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Autore: Little Black Dragon    22/11/2012    0 recensioni
Non leggere.
Non servirà.
Shhhh.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie.
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Non ho bisogno di altro.
La musica dei vecchi tempi. A ricordare com’era stare ogni giorno a pensare a lei. A com’era stare senza di voi.
Il mio migliore amico davanti, che mi sorride orgoglioso e pretende di essere il primo a farmi gli auguri per il compleanno che arriverà fra un’ora e quattro minuti.
Questa musica, dannazione.

Mi ricorda quando non riuscivo più a scrivere. Troppo dolore in una volta, troppi abbandoni, troppe indecisioni, troppe lacrime versate per cose che si sarebbero sistemate senza dire nulla. Troppe cose per cui sarebbe bastato prendere una mano, e stringerla forte nella mia. Troppe, troppe cose.
Troppe cose che avevano troppo significato, che mi imprigionavano all’angolo della mia stanza, alla luce della luna, che m’opprimevano il respiro, mi facevano tremare le gambe e chiudere la mia anima col lucchetto.

La mia prima musa è stata lei. E ascoltando la musica di quei tempi penso a lei, con i suoi occhi grandi color del cielo. Con quei suoi occhi che mi hanno donato la vita.
Per questo che quando i suoi occhi si sono allontanati, mi son sentita morire... Quando si è allontanata delusa, quando ha capito che non avrei fatto nulla, perché sono stata un’idiota, lo sa, lo sono stata davvero, mi sono sentita morire. Come se un pugnale mi si conficcasse all’altezza del petto, mi facesse bruciare gli occhi, battere i denti per l’improvvisa consapevolezza di poterla perdere.
Sono stata sciocca. L’ho capito soltanto dopo. E le notti in cui mi sono torturata dai sensi di colpa, in cui mi incolpavo di aver rovinato tutto, di averla delusa, quelle insonni e tremendamente… pesanti… in cui nemmeno la luna bastava a portarmi sollievo… quando la musica moltiplicava il mio dolore… Allora bastava scriverle.
“Ciao Laura, ti ricordi di me?”, “Cara prof, è passato tanto tempo, ogni tanto pensa ancora a me?”, “Buonaseraa, non so, esisto? ESISTO, DANNAZIONE?!”…
Forse no, forse non sono umana. Forse i ricordi stavano semplicemente uccidendo ciò che ero stata, ciò che avevo avuto fino a quel momento, quello che avevo provato. Forse la sofferenza li aveva modificati, distorti, resi quelli di un’altra persona. Una cosa è certa: mentre io lentamente mi spegnevo, loro diventavano sempre più vividi.
I ricordi sono entità segrete. Loro nascono, crescono, ridono e piangono, si nutrono e si riproducono, ci vuole una vita per farli morire.

C’è solo un modo per salvarsi da loro prima che ti uccidano. Il modo…

La mia prima salvezza sei stato tu. La prima persona che mi abbia ascoltato. L’unico ragazzo di cui riuscirei a fidarmi ciecamente. Che fa incazzare e riesce a farsi perdonare. Che parla come un bambino e s’arrabbia come un grande. Che s’aggrappa alla terra ma sogna la luna. Infantile e geloso, dolce e serio.
Tremendamente insopportabile e irresistibilmente buono.
Tu, essere folle, che avrò mai fatto per meritarti?
Uno come te non si trova da nessuna parte. E meno male – direbbe qualcuno – ma io ringrazierei mille volte il cielo per averti parlato. E abbiamo iniziato così semplicemente… con i ricordi… perché tu ne avevi, e ne avevo anch’io.
Ora ne abbiamo entrambi, di noi due, e grazie. Grazie di tutto, fratellino.
Di tutti gli abissi in cui Lei mi aveva fatto finire, tu sei riuscito a prendermi per mano e ad accompagnarmi per la scalata.
 La musa della primavera, della follia, della libertà, dello spirito.
Ora tu, laggiù, sei rimasto quasi senza amici, ma sappi che io ho una passione smisurata per gli esclusi e io ci sarò sempre. Anche quando avrai combinato qualche disastro, quando ti avrò insultato, quando ti avrò preso in giro, trattato male, trascurato, ignorato, tu dimmi “Ho bisogno di te” e io dimenticherò tutto, e tornerò tua sorella.
Sei una delle cose migliori che potessero mai capitarmi. E sicuramente, il ragazzo migliore che conoscerò mai. L’unico che non si vergogna a commuoversi, l’unico che non si vergogna a dire che vuole bene, l’unico che non ha paura di dire che ama la danza classica.
Sei stato il primo. Sarai sempre il primo. Quello che, quando la roccia sotto il mio piede crollerà, mi prenderà per mano, reggendomi. E quello per cui, quando cadrai, io cadrò con te, solo per risalire di nuovo. Insieme.

La cosa bella è che da quell’abisso non eravamo gli unici a risalire.

