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Autore: twisted__    21/11/2012    6 recensioni
In un giorno di scuola come un altro, in un periodo che di positivo non ha niente, Hermione Granger si accorge di avere un problema: è perdutamente, assolutamente innamorata di Harry Potter.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Il sole pallido, su un giardino altrettanto bisognoso di calore dopo diverse giornate di pioggia, sembra non essere abbastanza.
Non è abbastanza per riscaldare il prato, per riscaldare le acque del lago che distano così poco dal castello di Hogwarts.
Non è abbastanza per riscaldare la pelle diafana di Hermione Granger, con le maniche della divisa sollevate sopra i gomiti, i capelli sulla spalla, seduta sotto un albero con in mano un libro. Non è abbastanza per le sue mani fredde che accarezzano le parole nere, ancora profumate d’inchiostro, e quel sole pallido, senza pretese, non rende più luminoso un pomeriggio trascorso provando a studiare con accanto un Weasley pensieroso, o forse troppo pigro anche solo per chiederle di copiare.Così Hermione si accarezza le mani, studia i riflessi rossi dei capelli di Ron, poi immagina le sue mani fra quei capelli, ma vede la scena molto meno nitida. Troppo meno nitida, qualcosa sta cambiando. Un sospiro di sollievo le riempie i polmoni, perché sa che avere un cervello sotto controllo vuol dire avere in mano il mondo. Un mondo dove Weasley e Potter sono le braccia e lei è il cervello. E il cervello non si innamora delle braccia, le pilota, le comanda.
E lei, essendo la testa, ha il controllo.
Ha il controllo in un mondo in cui non c’è posto per le insicurezze, in un mondo in cui non ti innamori. E una volta, lei era innamorata di Ron, forse, o forse ci era andata molto vicina. Adesso però qualcosa stava cambiando e lentamente, timidamente, Hermione Granger stava tornando.
”Dov’è Harry?”
”Harry? Non lo so, credo che arriverà fra poco”.
Ron annuisce, una spiegazione sintetica gli basta per tornare a guardare il cielo e lentamente lei abbassa lo sguardo sui suoi libri.

 “Amortentia:Le sue caratteristiche peculiari sono la luminosità madreperlacea ed il vapore che si innalza formando delle spirali; essa inoltre assume un odore differente a seconda della persona che ne entra in contatto e di ciò che la attrae maggiormente. E' il filtro d'amore più potente del mondo..”
 
“Cosa studi?”
Hermione solleva lo sguardo dai libri, vagamente scocciata e guarda Ron per qualche secondo prima di rispondergli.
”Secondo te?Pozioni, no?”
Indica la copertina del libro con sguardo saccente, quello che Ron aveva odiato spesso, quello che lei non aveva rinunciato ad indossare.
”Mmh.”

 “Distillato della Morte Vivente:Alcuni degli ingredienti necessari alla sua preparazione sono le radici di valeriana ed il succo di Fagiolo Sopoforoso Allo stadio intermedio diventa di color ribes nero, ed in seguito passa al lilla chiaro; mescolandola in senso antiorario, infine, diventa definitivamente limpido come l'acqua..”
 
