DISCLAIMER
E ALTRO.
Disclaimer
:
I personaggi sono di J.K. Rowling e la ricetta (che è fattibile) appartiene al
sito infrigo.com
Note
iniziali : questa
fic deriva sempre da una delle discussioni deliranti che io e la mia Lauretta
abbiamo su msn… ogni volta ne esce sempre qualcosa di assurdo ed insensato che
vale la pena mettere in una fic… questo ne è l’ennesimo esempio. Mi raccomando
commentate, commentate, commentate, così sappiamo se conviene che ci diamo
all’ippica o se possiamo sperare in una timida carriera da scrittore.
Graaazie!
Ululando
alla Luna
“Allora…
qui dice… zucchero
“Farina
15 grammi… cacao amaro… 20 grammi… un pizzico di sale… tre scorzette di limone…”
e intanto il bel cuoco veleggiava tra i vari pensili e mensole della cucina per
andare a prendere tutto ciò di cui aveva bisogno.
“Poi…
mmm… 7 etti di Savoiardi freschi…” lesse ancora dal librone. E stavolta si
abbassò a frugare in un’anta vicino al frigorifero.
“Sette?
Ma sei sicuro?” domandò la voce profonda del suo compare, nonché vero padrone di
quella cucina, anche se lui non aveva mai aperto
un’antina.
“Si…”
gli rispose il biondino ignorandolo apertamente, troppo concentrato per dargli
retta “Latte
“DUE
litri di latte per una dannatissima torta???”
“A
cuccia!” gli rispose scocciato il cuoco “10 tuorli d’uovo…” e volteggiò fino al
frigo da dove tirò fuori una confezione di uova da 12 e cominciò a romperle in
una piccola bacinella facendo attenzione a dividere il tuorlo
dall’albume.
“Ma…
ma che fai?” domandò il moro interrompendo per qualche secondo la sua attività
giusto per fissarlo incredulo.
“Preparo
le uova no?” si sentì rispondere con aria angelica.
“10?
Ma per quanti è questa torta? Un esercito?” domandò
sconvolto.
“Eh?
Oh no! Solo per dodici…” rispose dispiaciuto il cuoco “Purtroppo non ho trovato
una ricetta più sostanziosa…”
“Ma…”
“Perché?”
“E
chi dovrebbe mangiarla scusa?” domandò attonito il moro.
“Io
no? E chi altri? Mica faccio la zuppa inglese,
“Ma…
così ingrassi!” osservò con perspicacia il padrone di casa, ma il commento fu
totalmente ignorato dal diretto interessato “E quello lo butti via?” chiese
l’eterna dolce spina nel fianco dello chef indicando
l’albume.
“No…
ti faccio le meringhe dopo se fai il bravo, ok?” gli rispose con aria
melensa.
“Si…
ma sei proprio un ruffiano Rem…”
“Come
vuoi Siri…” rispose quello agitando la mano come per scacciare una mosca “E
infine… Marsala” concluse il lupetto andando a prendere dalla vetrinetta
l’intera bottiglia e mettendola sul tavolo allineata con tutti gli altri
ingredienti.
“TU
non la tocchi
“Su
Sirius… non rompere le scatole e torna a leggere il giornale che sono occupato…
non ho tempo di giocare con te adesso.”
E
borbottando il padrone di casa tornò alla lettura della cronaca mondana della
Gazzetta del Profeta.
“Intiepidire
“Ma che
soggettivi e soggettivi! La mia casa….
“Hai
finito vecchia arpia?” chiese l’attuale padrone di casa senza alzare gli occhi
dal giornale.
“TU…
porta rispetto per tua madre! DISGRAZIATO! Sei la pecora nera della famiglia! Il
nostro disonore! La nostra vergogna! Tu… OOOH! I miei nervi! I miei poveri
nervi!”
“Ma se
neanche ce li hai!” ribatté seccato Sirius “Sei un quadro,
deficiente!”
“Che
dici… CHE DIIIIICIIIIII! Oooh! Ci fosse qui tuo padre! E le tue cugine! Quelle
si che sono delle vere Black! Loro sì che portano onore e rispettabilità al nome
dei Black mentre tu… tu…”
“OH! Il
cucchiaio si è coperto da un velo!” esclamò sorpreso Lupin catalizzando
l’attenzione.
