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Autore: Saka    11/06/2007    1 recensioni
Cosa non succede a casa Black ogni santo giorno… roba da non crederci!
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER E ALTRO.

 

Disclaimer : I personaggi sono di J.K. Rowling e la ricetta (che è fattibile) appartiene al sito infrigo.com

 

Note iniziali : questa fic deriva sempre da una delle discussioni deliranti che io e la mia Lauretta abbiamo su msn… ogni volta ne esce sempre qualcosa di assurdo ed insensato che vale la pena mettere in una fic… questo ne è l’ennesimo esempio. Mi raccomando commentate, commentate, commentate, così sappiamo se conviene che ci diamo all’ippica o se possiamo sperare in una timida carriera da scrittore. Graaazie!

 

 

 

Ululando alla Luna

 

“Allora… qui dice… zucchero 250 grammi” e si voltò verso l’anta in alto a destra per prendere lo zucchero e per pesarlo sulla bilancia che aveva di fronte a sé sul tavolone dell’immensa cucina che praticamente non era stata usata da più di cinque anni dato che il padrone di casa, nella sua, di casa, non c’era mai. E se c’era si rifiutava di mangiare lì per chissà quale arcana ragione. Mmm… forse la spiegazione di tutto era da ricercare nella santa madre di quell’uomo… mah.

“Farina 15 grammi… cacao amaro… 20 grammi… un pizzico di sale… tre scorzette di limone…” e intanto il bel cuoco veleggiava tra i vari pensili e mensole della cucina per andare a prendere tutto ciò di cui aveva bisogno.

“Poi… mmm… 7 etti di Savoiardi freschi…” lesse ancora dal librone. E stavolta si abbassò a frugare in un’anta vicino al frigorifero.

“Sette? Ma sei sicuro?” domandò la voce profonda del suo compare, nonché vero padrone di quella cucina, anche se lui non aveva mai aperto un’antina.

“Si…” gli rispose il biondino ignorandolo apertamente, troppo concentrato per dargli retta “Latte 1 litro e 700 millilitri…”

“DUE litri di latte per una dannatissima torta???”

“A cuccia!” gli rispose scocciato il cuoco “10 tuorli d’uovo…” e volteggiò fino al frigo da dove tirò fuori una confezione di uova da 12 e cominciò a romperle in una piccola bacinella facendo attenzione a dividere il tuorlo dall’albume.

“Ma… ma che fai?” domandò il moro interrompendo per qualche secondo la sua attività giusto per fissarlo incredulo.

“Preparo le uova no?” si sentì rispondere con aria angelica.

“10? Ma per quanti è questa torta? Un esercito?” domandò sconvolto.

“Eh? Oh no! Solo per dodici…” rispose dispiaciuto il cuoco “Purtroppo non ho trovato una ricetta più sostanziosa…”

“Ma…”

“Perché?”

“E chi dovrebbe mangiarla scusa?” domandò attonito il moro.

“Io no? E chi altri? Mica faccio la zuppa inglese, la MIA torta preferita, per darla a qualcun altro!” si sentì rispondere sdegnato.

“Ma… così ingrassi!” osservò con perspicacia il padrone di casa, ma il commento fu totalmente ignorato dal diretto interessato “E quello lo butti via?” chiese l’eterna dolce spina nel fianco dello chef indicando l’albume.

“No… ti faccio le meringhe dopo se fai il bravo, ok?” gli rispose con aria melensa.

“Si… ma sei proprio un ruffiano Rem…”

“Come vuoi Siri…” rispose quello agitando la mano come per scacciare una mosca “E infine… Marsala” concluse il lupetto andando a prendere dalla vetrinetta l’intera bottiglia e mettendola sul tavolo allineata con tutti gli altri ingredienti.

“TU non la tocchi la MIA bottiglia!” ringhiò Black.

“Su Sirius… non rompere le scatole e torna a leggere il giornale che sono occupato… non ho tempo di giocare con te adesso.”

E borbottando il padrone di casa tornò alla lettura della cronaca mondana della Gazzetta del Profeta.

Intiepidire 1 litro di latte e mescolarvi bene 200 g di zucchero, 8 tuorli uovo, sale e la parte gialla di una scorza di limone; cuocere a bagnomaria circa 10 min… mmm… dieci minuti sono soggettivi…” borbottò tra sé lo chef.

