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Autore: Kokato    10/06/2007    2 recensioni
Non lasci che il suo petto tocchi il tuo, né che la bocca si sposti più in la del tuo mento, non ti appoggi alla sua spalla.
Sai che non ti sosterrebbe, e cadresti ancora una volta. Lui probabilmente ancora ti deride ma decidi di non starci a pensare più di tanto. 'Ti ho detto di lasciarmi'
-Sei tu che devi lasciarmi-
Ancora un po’… ancora un po’ ripeti. Ma il tempo passa e s’accumula, così come il numero dei passanti in fuga. Ghigna.
Non riesci a lasciarlo… anche se il suo corpo non riesce ad emanare calore per scaldarti.
Chissà se siete stati semplici passanti sulla strada della vita, l’uno dell’altro.
-Perché non riesci a lasciarmi… piccolo Yusuke?-
(Yusuke Urameshi x Shinobu Sensui)
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Yusuke Urameshi
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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-Ti decidi a lasciarmi in pace

 

 

 

-Ti decidi a lasciarmi in pace?-
Cosa ha da guardare in quel modo, da analizzare così minuziosamente, come con qualcosa che non si riesce a comprendere. Un'altra delle tante cose che la tua mente tarda non riesce ad afferrare.
-Hai dimenticato il 'bastardo'-
Dio, questo avresti dovuto afferrarlo al volo. La faccenda urge soluzione.
-Ti decidi a lasciarmi in pace... 'bastardo'?-
Assesta le gambe sul muretto di pietra, appoggia la schiena con tutto il peso, divisa dal vuoto soltanto dalla rete di fil di ferro, rattoppata ovunque ma ancora in piedi, perlomeno. Lui non doveva essere ancora in piedi, non più, non ancora una volta.
-Cosa cazzo vuoi? Vuoi farmi uscire di testa come hai fatto tu?-
Fa un sospiro... ma perché l'aria non si muove?
-Ti sto facendo un favore, ringraziami-
Le sue gambe sono esageratamente lunghe... oh si l'hai pensato, gliele hai invidiate fin dal primo momento, fin da quando erano state sul punto di frantumarti qualche costola, fin da quando ti avevano messo davanti all'evidenza del fatto che le tue erano le gambe di un bambino in fasce. Se solo quelle gambe fossero state di carne.
-Ah davvero? Come quello che volevi fare all'umanità?-
Se ti sei creduto pungente, sappi, non lo sei stato. Mai stato. Come se si potesse pungere dove non ci sono né muscoli né carne. Come se si potesse fare un occhio nero all'aria che dovresti respirare. Eppure avresti voluto farlo. Cazzo se avresti voluto farlo.
-Già, approfittane. Io non ho avuto nessuno da incolpare per la mia follia. Ti faccio da capro espiatorio... ringraziami per questo-
Il tuo respiro smuove l'aria, si sovrappone al profilo delle nuvole di primavera. Se avesse potuto farlo lo avresti invidiato perfino per quello. Per un respiro.
Ma lui non può farlo.
-Immagino che sia così che si finisce a voler distruggere l'umanità-
Quando la smetti di sparare a salve qualche colpo riesce a sfiorare il bersaglio.
Il pavimento diventa improvvisamente gelato, sotto la schiena quasi nuda. Ti chiedi anche tu a cosa possa mai servire quella maglietta bianca che ha visto più volte le luci della battaglia, il sangue, che la lavatrice e l'ammorbidente.
E a cosa mai possano servire a lui due pezzi di stoffa, è solo mistero.
-Cerchi di far impazzire la pazzia?- serra le labbra.
Anche con le tue limitate capacità mentali riesci a comprendere che questa frase non ha senso. Guardi in alto, al cielo limpido, tenendo la bocca chiusa per evitare di sparare cazzate. Non dargli corda, non ascoltarlo, prima o poi svanirà.
Non c'è neanche bisogno che tu lo combatta, nessuno ti chiede di sconfiggere un nemico già sconfitto. Non hai nessuno a gravarti sulle spalle. Basta soltanto aspettare e lui se ne andrà così come è venuto. Ma cazzo, è da un mese che te lo ripeti.
-Avrei dovuto immaginare che non fossi molto ferrato in filosofia-
-Beh lo ammetto... la scuola non è mai stata il mio ambiente-
Ti sembra di stare da uno strizzacervelli. E senza nulla di metaforico.
La sua figura scende leggera... e s'avvicina.
-Cosa cazzo hai da guardare?-
Dio, ma quanto cazzo è vicina la sua faccia adesso?
Un viso scuro, sottile. Non sembrerebbe affatto quella mera follia che in realtà è. I lineamenti duri e quasi scolpiti, così tangibili e all'immediata portata di una sfiorata di polpastrello, ed il sorriso scavato che ti fa venire soltanto voglia di spaccarlo a suon di pugni. Lo avresti fatto, se solo già un dito non gli avesse trapassato una costola senza danni.
-Fanculo bastardo-
Che cazzo guardi?
Che cazzo hai da prendere a calci?
Che cazzo hai da urlare?