“Harry!”
Alza lo sguardo, questa volta chiude il libro e Ron lo nota, storce la bocca, un tempo sarebbe stato un gesto che le avrebbe lasciato il sorriso tutta la giornata, ora è solo un gesto come un altro, il gesto del suo migliore amico.
Nulla di più del suo migliore amico.
 “Ciao.”
 “Che hai?”
Hermione è ancora muta davanti agli occhi tristi di Harry, occhi frustrati, arrabbiati.
Occhi che raccontano la foresta prima che piova.
 “La Umbridge, sono di nuovo in punizione.”
 “In punizione? Ancora? Ma stai scherzando? Cosa hai fatto di nuovo? Oh, Harry, quella donna è pericolosa, tu..”
 “Hermione, per cortesia! Non ho fatto niente, non sono io l’idiota che mente fra i due.”
 “Noi questo lo sappiamo e lo sa anche lei, con la differenza che il gioco che sta portando avanti è proprio quello di screditarti e tu non dovresti..”
 “Hai ragione, non dovrei parlare e dovrei lasciarle dire quanto è bugiardo Harry Potter.”
 “Per l’ultima volta, Harry, noi ti crediamo. Okay? Ti crediamo. Per cui smetti di parlare come se fosse colpa nostra, come se fossimo tutti contro di te.”
Il silenzio cala sul trio, il sole ancora pallido non riscalda l’atmosfera.
 “Hai ragione. Scusa.”
 “Sì, scuse accettate. E ora cosa farai?”
 “Cosa vuoi che faccia? Ci vado.”
I capelli di lui sono disordinati, in un caos che sembra essere stato già stabilito dalla natura, un caos fittizio in cui le sue dita- pensa- si perderebbero volentieri.
Il pensiero la coglie di sorpresa, Hermione storce il naso e si rimprovera perché le sembra troppo assurdo, perché in lei non è contemplato qualcosa che non ha un fondo di razionalità e quel pensiero non ne ha, nemmeno un po’.
Continua a studiarne il profilo, il viso afflitto e arrabbiato che sembra trattenere le lacrime.
 “E oggi avrei dovuto incontrare anche Cho..”
Un mostro le graffia il cuore, la costringe a voltarsi di scatto verso di lui, ad odiarlo. E di nuovo si rimprovera, perché non è chiara con sé stessa, perché è da un po’ che guardando Harry non si capisce.
 “Non puoi incontrarla lo stesso?”
 “Non credo. Proverò lo stesso a cercarla nella  Stanza delle Necessità ma sarà tardi..”
Interviene timida, sopra la voce di Ron che appena ascolta la sua indietreggia e cessa.
 “Beh, meglio provare, no?”
Le trema la voce, si schiarisce la gola. Trema dalla paura, crede, non lo sa.
 “Sì..sì, proverò, e ora vado..”
Si alzano in tre, si guardano complici e si comprendono.
Chissà se lui coglie tutto- si chiede- mentre la guarda, mentre ascolta la sua voce tremare.
Chissà se Ron ha colto qualcosa di diverso ultimamente, chissà se questo cambiamento gli piace.
Chissà se anche lei riuscirà a capirsi, appena Harry smetterà di guardarla.
 “Harry, ti prego, fai attenzione.”
Lui sorride e a lei cede il cuore. Piano, scricchiolando, ma cede.
 “E’ la Umbridge, non Voldemort. Anche se devo decidere quale fra i due sia più inquietante.”
Si sorridono, flebilmente, quasi a farsi coraggio non si sa per quale disgrazia.
E così Harry si allontana e lei con lui, con la scusa di una lezione importante. Così Hermione si guarda le scarpe, si congeda da Ron col sorriso, conta i suoi passi.
 
Sei innamorata di Harry Potter.
 
Si ferma, in un corridoio invaso da masnade di studenti di Grifondoro, Serpeverde, Corvonero e qualche Tassorosso. Non nega che sia vero, sa che non può.
E’ verità, è disastrosa, inconveniente, oscura verità.
E’ davvero innamorata di Harry Potter, del suo migliore amico, e una volta imboccata una strada non si torna indietro. Questo Hermione lo sa bene.
Con le lacrime agli occhi procede e decisa siede al primo banco che trova, decisa per una volta nella vita a non ascoltare la lezione.
La McGranitt lancia uno sguardo alla classe con fare distaccato, in realtà è proprio lei colei che li proteggerebbe fino alla morte se Voldemort fosse arrivato ad Hogwarts in quell’istante.
Lei ed Harry.
 “Dov’è Potter?”
 Hermione fissa la professoressa, spera che i suoi occhi dicano molto di più delle sue labbra.
 “E’ con la professoressa Umbridge. E’ in punizione”
La MacGranitt non sorride e un lampo di preoccupazione le illumina lo sguardo. Fa fatica a recuperare sé stessa, prima di annunciare l’argomento della lezione che quel giorno avrebbe affrontato.
Così Hermione conta i minuti aspettando di rivedere Harry e lasciarsi la Umbridge alle spalle.
 
