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Autore: crimsontriforce    12/06/2007    12 recensioni
L, nei suoi sogni, vede Light e Misa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Primo e probabilmente ultimo tentativo su DN. Tanto affascinanti quanto complessi i personaggi, e che hanno detto talmente tanto già nel manga che non credo di avere altro da aggiungere come fanwriter. Sono contenta di averci provato, però, è stata una bella sfida - anche considerato che vengo da fandom in cui il problema è semmai opposto.

Seconda classificata all'adorabile concorso di ripopolamento della sezione DN indetto da Hachi e Solarial sul forum! X3 Grazie alle giudicesse e ai compari di scrittura!

Le parti in corsivo sono citazioni dal volume 4 e 5, tradotte a sbuffo dalle scanlation.



Injustice





L, nei suoi sogni, vede Light e Misa.
Meglio: L non sogna. Anzi, difficilmente dorme, dall’inizio del caso Kira, e quando lo fa é di un sonno secco e profondo. Ma ci sono dei pensieri – delle catene di immagini, delle sensazioni – anche al di fuori del sonno, e del tutto estranei alle sue linee di ragionamento, che non saprebbe come altro definire. "Sogni", quindi, è una discreta approssimazione, la migliore che ha trovato. Al 76,4%.

Dapprima era Yagami Light. Ossessivamente Yagami Light. Gli si era mostrato per il bene delle indagini, una scelta a lungo calcolata, come tutte quelle della sua lunga carriera, ma a tratti temeva di averne ottenuto più danni che benefici. Avrebbe avuto altre scelte? Probabilmente no, ogni possibile scenario che esaminasse e che escludesse l’eventualità del loro incontro non portava a nulla. Tutti gli altri portavano alla partita.
La partita aveva un significato.
L’inizio era nella partita.
Piuttosto, la possibilità che esista un secondo Kira… 30-15, 40-15, game la possibilità che sia l’opera di due persone che collaborano… esiste, ma é improbabile… 15-0 specialmente dopo l’ultimo nastro… seconda battuta.
I ricordi correvano così, paralleli, indipendentemente dai suoi pensieri. L non era assolutamente certo del loro significato, solo della sua incertezza, e della certezza che la sua incertezza lo infastidisse. Come sempre. Così si convinse di stare rianalizzando le azioni di Light durante il gioco, per cogliere indizi utili all’indagine. Era riuscito a mentirsi per un buon 68%, ma la percentuale calò drasticamente quando Non possiamo ancora dire che abbiano unito le loro forze… tie break, pausa, la pallina ruvida nella mano sinistra, vantaggio Può aver scoperto chi é Kira ma non averlo ancora contattato… set si scoprì ad analizzare altre partite. Inventate. In cui non sempre vinceva. Era un punto di non ritorno.

Alla fine di una giornata frustrante, troppi morti e nessun progresso, L pose una sfida a se stesso: farla finita con quei pensieri. Avrebbe preferito venirne a capo, scoprirne cause, effetti e soluzione, ma c’era una possibilità, neanche troppo infinitesimale, di stare collezionando buchi nell’acqua anche per colpa di quella distrazione, rifletteva mesto mescolando col cucchiaino un caffè lungo denso di zucchero, e non l’avrebbe sopportato. A solenne garanzia di serietà nello svolgimento della sfida si scelse anche un premio: un bignè alla crema e parlarne con Light stesso quando il caso fosse stato chiuso – se il caso fosse stato chiuso – se Light non fosse stato chiuso assieme al caso. 10%.

Ancora sogni, ancora fastidiosa incertezza e una sfida persa.
Un singolo bignè era ben poca cosa al confronto di un vassoio maxi di paste alla frutta, e come premio di consolazione si era concesso di proporre la rivincita a Light. Quando il caso fosse stato chiuso. Se il caso fosse stato chiuso. Eccetera.

