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Autore: Eragon36    23/11/2012    1 recensioni
Murtagh torna dall'esilio che si era autoinflitto, pronto ad aiutare il fratello Eragon ad addestrare i nuovi Cavalieri destinati a vegliare su Alagaesia. Intanto lo stesso Eragon esplora le terre che ha scelto per addestrare i suoi allievi, e trova non poche sorprese. Intanto, vecchi e nuovi nemici tentano di minare la pace del neonato regno di Nasuada, mettendolo anche a serio rischio. Il titolo significa Destino e Amore.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Eragon/Arya, Roran/Katrina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2 anni prima
Eragon se ne stava nella sua cabina sulla Talita, la bianca nave elfica su cui viaggiavano da un mese circa, a discutere con gli eldunarì sui modi migliori per addestrare i draghi e i Cavalieri che si apprestavano a nascere, e ognuno pareva voler dire la sua. Per Eragon le opinioni migliori erano quelle di Umaroth e Glaedr: avrebbe continuato lui stesso a studiare e impratichirsi con la magia fino a raggiungere il livello di Vrael, il Cavaliere di Umaroth, che ai suoi tempi era considerato il migliore stregone di Alagaesia, e nel contempo addestrare i Cavalieri per livelli: una prima parte che si sarebbe conclusa, come si è conclusa per lui, quando nell’ora di meditazione il Cavaliere avrebbe sentito tutto fino a non sentire più nulla, e una seconda parte dopo un anno o due in cui Cavaliere e drago avrebbero appreso le nozioni più segrete sulla magia e sui draghi: la verità sui cuori dei cuori, come trasportare oggetti da un luogo all’altro, cantare le piante, scambiare energia con altri esseri viventi e così via. Quella discussione lo impegnava tutti i giorni da una settimana ormai, e Eragon si accorse che era riuscito, per un certo momento, a non pensare più a Roran, Katrina e soprattutto Arya, mentre Saphira era ancora dolente per aver lasciato Fìrnen.
Andiamo, le disse Eragon, sono sicuro che prima o poi si uniranno a noi, probabilmente quando ci saranno abbastanza Cavalieri in Alagaesia.
Sì, lo spero anche io, però il destino è crudele: ci dà un assaggio della vita e poi ci toglie tutto. Ora, siete riusciti a trovare un accordo? Sono stanca di starmene a terra tutto il giorno, ho voglia di fare un voletto con te.
Sì, alla fine li ho convinti. I Cavalieri…
Eragon! C’è un castello all’orizzonte!
Subito dopo nella sua cabina entrò Blodhgarm: "Ammazzaspettri, abbiamo avvistato un castello a prua!"
"Sì, Saphira mi ha avvisato un attimo prima che entrassi tu. Col tuo premesso, io le lei ce ne andiamo a fare un voletto, e, già che ci siamo, a salutare il castellano, chiunque egli sia. Porteremo con noi molti eldunarì."
Blodhgarm abbassò il capo."Come desideri, ammazzaspettri."
Eragon si alzò, allacciò Brisingr alla cintura, pronunciò l’incantesimo che consentiva agli eldunarì di racchiudersi in una minuscola sacca di spazio e uscì dalla cabina, dove vide che  Saphira lo stava aspettando sulla riva sinistra dell’Edda. Dopo aver chiesto all’elfo al timone di accostare, scese dalla nave e montò sulla dragonessa:
Andiamo a conoscere i castellani?
Più tardi, piccolo mio. Ora voglio volare.
E detto questo, si alzò in volo, battendo le ali sempre più in fretta per arrivare alla velocità giusta, Saphira sfruttò una corrente ascensionale dopo l’altra, e i due si ritrovarono presto a contemplare le dimensioni di quell’enorme castello: persino ora, che l’Edda non era altro che un piccolo filo d’argento nella pianura e loro vedevano chiaramente che il castello distava circa 10 miglia dal punto in cui si trovava la nave, quella costruzione improvvisa sembrava enorme.
