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Autore: Cheche    22/11/2012    4 recensioni
Una ragazzina fin troppo semplice, Rori, sarà costretta ad intraprendere un viaggio attraverso Johto insieme ad Aon, un giovanotto fin troppo particolare e pieno di segreti. Scorbutico, appassionato di scherzi sciocchi, intenzionato ad umiliare la compagna con ogni mezzo. Riuscirà Rori a conquistare l'Altopiano Blu, nonostante si ritrovi a marciare a fianco di quello che probabilmente è il suo peggior nemico?
Dal primo capitolo:
“Ah. Ehm… Piacere.” Disse Rori frettolosamente, tendendogli la mano affinchè lui la stringesse. Aon sorrise, in maniera alquanto sinistra. In realtà la ragazza quella stessa mano avrebbe voluto usarla per tirargli un sonoro ceffone, ma non avrebbe mai avuto il cuore di fare davvero una cosa del genere.
“Ciao, tappetta.” Disse Aon, allungando il braccio a sua volta.
“No, aspetta! Non lo fare, Rori!” Urlò Valerio, che fece per alzarsi dalla poltrona.
Troppo tardi. Rori sentì che nella grande e fredda mano del ragazzo c’era qualcosa, una specie di cilindro duro. Poi avvertì una sgradevole sensazione: una scossa, abbastanza forte da drizzarle leggermente i corti capelli castani. In quell’istante capì perché Valerio gli fosse parso così sconvolto e spettinato.
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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Dunque celebro il ritorno di questa long decorando la prima pagina con una icon. Mi sono detta "perchè no?". In effetti, ho tante icon. Si suppone che vadano usate. Perciò beccatevi Valerio che ordina ad uno dei suoi Pidgey di spiccare il volo e il paradosso della situazione. Perchè questa è una fanfic leggera e ironica, che sfiora argomenti delicati cercando di non scadere nella pesantezza e di sdrammatizzare sui problemi quotidiani dell'isolamento e della solitudine che sembrano opprimere molti ragazzi d'oggi. Ecco dunque spiegato l'avvertimento. Spero comunque che voi non stiate troppo a badare ai messaggi tra le righe, perché il mio obbiettivo fin dall'inizio è stato quello di scrivere una storia scorrevole e piacevole che i lettori di tutte le età possano godersi, senza esagerare con l'introspezione e la drammaticità. Questa prima di tutto è una storia sciocchina che vuole far sorridere delle sfighe dei poveri personaggi che hanno avuto la sfortuna di finire sul mio foglio di word. Ho iniziato a scrivere questa storia più di un anno fa e più di un anno fa ho smesso di scriverla. Una certa donnina mi ha consigliato caldamente di riprenderla, perchè probabilmente è la storia che esprime al meglio la mia essenza. E cosa fa il Writer se non riversare i propri contenuti all'interno dei propri racconti? Dunque, se troverete graziosa questa storia, potrò ritenermi davvero soddisfatta di me stessa. Se me lo faceste sapere, ve ne sarei molto grata! :3






1 – Rori, la “tap-model”

 
Quando la mattina del giorno in cui tutto ebbe inizio il campanello suonò, Rori era ancora stravaccata sul suo letto, in mutande. Era vigile da ormai una manciata di minuti, ma troppo impigrita per alzarsi. Effettivamente svegliarsi la mattina in un giaciglio già scaldato dalla sera precedente farebbe venire a chiunque voglia di riaddormentarsi infinite altre volte.
Rori questo lo sapeva più di qualunque altro individuo o Pokemon fosse comparso sulla faccia della terra. La ragazza era apatica, svogliata, tendente alla depressione e all’introversione. Non era mai stata propriamente piacevole, né di carattere, né particolarmente d’aspetto. Il suo viso era piuttosto comune, anche se i grandi occhi nocciola erano il suo punto di forza. Il corpo poi era sempre stato il più grande complesso: era la più bassa della famiglia, persino di sua madre, che sempre era stata etichettata come “tappa” fin dalla sua gioventù. Il fratello maggiore di Rori, Hazel, non rendeva certo le cose più semplici. Quelle volte in cui la giovane trovava la forza e la voglia di provarsi i vestiti che le comperava sua madre e di cimentarsi in qualche prova di trucco, Hazel appariva appositamente per ammosciarla,  chiamandola ‘tap-model’ con perfetta nonchalance. Come se non bastasse, il petto di Rori era talmente piatto che spesso la gente le si rivolgeva chiamandola “bambina” o “ragazzina”. E lei sempre avrebbe voluto urlare contro quelle persone che aveva già sedici anni e che non era affatto piccola come credevano, ma era troppo timida e riservata per rispondere a tono.