“Ma che soggettivi e soggettivi! La mia casa…. LA MIA CAAASAAAAAA! Invasa da questa gentaglia! Da questa feccia! Da questi… pazzi! E tu… TU! Tu non sei un figlio, sei un disgraziato! Se fossi ancora in vita non permetterei mai, MAI, che degli esseri così rozzi, così… INFERIORI! Entrino in casa mia… MAI!”

“Hai finito vecchia arpia?” chiese l’attuale padrone di casa senza alzare gli occhi dal giornale.

“TU… porta rispetto per tua madre! DISGRAZIATO! Sei la pecora nera della famiglia! Il nostro disonore! La nostra vergogna! Tu… OOOH! I miei nervi! I miei poveri nervi!”

“Ma se neanche ce li hai!” ribatté seccato Sirius “Sei un quadro, deficiente!”

“Che dici… CHE DIIIIICIIIIII! Oooh! Ci fosse qui tuo padre! E le tue cugine! Quelle si che sono delle vere Black! Loro sì che portano onore e rispettabilità al nome dei Black mentre tu… tu…”

“OH! Il cucchiaio si è coperto da un velo!” esclamò sorpreso Lupin catalizzando l’attenzione.

“E allora toglilo idiota! Neanche gli elfi domestici sono così incompetenti! Ma guarda te! Ecco si… e adesso fai raffreddare e togli il limone! Ma guarda… dare lezioni di cucina… IO! A un… a un lupo mannaro! A un essere inferiore! IO!”

“Smettila o ti faccio spostare!” la minacciò Sirius.

“SMETTETELA TUTTI E DUE CHE MI DISTRAETE!!” li sgridò Lupin “Allora… A parte intiepidire 400 ml di latte e mescolarvi bene 2 tuorli d’uovo, 50 g di zucchero, la farina e il cacao; cuocere come prima a bagnomaria per 10 minuti circa mescolando spesso; lasciare raffreddare.” E mentre il lupetto si accingeva a procedere con la preparazione della sua torta formato extra large, Sirius sprofondava nuovamente nella lettura, stavolta delle pagine sportive, ignorando bellamente sua madre che continuava a sbraitare di tutto e di più.

“E quello lo chiami mescolare spesso?? Gira di più! E sta più attento! E il movimento del polso è sbagliato! Devi inclinarlo di più! No, ancora di più! No! Adesso è troppo! E gira con meno foga! E adesso stai girando troppo piano… ma che fai? Sei capace di farlo? Non è difficile! Se ci riescono gli elfi non vedo perché non dovresti farcela anche tu che sei inferiore come loro!

“SMETTILA SUBITOOOOOOOO!” urlò adirato Sirius zittendo la madre. “Mi hai stancato. Lì non ci stai più. Vedrai… Ho in mente io dove metterti!” E si alzò minaccioso coprendo il quadro della progenitrice con un telo e staccandolo dal muro per portarlo in quella che sarebbe stata la sua nuova locazione.

“Grazie” gli sussurrò con un labiale Remus mentre Sirius rispondeva con un cenno della testa e usciva velocemente per nascondere le gote arrossate.

Quando tornò si rimise a leggere il giornale e con fare noncurante appoggiò i piedi sul tavolo dove il suo ex compagno di dormitorio stava preparando il suo dolce.

“Dove l’hai portata?” domandò curioso.

“La userò come antifurto. Nessuno oserà entrare qua dentro con quell’arpia che presiede l’ingresso, sempre ammesso che qualcuno sia in grado di trovare questa casa.”

“Trovata geniale!” concordò quello per poi tornare ad essere totalmente assorbito dal dolce “Mettere il latte residuo in un piatto e aggiungervi il liquore; bagnarvi leggermente i Savoiardi uno ad uno. Prendere un grande piatto col bordo rialzato e disporre i biscotti uno a fianco dell’altro e in strati sovrapposti incrociando il senso della lunghezza nei diversi strati. Tra uno strato e l’altro versare un po’ della crema e il residuo disporlo intorno ai biscotti. La crema al cioccolato versarla e distribuirla sopra in modo da coprire i biscotti da tutte le parti. Deve risultare una specie di cubo color cioccolato. Servire freddo”

E mentre procedeva con la sua preparazione il giovane uomo canticchiava a mezza voce.