“E
allora toglilo idiota! Neanche gli elfi domestici sono così incompetenti! Ma
guarda te! Ecco si… e adesso fai raffreddare e togli il limone! Ma guarda… dare
lezioni di cucina… IO! A un… a un lupo mannaro! A un essere inferiore!
IO!”
“Smettila
o ti faccio spostare!” la minacciò Sirius.
“SMETTETELA
TUTTI E DUE CHE MI DISTRAETE!!” li sgridò Lupin “Allora… A parte intiepidire 400
ml di latte e mescolarvi bene 2 tuorli d’uovo,
“E
quello lo chiami mescolare spesso?? Gira di più! E sta più attento! E il
movimento del polso è sbagliato! Devi inclinarlo di più! No, ancora di più! No!
Adesso è troppo! E gira con meno foga! E adesso stai girando troppo piano… ma
che fai? Sei capace di farlo? Non è difficile! Se ci riescono gli elfi non vedo
perché non dovresti farcela anche tu che sei inferiore come loro!”
“SMETTILA
SUBITOOOOOOOO!” urlò adirato Sirius zittendo la madre. “Mi hai stancato. Lì non
ci stai più. Vedrai… Ho in mente io dove metterti!” E si alzò minaccioso
coprendo il quadro della progenitrice con un telo e staccandolo dal muro per
portarlo in quella che sarebbe stata la sua nuova
locazione.
“Grazie”
gli sussurrò con un labiale Remus mentre Sirius rispondeva con un cenno della
testa e usciva velocemente per nascondere le gote
arrossate.
Quando
tornò si rimise a leggere il giornale e con fare noncurante appoggiò i piedi sul
tavolo dove il suo ex compagno di dormitorio stava preparando il suo
dolce.
“Dove
l’hai portata?” domandò curioso.
“La
userò come antifurto. Nessuno oserà entrare qua dentro con quell’arpia che
presiede l’ingresso, sempre ammesso che qualcuno sia in grado di trovare questa
casa.”
“Trovata
geniale!” concordò quello per poi tornare ad essere totalmente assorbito dal
dolce “Mettere il latte residuo in un piatto e aggiungervi il liquore; bagnarvi
leggermente i Savoiardi uno ad uno. Prendere un grande piatto col bordo rialzato
e disporre i biscotti uno a fianco dell’altro e in strati sovrapposti
incrociando il senso della lunghezza nei diversi strati. Tra uno strato e
l’altro versare un po’ della crema e il residuo disporlo intorno ai biscotti. La
crema al cioccolato versarla e distribuirla sopra in modo da coprire i biscotti
da tutte le parti. Deve risultare una specie di cubo color cioccolato. Servire
freddo”
E mentre
procedeva con la sua preparazione il giovane uomo canticchiava a mezza
voce.
Da
dietro il giornale Sirius ghignò osservando la faccia tutta felice di Remus
mentre si pregustava già col pensiero la torta. Naturalmente il suo compagno non
si accorse né del ghigno né delle occhiate, dato che il moro era stato così
furbo da fare due buchi nel giornale all’altezza degli occhi per seguire tutte
le operazioni culinarie. Altro che tenere occupata la mente e la vista. Lui gli
occhi se li stava rifacendo sul suo vecchio compare di scorribande… e che
compare!
E tra
un’occhiata e l’altra lo sguardo di Sirius cadde sul tavolo da
lavoro.
“Oddio…”
sbiancò da dietro il giornale “Oddio!” balbettò ancora alzandosi in piedi con lo
sguardo terreo e gettando il pezzo di carta a terra “ODDIOOOOOO!” ululò a gran
voce mettendosi le mani nei capelli.
“Che
c’è? Che c’è?” domandò preoccupato e agitato Lupin “Che
c’èèèèè?”
“Lui…
loro… e quello… e… oddio! Oddio!” continuò a blaterare indicando qualcosa sul
pavimento col dito tremolante e i lacrimoni agli occhi. “Loro… loro sono…” cercò
di spiegarsi meglio, ma non riusciva a respirare bene. Non poteva essere… era
una tragedia! Ormai il volto del Malandrino era quasi
cianotico.