...
..
..
..
-URAMEEEEEEEEEEESHI! TI VUOI SVEGLIARE?!-

Dio, da quando ti sei fatto quei capelli… bastardo?

-Idiota d’un Urameshi… lo vuoi accendere il cervello?-

Da quando hai una voce così fastidiosa?

Da quando ti è venuto in mente di prendermi a calci?

Da quando tu… riesci a toccarmi?

 

La figura del tuo migliore amico ora, che ti guarda, è solo un ombra. E forse, in tutto questo, hai dimenticato che Kuwabara ama troppo fare l’amico del cuore perché ti permetta d’impazzire in tranquillità. Perché ti lasci cadere nel vuoto dove stai già precipitando senza appiglio. Ed è lui non capire che non ha le braccia abbastanza lunghe per afferrarti.

Ha una faccia da cane bastonato, imbronciato in un espressione che lui avrebbe voluto che fosse rabbiosa.

Ma che fa soltanto pena.

-Kuwabara- urli.. ma non sai nemmeno come cominciare un discorso. E, a forza di urlare, non lo iniziereste comunque.

-Dannazione Urameshi, non c’è bisogno che mi urli nelle orecchie maledetto bastardo-

Kazuma Kuwabara, altrimenti detto carotone, non amava essere ignorato. Quando diceva qualcosa, qualunque cosa, fissava le sottili iridi tipicamente orientali in quelle di chi lo ascoltava. E voleva considerazione. Voleva attenzione. Voleva essere a sua volta guardato nelle sottili iridi tipicamente orientali.

Kazuma Kuwabara era veramente troppo stancante in quel momento.

-Com’è li il mondo… Kuwabara?-

E tu dannazione… smettila di farmi impazzire.

Ti gira le spalle e pesta i piedi a terra con forza. Che aumenti pure la forza, infondo se quel luogo andasse in frantumi sai che tu gliene saresti soltanto grato. Si allontana da te continuando a scalciare, con tutta l’intenzione d’ignorare le tue follie, di smetterla di fare il buon samaritano che nessuno gli ha chiesto di essere. Ingoiando l’orgoglio freme ed evita di guardare il biancore delle nuvole. Sarebbe il gomitolo col gatto, e lui non farebbe altro che ritornare a tuffarsi al salvataggio di qualcuno che non vuole essere salvato. O che almeno così predica. Ingoia la sua indole di cavaliere impavido, insieme al groppo della gola e quello stesso orgoglio. Graffia il fil di ferro, lo afferra desiderando quasi che si spezzi al suo tocco.

Sei proprio un bambino, Kuwabara.

-Ma che cavolo vai farneticando? Il mondo è uno soltanto-

Non pensavi fosse così idiota, perlomeno. Non al punto d’improvvisarsi filosofo dall’oggi al domani sperando di dare un senso a tutto ciò che non si spiega.

Se la smetteste di fare domande, il cervello non ti si starebbe spappolando in testa.

E tu che mi chiedi di accenderlo.

Domande poste al nulla, non potranno mai che avere il nulla come risposta.

Lo so che tu non sei nulla, non c’è bisogno che tu me lo ripeta.

E allora… perché continui a parlarmi?

 

-Urameshi- occhi sottili.

Deve aver fatto un grande sforzo, per pronunciare il tuo nome con tanta naturalezza. Non è mai stato un grande attore… eppure ora pensi che avrebbe meritato l’oscar per quell’interpretazione dell’amico preoccupato.

Per questo almeno meriterebbe la tua attenzione, non credi?

-Che vuoi?- sospiro.

-Chiuderanno l’accesso al tetto della scuola, entro la fine del mese. Perciò non continuare a stare qui così a lungo… tra poco non si potrà più fare- e respira tra una parola e l’altra.

Pazzo. Non chiedi nemmeno spiegazione, non ti lamenti, non pesti a terra i piedi con forza come un bambino capriccioso.

Ti tolgono un pezzo della tua follia, e tu non fai altro che rimanertene li sulle piastrelle fredde, la pancia lasciata mezza scoperta dalla stoffa che segue il ritmo del vento, gli occhi chiusi sul tuo mondo ormai divenuto di nessuno.

‘Il grande Yusuke Urameshi non lascerà mai che accada una cosa simile!’

Avresti detto. Kuwabara avrebbe previsto che avresti detto.

Chiunque ti conosce anche di fama avrebbe previsto che l’avresti detto.