Da dietro il giornale Sirius ghignò osservando la faccia tutta felice di Remus mentre si pregustava già col pensiero la torta. Naturalmente il suo compagno non si accorse né del ghigno né delle occhiate, dato che il moro era stato così furbo da fare due buchi nel giornale all’altezza degli occhi per seguire tutte le operazioni culinarie. Altro che tenere occupata la mente e la vista. Lui gli occhi se li stava rifacendo sul suo vecchio compare di scorribande… e che compare!

E tra un’occhiata e l’altra lo sguardo di Sirius cadde sul tavolo da lavoro.

“Oddio…” sbiancò da dietro il giornale “Oddio!” balbettò ancora alzandosi in piedi con lo sguardo terreo e gettando il pezzo di carta a terra “ODDIOOOOOO!” ululò a gran voce mettendosi le mani nei capelli.

“Che c’è? Che c’è?” domandò preoccupato e agitato Lupin “Che c’èèèèè?”

“Lui… loro… e quello… e… oddio! Oddio!” continuò a blaterare indicando qualcosa sul pavimento col dito tremolante e i lacrimoni agli occhi. “Loro… loro sono…” cercò di spiegarsi meglio, ma non riusciva a respirare bene. Non poteva essere… era una tragedia! Ormai il volto del Malandrino era quasi cianotico.

“Siri! SIRIIII! Per tutte le lune piene!” si allarmò Lupin vedendo l’amico smettere di respirare senza motivo. E animato da spirito da crocerossina corse da lui per aiutarlo “Su! Respira. Forza Sirius! Respira!” lo incoraggiò il suo compagno mettendogli una mano sulla spalla e cercando di farlo calmare “Su così… ecco, bravo. Un grande respiro. Si… Bravo. E adesso fanne un altro. Vedrai che poi andrà tutto meglio”

Sirius si lasciò cadere su una sedia accasciandosi poi sul tavolo e cominciando a singhiozzare. Cogliendo l’occasione al volo Remus mise la sua torta in frigorifero. Praticamente occupava tutto un ripiano da sola, ma dato che il frigorifero di casa Black era sempre vuoto la cosa non dava il minimo problema. L’unica cosa che c’erano dentro erano una serie di bottiglie di alcolici divisi tra vini, champagne, vari amari e liquori con una prevalenza di firewhisky. Effettivamente l’assortimento avrebbe fatto invidia anche al bar più fornito di tutta la Londra babbana e magica messe assieme.

“Allora Felpato, che c’è?” domandò Lunastorta all’amico pronto a consolarlo.

“Tu… TU!” ringhiò il padrone di casa riacquistando improvvisamente il dono della favella “E’ tutta colpa tua razza di… di cuoco da strapazzo!” cominciò ad aggredirlo spingendolo verso il muro della cucina “E’ colpa tua se sto soffrendo in questa maniera indicibile!”

“Ma io cosa c’entro?” cercò di difendersi il biondo.

“Tu! Sì, tu! E’ tutta colpa tua! Si! TUTTA COLPA TUA!” continuò ad urlare Sirius “Se è successo questo danno irreparabile è SOLO ed ESCLUSIVAMENTE colpa tua!”

“Ma…”

“E no caro! Queste cose tu non devi farle! Non a me! Che sono così gentile da permetterti di usare anche la mia cucina! Non puoi ripagarmi con questa moneta!”

“Ma cosa stai dicendo??” cominciò ad alterarsi anche Lupin. Aveva capito che era arrabbiato per qualcosa, ma che diamine di motivo aveva adesso per sfogarsi su di lui?

“Si! E’ colpa tua se si sono rovinate irrimediabilmente!” si ostinò ancora il moro.

“Ma rovinate COSA????” gli urlò contro il suo compare che continuava a non capirci niente.

“LE MIE SCARPE, RAZZA DI IDIOTA SENZA CERVELLO!”

“Le… le tue scarpe?” ripeté incredulo il lupo per poi guardare le scarpe in questione e incazzarsi a sua volta “E ti pare il caso di farmi una scenata del genere per delle scarpe?”

“Sono le MIE scarpe PREFERITE!” rispose Sirius “E adesso sono irrimediabilmente rovinate!”

“Per quel filo di farina che hanno su?”