La terza.
Lei, con gli occhi verdi. Lei, che non si crede speciale. Lei, che mi ha confessato tutto in una notte d’estate, mentre una voce lontana mi gridava di andarmene una buona volta a dormire… certe cose non cambiano mai…
Io ho sempre detto che le persone migliori sono quelle che credono di non esserlo affatto.
Questo vale anche per te, scema.
Sei la persona  che più mi somiglia e allo stesso tempo contraria su questa terra.
Parli sempre e io per niente, ma riusciamo a dire le stesse cose.
Sai, ora sono in classe, e nell’aula accanto del liceo musicale stanno dando la colonna sonora de The Truman show.
Dio, che meraviglia. Sogno.
La luna era enorme in quel film. La nostra luna… quante sere ci avrà spiato, quest’estate? E’ semplicemente sublime. La prof ci sta leggendo Dracula, le parole di Stoker si incastrano perfettamente con quella melodia così dolce.
Come ispira, questa combinazione; è un buon regalo di compleanno.
Riempe l’aria, chiude l’abisso.
Un po’ come è successo con te. Ci aiutiamo sempre, in qualche modo. Riusciamo sempre ad ascoltarci, a darci consigli, ad esserci.
Anche se… c’è stato quel periodo… in cui… beh, ho trascurato un po’ tutti. Un po’ tutti tranne lei, perché lei è stata il mio tutto.
 Mi sono… comportata da vera merda. Lo sai. E gli altri ci sono rimasti tutti male, naturalmente. Essere felice non fa parte della mia essenza; non si aspettavano che, per una volta, potessi dannatamente amare ed essere amata. Anche solo un po’, anche solo la metà di come l’avevo amata io.
Naturalmente, non è possibile in ogni modo. Il mondo gira di amori non corrisposti. 
Ma voi mi avete perdonato, mi avete perdonato tutti.
Sono stata… pessima. Con tutti. In ogni cosa.
E lo sai che mi dispiace, per ogni errore.
Scusatemi tutti e tre.

… E scusa anche tu. Sì, parlo con te. Scusa perché non ho mai capito quando stavi male; dici di essere una brava attrice, ma avrei dovuto sentirlo.
Sei l’unica persona che conosca che non riesco a leggere. E’ come se ci fosse qualcosa che me lo impedisce… e non è uno stupido schermo, né qualche fottuto centinaio di chilometri. Tu sei diversa. Tu sei speciale.
Per quanto tempo hai vissuto tu sola?
Quante volte avresti dovuto essere abbracciata e non è successo?
Perché stai così?
Io vorrei riempire quel vuoto, o perlomeno vorrei che lo facesse qualcuno. O qualcosa. (No, tumblr non basta.)
Io vorrei solo che tu sia felice. Come si può fare?
Hai detto che, con me, il vuoto svaniva.
Perché stiamo messe così, allora? Non è giusto.
Devi sorridere, devi sorridere come sorridevi a me, perché quello è il sorriso più bello del mondo.
Ama, ama, e ama ancora; non me, non per forza, ma ama, perché lo scopo comune che abbiamo nella vita è amare, amare, e a amare ancora.
Certo, non te lo si può chiedere così. Non so nemmeno se ci riesci, se puoi, se te la senti.
Ma è per questo che vivo.

Voi quattro mi avete insegnato cosa significhi quella parola capace di fottere il mondo. Mi avete insegnato quanto possa valere uno sguardo, un abbraccio, una parola di conforto, una presenza, un’assenza. Mi avete insegnato quanto sia bello vedere le lacrime scorrere sulle guance degli altri, dopo aver detto qualcosa che li ha toccati, che ha smosso loro qualcosa dentro; o anche solo dopo aver fatto ascoltare loro qualcosa… perché la musica entra nelle menti delle persone a prescindere da chi esse siano.
La musica è come gli occhi. La musica è lo specchio dell’anima.
Riflette i nostri pensieri e le nostre azioni, i respiri e i profumi, luce e buio, amore e odio, sole e pioggia.
Riflette i nostri sogni.
E la cosa che sogno di più al mondo sarebbe questa…
La prima, seduta in teatro ad ascoltare ed osservare.
Il secondo, a danzare leggiadro sul palco.
La terza, affianco a me sullo sgabello da pianista.
La quarta, con il violino fra le mani.
Il buio, intorno a noi. Gli occhi della prima che diventano lucidi, quelli del secondo che si chiudono  concentrati, quelli della terza che saettano da un tasto all’altro, quelli della quarta che – dolci – seguono quello che il cuore detta loro, per una dannata volta.

Azzurri come il cielo, verdi come l’erba, castani ardenti – ardenti come il fuoco -, e indecifrabili come l’infinito.

E i vostri sorrisi.
Insieme.
Sì, quel giorno sarebbe davvero un bel compleanno.
Quello sarebbe il compleanno migliore della mia vita, a prescindere dal giorno.
 
 
  
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