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Autore: Notthyrr    22/11/2012    4 recensioni
Quando i figli hanno le colpe dei padri, i padri si sentono in colpa…
La nuova vita di Váli Lokason
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Fables of Asgard'
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“Devo fare una cosa.” Aveva detto, nonostante ancora non ne fosse del tutto convinto. Spesso, la risposta al dubbio è più atroce dell’agonia del dubbio stesso, ma si era protratto troppo a lungo.
La foresta non era ancora buia: il sole stava scendendo a ponente regalando al mondo i suoi ultimi raggi prima di morire nella notte e l’ambiente pareva, come una spettacolare lente, riflettere quella luce vermiglia per tutto il bosco.
Il dio del fuoco, Loki figlio di Laufey, come ultimamente amavano sottolineare con sprezzo, cercò di accelerare il passo: avventurarsi là dentro, in quella che chiamavano Hvaralundr — foresta delle fonti — senza l’ausilio della luce diurna poteva — era! — essere una follia. O l’ultima cosa che si tentava di fare.
Soprattutto se si era alla ricerca di un lupo.
La notte sarebbe scesa in poco più di un’ora, ma le sue gambe non riuscivano ad andare più veloci: dopo otto anni — otto anni che erano parsi secoli e si erano perduti nel delirio — passati  legato a tre massi in una grotta buia, quando quei legami — quei maledettissimi legami di odio e carne — si erano sciolti e lui si era rimesso in piedi sulle proprie gambe, si era sentito un infante che muoveva il primo passo.
Il bosco non era dei più fitti, ma, in quella luce scarlatta, era inquietante quasi come in piena notte. I suoi passi leggeri non mancavano di produrre lievi ma sinistri scricchiolii ogni volta che il piede si posava su un ramo o una foglia secca e l’impressione era costantemente quella di essere seguito. O atteso.
La mano gli corse al pomolo della spada che fece scivolar lentamente dalla guaina, portandosela davanti. Qualunque bestia, se lo avesse trovato, lo avrebbe trovato pronto.
Scavalcò una fossa colma di foglie e scostò un ramo: oltre, dove i fitti alberi si diradavano, l’erba era più alta.
Rallentò, stringendo la presa sull’elsa argentea e mosse un passo, scostando con la mano destra gli alti filamenti verdi.
Un rumore. Si fermò subito e si volse indietro: nessuno.
Quando tornò a guardare davanti a sé, il suo cuore sussultò: lo aveva trovato. Una bestia dal pelo grigio, di medie dimensioni. La luce vermiglia che si rifletteva nei suoi occhi di ghiaccio come in uno specchio pareva far danzare fiamme al loro interno e rendere quella creatura ancor più minacciosa.
Lo fissava tenendosi a distanza, la bocca digrignata in un ringhio sommesso che riecheggiava nel silenzio.
Mantenendo il contatto visivo, Loki rinfoderò la spada, alzando poi entrambe le mani davanti al volto come a dire “non ho nessuna intenzione di farti del male”.
Infastidito da quel movimento, il ringhio del lupo si fece più forte.
Il dio si sentì una stretta al cuore e il bruciante ricordo dell’attimo in cui lo aveva visto mutare sotto i suoi occhi tornò a tormentargli l’animo.
Lo chiamò per nome, una, due volte, finché la sua voce non si ridusse a un lamento insito nell’aria e si dimenticò quante volte avesse ripetuto quella parola.
Il lupo ne parve solo disturbato, ma non sembrò volerlo attaccare.
Finché accadde: Loki mosse un passo avanti nella sua direzione e lui si sentì minacciato da quell’uomo di cui non pareva conservare alcun ricordo.
Il suo istinto lo fece scattare e il dio si ritrovò a correre indietro prim’ancora di concepire cosa stesse accadendo.
Quasi volò sul sottobosco, la fiera alle sue spalle che guadagnava terreno, e i rami gli frustarono il viso come a schiaffeggiarlo per la sua stupidità: quella che lo stava inseguendo era una belva come un’altra, non era più l’essere che era stato sino a pochi anni prima. Non aveva più nulla di umano.
Sbucò in una zona più arida: era riuscito a portarlo dove voleva, e tutto correndo più rapido del vento, senza nemmeno riflettere. Il suo istinto pareva funzionare come quello del lupo dietro di lui.
Dove l’erba non cresceva era stato tracciato a terra un enorme cerchio, un solco nel terreno che circoscriveva un elaborato triskele.
Nel momento in cui la bestia balzò per azzannarlo, il dio si buttò a terra.
Il suo predatore, non riuscendo ad arrestare l’impeto della corsa, rotolò verso il centro del cerchio descrivendo un ampio arco sopra la testa del dio.
Quest’ultimo, prima che il lupo si volgesse per riprendere la sua caccia, piantò le mani nella zona circoscritta dal cerchio e un’accecante, limpida luce si sprigionò da esse.
Al dio parvero passare ere prima che il bianco stingesse nuovamente nel vermiglio. La verità è che perse i sensi per diversi minuti e, quando rinvenne con un sussulto, il sole era quasi del tutto calato.
Si ricordò del lupo e scattò in piedi, ma non c’era nessuna fiera. Posò gli occhi sul triskele illuminato dagli ultimi raggi del sole: al centro, disteso a terra, la faccia premuta contro il terreno, c’era il minuto corpicino di un bambino dalla chioma nera, completamente spogliato.
Il cuore del dio del fuoco cominciò a battere più rapidamente: c’era riuscito!
Accorse subito e s’inginocchiò accanto al ragazzino. Lo sollevò e se lo posò sulle ginocchia: respirava! Suo figlio respirava!
Tutta la sua felicità, tutta quella gioia che gli aveva illuminato l’animo parve adombrarsi assieme a tutta la foresta col sole che scompariva definitivamente dietro l’orizzonte. Avrebbe ricordato qualcosa? Avrebbe ricordato il momento in cui il Re degli Dèi lo aveva fatto? Il momento in cui aveva preso due innocenti per punire le colpe del padre e lo aveva trasformato in un assassino, in un fratricida?
Gli sfiorò con dolcezza una guancia e si sfilò la casacca per coprire il piccolo corpo nudo del bimbo.
«Váli.» chiamò di nuovo scostandogli i capelli dalla fronte.
Il piccolo sussultò e, come richiamato alla vita da quel dolce sussurro, scosse le palpebre, lasciando che il sorriso tornasse a illuminare il bel volto del padre.
Quando, però, il bambino riuscì ad aprire gli occhi, quell’ombra d’infelicità tornò a oscurargli il viso: le iridi erano di due colori differenti; qualcosa doveva essere andato storto.
Váli si era sempre distinto dal fratello maggiore, Narfi, soprattutto per il colore degli occhi: avevano entrambi i capelli corvini e la pelle eburnea, ma, mentre il primogenito aveva ereditato il glaciale sguardo del padre, il piccolo Váli aveva sempre sfoggiato gli affascinanti occhi verdi della madre. Fino a quando Odino non lo aveva tramutato in un mostro. Fino a quando non gli aveva fatto assassinare suo fratello a sangue freddo.
Ora sarebbe stato inconfondibile.
Loki non riusciva a distogliere lo sguardo: come in un’inquietante allegoria, il nuovo aspetto del figlio poteva avere un significato profondo, qualcosa che, al solo pensarci, gli graffiava il cuore. Quel bel bambino che dimostrava appena sette anni pareva aver assorbito i tratti del fratello, come a conservare un ricordo visibile di quello che era stato e, al contempo, in quei giorni in cui il mondo pareva essere giunto al suo crepuscolo, essersi eletto depositario della bellezza del padre e della dolcezza della madre, acquisendone i lineamenti e facendoli rivivere in quella che sarebbe stata una nuova generazione.
Il bambino allungò la piccola mano in cerca di contatto: riuscì ad afferrare una ciocca dei capelli di Loki e la tirò affettuosamente. «Papà.» chiamò, la voce ridotta a un delicato sussurro.
Il dio si sforzò di sorridere, nonostante sul suo volto s’intravedesse un velo di malinconia. Lo abbracciò, riuscendo, con lui, ad accarezzare la tristezza in agguato dietro quel momento felice. Poi, il bambino si staccò.
«Ho fatto un brutto sogno.» disse, fissando gli occhi del padre. Poi, senza tanti preamboli: «C’era un lupo e uccideva mio fratello.»
«Oh…» Se solo sapesse che era tutto vero…
«Quel lupo ero io.»
In ginocchio di fronte a lui, Loki drizzò la schiena per avere gli occhi alla sua stessa altezza. Gli posò le mani sulle spalle, una stretta rassicurante: «Quel lupo è andato via.» gli assicurò sistemandogli la veste, troppo grande per lui. «Non lo rivedrai mai più. Ma ora devi venire con me; devi nasconderti.»
Il dio si era già alzato e avviato quando s’accorse che il piccolo non lo seguiva: lo guardava con occhi vacui, non capendo.
«Io non voglio nascondermi.» disse. «Io voglio tornare a casa.»
Un altro sorriso malinconico: Loki tornò sui suoi passi e s’inginocchiò di nuovo davanti al figlio. «Torneremo a casa domani, te lo prometto. Tutti assieme. Io, te, la mamma…»
«… e Narfi?»
«Sì. E Narfi.» mentì il dio. Gli carezzò il viso e gli sistemò i capelli dietro  l’orecchio. «Sei tutto ciò di buono che ho fatto e devi nasconderti; devi salvarti. Non posso rischiare di perderti.» Anche te…
Il bambino seguitava a non capire.
«Resta dove ti dico, almeno fino a domani sera.» continuò Loki, mettendosi in piedi.
La luce di una debole Luna aveva cominciato a illuminare il bosco. Il dio alzò il capo per vederne la lattea figura tondeggiante e la sua pelle risplendette di un candido colore.
Continua a vivere. Pensò con una stretta al cuore. Continua a vivere per tua madre. E per tuo fratello. Continua a vivere al posto mio.
«È il minimo che tu possa fare.»
 
