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Autore: itsjudsie    21/11/2012    10 recensioni
«Sonno, Ziva?»
Un brivido mi corse giù per la schiena, e se ne accorse.
«Hai freddo» non era una domanda. Ma non era neanche la verità.
«Sì» risposi. Forse avevo solo bisogno di tenermelo stretto, forse era da sempre ciò che volevo.
Avevo bisogno di affetto, una cosa che mi mancava ormai da troppo tempo.
Forse..
No, non poteva essere.
Forse avevo bisogno di lui?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Abigail Sciuto, Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Timothy McGee, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rule #12. Never date a co-worker.
 
 
 
Quella sera ci trovavamo tutti quanti a casa di Gibbs.
Ci aveva invitati  passare la vigilia di Natale da lui, dopotutto eravamo una grande famiglia.
C’eravamo tutti, la squadra al completo: io, Anthony, Timothy, Abigale, Donald e Jimmy.
Il capo era stato molto carino a chiederci di stare da lui.
Eravamo le uniche persone con le quali avrebbe voluto stare.
Dopo che avevo lasciato Roy, tutto era diventato più difficile. Andare a lavoro, tornare a casa, stare da sola, non avere qualcuno con cui passare il mio tempo, con cui parlare.
Questa era la mia famiglia, le uniche persone della mia vita. Le uniche persone di cui m’importava.
 
          «Ehi, va tutto bene?»
Abby mi aveva colta alla sprovvista. Era comparsa dietro di me senza che me ne accorgessi, portandomi un bicchiere di non so quale alcolico.
Le sorrisi. «Tutto bene, tranquilla.»
Lei mi sorrise di ricambio e si diresse verso la cucina, saltellando. Ma come faceva ad essere sempre così positiva?
L’ammiravo. Non lasciava mai trasparire nulla, in tutti gli anni che lavoro all’NCIS non l’ho mai vista triste.
Sì, l’ammiravo.
Ora si trovava in salotto, davanti al caminetto acceso, a parlare con Gibbs.
Il loro era un rapporto fantastico, senza muri, né bugie, né cose non dette. Credo che nessuno lo conosca meglio di lei.
Continuavano a parlare, e ogni tanto lui sorrideva.
Padre e figlia.
Sì. Lui era il padre che lei non aveva mai avuto, e lei era la figlia che lui aveva perso.
 
          Erano le 11:00.
Mancava pochissimo a mezzanotte, e volevo bere un altro po’ prima di festeggiare.
Timothy era seduto sul divano con Tony, Abby stava ancora parlando con Jethro davanti al fuoco, e il Dott. Mallard era seduto al tavolo con Jimmy. Immaginai che gli stesse raccontando qualche storia del suo passato, quindi mi avvicinai.
«Potrei sedermi insieme a voi?»chiesi, fingendo di non conoscerli.
Palmer soffocò una risatina, mentre Ducky fu cortese come sempre. «Ma certo, cara» e un sorriso gli si stampò sul viso.
«Stavo giusto raccontando a Jimmy di quando passai il Natale in Europa, nel ’52. ero piccolino, e non ero mai stato così lontano da caso, infatti…»
Andò avanti a raccontare, ma smisi di ascoltarlo.
Mi girai verso Tony, dall’altra parte della stanza, e vidi che mi stava fissando. Incrociai il suo sguardo per pochi secondi, e poi ritornai a guardare Ducky, ancora intento a raccontarmi la sua storia. Non si era accorto che non lo stavo ascoltando, quindi gli sorrisi come se niente fosse.
 
          Tony si alzò in piedi di scatto, facendo quasi morire McGee.
Non ne diede importanza e disse, alzando il bicchiere che aveva in mano «Venite tutti qua, mancano pochi minuti!» e, bevendo, si risedette.
Tutti e tre ci alzammo dal tavolo e ci dirigemmo verso il salotto, dove si trovavano gli altri.
Abby si sedette accanto a Jethro, allora Tim si alzò e si mise dall’altra parte vicino a lei.
Nell’altro divano era rimasto solo Tony, quindi andai vicino a lui.
«Non riesci a stare senza di me, eh?» scherzò lui. Mi misi a ridere e gli tirai uno scappellotto sul braccio. Lui fece finta di offendersi, e si girò dall’altra parte. Poi tornò a guardarmi e mi sorrise.
Mi chiesi quando mai sarebbe cresciuto.
Però aveva ragione.
«Cinque, quattro, tre..» si era alzato in piedi e aveva cominciato a fare il conto alla rovescia neanche fosse Capodanno
Allora ci alzammo tutti, per prepararci agli auguri.
«..due, uno..»
Mettemmo giù i bicchieri.
«Buon Natale!»
Quanta dolcezza mi faceva, si emozionava ancora per così poco.
Mi gettò le braccia al collo e mi strinse a sé. Anche gli altri si stavano abbracciando facendosi gli auguri, ma non me l’aspettavo.
«Buon Natale, Ziva» mi sussurrò queste tre parole nell’orecchio, e mi sentii bene. Forse era questo ciò di cui avevo bisogno.
Si staccò e andò da Abby, poi da McGee, e da tutti gli altri.
Io andai verso Gibbs, che mi abbracciò forte e mi diede un bacio sulla guancia, come faceva con Abby.
Poi andai da chi mi mancava.
 
          Avevamo bevuto molto, tutti quanti.
Eravamo molto stanchi, ma per fortuna la mattina dopo non saremmo andati in ufficio.
Avevamo trovato chi ci avrebbe sostituiti, quindi non dovevamo preoccuparci di nulla.
 