Figuriamoci quando saremo ai piedi delle mura, disse Saphira
Speriamo non ci sia nessuno,  o che gli abitanti siano amici, non voglio combattere di nuovo, e per giunta contro nemici che devono essere di dimensioni formidabili, per aver costruito un castello così grande.
Bé, prima divertiamoci un po’. Detto questo, la dragonessa si lanciò in picchiata sulla pianura, e quando non erano che a cinquanta piedi  dal suolo, riaprì le ali e ricominciò a batterle, sfruttando prima lo slancio della discesa e poi le sue forze per riprendere quota e velocità, e avvicinarsi all’enorme castello.
Hai rischiato,disse Eragon,sei arrivata a cinquanta piedi da terra, se non meno.
Avevo il perfetto controllo della situazione: non ti farei mai schiantare a terra. E poi, che divertimento c’è senza un po’ di brivido?
Sì, ma la prossima volta stai a cento piedi.
Hai paura? La sua voce aveva una nota divertita.
No, è solo che non voglio schiantarmi al suolo. Non adesso, almeno.
Hai paura. E la dragonessa si mise a ridere, un rombo così fragoroso che a Eragon ricordava quello di una cascata.
Non ho paura, si difese Eragon;
Paura o no, siamo arrivati, disse Saphira ancora ridacchiando.
Il castello era davvero enorme: le mura erano alte almeno 300 piedi, mentre il maschio arrivava a 500. Non c’erano porte,  a parte una minuscola porticina incassata ai piedi delle mura, abbastanza grande da far passare un drago di 2 mesi, un cucciolo. Saphira disse:  Bé, a quanto pare dovremo entrare dall’alto. E riprese a salire, fino a trovarsi più in alto delle mura, che superò agevolmente, anche se erano spesse almeno 50 piedi. Atterrò nella Corte, dove, appeso sul retro della porticina, trovò un biglietto scritto nell’ Antica Lingua che diceva:
In cima al maschio, troverai un’apertura abbastanza grande da far passare il tuo drago. Io ti aspetto lì. Non ho cattive intenzioni.
Che ne pensi? Chiese Eragon
 Andiamo a salutare questo misterioso castellano solitario.
Avevano infatti notato che il castello sembrava completamente deserto, anche se il biglietto da Eragon dimostrava il contrario.
Eragon risalì in groppa a Saphira, che si rialzò in volo e raggiunse la cima del maschio, in cui trovò un’apertura a goccia identica a quella della sua abitazione a Ellesméra.
Entriamo?  Chiese la dragonessa.
Aspetta, voglio vedere se è una trappola. Eragon pronunciò il nome dei nomi, e dopo essersi accertato che non c’erano incantesimi  diede il suo consenso a Saphira per entrare.
Appena entrati, Saphira notò che in un lato della stanza in cui erano atterrati c’era un giaciglio abbastanza grande per ospitarla, e disse:
Bè, chiunque abbia costruito questo posto, l’ha fatto per i draghi.  E vi si accoccolò. Eragon si sedette su un letto a fianco del giaciglio di Saphira, e notò che era incredibilmente morbido, più di qualsiasi letto in cui si fosse mai coricato. Erano lì seduti da qualche minuto, quando alla porta della stanza bussò qualcuno, e una voce che Eragon non aveva mia sentito disse nell’Antica Lingua: "Ammazzaspettri, finalmente sei arrivato! Posso entrare per parlarti a quattr’occhi? Giuro che non ti farò del male."
"Prego, entra pure, chiunque tu sia"
"Ah, grazie", disse la voce mentre si apriva la porta. "E’ molto tempo che ti osserviamo, e penso sia ora di parlare"
Appena vide la figura che si accingeva a entrare, Eragon trattenne a stento un’esclamazione di stupore.
   
 
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