“Siri!
SIRIIII! Per tutte le lune piene!” si allarmò Lupin vedendo l’amico smettere di
respirare senza motivo. E animato da spirito da crocerossina corse da lui per
aiutarlo “Su! Respira. Forza Sirius! Respira!” lo incoraggiò il suo compagno
mettendogli una mano sulla spalla e cercando di farlo calmare “Su così… ecco,
bravo. Un grande respiro. Si… Bravo. E adesso fanne un altro. Vedrai che poi
andrà tutto meglio”
Sirius
si lasciò cadere su una sedia accasciandosi poi sul tavolo e cominciando a
singhiozzare. Cogliendo l’occasione al volo Remus mise la sua torta in
frigorifero. Praticamente occupava tutto un ripiano da sola, ma dato che il
frigorifero di casa Black era sempre vuoto la cosa non dava il minimo problema.
L’unica cosa che c’erano dentro erano una serie di bottiglie di alcolici divisi
tra vini, champagne, vari amari e liquori con una prevalenza di firewhisky.
Effettivamente l’assortimento avrebbe fatto invidia anche al bar più fornito di
tutta
“Allora
Felpato, che c’è?” domandò Lunastorta all’amico pronto a
consolarlo.
“Tu…
TU!” ringhiò il padrone di casa riacquistando improvvisamente il dono della
favella “E’ tutta colpa tua razza di… di cuoco da strapazzo!” cominciò ad
aggredirlo spingendolo verso il muro della cucina “E’ colpa tua se sto soffrendo
in questa maniera indicibile!”
“Ma io
cosa c’entro?” cercò di difendersi il biondo.
“Tu! Sì,
tu! E’ tutta colpa tua! Si! TUTTA COLPA TUA!” continuò ad urlare Sirius “Se è
successo questo danno irreparabile è SOLO ed ESCLUSIVAMENTE colpa
tua!”
“Ma…”
“E no
caro! Queste cose tu non devi farle! Non a me! Che sono così gentile da
permetterti di usare anche la mia cucina! Non puoi ripagarmi con questa
moneta!”
“Ma cosa
stai dicendo??” cominciò ad alterarsi anche Lupin. Aveva capito che era
arrabbiato per qualcosa, ma che diamine di motivo aveva adesso per sfogarsi su
di lui?
“Si!
E’ colpa tua se si sono rovinate irrimediabilmente!” si ostinò ancora il
moro.
“Ma
rovinate COSA????” gli urlò contro il suo compare che continuava a non capirci
niente.
“LE
MIE SCARPE, RAZZA DI IDIOTA SENZA CERVELLO!”
“Le…
le tue scarpe?” ripeté incredulo il lupo per poi guardare le scarpe in questione
e incazzarsi a sua volta “E ti pare il caso di farmi una scenata del genere per
delle scarpe?”
“Sono
le MIE scarpe PREFERITE!” rispose Sirius “E adesso sono irrimediabilmente
rovinate!”
“Per
quel filo di farina che hanno su?”
“Sono
bianche! PRIMA erano NERE! E ADESSO sono BIAAAAANCHEEE!” gli gracchiò in un
orecchio Felpato. E non contento alzò una gamba fino a portare il suo dolce
piedino a due centimetri dagli occhi dell’altro Malandrino e a due millimetri
dal naso di quest’ultimo.
Le
scarpe preferite di Sirius erano scarpe da ginnastica un tempo indiscutibilmente
bianche, ma ormai totalmente nere, consumate, strappate, rovinate e con qualche
rattoppo qua e là, ma regalo del suo compagno di scorribande James Potter per il
suo primo compleanno della loro lunga e ormai vecchia conoscenza. Scarpe senza
dubbio con un grande, volendo anche enorme valore. Affettivo, di certo non
economico.