***
La mano brucia, brucia maledettamente.
Harry la nasconde nella manica e vorrebbe correre, il respiro è affannoso incredulo. Gli occhi, di un verde impressionante di cui lui non si accorge, completamente sconvolti. Così corre, corre il più lontano possibile dall’ufficio della Umbridge, il più lontano possibile da qualcosa che dovrebbe farlo ridere in confronto a quello che ha visto negli occhi di Voldemort.
Il problema principale è che qui l’eroe non può difendersi, non può lottare. Per preservarsi dovrebbe tacere e questo il Prescelto non lo fa.
Prescelto per cosa poi? Prescelto di un cazzo.
La porta della Stanza delle Necessità appare davanti al suo sguardo sconvolto, lui nemmeno pensa di dover incontrare Cho, nemmeno si ricorda che solo qualche ora fa avrebbe dovuto vederla.
Nemmeno si ricorda di aver provato qualcosa di simile ad una “cotta adolescenziale” prima di quel momento.
Chiude la porta sbattendola forte, respirando affannosamente, pigiandosi la mano sul cuore per farlo tacere.
E solo quando il corpo è muto riconosce i singhiozzi di polmoni che conosce.
Hermione, dietro una enorme pila di libri, piange per un dramma che lui non conosce.
 “Hermione.”
 “Harry!S..sei qui, oh, sapessi quanto ero preoccupata!”
 “Tu stai piangendo, cosa..?”
 “Non importa, siediti, dimmi come stai”
Si siede accanto a lei che abbraccia le sue ginocchia e la guarda asciugarsi frettolosa una guancia con la manica della divisa.
 “Io sto bene, non poteva certo uccidermi”
Sforza diversi muscoli per sorriderle in modo rassicurante, per farla ridere con lui.
 “Come ci siamo finiti così, Harry? Come siamo finiti a temere per la nostra salute quando siamo in punizione? Come siamo finiti a dover tacere così, a non poter contare nemmeno su Silente che sembra avere altro da fare?”
 “Non siamo soli, lui è…”
 “Oh andiamo, tu sei il primo a sentirti abbandonato..”
 “Sì.”
Tacciono, nessuno dei due si guarda, Harry conta i suoi battiti cardiaci ed Hermione si conta le lacrime che non controlla.
 “Perché poi? Perché abbandonare te? Lo sa che sei l’unica speranza che abbiamo..”
 “Calma, c’è ancora lui, io sono solo..”
 “Sei solo un ragazzo, lo so. Oh, quanto vorrei fosse davvero e totalmente così, Harry, credimi, lo vorrei.”
La mano di lui cerca quella dell’amica, le dita di lei sfiorano il sangue che non è ancora del tutto raffermo sulla ferita fresca.
Lei gli prende la mano, guarda la cicatrice, gli occhi colmi di lacrime si voltano verso di lui.
 “E’ questo quello che ti ha fatto?”
 “Sì, ma non è doloroso come sembra.”
Gli sorride ma lui sa che ha capito quanto mente, però non si giustifica. Questo è Hermione, la giustificazione che non deve fornire, le parole che non deve pronunciare certo che saranno colte comunque.
 “Tu dovevi anche vedere Cho..”
 “Non mi importa niente di Cho.”
 “Non dire così, lei avrà capito.”
 “Non mi importa che abbia capito.”
 “Cosa?”
 “Non mi importa quello che pensa. Non so quanto mi importi, se mi importi. Certe volte mi sembra solo che tutto questo sia il frutto della morte di Cedric, una specie di senso di colpa, di disgrazia da condividere e sento che posso condividerla solo con lei, non perché la capisca, ma perché la riguarda.”
 “Non devi condividere niente se non è spontaneo.”
 “Lo so.”
Le sistema i capelli con la mano ferita, lei gli sorride con una complicità particolare, silenziosa.
Le sue dita, quasi per errore, si intrecciano con quelle di lei, come era successo tante volte, come sarebbe successo in tante future passeggiate verso la capanna di Hagrid, ma in modo diverso.
I suoi occhi sono persi nel suo castano, quelli che spesso si sono nascosti dietro un romanzo o un libro di scuola, quelli che dal loro angolo imploravano un rosso di notare proprio lei. E chissà se lo chiedono ancora, chissà se adesso sta commettendo un errore.
In un momento le labbra di lei sono sulle sue, leggere, timide, riflessive. Non si muovono, per qualche minuto soppesano le loro decisioni, poi le mani si cercano febbrili, il sangue sulla sua mano sporca le dita di lei, le loro labbra si cercano, gemelle.
Lei lo guarda, con le mani ancora intrecciate alle sue, gli accarezza le ciglia, sembra tenerne il conto, sembra che avesse sempre voluto nascondersi lì dietro, sporcarsi le dita col suo sangue. Lei, la ragazza dal sangue sporco, pronta ad asciugare il sangue del Prescelto.
Prescelto per niente, poi, prescelto solo per pettinarle i ricci ribelli, quelli da guerriera che non sa capire quanto è bella, anche in armatura, anche sulla difensiva, dietro un libro.

Non devo dire bugie” recita la sua mano, recitano le sue ferite.
L’unica bugia che non vuole più raccontarsi, è che per lui Hermione non vuol dire niente.
L’unica bugia che si è sempre detto è che non ha desiderato mai, nemmeno per un momento il viso di lei.
 “Non devo dire bugie, hai visto?”
Lei ride mentre gli accarezza il petto nudo, di una nudità che non conosce imbarazzo, che ha solo il sapore di casa.
 “Non dire sciocchezze.”
 “No, una cosa la Umbridge l’ha capita, qualche bugia la raccontavo.”
 “Tipo?”
 “Tipo? Tipo che non ho mai pensato di dirti che amo i tuoi capelli, che odio quando li tagli, che mi piacciono ribelli, guerrieri, difficili da piegare come te, come i tuoi occhi. Tipo che non ti ho mai notato fra una folla di mille di loro con i visi più perfetti, anche nascosta dietro un libro. Tipo che per me i tuoi pareri non fossero poi così importanti, anche quelli più irritanti, anche quelli per cui ti avrei urlato in faccia.Tipo che quella sera, al Ballo del Ceppo, ti ho trovato meno bella delle altre volte, solo perché eri molto meno semplice, molto meno tu.”
Lei ride, ridono insieme mentre sanno di condividere ormai la pelle, una verità.
 “Allora non dirmi mai più bugie. Non diciamocene mai più”
   
 
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