Ma lui aveva previsto quel silenzio.

 

Non parli grande eroe?

Sta zitto bastardo.

Non rispondi salvatore del mondo?

T’ho detto di stare zitto.

E perché a me parli… piccolo Yusuke?

E smettila di toccarmi una buona volta.

Io non posso toccarti.

 

Kuwabara, scappa. Tu che hai la fortuna di non aver mai capito niente di tutto questo, scappa. Scappa e non voltare mai le spalle. Tu che non sei un guerriero… non impugnare mai più un arma. Non si finisce altro che a parlare col nulla, e a fargli domande sempre più difficili.

Si finisce labbra a labbra con l’uomo nero.

Si finisce a fare scopate senza seme.

A cercare e a fuggire lo stesso amante allo stesso tempo.

E attento, ce lo hai dietro le spalle.

L’amico del cuore gira le spalle ancora, e non c’è nemmeno da chiedersi perché lo faccia. Diciamo le cose come stanno, non  c’è traccia d’amicizia da nessuna parte. Il grande Kuwabara odia essere ignorato. Odia stare solo.

Ecco l’unico e semplice motivo per cui cerca di salvarti.

Salvare se stessi. È per te un motivo abbastanza valido da esser lodato. Peccato che sia un salvataggio già fallito in partenza.

-Dimenticalo Yusuke. Dimentica Shinobu Sensui-

L’ultima corda lanciata nel precipizio, probabilmente.

L’ultima volta che allunga la mano oltre il possibile per afferrarti.

Per non rimanere da solo, prima di tutto.

E lui ghigna, poi ride, poi è sul punto di morire ancora dalle risate.

E senti distintamente la punta delle sue scarpe sulla cute dei capelli, mentre si china e ti afferra il volto con due mani. Il suo volto che copre il cielo, il respiro che si mischia col vento. Smettila di baciarmi davanti a lui bastardo.

E non ridere di me bastardo. O almeno non di lui.

-Attento all’uomo nero, Kuwabara-

Lui non s’è mosso, da dove di trovava, nemmeno d’un millimetro, così come il suo sguardo carico di compassione per se stesso e non per te. Non vedeva… eppure vedeva. E questo era peggio che morire mille e mille volte.

Ascoltava il tuo respiro affannoso, senza eppure ascoltarlo.

Ti manca ancora il respiro, dopo essere esser stato quasi fottuto. Ma lui se ne sta già andando.

-Cosa?- sospiro –Niente-

Dimmi…come posso dimenticare qualcuno che ho sempre davanti agli occhi?

Ma lasci che se ne vada, non capirebbe. Beato lui che non può capire.

Hai intenzione di fottermi a lungo?

E ora nemmeno lui che prima parlava tanto, risponde a quello che chiedi.

Ha la bocca occupata, evidentemente. Sulla tua per la precisione.

Ma il necessario credi già di saperlo, nonostante tutto.

 

Sei tu… a dover stare attento all’uomo nero.

 

 

 

-Attento, farai male a qualcuno se non guardi dove metti i piedi-

Queste parole risuonano, ma non sai se solo nella tua testa, o anche all’esterno. Lui le aveva sentite, esattamente come tu sentivi sempre i suoi sproloqui. Bastava. Forse era anche troppo dato che sapeva perfettamente che non avrebbe fatto male a nessuno e in nessun caso.

Solo a te, ma questa è tutt’altra questione.

Ben diverso da un semplice spintone dato ad un passante o una pestata di piede accidentale.

Molto più doloroso. Molto più piacevole.

E chissà se siete stati semplici passanti sulla strada della vita, l’uno dell’altro.

-Guardati i tuoi piccolo Yusuke, tu che ce l’hai-

E non chiamarmi piccolo bastardo!

Ghigna, continuando a muovere i suoi passi l’uno davanti all’altro con eleganza, senza neanche girarsi verso di te e darti un minimo segno di aver avvertito la tua sparuta presenza. Eri tu a non dover avvertire la sua.

Sembra quasi più interessato a contare i passi sulle piastrelle del marciapiede, il numero delle luci che lo attraversano senza illuminarlo, il numero dei passanti ignari che erano attraversati da lui come se fosse luce.

Osservava il suo corpo, più alto e robusto, al suo fianco senza mai andare avanti né di un passo, né lasciarne indietro uno.

Sempre, per quanto corressi cercando di seminarlo. Ed in ogni caso non ci avevi neanche provato.

-Allora piccolo Yusuke… sei soddisfatto ora?-

Chiede, alzando l’esile ma robusto braccio, con tutta l’intenzione di spezzare il collo di una giovane gal che stava passando di li ad un metro. La ragazza rise all’impatto, il collo ancora integro, ancora in movimento verso la sua bella casa borghese nel centro di Shibuya. La stessa cosa fece poi con un uomo d’affari in ritardo per una riunione di lavoro, il quale si limitò a sfiorarsi la nuca per un attimo durante la corsa, senza starci a pensare più di mezzo secondo in più.