Beh,
gli effluvi provenienti da quelle scarpe
riuscirono a far girare la testa al povero Lunastorta che cominciò a
traballare sempre più malfermo sulle sue gambe. Per cercare di rimanere in piedi
il Malandrino si aggrappò al suo amico che invece di sostenerlo come avrebbe
dovuto fu colto alla sprovvista e cadde come una pera cotta assieme al cuoco. Ma
mentre Remus stramazzò sul pavimento come un sacco di patate, Sirius riuscì a
sbattere la sua delicata testolina contro la gamba del tavolo dandogli uno
scossone e fortuna vuole che in biblico sull’orlo del tavolo ci fosse una
terrina strapiena di crema pasticcera che Lupin aveva preparato da gustarsi a
parte. La ciotola barcollò sempre di più finché non si librò nel vuoto
rovesciando tutto il suo prezioso contenuto sulla adorabile zucca bacata di
Black. Ancora sbigottito per tutta quella catena di eventi non programmata, e
assolutamente senza senso, Sirius se ne stava con lo sguardo fisso davanti a sé
e un rivolo di crema che gli scendeva lungo lo zigomo destro andando ad
infilarsi sotto la sua maglietta, mentre il grosso del dolce era spalmato sulla
sua bella capigliatura scura. Remus, povera stella, lo guardò sbattendo un paio
di volte le palpebre per assicurarsi di vederci bene e poi gli scoppiò a ridere
in faccia.
Permaloso
come pochi Felpato mise su il broncio e gonfiò le guance come fanno tutti i
bambini che si offendono.
“E
dai su! Felpato… sei un amore!” disse Remus avvicinandosi al suo scocciatissimo
amico, e quando gli fu praticamente addosso, gli leccò la guancia. Una bella
lappata per togliere un bel po’ di crema.
“Ma…
ma…” riprese a balbettare Sirius mentre arrossiva per l’imbarazzo e forse anche
per qualcos’altro.
“Su!
Non balbettare… Adesso, tra l’altro, sei anche dolcissimo!” gli rispose
amabilmente Remus sogghignando a mezze labbra.
“Ma
guarda te…” cominciò a borbottare il moro mentre si alzava frettolosamente per
nascondere il rossore che ancora non aveva lasciato le sue guance “E poi… ma non
si può… e io… la crema… si! La crema…”
“Che
borbotti Sirius?”
“Hmpf!
Niente!” gli rispose malamente quello. E all’ennesima risposta contrariata anche
l’adorabile e gentilissimo Lupin cominciò a scocciarsi.
“Guarda
che è inutile che borbotti non so neanche cosa poi! E’ tutta colpa tua questo
disastro quindi smettila.”
”Che
cosa??? Colpa mia???” si shockò l’altro facendosi venire addirittura gli occhi a
palla per quell’uscita inaspettata.
“Certamente!
La colpa è tua” ripeté il biondino.
“Ci
mancherebbe altro! La colpa è tutta tua che ti metti a fare il cuoco da
strapazzo nei momenti meno opportuni e nei luoghi meno adatti!” gli rispose a
tono Sirius.
“CHE
COSA?” saltò su l’altro Malandrino “E che c’entro adesso io? E poi questa! Quale
luogo più adatto di una cucina per fare una torta? No! Caro il mio Felpato! La
colpa è tua! Solo tua! Sei tu che hai messo le scarpe sul tavolo vicino alla
farina!” gli urlò dietro con le mani sui fianchi.
“La
casa è mia e faccio quello che voglio!” gli rispose il moretto con le braccia
conserte guardandolo storto.
“Non
è vero!”
“Si
che è vero!”
“E
io ti dico di no!”
“Ma
ti ripeto che ho ragione io!”
“Come
no! Come la volta delle tende!”
“E
che c’entrano le tende adesso?”
“Centrano
eccome! Eri tu che volevi le tende lilla per il salotto verde
marcio!”
“E
allora?”
“Allora
quando mai si è visto un salotto verde marcio con le tende lilla? Fa
ribrezzo!”
“Ritorniamo
sempre allo stesso concetto: in casa mia ci faccio e metto quello che
voglio!”
“Ah
si!??” minacciò Remus
“Si!”
confermò Sirius
“Beh…
perché ti ricorderai certamente quella volta che non volevi la tv babbana in
casa e io te l’ho messa….”
“No
eh!” Lo avvertì Sirius puntandogli l’indice contro.