“Sono bianche! PRIMA erano NERE! E ADESSO sono BIAAAAANCHEEE!” gli gracchiò in un orecchio Felpato. E non contento alzò una gamba fino a portare il suo dolce piedino a due centimetri dagli occhi dell’altro Malandrino e a due millimetri dal naso di quest’ultimo.

Le scarpe preferite di Sirius erano scarpe da ginnastica un tempo indiscutibilmente bianche, ma ormai totalmente nere, consumate, strappate, rovinate e con qualche rattoppo qua e là, ma regalo del suo compagno di scorribande James Potter per il suo primo compleanno della loro lunga e ormai vecchia conoscenza. Scarpe senza dubbio con un grande, volendo anche enorme valore. Affettivo, di certo non economico.

Beh, gli effluvi provenienti da quelle scarpe  riuscirono a far girare la testa al povero Lunastorta che cominciò a traballare sempre più malfermo sulle sue gambe. Per cercare di rimanere in piedi il Malandrino si aggrappò al suo amico che invece di sostenerlo come avrebbe dovuto fu colto alla sprovvista e cadde come una pera cotta assieme al cuoco. Ma mentre Remus stramazzò sul pavimento come un sacco di patate, Sirius riuscì a sbattere la sua delicata testolina contro la gamba del tavolo dandogli uno scossone e fortuna vuole che in biblico sull’orlo del tavolo ci fosse una terrina strapiena di crema pasticcera che Lupin aveva preparato da gustarsi a parte. La ciotola barcollò sempre di più finché non si librò nel vuoto rovesciando tutto il suo prezioso contenuto sulla adorabile zucca bacata di Black. Ancora sbigottito per tutta quella catena di eventi non programmata, e assolutamente senza senso, Sirius se ne stava con lo sguardo fisso davanti a sé e un rivolo di crema che gli scendeva lungo lo zigomo destro andando ad infilarsi sotto la sua maglietta, mentre il grosso del dolce era spalmato sulla sua bella capigliatura scura. Remus, povera stella, lo guardò sbattendo un paio di volte le palpebre per assicurarsi di vederci bene e poi gli scoppiò a ridere in faccia.

Permaloso come pochi Felpato mise su il broncio e gonfiò le guance come fanno tutti i bambini che si offendono.

“E dai su! Felpato… sei un amore!” disse Remus avvicinandosi al suo scocciatissimo amico, e quando gli fu praticamente addosso, gli leccò la guancia. Una bella lappata per togliere un bel po’ di crema.

“Ma… ma…” riprese a balbettare Sirius mentre arrossiva per l’imbarazzo e forse anche per qualcos’altro.

“Su! Non balbettare… Adesso, tra l’altro, sei anche dolcissimo!” gli rispose amabilmente Remus sogghignando a mezze labbra.

“Ma guarda te…” cominciò a borbottare il moro mentre si alzava frettolosamente per nascondere il rossore che ancora non aveva lasciato le sue guance “E poi… ma non si può… e io… la crema… si! La crema…”

“Che borbotti Sirius?”

“Hmpf! Niente!” gli rispose malamente quello. E all’ennesima risposta contrariata anche l’adorabile e gentilissimo Lupin cominciò a scocciarsi.

“Guarda che è inutile che borbotti non so neanche cosa poi! E’ tutta colpa tua questo disastro quindi smettila.”

”Che cosa??? Colpa mia???” si shockò l’altro facendosi venire addirittura gli occhi a palla per quell’uscita inaspettata.

“Certamente! La colpa è tua” ripeté il biondino.

“Ci mancherebbe altro! La colpa è tutta tua che ti metti a fare il cuoco da strapazzo nei momenti meno opportuni e nei luoghi meno adatti!” gli rispose a tono Sirius.

“CHE COSA?” saltò su l’altro Malandrino “E che c’entro adesso io? E poi questa! Quale luogo più adatto di una cucina per fare una torta? No! Caro il mio Felpato! La colpa è tua! Solo tua! Sei tu che hai messo le scarpe sul tavolo vicino alla farina!” gli urlò dietro con le mani sui fianchi.

“La casa è mia e faccio quello che voglio!” gli rispose il moretto con le braccia conserte guardandolo storto.

“Non è vero!”

“Si che è vero!”

“E io ti dico di no!”

“Ma ti ripeto che ho ragione io!”

“Come no! Come la volta delle tende!”

