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Autore: Casta    23/11/2012    0 recensioni
Se solo qualcuno potesse entrare nel mio cervello forse riuscirebbe a capire perché nel bel mezzo di una spiegazione mi sono fermato a fissare un insignificante segno nel controsoffitto della mia classe. Forse allora capirebbe che dietro il mio sguardo vacuo e assente si trova una mente che di recente non fa altro che macinare pensieri.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Castellino, sei con noi?” Mi riprende giustamente così il professore di italiano che sta spiegando il primo canto della Divina Commedia.
“No, mi scusi non ero con voi…” Rispondo riconnettendo il cervello con la realtà e accorgendomi con orrore di essermi perso la parafrasi di almeno cinque terzine. Devo dire la verità? Non me ne fotte assolutamente niente di quelle rime incatenate e delle selve oscure che mi tocca studiare…

Se solo qualcuno potesse entrare nel mio cervello forse riuscirebbe  a capire perché nel bel mezzo di una spiegazione mi sono fermato a fissare un insignificante segno nel controsoffitto della mia classe. Forse allora capirebbe che dietro il mio sguardo vacuo e assente si trova una mente che di recente non fa altro che macinare pensieri.
Che c’è di strano in fondo, sono un ragazzo macinare pensieri per i ragazzi della mia età è normale direte. Beh ecco, io al momento vorrei potermi far asportare quella massa di neuroni che mi rendono la vita così difficile.

Ormai arrivo a scuola e cerco di spegnere più che posso la mia attività celebrale ma, devo dir la verità, con scarsissimi risultati.
I rapporti con la famiglia che ricordano più un incontro di lotta greco-romana, la persona più cara che hai a cui non riesci a esternare i tuoi sentimenti, gente che ti chiede di uscire e tu vorresti solo startene morto nel tuo letto.
Il letto, l’antro in cui nulla succede. Uno stato di stasi da cui non vorrei mai uscire. E invece implacabile la mattina la sveglia da quattro soldi acquistata a Rimini con le sue lucine sembra dirmi: “Eilà stronzone! Alzati che devi tornare alla vita reale, in cui sei una merda e non conti un cazzo!”
E io che posso farci? Mi alzo, mi lavo, mi pettino, sago sul pullman e cerco di evitare ogni discorso che riguardi la vita sociale; ragazzi e ragazze che raccontano delle loro notti brave e stronzate varie… Non lo sopporto mi spiace…
Arrivato nel luogo di studio come una marionetta svolgo ciò che mi viene assegnato, non perché mi piace, ma perché non so rispondere alla domanda: “Ma, Lorenzo, hai un’alternativa migliore?”

Non so dove indirizzare questa fottutissima vita ecco il punto. Sono un debole, non so prendere il timone con due mani e puntarlo nella direzione che intendo percorrere; nord, sud, est o ovest che sia.
E così come un una foglia d’autunno si fa trasportare dal vento ormai freddo e tendente all’inverno, io vivo passivamente subendo quello che il destino o chi per lui decide per me.

La sensazione è quella di essere investiti in pieno petto dalla forza impetuosa della corrente di un fiume in piena.

“Ma allora sei recidivo!” Ops… Di nuovo il richiamo del professore, e altre quattro o cinque terzine saltate.
La crepa è sempre lì nel candido controsoffitto; come me resiste, e in un modo o nell’altro grazie a ciò tutto resta in piedi senza il rischio che mi crolli in testa.

“Prima o poi dovranno decidersi ad aggiustarla quella fessura.” Penso “Probabilmente dovrò decidermi a ripararmi anche io un giorno o l’altro…” Peccato che a me non basti una passata di stucco.


Visto che una dedica fa sempre piacere, mi piacerebbe dedicare queste poche righe alla persona a cui non riesco  esternare quello che provo per lei, lei pensa di essere "soltanto" la persona a cui tengo di più al mondo e anche se al momento non sta passando il più felice dei momenti vorrei farle capire che per me significa molto di più... 
   
 
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