Fu all’incirca quello il periodo in cui iniziò a chiamarlo "amico". La qual cosa lo spaventava, molto. Se la spiegò così: Amico. Amico é chi capisce. Light mi capisce – troppo. E se Light é Kira (62 ± 1,5% allo stato attuale delle cose) Kira mi capisce fin troppo, e io capisco lui al 62 ± 1,5%. Eppure.
L lanciò in aria una rotella di liquirizia con l’aria più pensierosa collegabile al lanciare in aria una rotella di liquirizia, la acchiappò e iniziò a mordicchiarla.
Eppure due mi capivano, o volevano capirmi. Provavano a capirmi, sì, era così. Ma provavano soltanto, e ora sono lontani. Rimane soltanto Light da chiamare "amico".

E, per quanto pericoloso, così fece.

Quando Misa entrò stabilmente nelle loro vite, anche il quadro dei sogni, di conseguenza, si allargò.

Dai video è chiaro che Amane è collegata a Kira… pomeriggio assolato, pace, chiacchiericcio femminile e che ama Light… pace torta di mele compagnia semplice pace compagnia compagnia.
L osservava. Osservava rapito la panna sciogliersi nella tazza di cioccolata bollente e osservava anche la vita all’altro lato della catena.
Vide le reazioni dell’"amore" in Misa, con onestà guardò dentro di sé e non le ritrovò affatto. Neanche in Light, a ben vedere, ma si sarebbe sorpreso del contrario. Ed era giusto così. Aveva conosciuto, da lontano, il funzionamento di "gruppi di amici", "fidanzati" e le loro interazioni. Anche il "diverso" ne costituiva parte attiva e necessaria, e Misa era il loro giusto diverso. In tre erano perfetti.

Proprio quelle dinamiche si trovò a sperimentare durante un bizzarro e inaspettato appuntamento a tre, cui si aggiunse la non sgradevole sensazione di essere, per una volta, osservato e non osservatore.
Proiettò nella sua mente un’ipotesi di pomeriggio fra normali amici (secondo definizione standard corrente di "normale", come condivisa dal 68,4% della popolazione del Giappone), sovrappose l’immagine alla loro e non vi trovò sostanziali differenze formali, manette a parte. E, come nel modello, poteva sentire a pelle del semplice e onesto calore umano, quel sentimento che, come tanti altri, sapeva leggere e predire nel prossimo ma non aveva più provato dagli ultimi giorni passati all’orfanotrofio. Rimase, come un’accigliata lucertola al sole, ad osservare Misa pendere dal braccio di Light, protestare per la sua fastidiosa presenza, perfino dargli del pervertito. Non gli importava, finché fosse rimasto lì nulla gli sarebbe importato.

Fu allora che, per la prima volta, coniò il pensiero della trasferibilità dei poteri di Kira. Sì, proprio trasferibilità, il pensiero più logico per unire la certezza della colpevolezza di Light alla certezza della sua successiva onestà, le prove contro Misa – talmente ovvie che iniziava a non volerci neppure credere – a una farsa troppo complessa per un’idol con tanta bella presenza quanta poca esperienza recitativa. Non da ultimo, per unire i pezzi del suo ego infranto, non sia mai di sottovalutarlo. E proprio quella trasferibilità dei poteri, collante potente e idea geniale, aveva una radice ancora più profonda nella sua volontà di arrivare alla fine del caso, dell’incubo e trovare quei due ragazzi innocenti. Esecutori materiali forse, che col tempo avrebbe potuto perdonare (quale vincitore non perdona una pedina, poi?), ma innocenti nell’intimo. Quello era il suo sogno cosciente, che si nutriva dei pensieri piccoli e confusi giorno dopo giorno fino alla fine.

"Penso di essermi innamorato", aveva detto in seguito. Della situazione.
Si era innamorato del contatto umano, del litigio stupido quotidiano, del poter parlare ad un suo pari. Della mano agile che per prima ruba la fragola in cima alla torta alla panna, di una logica spicciola talmente opposta alla sua da poter essere a malapena definita tale, o al contrario della battaglia di intelletti per qualche inezia talmente fine da essere fine a se stessa.
È stato un colpo di fulmine fra lui e il mondo, nato un giorno su un campo da tennis e che si porta dietro tutt’ora.
L, dunque, nei suoi sogni vede Light e Misa, pensieri inconsci e terreni che s’intromettono nelle sue analisi a formare un’ipotesi nuova, unica, vitale.



Light, nei suoi sogni, è Kira.
E Kira ha un solo desiderio: morte a ogni oppositore.



   
 
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