Era sempre stata un po’ più ingenua di quelle ragazze che parlavano di moda e di maschietti; subiva spesso i dispetti dei suoi compagni di classe, dai tempi delle elementari fino al liceo della Scuola per Allenatori. Sognava di fuggire, di andarsene da quella città opprimente che era diventata per lei Violapoli, dove era nata e cresciuta. Il suo più grande desiderio era di partire per un viaggio per Johto insieme al suo Pokemon, Murkrow.
Le era stato regalato dallo zio, che altri non era che il padre di Valerio, il giovane Capopalestra della città. L’uomo riteneva che anche Rori dovesse diventare Allenatrice di Pokémon Volante, com’era ormai tradizione di famiglia – Hazel si era rifiutato ed era partito con i Pokémon che più gli piacevano, così le aspettative nei confronti della sua sorellina si erano intensificate. Lo zio si era presentato con la Pokéball contenente il Pokemon corvo il dì ventotto settembre, il giorno del quattordicesimo compleanno di Rori.
A Rori avevano sempre fatto un po’ schifo gli uccelli, fin da quando era piccola. Non sapeva perché ma, anche trovandosi in mezzo a folle di gente, gli escrementi dei Pidgey finivano sempre, puntualmente sulla sua testa. Di conseguenza gli altri presenti ci andavano pesanti con le risate canzonatorie e la poveretta, pur chiedendosi che cosa ci fosse di tanto divertente, finiva inevitabilmente per vergognarsi, nonostante non fosse certo colpa sua se i Pidgey erano dei buontemponi che amavano prendersi gioco di lei.
E, quando la Pokéball consegnatale dallo zio rivelò il suo contenuto, liberando quell’impiastro di piume nere come la pece che si celava al suo interno, Rori si sentì come se anche suo zio si volesse burlare di lei. No, non era possibile che la cosa che odiava di più sarebbe stata il suo primo Pokemon. Quando il suo sguardo incontrò la prima volta quello di Murkrow, la ragazzina non poté trattenere un sussulto, ma si affrettò a nasconderlo dicendo la prima frase che le saltò in mente, nel tono più convinto possibile.
“Wow! Questo Pokémon mi sembra proprio tosto, zio!”
E dopo quella frase tutti i presenti risero, mentre la povera Rori non poté far altro che stringersi nelle spalle sottili ed arrossire.
Pure suo cugino Valerio aveva riso. Nonostante fosse forse l’unico amico che Rori avesse mai avuto sin dall’infanzia, il Capopalestra pensava che ogni tanto la cuginetta potesse essere davvero buffa.
Ma alla fine fu proprio lui ad aiutare la ragazzina ad abituarsi al suo strano primo Pokemon. Non faceva altro che ripeterle che suo zio l’aveva accuratamente selezionato dal suo allevamento, che aveva un piumaggio splendido, superiore a quello dei suoi consimili, e che le sue penne lunghe erano particolarmente adatte al volo. Glielo diceva così spesso che alla fine anche la stessa Rori finì per convincersene. In effetti durante l’addestramento aveva avuto modo di notare come la velocità del suo Murkrow fosse davvero sopra la media. Pensava anche che fosse molto intelligente, dato che era riuscita a fargli capire dopo appena un mese che la testa della ragazza non era il posto più adatto dove fare i propri bisogni. Insomma, nel giro di quei due anni Rori era diventata molto orgogliosa del suo Pokemon. La fama del suo potente amico si era diffusa in tutta Violapoli e nessuno ormai osava più prenderla in giro, per paura di subire un’aggressione da parte del nefasto uccellaccio.
Anzi, Rori si era fatta addirittura una specie di amica. Si chiamava Nim, aveva diciassette anni ed era una perfetta opportunista, ma Rori non se ne rendeva conto, nella sua ingenuità. Questa ragazza aveva fatto moltissimi torti a molte ex-amiche, che ora aspettavano solo di trovarla da sola per spaccare il suo bel faccino. Perciò lei si affidava a Rori, sperando che il suo Murkrow fosse sufficientemente forte per proteggerla dalle ire delle altre ragazze. Aveva anche un terzo fine, oltre al secondo: aveva un interesse verso Valerio. Dopo aver cambiato un fidanzato ogni settimana per due anni buoni – si era ripassata circa due volte tutti i ragazzi carini di Violapoli - , si era incaponita sull’unico giovane uomo indifferente al suo fascino. E aveva puntato i suoi begli occhi verdi proprio sul cugino di Rori che, per sfortuna di Nim, sembrava di gran lunga più interessato ai volatili che all’amore in generale. In questo era uguale alla cuginetta che, nonostante facesse parecchi sogni romantici, non aveva mai cercato di sedurre nessun ragazzo e non si era mai innamorata.
