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Autore: Campolo    22/11/2012    0 recensioni
In questa storia ci sono tre migliori amici, che cercano di realizzare il proprio sogno, lo stesso sogno, tutti insieme. Ce la faranno? Non si sa, ma, MAI PERDERE LA SPERANZA!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Intanto ci sono io. Era l’ultimo giorno di scuola, di quinta superiore. Dalle elementari stavo aspettando che quella campanella suonasse, quel giorno, a quell’ora. Ma poco tempo prima, pensai: “E poi, cosa farò senza i miei amici? La scuola sarà pur finita, e io odio la scuola. Ma lì ho conosciuto persone magnifiche!”
Suonò la campanella. Vedevo persone che saltavano di gioia, persone tristi, e io che ero un misto tra tutte e due le cose.
Non riuscivo a pensare come sarebbe stata la vita senza la mia migliore amica, Ilaria. Ci siamo conosciuti in prima media, prima eravamo perfetti sconosciuti, e siamo andati entrambi al liceo linguistico, venendo bocciati tutti e due in quarta superiore. Era destino?   Non lo so . 
La nostra amicizia è fantastica.
Io intanto la stavo aspettando fuori da scuola. Ad un certo punto mi coglie di sorpresa abbracciandomi. Inizialmente mi spaventai, ma poi, capendo che era lei, divenni felice, e forse piansi, perché, può sembrare strano, ma non mi ha mai abbracciato.
Comunque… Quel giorno doveva venire da me, e passammo una giornata insieme e ci divertimmo molto.
Di sera la accompagnai a casa sua, che era distante circa cinque minuti a piedi dalla mia. Era giunto il momento dell’addio, o del ci vedremo una volta all’anno.
Non riuscivamo a separarci.
Il giorno dopo, preparai le valigie, perché sarei dovuto partire per Londra, e chissà, forse avrei potuto incontrare anche i miei idoli.
Nella valigia misi tantissimi poster dei One Direction, il loro cd, il loro dvd, il loro libro, la loro maglia, e dei loro gadget; poi altri oggetti personali, come l’iPod, il telefono, il mio porta fortuna, dei soldi e dei vestiti.
Il giorno seguente mi svegliai presto: “Mamma, svegliati, o arriveremo tardi all’aeroporto!”
Come al solito, se n’era scordata, ma comunque riuscimmo ad arrivare in orario, anzi, in anticipo.
Mia madre aveva gli occhi lucidi. Io la abbracciai.
 “Non devi piangere, tu sarai sempre con me, sei qui, qua dentro.” – dissi indicandomi il cuore.
Lei, mi disse: “Ti voglio bene.”
Non sapete quanto è bello sentirsi dire che la propria mamma ti vuole bene.
Poi arrivò la mia migliore amica di corsa: “Devo dirti una cosa!”
Io, piansi, perché mi sarebbe mancata troppo: “Anch’io devo dirti una cosa!”
 “Mi mancherai troppo, sei la mia migliore amica. Sei la persona più meravigliosa che mi sia capitata nella mia vita. Senza di te non credo starei bene. Ti chiamerò ogni giorno, ci sentiremo dal telefono, dal pc, non lo so, ma ci sentiremo.” – dissi piangendo. 
Lei vide la prima lacrima, anche la seconda, e asciugò la terza.
“Grazie, davvero. La stessa cosa vale per me. Ma la notizia che ti sto per dire io to farà spuntare quel magnifico sorriso che hai, davvero.” – disse lei.
“Ok, dimmi tutto.” – dissi io curioso, ma triste, con le lacrime agli occhi.
 “Vedi questo?” – disse tirando fuori il biglietto dalla tasca.
Io: “Oddio, sì. Oddio, no, non ci cr…”
Lei fece cenno con la testa.
“No, non ci credo. Io ti voglio troppo bene, te l’ho mai detto?” – dissi con le lacrime agli occhi, ma questa volta di felicità.
“Ma, io in tutti i casi te ne voglio di più!” – ribadì lei.
Io la abbracciai, e lei ricambiò: “Però non ti abituare agli abbracci, eh!?”
Le nostre madri si avvicinarono.
“Che carini!” – dissero entrambe con gli occhi lucidi.
“Ora dobbiamo partire, ciao mamma.” – dissi con gli occhi lucidi, mentre la abbracciavo.
“Ciao Enza.” – dissi  salutando la madre di Ilaria.
Di solito mi confondevo, non so perché, ma la chiamavo Renata. Finalmente però, ho indovinato!
Anche Ilaria salutò sua madre, e anche la mia. Poi partimmo. Era la mia prima volta in aereo, e avevo abbastanza paura, ma c’era lei a farmi compagnia.
Ogni volta che avevo paura, le stringevo la mano.
Iniziammo ad ascoltare Up All Night mettendo le canzoni in ordine casuale. Facevamo a gara per chi le indovinava per prima, e vinse lei, solo per una canzone, che indovinò solo perché avevo sete e chiesi all’Hostess una bottiglietta d’acqua.
Era arrivato il momento di atterrare. Ero felicissimo, dico, lì vicino, a Holmes Chapel, Doncaster, Bradford, Mullingar e a Wolverhampton, c’erano i miei idoli! Ma nonostante questo avevo un po’ paura. Ma tanto c’era lì, la mia migliore amica, che c’è sempre per me.
Alla fine del viaggio mi facevano male le orecchie, fischiavano. Poi Ilaria aveva la mano tutta gonfia, e per questo fui costretto a portare la sua valigia.
Eravamo lì, fuori dall’aeroporto, ad aspettare un certo Luca.
Venne a prenderci con la sua macchina. Era bella, rossa, non aveva graffi, era lucida e pulita, doveva essere nuova.
Ci accompagnò in albergo: “Dovete trovarvi un lavoro e un appartamento. Per adesso le spese sono a carico dei vostri genitori.”
Noi lo ringraziammo. Era molto simpatico, e ci lasciò il suo numero di telefono.
Poi stava per andarsene e mi lanciò tre mazzi di chiavi.
“Perché tre?” – chiesi.
“Uno è per te.” – disse indicandomi.
“Uno per lei.” – disse guardando Ilaria.
“E l’altro sono le chiavi della macchina. Un regalo da parte dei vostri genitori.” – mi fece l’occhiolino e uscì.
 Ilaria  non aveva la patente, io sì, quindi la macchina era mia , penso.
Ero mooolto felice; moltissimo.
  
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