”…e
che nonostante tutto il tuo brontolare di prima, ora non puoi più farne a meno…
te lo ricordi no?” continuò imperterrito Remus ignorando totalmente il
compagno.
“Smettila!”
Lo avvisò nuovamente.
“Allora…
me la riprendo!” Concluse per ripicca il licantropo.
“Scordatelo!
E’ mia!”
“No!
E’ mia!”
“E’
nel mio salotto!”
“Irrilevante!”
“Mi
hai rovinato le scarpe!”
“E
tu la crema!”
”Vattene
da casa mia!”
“No”
“Ti
ho detto di andartene!!!”
“E
io ti ho detto di NOOOO!” gli urlò contro Remus avvicinandosi
ulteriormente.
“VAAAAAATTTEEEEENEEEEEEEE!”
Gli gridò contro il padrone di casa praticamente a un millimetro dal
naso.
“No.”
Fu la risposta sussurrata all’orecchio del moro.
Incazzato
nero, nervoso, adirato, irritato e sporco di crema, Sirius richiamò il cappotto
e andò verso la porta, si girò verso Remus e gli fecce una linguaccia prima di
uscire di casa tirandosi dietro l’infisso con tutta la forza che aveva in corpo.
Fece sbattere i cardini talmente forte che tutti i quadri dell’ingresso, mamma
compresa, si inclinarono di lato e cominciarono a sbraitare
contemporaneamente.
Lupin,
d’altro canto, si rifiutò di restare in quella casa dove veniva insultato
gratuitamente e denigrato per della semplice, e per altro buonissima, crema
pasticcera e senza dire nulla si smaterializzò lontano da quel
posto.
Dopo
almeno una mezz’ora il proprietario di quel fatiscente edificio fece il suo
ritorno nella suddetta abitazione. Venne accolto dai numerosi e molto fantasiosi
insulti di tutti i suoi quadri, che erano ancora storti, che lo accusavano di
averli lasciati in quella deplorevole situazione e che sarebbe venuto loro
sicuramente il mal di schiena e che, quindi, non poteva esimersi dal concedere
loro una restaurata come si doveva per farsi perdonare.
“Ma
state zitti!” li liquidò malamente Sirius.
La
passeggiata che aveva fatto gli era servita: adesso era più calmo e poteva
tornare a disquisire con Remus, anche se non era ancora convinto di poterlo
perdonare totalmente per essere andato a rivangare quella storia delle tende del
suo salotto. A lui piacevano tantissimo quelle tende lilla! Che cosa poteva
farci se il suo amico Malandrino non aveva un senso del gusto innato come lo
aveva lui? Naturalmente nulla. E consapevole del fatto che Remus gli aveva fatto
quella scenata solamente perché era invidioso della sua natura nobile, del suo
savoir faire, della sua misericordia e soprattutto della sua natura sopraffina -
naturalmente a questa conclusione era giunto durante il suo peregrinare - Black
si presentò in cucina sfoggiando la sua migliore espressione caritatevole,
pronto ad accogliere con immensa gioia le scuse di Lupin, naturalmente senza
mostrarlo, e a dargli un contentino per pareggiare la situazione, anche se lui
era indubbiamente dalla parte della ragione. Ma… ah! Ad un nobile sono richiesti
anche questi sacrifici!
“Remus…”
esordì Sirius cominciando a parlare prima ancora di vedere il licantropo “Sono
venuto a dirti che, nonostante tutto quello che ci siamo detti prima, io…” Ma si
bloccò quando si accorse che in cucina il Malandrino non c’era.
Mica
poteva sprecare un discorso così!
Sirius
cominciò allora a cercare il suo amico. Guardò sotto il tavolo della cucina,
dentro le antine, dietro alla porta, dentro al frigo, dove trovò la torta e se
la portò via. Tra la rabbia di prima e le ricerche era davvero a corto di
energia e aveva bisogno di recuperare. Inoltre era ormai ora di cena e lui non
aveva la minima voglia di cucinarsi qualcosa; così, con una mano continuava la
ricerca e con l’altra si ingozzava di dolce.
