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Autore: AAVV    22/11/2012    4 recensioni
Terza parte dei Punti di vista di David.
Siamo a Londra nell'anno 2005, e il nostro impavido protagonista dovrà affrontare un'altra dura perdita...
Per chi ha letto Non Lasciarmi/ Stringimi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Serie: Non lasciarmi/ Stringimi'
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Il punto di vista di David. Parte 3.

Guardo le lancette dell'orologio scorrere lentamente, mentre un freddo mi assale e non mi permette di muovermi. Un freddo che ha impiegato anni per consolidarsi.
Susan mi stringe la mano, aspettando il momento di entrare. Non sa che lui ha espressamente richiesto di non vedere le ragazze. Mi chiedo perché, infondo Corinne è sua figlia, e Susan...be', è come se lo fosse.
Un'infermiera esce dalla stanza, mi alzo all'improvviso come se ne sentissi il bisogno. Fanno lo stesso tutti gli altri e questa inizia a parlare in inglese, la mia seconda lingua. Susan si precipita alla porta quando la donna dà noi il permesso per entrare ma viene subito fermata.
'' Mi dispiace'' inizia la donna '' ma ha espressamente richiesto di non fare entrare le ragazze.''
Susan rimane impassibile- Corinne sembra non badarci- e con la coda dell'occhio mi sembra di scorgere la mano di Ryan che si posa sulla sua spalla. Ma è solo per qualche secondo.
Lei prova a ribattere ma sa che è già tutto inutile, quindi si accascia nuovamente sulla sedia seguita da Corinne. '' Perché non mi vuole vedere?'' mi chiede con un fil di voce.
'' Vedrai che non è nulla'' la rassicuro, ma non sono convinto delle mie stesse parole. '' Vorrà solo parlare tra uomini.''
Susan sbuffa. '' Tipico.'' Poi mi lascia la mano -non mi ero accorto che me l'avesse stretta- e io sono libero di andare con gli altri.
Peter si dondola da un piede all'altro come un bambino mentre Matt e Dawson- gli altri due figli- sembrano più tranquilli del solito, forse un po' ansiosi di scoprire cosa abbia il padre di così importante da dire. Guardo Ryan che alza le spalle con la mia stessa espressione sul viso. Perplessità.
Entriamo nella stanza che ha un odore di disinfettante e di qualcos'altro che non riesco a definire... Robert è sdraiato sul letto. Sembra più vecchio del solito; l'aria allegra da hippy incallito è scomparsa, lasciando posto ad un tono più severo, le rughe sulla fronte sembrano solcarla. Non è il Robert che ho conosciuto, è un vecchio di cent'anni, la vita gli è scivolata via, provocandogli un forte senso di abbandono. E' questa la mia prima impressione.
Muove lentamente la testa verso noi e con voce flebile inizia a parlare, si ferma ogni tre secondi, ho paura che non ce la possa fare. Resisti, per l'amor di Dio. Resisti.
Parla di un addio, non lo ascolto sul serio finché non tira fuori un libro dalla copertina consunta, le pagine macchiate e ingiallite. '' Questo è tutto ciò che vi lascio'' dice, piano. '' Quando me ne andrò da questo mondo voglio che voi mi commemoriate con un antico rituale che è scritto nel libro.''
Rituale...? penso. Non capisco di cosa stia parlando o se stia scherzando, ma in questo momento, di fronte a lui, non posso fare altro che promettere. E' tutto molto strano. Come la sensazione che provo quando lascio la stanza.
Ma mi basta aprire il libro a una pagina qualsiasi e leggere queste parole per capire che questa è la missione che devo compiere, che è stata destinata a me:
Della creatura il sangue si nutrirà.
E una volta giunto in Terra,
renderà omaggio ai suoi servitori,
vendicandoli di ogni misfatto ricevuto.


Sprofondo nel divano e guardo il soffitto per qualche minuto. E' finita, non dovrò più sopportare tutto questo. Sto recuperando le mie forze, il dottore dice che è un miracolo. E forse ha ragione.
Ho imparato a credere nei miracoli quasi tre anni fa, quando la mia anima è stata salvata. Ce la sto facendo con tutte le mie forze. Qualcuno, da qualche parte in questo universo, sarà fiero di me.
Robert non ce l'ha fatta, non ha saputo combattere il male, e il ricordo del suo viso che pian piano sbianca fino a non prendere più colore mi fa salire la rabbia a mille. Ho visto morire l'uomo che ho considerato un padre durante una buona fetta della mia esistenza. Un padre. Ciò che forse ho sempre cercato.
Il padre che non mi avrebbe mai abbandonato. Ma purtroppo le cose non stanno così.
L'ho visto- il mio vero padre- correre su un prato con un bimbo in braccio, una donna gli portava della limonata mentre la figlia li guardava giocare gioiosi. E anch'io osservavo, da lontano, come un estraneo.
Sono tornato a casa e la rabbia mi assalito. Non conoscerò mai la mia seconda sorellastra, la mia matrigna, i miei nipoti, ma soprattutto non conoscerò lui. Non so chi sia quell'uomo. Uno che mi ha cresciuto per quattro anni, insegnandomi a vedere il mondo sotto una luce speciale.
Uno che lascia moglie e famiglia per un'altra donna.
Sono tornato qui in cerca di risposte e adesso che le ho avute non so se era meglio rimanere nel dubbio, nella possibilità che la persona a cui più tenevi sia la stessa di sempre.
Se mio padre non ci avesse lasciati non sarei mai scappato dall'Islanda.
Se mio padre non ci avesse lasciati non avrei fatto gli errori di un tempo.
Se mio padre non ci avesse lasciati non avrei dovuto vagare per l'Europa.
Ma soprattutto, non avrei mai conosciuto Azzurra.
   
 
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