Anche i fiori piangono,
e ci sono stupidi che
pensano che sia rugiada.
 

Il suo petto gelato, la sua formidabile stretta, da cui nemmeno volendo mi sarei potuta sottrarre. Il suo profumo di pino, fresco e pungente. Le mie lacrime, che scorrevano calde, una dopo l'altra, inumidendogli la camicia. Ero nell'unico luogo dove potessi sentirmi al sicuro: tra le sue braccia. Mi teneva stretta a sé, come se qualcuno mi stesse strappando via da lui. Piangevo con tutta la forza che avevo, le mani che si aggrappavano alla stoffa, i singhiozzi che mi scuotevano il corpo. Lui non tentennò, lui era saldo, una roccia sulla quale potevo sostenermi. Le sue mani sulla mia schiena si muovevano lente, dandomi morbide carezze. Il suo tocco era micidiale. Mi sentivo scottare, mi sentivo fragile e piccola. Il mio mondo era tutto lì: nei suoi occhi color miele. Il suo sguardo era pacato, compassionevole, serio e dolce allo stesso tempo. Mentre io mi svuotavo, lui conteneva tutto il mio dolore. La sua presenza mi riempiva il petto, la sua attenzione dissetava la mia sete. Provavo per lui un amore celestiale, al di là di ogni tipo di rapporto: non era amicizia, non era passione, ma era amore: amore del dolore.


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