Tornando a quella domenica mattina, Rori si era alzata di corsa, aveva infilato i primi indumenti decenti che aveva visto accatastati nel disordine della sua stanza ed era corsa ad aprire la porta. I suoi erano usciti per il ventiduesimo anniversario del loro matrimonio, mentre suo fratello era in giro per Johto con la squadra di Pokemon, come al solito.
Quando vide la testa blu munita di frangia di suo cugino, pensò che in fondo quella giornata poteva essere uguale a tante altre, se stavolta l’espressione di lui non fosse stata completamente sconvolta.
“Che hai fatto, Valerio? Sei tutto spettinato… Per caso un Ariados selvatico stava per divorarti vivo?” Quando Rori vide che la faccia del cugino era rimasta fissa sulla stessa espressività di un merluzzo imbalsamato, capì che non aveva nessuna voglia si scherzare. “Su, entra.” Disse poi, con voce più seria.
Valerio sembrava alquanto traumatizzato e non se lo fece ripetere due volte. Si infilò immediatamente nell’abitazione e si buttò a sedere su una delle poltrone marroni del salotto, senza preoccuparsi di mantenersi leggiadro come si conveniva ad un Allenatore di Pokemon di tipo Volante.
Rori stava per richiudere la porta, quando qualcosa dall’esterno la bloccò con prepotenza. L’uscio si spalancò nuovamente, sotto l’espressione sbigottita della ragazzina, che non era riuscita a fare nulla per impedirlo. E, immediatamente, la sagoma che era apparsa sulla soglia era piombata nella casa. Si trattava di un ragazzo giovane, dall’incarnato pallido e dai capelli blu scuro, leggermente mossi e semilunghi, che accarezzavano la nuca e il volto dai lineamenti perfetti, su cui brillavano occhi castani che con la luce che rischiarava l’interno della casa avevano assunto una sfumatura cremisi. Era piuttosto alto, prestante, di gran lunga il giovane più bello che Rori avesse mai visto.
“Chi sei, ragazzina?” Disse lo sconosciuto, dopo essere entrato e aver squadrato rapidamente la giovane padrona di casa.
L’espressione di Rori, inizialmente distesa per via dello stupore, si tese tutta d’un tratto. Avrebbe voluto rispondergli qualcosa come ‘ma chi sei tu, maleducato’, ma non aveva abbastanza fegato per usare un certo tono.
Rigida come un’asse, si limitò a farfugliare poche parole.
“Beh… Sarebbe casa mia, ma…” Disse lei, con voce tremula e sottile.
“Ehm… Stai tranquilla Rori, è mio amico.” Fece Valerio dalla sua poltrona.
“Ah, quindi sei Rori. Meno male che qualcuno si degna di rispondere alle mie domande.” Sbuffò lo sconosciuto con la sua strana voce fin troppo profonda. Rori storse la bocca.
“L’ho fatto venire io, scusa la sua diffidenza, è un tipo un po’… particolare.” Continuò il giovane Capopalestra, ignorando l’amico. “Si chiama Aon.”
“Ah. Ehm… Piacere.” Disse Rori frettolosamente, tendendogli la mano affinchè lui la stringesse. Aon sorrise, in maniera alquanto sinistra. In realtà la ragazza quella stessa mano avrebbe voluto usarla per tirargli un sonoro ceffone, ma non avrebbe mai avuto il cuore di fare davvero una cosa del genere.
“Ciao, tappetta.” Disse Aon, allungando il braccio a sua volta.
“No, aspetta! Non lo fare, Rori!” Urlò Valerio, che fece per alzarsi dalla poltrona.
Troppo tardi. Rori sentì che nella grande e fredda mano del ragazzo c’era qualcosa, una specie di cilindro duro. Poi avvertì una sgradevole sensazione: una scossa, abbastanza forte da drizzarle leggermente i corti capelli castani. In quell’istante capì perché Valerio gli fosse parso così sconvolto e spettinato.
“Mi dispiace, Rori. Gli ho chiesto un sacco di volte di piantarla con quegli scherzi stupidi, ma lui continua imperterrito.” Sospirò Valerio, che si era rizzato in piedi rimanendo però fermo sul posto.
“Non parlare come se io non ci fossi, tu!” Rise Aon, lasciando la mano della ragazza. “Ma insomma, mi vuoi dire perché sono qui? Chi diavolo è questa nanerottola, perché hai insistito così tanto perché la incontrassi?”
Valerio sospirò per l’ennesima volta, guardando Rori con occhi desolati.
“Rori, lui ti accompagnerà dal professor Elm, a Borgo Foglianova.”
La ragazzina sgranò gli occhi nocciola, spalancando la bocca. Lo stesso stupore si poteva leggere sul viso di Aon che, se possibile, era diventato ancora più pallido.
Il capopalestra di Violapoli concluse quel che aveva da dire.
“Ti presento il tuo compagno di viaggio.”
 
  
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