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Autore: Rota    25/11/2012    0 recensioni
[Team Fortress 2]
Un botto roboante fece tremare le pareti legnose della misera baracca, staccando dal soffitto pezzi di muffa grigiastra che andarono a infrangersi al suolo. Le mani del Medico si fermarono qualche attimo così da permettere agli occhi di alzarsi un'ulteriore volta, per qualche istante, e di valutare l'ambiente circostante.
Aveva ancora tempo.

[Heavy x Medic - lieve Slash]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Autore: margherota
*Titolo: Vitality
*Fandom: Team Fortress 2
*Personaggi: Heavy, Medic/ HeavyMedic
*Generi: Introspettivo, Drammatico
*Avvertimenti: What if...?, Flash fic, vaghissime tracce di Slash
*Rating: Giallo
*Prompt: Tutto il meglio del buio e del fulgore s'incontra nel suo sguardo e nei suoi occhi (She Walks in Beauty - G. G. Byron)
*Note: Questa è la prima volta che mi cimento in una coppia tratta da un videogioco X°°° più che altro perché è la prima volta che mi avvicino abbastanza ad un videogioco in sé XD ma a parte questo.
Ritengo che il mondo di TF2, almeno per quanto riguarda le fanfic, dia molta libertà d'azione. Alla fin fine l'ho trattato come uno scenario di guerra, abbastanza tipico, con protagonisti folli e privi di autocontrollo XD
Spero sia godibile comunque D:









Un botto roboante fece tremare le pareti legnose della misera baracca, staccando dal soffitto pezzi di muffa grigiastra che andarono a infrangersi al suolo. Le mani del Medico si fermarono qualche attimo così da permettere agli occhi di alzarsi un'ulteriore volta, per qualche istante, e di valutare l'ambiente circostante.
Aveva ancora tempo.
L'uomo sentì una voce affannata, una sorta di sospiro modulato, e dirigendo lo sguardo verso il viso del Grosso vide come stesse tentando di comunicare con lui. Ancora peggio che al solito, la sua voce non gli giunse alle orecchie se non sotto forma di rantolo. Aveva il busto appena sollevato, il collo dritto e l'espressione un poco ansiosa – probabilmente, era la droga che gli aveva dato come antidolorifico a rendere le sue pupille tanto dilatate e vigili, scattanti come lo erano state poche altre volte.
Lo rassicurò con un solo sorriso strano, una smorfia cordiale. Se avesse allungato la mano per un qualsiasi altro gesto, si sarebbe ritrovato il guanto già sporco di sangue lercio anche del sudore e del fango che impregnavano la pelle dell'altro uomo e non poteva permetterselo, non almeno prima d'aver finito il proprio lavoro. Quindi, lasciando il Grosso ai suoi dubbi, tornò a lavorare sul suo stomaco.
Non mancava molto: qualche punto di sutura e sarebbe tutto finito. Lo sentì lamentarsi per il fastidio quando affondò con più forza l'ago nella carne, sorpreso da un'ulteriore botto troppo ravvicinato e le urla poco rassicuranti dello Scout circa una gamba che gli mancava. Anche l'altro lo sentì ma non mostrò alcuna reazione: prese a fissarlo e basta, come a intimargli di non perdere altro tempo.
Il Medico corrugò la fronte e riprese il proprio lavoro. Era abituato a lavorare sotto pressione, era un'abilità che rientrava nelle capacità basi della sua professione esattamente come la minuta conoscenza delle conseguenze di un trauma cranico. E neppure la precarietà era una cosa così insolita da farlo destabilizzare.
C'erano poche cose a quel mondo in grado di turbarlo davvero, nel bene e nel male, dopo quello che aveva passato durante la sua esistenza.
Fece rientrare un pezzo di intestino che era scivolato fuori, bianco su tutto quel rosso, e cucì più velocemente che poté l'ultimo pezzo di pelle. Non aveva forbici: si sporse per tagliare il filo con i denti.
Lo sentì sospirare soddisfatto solo quando si riportò dritto e gli rivolse uno sguardo sicuro, deciso. Era di nuovo pronto. E lui aveva un sorriso così largo e infantile che quasi faceva tenerezza.
Evitò di pensare a quanto fosse paradossale tutto quello: non possedeva più alcuna ragione da troppo tempo e non poteva perdere la cognizione del reale per quel particolare insignificante, nel pericolo di lasciare solo chi aveva bisogno del suo aiuto. Per questo raccattò da terra il proprio fucile e lo imbracciò, buttando fuori ogni altro pensiero inutile con un singolo sospirò. Sentì il primo passo incerto del Grosso, il secondo più fermo e poi la sua mano sulla spalla. Ricordò come quella botta alla nuca che aveva ricevuto dal Demolitore blu, prima di farlo a pezzi, fosse il solo motivo per cui non l'avrebbe più sentito parlare. Non che fosse troppo necessario, per quello che dovevano fare assieme, in fin dei conti.
Quindi si voltò verso l'altro uomo, puntandogli la canna dell'arma addosso e guardando appena, di sottecchi, il raggio curante che inglobava in un alone colorato tutta l'imponente figura del Grosso – il corpo indefinito che sfasciò mezza parete, poco più in là, gli suggerì che non fosse stata proprio una cattiva idea.
Si permise di fremere, per un'ultima volta, quando lui prese in mano la sua mitraglia e ricambiò lo sguardo. Luce e ombra della medesima intensità – il risultato perfetto di una vita in bilico sul limite estremo che separava vita e morte in maniera così dolorosa e fragile. Perché il Medico sapeva che, per quanti miglioramenti potesse anche solo immaginare per quel corpo, non sarebbe riuscito a rendere meglio l'idea di vita che il Grosso aveva negli occhi. Pur nel campo di battaglia, pur nel sangue e tra le urla.
Questo lo faceva tremare ogni volta.
L'uomo possente urlò, nel ringhiò animale e poco umano che gli uscì dalla gola, e sollevando entrambe le braccia partì alla carica. Il Medico, a quel punto, si limitò seguirlo.
   
 
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