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Autore: Melian    09/06/2007    2 recensioni
"Cassandra guardava le note segnate sullo spartito in silenzio, perfettamente immobile; aveva l'espressione concentrata e, allo stesso tempo, incantata: sembrava persa tra quelle note che costituivano tutto ciò che lei aveva di più prezioso."
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL PIANOFORTE

Cassandra sedeva dinanzi al suo pianoforte e teneva le dita poggiate sui tasti bianchi.
Uno spartito era aperto sul leggio e molti altri fogli erano sparpagliati qua e là. La stanza era vasta ed illuminata dal sole del primo pomeriggio, mentre il profumo dei fiori, rose rosse e orchidee, in un vaso posato su un tavolino riempiva l'aria; le tende svolazzavano lievemente al soffio del vento primaverile.
Cassandra guardava le note segnate sullo spartito in silenzio, perfettamente immobile; aveva l'espressione concentrata e, allo stesso tempo, incantata: sembrava persa tra quelle note che costituivano tutto ciò che lei aveva di più prezioso. Perché la musica era tutto il mondo di Cassandra, e lei non poteva farne a meno.
Suonava fin da bambina e non aveva mai smesso: lei e il suo pianoforte a coda erano divenuti una cosa sola, gli ottantotto tasti bianchi e neri erano un prolungamento del suo essere, gli spartiti e le melodie i suoi compagni fidati.
Ma quel giorno qualcosa non stava andando nel verso giusto: Cassandra non riusciva a suonare, la sua espressione, prima felice, s'era fatta come impaurita, come se si sentisse persa in un luogo sconosciuto. Per la prima volta in tutta la sua vita, sentì la musica divenirle estranea. Due lacrime le caddero dalle ciglia e le inumidirono il viso d'adolescente. Perché non riusciva a capire il senso delle note di quella melodia di Chopin? Le sembrava che il foglio bianco fosse stato imbrattato con linee e segni scuri disegnati casualmente.
Cassandra chiuse gli occhi per un momento e respirò a fondo: avvertì il venticello proveniente dalla finestra aperta sulla pelle e il profumo dei fiori freschi giungerle alle narici. Si sentì di nuovo calma, tranquilla e protetta, lì nella sua stanza segreta, coi suoi fiori e il suo pianoforte. Riaprì gli occhi e, finalmente, cominciò a suonare.
Le note presero a salire d'intensità, eppure erano diverse dal giorno prima: sembravano tremare incerte nell'aria, susseguirsi alla rinfusa, sembravano non creare affatto quella magia speciale che la musica sapeva far nascere.
Erano suoni sgraziati, striduli, che fecero arricciare il naso di Cassandra, la quale smise immediatamente di suonare. Guardò le sue mani posate sui tasti dello strumento e le ritirò improvvisamente: possibile che quell’accozzaglia di rumori l’avesse realizzata lei? Si sentì, ad un tratto, profondamente arrabbiata e batté una mano sui tasti producendo ancora un rumore stridulo e disarmonico.
S’alzò dallo sgabello di scatto, s’avvicinò alla finestra e guardò fuori. Il giardino dove giocava da bambina era diverso, adesso: gli alberi erano cresciuti, non c’era più la sua vecchia altalena. Erano ormai finiti gli anni dedicati ai giochi, l’infanzia era cosa passata: ora la vita esigeva che crescesse.
I ricordi riemersero nella mente di Cassandra. Ella stessa s’era costretta, senza saperlo, in una prigione fatta di artificio, di mediocrità, di domande senza risposte e taciute per chissà quale motivo, di accondiscendenza con amici e famigliari per paura di restare sola e di non essere accettata. E tutte quelle paure, quelle ansie, quei dubbi, quei silenzi, si erano tradotti in una musica artificiosa, ridondante, falsa, priva di emozioni e di intensità. Adesso si rendeva conto della verità. Prima le sembrava che tutto fosse accettabile, che non ci fosse nient’altro oltre quel modo di vivere, che la sua musica fosse già sublime così. E, ora che cominciava a crescere e a cambiare, era mutata anche la sua musica: era più delicata, più viva, più autentica; era musica vera, perché lei stessa era più vera e libera.
Cassandra tornò alla realtà, rivide il giardino e si ritrovò nella sua stanza; si voltò verso il pianoforte e lo guardò tristemente. Cosa c’era che non andava? Perché la musica era diventata stridula? Perché si alternavano giorni in cui suonava da grande artista ad altri in cui le note erano caotiche?
Tutto il suo mondo era la musica ed essa mutava al mutare della sua anima.
Cassandra si chiese perché mutasse così all’improvviso e cosa avrebbe dovuto fare per trovare il giusto equilibrio. Voleva diventare una grande pianista, voleva che la sua musica colpisse il cuore e suscitasse sensazioni mai provate… e aveva bisogno delle risposte a quelle domande che si accavallavano nella sua mente d’adolescente confusa. Ma forse le risposte si trovavano nella musica stessa, nella sua stessa anima, e lei non doveva far altro che portarle fuori e dare loro corpo attraverso le note: doveva far musica e trovare pace. Sospirò e si sforzò di sorridere; si risedette sullo sgabello e posò le dita sui tasti bianchi; chiuse gli occhi e si sentì nuovamente serena. Ricominciò a suonare la melodia di Chopin a memoria, senza guardare lo spartito, e cercò di imprimere il giusto sentimento in quelle note. Sgombrò la mente e suonò con animo sereno e i suoni tornarono ad essere magici, armonici.
Ma di tanto in tanto, nel bel mezzo dell’armonia, qualche suono era discordante, qualche nota tornava ad essere stridula e Cassandra ancora non capiva come fare ad eseguire un pezzo per intero senza sbavature. Soffriva ancora, perché sentiva che nelle sue mani la musica era distorta, perché anche le note sembravano soffrire con lei. Non pianse: troppo a lungo l’aveva fatto e adesso gli occhi le bruciavano ed stanca di restare immobile ad osservare.
Lei doveva vivere, doveva agire.
Niente più giornate davanti alla finestra, ma sotto il sole di primavera, con la musica come compagna e come fonte d’ispirazione. Niente più giorni passati a fantasticare, col pensiero rivolto a cose solo vagheggiate e mai veramente ottenute.
Era tempo di vivere la vita vera, di crescere e maturare e cambiare. Era tempo di diventare una grande pianista, di comporre musica e di farla ascoltare negli uditori delle città più importanti del mondo.

Cassandra voleva vivere e suonare e amare. Voleva fare tutto ciò come una persona nuova e autentica, voleva farlo al massimo.
Continuò a suonare e la musica l’avvolgeva; era una sinfonia nella quale la vecchia e la nuova Cassandra s’incontravano, si scontravano e si fondevano. Ma, ad un certo punto, si fermò: non sapeva più andare avanti, nella sua testa non c’erano più note, l’ispirazione era sparita. Cassandra doveva ancora capire chi era e dove andare prima di riprendere a suonare. Doveva guardarsi dentro, perché solo in lei avrebbe trovato le risposte che cercava. Compiuto quel passo, la sua musica sarebbe divenuta la più bella mai sentita e lei sarebbe divenuta finalmente vera.

   
 
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