“E che c’entrano le tende adesso?”

“Centrano eccome! Eri tu che volevi le tende lilla per il salotto verde marcio!”

“E allora?”

“Allora quando mai si è visto un salotto verde marcio con le tende lilla? Fa ribrezzo!”

“Ritorniamo sempre allo stesso concetto: in casa mia ci faccio e metto quello che voglio!”

“Ah si!??” minacciò Remus

“Si!” confermò Sirius

“Beh… perché ti ricorderai certamente quella volta che non volevi la tv babbana in casa e io te l’ho messa….”

“No eh!” Lo avvertì Sirius puntandogli l’indice contro.

”…e che nonostante tutto il tuo brontolare di prima, ora non puoi più farne a meno… te lo ricordi no?” continuò imperterrito Remus ignorando totalmente il compagno.

“Smettila!” Lo avvisò nuovamente.

“Allora… me la riprendo!” Concluse per ripicca il licantropo.

“Scordatelo! E’ mia!”

“No! E’ mia!”

“E’ nel mio salotto!”

“Irrilevante!”

“Mi hai rovinato le scarpe!”

“E tu la crema!”

”Vattene da casa mia!”

“No”

“Ti ho detto di andartene!!!”

“E io ti ho detto di NOOOO!” gli urlò contro Remus avvicinandosi ulteriormente.

“VAAAAAATTTEEEEENEEEEEEEE!” Gli gridò contro il padrone di casa praticamente a un millimetro dal naso.

“No.” Fu la risposta sussurrata all’orecchio del moro.

Incazzato nero, nervoso, adirato, irritato e sporco di crema, Sirius richiamò il cappotto e andò verso la porta, si girò verso Remus e gli fecce una linguaccia prima di uscire di casa tirandosi dietro l’infisso con tutta la forza che aveva in corpo. Fece sbattere i cardini talmente forte che tutti i quadri dell’ingresso, mamma compresa, si inclinarono di lato e cominciarono a sbraitare contemporaneamente.

Lupin, d’altro canto, si rifiutò di restare in quella casa dove veniva insultato gratuitamente e denigrato per della semplice, e per altro buonissima, crema pasticcera e senza dire nulla si smaterializzò lontano da quel posto.

Dopo almeno una mezz’ora il proprietario di quel fatiscente edificio fece il suo ritorno nella suddetta abitazione. Venne accolto dai numerosi e molto fantasiosi insulti di tutti i suoi quadri, che erano ancora storti, che lo accusavano di averli lasciati in quella deplorevole situazione e che sarebbe venuto loro sicuramente il mal di schiena e che, quindi, non poteva esimersi dal concedere loro una restaurata come si doveva per farsi perdonare.

“Ma state zitti!” li liquidò malamente Sirius.

La passeggiata che aveva fatto gli era servita: adesso era più calmo e poteva tornare a disquisire con Remus, anche se non era ancora convinto di poterlo perdonare totalmente per essere andato a rivangare quella storia delle tende del suo salotto. A lui piacevano tantissimo quelle tende lilla! Che cosa poteva farci se il suo amico Malandrino non aveva un senso del gusto innato come lo aveva lui? Naturalmente nulla. E consapevole del fatto che Remus gli aveva fatto quella scenata solamente perché era invidioso della sua natura nobile, del suo savoir faire, della sua misericordia e soprattutto della sua natura sopraffina - naturalmente a questa conclusione era giunto durante il suo peregrinare - Black si presentò in cucina sfoggiando la sua migliore espressione caritatevole, pronto ad accogliere con immensa gioia le scuse di Lupin, naturalmente senza mostrarlo, e a dargli un contentino per pareggiare la situazione, anche se lui era indubbiamente dalla parte della ragione. Ma… ah! Ad un nobile sono richiesti anche questi sacrifici!

“Remus…” esordì Sirius cominciando a parlare prima ancora di vedere il licantropo “Sono venuto a dirti che, nonostante tutto quello che ci siamo detti prima, io…” Ma si bloccò quando si accorse che in cucina il Malandrino non c’era.

Mica poteva sprecare un discorso così!

Sirius cominciò allora a cercare il suo amico. Guardò sotto il tavolo della cucina, dentro le antine, dietro alla porta, dentro al frigo, dove trovò la torta e se la portò via. Tra la rabbia di prima e le ricerche era davvero a corto di energia e aveva bisogno di recuperare. Inoltre era ormai ora di cena e lui non aveva la minima voglia di cucinarsi qualcosa; così, con una mano continuava la ricerca e con l’altra si ingozzava di dolce.