-No, non lo sono. Dovevo essere io ad ammazzarti-

Assesti meglio giacca di jeans sulle spalle, unico indumento in più addosso di semplice stoffa bianca.

E cazzo, non sbandierare ai quattro venti i tuoi capricci da moccioso.

Giri lo sguardo verso di lui, adirato nonostante cercassi di mantenere la calma. Ma la sua figura ti aveva oltrepassato, esattamente come aveva fatto con la gal e l’uomo d’affari e altri passanti, per poi seguitare a camminare con la spalla a ridosso delle vetrine sfavillanti dei negozi. E chissà se siete stati semplici passanti sulla strada della vita, l’uno dell’altro.

E chi era che non esisteva…tu o lui?

-Tutto qui quello che ti tormenta? Solo questo t’impedisce di goderti questo bel mondo? Dopo che ti sei fatto il culo per salvarlo?-

-Era soltanto un lavoro bastardo… soltanto lavoro-

-E si da il caso che ora i tuoi datori di lavori vogliano farti la festa- sta zitto…

-Che ci provino… dovresti averlo capito anche tu che sono duro a morire-

Torna ad incrociarti, e fa un sospiro sottile che gli assottiglia gli occhi e distende il volto. Sembra che trasmetta pietà…

Ma dio, è troppo bello per stare a lamentarsi.

-E poi ti lamenti se ti chiamo piccolo- Dio, voglio ucciderlo adesso.

-Io non sono piccolo-

-Il tuo comportamento non ti fa sembrare molto diverso da un bambino capriccioso-

-Era la mia battaglia, io il tuo avversario e tu eri il mio. Solo io e te. E sai com’è no? O io uccido te o tu uccidi me.

Cosa c’è d’infantile in questo?-

Sinceramente? Nemmeno lui avrebbe mai pensato che potessi essere così infantile. E ora non ti mettere a farfugliare della filosofia del guerriero, del samurai, dell’onore sopra ogni cosa. Tu i samurai li hai visti a malapena squartarsi con lunghe katane in 3d dentro un videogioco, prima che comparisse il game over. Il libro di storia medievale ammuffisce chissà dove, più virtuale di quegli stessi videogiochi. I samurai lavano sempre l’onta nel sangue… non lo sai?

-Ti sei stancato di questo mondo ora?-

-L’hai detto tu che mi sono fatto il culo per salvarlo-

Ti fermi sul marciapiede, senza curarsi della gente che ti viene addosso imprecando e dandoti dell’idiota che sei, davanti alla vetrina vuota di un negozio in vendita da cui non proveniva alcuna luce. Il suo viso ti parve improvvisamente scuro, affogato nel buio della notte. Ma chissà perché, il suo sorriso, il suo giudizio, lo sentivi comunque su di te.

E dio, ti stava prendendo troppo per il culo per poterlo ignorare a lungo.

-Mi starai dietro ancora a lungo?-

Ti sembra di cadere all’indietro, quando la schiena aderisce al vetro spesso, quando il suo volto diviene ancora imminente ed il suo respiro a portata di labbra. La gente velocizza il passo, quando ti guarda, prima di rivolgerti un occhiata perplessa, inorridita, negligente, spaventata, prima di sparire il più velocemente che potevano dietro l’angolo che stava pochi metri più avanti. Forse perché i tuoi occhi erano così grandi da sembrare pronti ad inghiottirli in quel momento. O forse perché il tuo era tutto l’aspetto di un tossico… in quel momento. E lasciami, maledetto bastardo.

-In questo momento ti sto addosso… per la precisione-

Non lasci che il suo petto tocchi il tuo, né che la bocca si sposti più in la del tuo mento, non ti appoggi alla sua spalla.

Sai che non ti sosterrebbe, e cadresti ancora una volta. Lui probabilmente ancora ti deride ma decidi di non starci a pensare più di tanto. Ti ho detto di lasciarmi.

-Sei tu che devi lasciarmi-

Ancora un po’… ancora un po’ ripeti. Ma il tempo passa e s’accumula, così come il numero dei passanti in fuga. Ghigna.

Non riesci a lasciarlo… anche se il suo corpo non riesce ad emanare calore per scaldarti.

Chissà se siete stati semplici passanti sulla strada della vita, l’uno dell’altro.

-Perché non riesci a lasciarmi… piccolo Yusuke?-

 

 

 

 

spezzare il collo di una giova

 

 

 

 

 

 

attenzione, non credi?

e spappolando in testa. o orgoglio. alcuno che non vuole essere salvato.

   
 
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