. Io ho un piumino e batto violentemente i denti, mentre lui nella sua giacchetta quasi inesistente, sembra perfettamente a suo agio. 
La mia contemplazione viene interrotta dalla sua voce, profonda, a tratti inquietante.
“Ciao” mi dice, con il sorriso stampato sul volto.
Mi risveglio dal coma e rispondo al suo saluto, ma la mia voce mi arriva estranea e balbetto. Dannazione-penso.
Lui sembrta non farci molto caso. Quindi si siede affianco a me.
Torno definitivamente alla realtà, come se la bolla che mi si era formata intorno, scoppiasse.
“Piacere, Jimmy” continua, senza semttere di sorridere. Ma la curva della sua -perfetta- bocca ora è un ghigno. Il ghigno di chi sa di poter avere qualsiasi cosa.
“Oh, so chi sei. Sei tipo... Una leggenda!” rispondo, con voce leggermente spezzata. 
Lui si fa una risata, si volta verso di me e mi guarda per qualche secondo. Io avvampo.“Bene, allora sono famoso” fa una breve pausa, torna a guardare il panorama desolante della spessa coltre di nebbia che grava sul piccolo parco e sui ragazzi buttati sulle panchine davanti a noi.”Vuoi?” mi offre la sigaretta, porgendomela. Acetto, faccio due tiri, poi gliela restituisco.
Poi mi suona il cellulare. Rispondo. E’ Beth, la mia più grande amica, nonché mia coinquilina. Mi dice di tornare immediatamente alla comune, perché Samuel sta di nuovo male. Allora mi giro verso Jimmy e gli dico, senza guardarlo negli occhi “Devo andare, un mio amico sta male. E’ stato un vero... Onore conoscerti. Ah, io sono Hope.”
Neanche aspetto la risposta. , mi sono già voltata, ma mi sento prendere per un polso. Mi volto. Mi chiede dove può trovarmi e gli rispondo “Alla comune, sulla quarta strada”. Mi lascia e corro via.

Quando arrivo alla comune, Beth è in lacrime. Mi corre incontro e mi abbraccia. Rispondo all’abbraccio, poi la scosto dolcemente e vado verso la camera di Sam e Phe, mio fratello. Trovo la porta chiusa, busso e Phe mi apre, scuro in volto. Entro e vedo Sam nel letto, bianco come il muro, con la fronte imperlata di sudore. E’ rannicchiato su lui stesso, sotto il piumone. Sembra ancora più magro di quel che già è.

“Che è successo?” chiedo.
Mio fratello risponde che qualche ora fa lui e un suo amico sono arrivati alla comune e Sam già non stava molto bene; ha vomitato, più volte e poi è salita la febbre.
Esattamente come le altre volte. Anche se lui nega, imperterrito, tutti sappiamo che si fa. Non so di cosa, nessuno alla comune lo sa.
“Credo sia di nuovo in astinenza” dico.
Phe annuisce. 
Improvvisamente sento Beth, alle mie spalle, che urla mi di stare zitta, che non è vero, che non si droga.
Mi giro, neanche mi ero accorta che era entrata, prima che si mettesse a gridarmi contro. E’ una scena che ho già visto fin troppe volte.
Ha gli occhi arrossati dal pianto, che paiono più chiari del solito, è stretta in un cappotto immenso per lei e, con la cresta bionda abbassata, sembra un pulcino. Faccio per abbracciarla, ma si sposta, guardandomi con rabbia e ripete, questa volta sussurrando “Lui non si droga”
Credo lo stia dicendo più a sè stessa che a me, perché continua a dirlo, a voce bassa, facendolo sembrare un rantolo. Provo ad allungare un braccio per circondarle le spalle. Questa volta non si sposta, ma è assente, non si accorge nemmeno che la sto toccando, probabilmente. E’ intenta a guardare quel fantoccio inanimato che Sam è diventato.
Intanto Phe ha chiamato il migliore amico di Samuel. 
Io cerco di consolare Beth, ma i suoi singhiozzi sono così forti che coprono la mia voce. Provo a dirle che andrà tutto bene, ma non mi ascolta.
Poco dopo, bussano alla porta. Vado ad aprire e mi ritrovo davanti Jimmy.
In altre situazioni sarei svenuta, ma ora mi limito a balbettare e diventare un peperone. “Ciao. L-ll-lui è.. è nel letto, lì.” abbasso lo sguardo. Cazzo, perché mi fa questo effetto? Io non sono così, io non credo nell’amore e in queste cazzate-penso.
Sono di nuovo catturata dai suoi occhi. Mi sposto per farlo passare e mi sorride, poi torna serio e va verso il letto. E’ girato di spalle, ma vedo che tira fuori una siringa e e un laccio di gomma. 
Prendo Beth per le spalle e la porto fuori dalla camera. Subito prova a liberarsi dalla mia presa, ma con ben poca convinzione. Mi siedo a terra, con la schiena contro il muro e lei fa lo stesso; ora ha smesso di singhiozzare e le lacrime si sono finalmente fermate, ma ha losguardo perso nel vuoto,  e con gli occhi arrossati, stretta su lei stessa, mi sembra solo un cucciolo impaurito. Non so dire niente per consolarla. Mi limito a tirarle una pacca sulla spalla. Non sono tipa da baci, abbracci e smancerie; odio qualsiasi tipo di contatto fisico e con Beth faccio già un grande sacrificio. Più mi si sta lontani, meglio è.
Rimaniamo così, immobili e zitte, per una decina di minuti, poi escono Phe e Jimmy, che ci dicono che è tutto okay. Beth corre dentro e si chiude la porta alle spalle.
Jimmy mi fa ciao ciao con la mano, sorridendo in quel modo così inquietante e se ne va, fischiettando, con le mani in tasca come se niente fosse.
Rimango perplessa dal suo comportamento, ma -è Jimmy!- penso.
La giornata passa veloce, Sam si riprende del tutto e non si parlerà più dell’episodio, specialmente in presenza della mia amica, come succede sempre.
   
 
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