          Mancava un quarto a mezzanotte, quando Jimmy e Ducky si alzarono.
«Scusate ragazzi, ma io torno a casa. Non sono più così giovane come una volta, ho bisogno di andare a dormire. Mi ricordo quella volta, quando ero piccolo, che mio zio tornò a casa da Capodanno molto tardi, ed era più vecchio di quanto lo sono io adesso, e praticamente..»
«Ciao Ducky» lo congedò Jethro con un sorriso, accompagnandolo alla porta.
«Ciao ragazzi!» salutò Jimmy, prima di uscire.
Chiuse a chiave e tornò in sala.
 
          Ormai era ora di dormire.
Tra l’alcool e l’orario eravamo tutti stanchissimi
«Ragazzi, voi dormite pure qui, io vado su. Se per qualsiasi motivo mi disturbate, giuro che vi licenzio.»
«Sì, capo!» Tony e Tim scattarono sull’attenti, e a Jethro scappò un sorriso. Quelli erano i suoi ragazzi.
Diede un bacio a noi ragazze, e andò al piano di sopra, spegnendo la luce.
 
          Ci sedemmo, nessuno riusciva più a reggersi in piedi.
Un divano se lo presero Timothy e Abby, quindi dovetti accontentarmi dell’agente che rimaneva.
I due si addormentarono subito. Erano abbracciati, mi facevano troppa tenerezza.
McAbby.
Regola numero 12.
Se il capo l’avesse saputo.

 
          Sbadigliai.
Guardai l’orologio, era già l’una. Come passa in fretta il tempo quando sei con la tua famiglia.
Poi mi ricordai una cosa: dovevo dividere il divano con Tony per tutta la notte.
Però, in fondo, l’idea mi piaceva.
Sbadigliai un’altra volta, e lui mi mise un braccio  intorno alle spalle.
«Sonno, Ziva?»
Un brivido mi corse giù per la schiena, e se ne accorse.
«Hai freddo» non era una domanda. Ma non era neanche la verità.
«Sì» risposi. Forse avevo solo bisogno di tenermelo stretto, forse era da sempre ciò che volevo.
Avevo bisogno di affetto, una cosa che mi mancava ormai da troppo tempo.
Forse..
No, non poteva essere.
Forse avevo bisogno di lui?
Appoggiai la testa sulla sua spalla e lui con l’altra mano cominciò ad accarezzarmi i capelli.
Per l’occasione li avevo raccolti in una coda alta e li avevo lisciati, sembravano ancora più lunghi.
Anche se avevo sonno, non riuscivo a chiudere gli occhi, ero agitata.
Da troppo tempo aspettavo di essere me stessa con lui, di non dover più fingere che non m’importasse, di non ridere alle sue battute, di andare in missione con lui e non riuscire a guardarlo, per cercare di controllarmi.
Decisi che ero stufa, era il momento.
Presi la sua mano destra, che era sulla mia spalla, con la mia.
Al mio tocco s’irrigidì, ma subito incrociò le dita con le mie.
Mi sentii bene.
Girò la testa verso di me e mi diede un bacio sulla fronte.
Altro brivido, e se ne accorse anche sta volta.
Eravamo seduti, quindi cominciò piano piano a distendersi, tirandomi verso di lui.
Poi andò giù un altro po’.
Era disteso praticamente del tutto, ed io ero metà al suo fianco, metà su di lui. Questa volta era l’altro braccio che mi stringeva, per non farmi cadere dal divano.
L’unica luce che c’era era quella della luna. Riuscivo a vederlo a malapena, ma mi bastava.
Con una mano mi sollevai un po’ dal divano e con l’altra cominciai ad accarezzargli il viso.
Di rimando, con il braccio libero mi cinse la vita e mi accarezzò la schiena.
Continuavo a sentire brividi, e se ne accorgeva ogni volta.
Soffocò una risatina, e gli tirai uno scappellotto, piano confronto a prima, sulla testa.
Mi sorrise, si divertiva immagino. Gli piaceva stuzzicarmi, ma adesso potevo reagire come volevo.
Lo guardai negli occhi, ma c’era troppo buio, non li vedevo azzurri. Erano scuri, ma bellissimi lo stesso.
Mi meravigliai di quanto mi piacesse guardarlo.
Anche lui mi stava fissando.
«Ziva..» sussurrò così piano che feci fatica a sentirlo.
Poi mi prese il viso con la mano libera e mi baciò delicatamente.
Sorrisi e risposi al bacio.
 
‘Forse avevo solo bisogno di tenermelo stretto, forse era da sempre ciò che volevo.
Avevo bisogno di affetto, una cosa che mi mancava ormai da troppo tempo.
Forse..
No, non poteva essere.
Forse avevo bisogno di lui?’
 
Tiva.
Regola numero 12.
Ah, se il capo l’avesse saputo.


 
 

Note: questa è la mia prima storia su NCIS.
 
Il Natale si sta avvicinando ormai, manca solo poco più di un mese, ed io sto già entrando in tema :)
L’idea mi è venuta all’improvviso, quindi ditemi che ve ne pare.
Insomma, se vi va lasciate una recensione, anche piccola, quel tanto per dirmi se vi è piaciuta o no.
 
Bene, non ho altro da dire. Solamente, una bacio enorme a chi ha letto e due baci a chi ha recensito ;)
-M
 

  
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