“Mmm…
buona però” borbottò mentre cercava sotto il posacenere fatto con un cranio di
elfo domestico, eredità avuta dalla sua trisnonna, che per fare quello aveva
immolato addirittura il suo elfo preferito e che ora faceva bella mostra di sé
sul tavolino della sala. Continuò la ricerca guardando nell’armadio, nel
lavandino, sotto il tappeto, dietro le famose tende lilla, sotto il divano,
dentro la cassettiera e, infine, guardò persino nella scatola dove teneva i suoi
biscotti preferiti.
Niente!
Remus
non c’era da nessuna parte.
Black
giunse quindi alla brillante conclusione che forse, forse, il mannaro se ne era andato e
pensò di andare a cercarlo a casa sua.
“Dobbiamo
finire questa storia” borbottò tra sé Felpato passandosi una mano tra i capelli…
ma la ritrasse sporca di crema “Ah già” constatò il moro accorgendosi che non
aveva fatto ancora il bagno e che era quindi tutto impiastricciato di dolce, ma
la doccia avrebbe dovuto aspettare. Prima doveva chiarirsi con Remus e poi si
sarebbe lavato.
Si
smaterializzò così a casa del suo amico. Nessuno venne ad accoglierlo e lui si
mise alla ricerca del proprietario della villetta.
Dopo
due ore passate a cercare inutilmente, il Malandrino moro si lasciò cadere sul
divano stanco morto.
“Ma
dove potrà essere quel disgraziato?” si chiese ad alta voce “Dove? Dove? Dove?”
e cominciò a tirarsi un cuscino contro la fronte nella speranza di causare uno
spostamento di neuroni e che questo favorisse la sua
ricerca.
“Oh!
Ci sono!” saltò su Sirius “Lo so!”
E
si smaterializzò immediatamente, incurante di aver lasciato il divano di casa
Lupin ormai totalmente inutilizzabile.
Black
riapparve ai margini di un boschetto in prossimità di una piccola collinetta. In
cima alla collina si vedeva la sagoma di una figura stagliarsi contro il cielo
stellato. Aguzzando meglio la vista il Malandrino si accorse che la figura
accucciata a terra, con le ginocchia al petto, altri non era che il suo amico
Remus, colui che aveva cercato inutilmente per un sacco di
tempo.
Sirius
rimase ad osservarlo, sembrava molto triste e guardare da solo le stelle di
certo non lo avrebbe reso più felice, ma era anche certo che se si fosse
avvicinato così, senza protezione alcuna, avrebbe rischiato come minimo uno
Schiantesimo, ma molto più probabilmente si sarebbe visto arrivare un Cruciatus.
Decisamente
non lo aveva trattato bene quel pomeriggio e la litigata era stata solo l’apice
di una giornataccia. Doveva proprio farsi perdonare.
Dopo
un’ora era ancora la punto di partenza, ma decise di raccogliere tutto il suo
coraggio da Grifondoro e di andare ad affrontare il suo amico… ma era meglio
prendere comunque delle precauzioni.
Il
Malandrino si trasformò in cane e si avvicinò quatto quatto a Lunastorta. Gli
arrivò da dietro e si strusciò lungo tutto il braccio e tutto il fianco
dell’amico per farsi perdonare. Lupin, che non si aspettava che ci fosse anima
viva a parte lui su quella collinetta, inizialmente si spaventò, ma quando sia
accorse di chi era si calmò. Sirius gli si mise di fronte e lo guardò in faccia.
Il cane si accorse di avergli sporcato i vestiti e per scusarsi, per l’ennesima
volta nella giornata, gli si buttò addosso e gli leccò la faccia. Naturalmente
non passò neanche lontanamente nella mente di Black che così facendo avrebbe
insozzato anche il resto dei vestiti che fino a quel momento era rimasto
miracolosamente illeso.
Remus
alzò gli occhi al cielo dimenticandosi presto di quel danno e lasciandosi
trasportare dalla dimostrazione di affetto del suo amico.
Seduto
uno di fianco all’altro, lupo mannaro e cane, osservarono il cielo stellato e la
falce di luna che c’era nel cielo.
Stanchi,
sporchi, ma di nuovo amici conclusero la giornata così:
ululando
alla luna.