 

 

 



Note: Immaginavo che prima o poi me ne sarei uscita con un racconto di questo genere. La verità è che pare io sia avvezza ai racconti malinconici quando in realtà non è così.
L’unica cosa che volevo sottolineare con queste poche righe è che davvero non ho mai tollerato il triste episodio dell’assassinio di Narfi. Insomma, non è certo mia intenzione riempire le note con discorsi filosofici più lunghi del racconto stesso — che alla fine non è che sia granché —, ma credo siamo tutti d’accordo sul fatto che non se lo meritavano. Né lui, né il fratello.
Credo per questo che, considerando che — chi già mastica qualcosa di mitologia scandinava dovrebbe saperlo — nell’episodio del Ragnarök si precisa che i figli di Thor, ad esempio, erediteranno Mjöllnir e quindi sopravvivranno nel nuovo ciclo, fosse del tutto giusto dare anche ai figli di Loki il giusto rilievo, quando, in effetti, di Váli più non si sa niente dopo la sua trasformazione in lupo.
Concludo aggiungendo che, forse, col tempo, un episodio riguardo la fine del Ragnarök potrebbe starci. Ma ora basta parlare di mitologia scandinava!!! Una piccola vacanza, un cambio di argomento e il Ragnar
ök magari dopo ; )

Grazie per la lettura.

  
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