“Mmm… buona però” borbottò mentre cercava sotto il posacenere fatto con un cranio di elfo domestico, eredità avuta dalla sua trisnonna, che per fare quello aveva immolato addirittura il suo elfo preferito e che ora faceva bella mostra di sé sul tavolino della sala. Continuò la ricerca guardando nell’armadio, nel lavandino, sotto il tappeto, dietro le famose tende lilla, sotto il divano, dentro la cassettiera e, infine, guardò persino nella scatola dove teneva i suoi biscotti preferiti.

Niente!

Remus non c’era da nessuna parte.

Black giunse quindi alla brillante conclusione che forse, forse, il mannaro se ne era andato e pensò di andare a cercarlo a casa sua.

“Dobbiamo finire questa storia” borbottò tra sé Felpato passandosi una mano tra i capelli… ma la ritrasse sporca di crema “Ah già” constatò il moro accorgendosi che non aveva fatto ancora il bagno e che era quindi tutto impiastricciato di dolce, ma la doccia avrebbe dovuto aspettare. Prima doveva chiarirsi con Remus e poi si sarebbe lavato.

Si smaterializzò così a casa del suo amico. Nessuno venne ad accoglierlo e lui si mise alla ricerca del proprietario della villetta.

Dopo due ore passate a cercare inutilmente, il Malandrino moro si lasciò cadere sul divano stanco morto.

“Ma dove potrà essere quel disgraziato?” si chiese ad alta voce “Dove? Dove? Dove?” e cominciò a tirarsi un cuscino contro la fronte nella speranza di causare uno spostamento di neuroni e che questo favorisse la sua ricerca.

“Oh! Ci sono!” saltò su Sirius “Lo so!”

E si smaterializzò immediatamente, incurante di aver lasciato il divano di casa Lupin ormai totalmente inutilizzabile.

Black riapparve ai margini di un boschetto in prossimità di una piccola collinetta. In cima alla collina si vedeva la sagoma di una figura stagliarsi contro il cielo stellato. Aguzzando meglio la vista il Malandrino si accorse che la figura accucciata a terra, con le ginocchia al petto, altri non era che il suo amico Remus, colui che aveva cercato inutilmente per un sacco di tempo.

Sirius rimase ad osservarlo, sembrava molto triste e guardare da solo le stelle di certo non lo avrebbe reso più felice, ma era anche certo che se si fosse avvicinato così, senza protezione alcuna, avrebbe rischiato come minimo uno Schiantesimo, ma molto più probabilmente si sarebbe visto arrivare un Cruciatus.

Decisamente non lo aveva trattato bene quel pomeriggio e la litigata era stata solo l’apice di una giornataccia. Doveva proprio farsi perdonare.

Dopo un’ora era ancora la punto di partenza, ma decise di raccogliere tutto il suo coraggio da Grifondoro e di andare ad affrontare il suo amico… ma era meglio prendere comunque delle precauzioni.

Il Malandrino si trasformò in cane e si avvicinò quatto quatto a Lunastorta. Gli arrivò da dietro e si strusciò lungo tutto il braccio e tutto il fianco dell’amico per farsi perdonare. Lupin, che non si aspettava che ci fosse anima viva a parte lui su quella collinetta, inizialmente si spaventò, ma quando sia accorse di chi era si calmò. Sirius gli si mise di fronte e lo guardò in faccia. Il cane si accorse di avergli sporcato i vestiti e per scusarsi, per l’ennesima volta nella giornata, gli si buttò addosso e gli leccò la faccia. Naturalmente non passò neanche lontanamente nella mente di Black che così facendo avrebbe insozzato anche il resto dei vestiti che fino a quel momento era rimasto miracolosamente illeso.

Remus alzò gli occhi al cielo dimenticandosi presto di quel danno e lasciandosi trasportare dalla dimostrazione di affetto del suo amico.

Seduto uno di fianco all’altro, lupo mannaro e cane, osservarono il cielo stellato e la falce di luna che c’era nel cielo.

Stanchi, sporchi, ma di nuovo amici conclusero la giornata così:

ululando alla luna.

  
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