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Autore: Kitsune911    25/11/2012    5 recensioni
"Il dolore fisico mi distrae, mi fa stare bene per un attimo. Rilasso le mani, sfioro con le dita i segni rossi lasciati dalle unghie. I segni di un disagio che mi sta rendendo la vita un inferno…
Ogni giorno così, con il terrore di affrontare la giornata, le persone, la scuola…"
La depressione è una malattia e come ogni altra malattia va curata. Bisogna solo trovare il coraggio di chiedere aiuto... Io l'ho fatto, questa è la mia storia...
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho deciso di scrivere quello che ho passato negli ultimi mesi, perché spero che possa aiutare qualcuno… La depressione non è una cosa di cui vergognarsi, è una malattia, che fa stare male e rovina la vita, ma uscirne è possibile…!

 

 


La sveglia suona. Quel trillo insopportabile che mi riempie le orecchie ogni mattina, mi gela il sangue, il cuore batte più forte per il panico di dovermi alzare, di iniziare una nuova giornata.

Mia mamma viene a chiamarmi, le faccio un cenno con la mano, non ho la forza di parlare. 

Guardo il telefono con il terrore di trovare un messaggio della mia migliore amica. So che non riuscirei ad uscire di casa se lei mi dicesse che non può venire a scuola. Mi lavo e mi vesto come un automa, pensando a cosa mi aspetta, non riuscendo a trovare niente di positivo nella mattina che è appena cominciata. Esco di casa, aspetto la mia amica e con lei riesco finalmente a rilassarmi, a parlare, persino a ridere. Lei riuscirà a rendermi sopportabile le sei ore di scuola, in mezzo a gente che non sopporto, che mi sembra così diversa da me…

Faccio il conto alla rovescia delle ore di tortura che rimangono prima che io possa andare a casa, anche se so che la vera tortura comincierà solo all’ora…

Prendo il pulman per tornare, cammino dalla fermata fino a dove abito e più mi avvicino più sale l’angoscia di dover vedere altra gente, anche se si tratta della mia famiglia. Mi faccio forza, entro, rispondo ai saluti con un cenno. Mi chiedono come è andata a scuola e sussurro il solito “bene” poco convinto. Non riesco a dire altro. Mangio in silenzio e poi vado nella mia camera. Passo il pomeriggio da sola, con internet o la musica. Magari riesco a passare del tempo in sala con i miei genitori e mio fratello, ma non partecipo ai loro discorsi, apro bocca solo per rispondere male alla minima provocazione. Sono irritabile, mi da fastidio qualsiasi cosa. Ogni parola, ogni gesto può farmi scattare. E se succede mio papà si arrabbia, mio fratello mi insulta, io torno nella mia camera, stringo i pugni più forte che posso, fino a farmi male. In quei momenti è come se avessi bisogno di sentire qualcosa, qualcosa che non sia rabbia, fastidio, repulsione verso il mondo e verso l’umanità. Il dolore fisico mi distrae, mi fa stare bene per un attimo. Rilasso le mani, sfioro con le dita i segni rossi lasciati dalle unghie. I segni di un disagio che mi sta rendendo la vita un inferno…

Ogni giorno così, con il terrore di affrontare la giornata, le persone, la scuola…

Non esco più di casa se non sono costretta. I miei amici non mi invitano neanche più ormai… Si accorgono che mi sto allontanando, non sanno che in realtà quel mostro che li rifiuta non sono più io.

La mia famiglia pensa che io sia diventata una stronza, pensano che il mio impegno a scuola mi stia rovinando, non sanno che la scuola non c’entra, che preferisco stare là piuttosto che a casa. Non sanno che io non faccio apposta a comportarmi così…

Piango per ogni cosa, ogni problema diventa per me insormontabile. Piango pensando che non ho idea di cosa farne del mio futuro. Piango pensando a persone morte che non ho mai conosciuto. Piango per ogni notizia di cronaca nera. Piango per l’11 settembre e mi dispero, sentendomi parte di quella tragedia così lontana da me…

 

Ho pianto la sera con mia madre, quel giorno in cui sono scappata di casa. Quel giorno in cui la situazione è diventata insostenibile. Quando ho capito che quella non ero più io. Quando mi sono ricordata dei giorni in cui sorridevo, in cui parlavo e pensavo a come sarebbe stato bello andare all’università, fare quel viaggio a New York che sognavo da anni, progettare la mia vita, sognare di avere una casa, un lavoro e una famiglia tutta mia un giorno…

Quando ancora credevo che avrei avuto un posto nel mondo, che tutto sarebbe andato bene, che avrei fatto tanta strada nella mia vita.

Non mi riconoscevo più… Quel mostro non ero io…

Ero stufa di essere così pessimista, di pensare al domani come a una condanna e non come a una nuova possibilità. Stufa di essere a disagio con tutti. Stufa di essere considerata una stronza dalle persone che mi volevano bene. Stufa di stare male…

 

Ho sentito così tante storie di ragazzi che si tagliano, che si suicidano per lo stesso disagio che ho provato anche io per così tanto tempo…

Sono riuscita a non arrivare a tanto, sono stata fortunata, ma so che avrebbe potuto andare molto peggio.

Ho capito di avere un problema che non potevo risolvere da sola. Mi sono fatta aiutare, ne ho parlato con la mia famiglia, ho spiegato che non era colpa mia se mi comportavo così. Anche io mi sentivo diversa, mi accorgevo di sbagliare, ma non riuscivo a smettere di farlo.

Abbiamo deciso di andare dal medico il giorno dopo. Io gli ho raccontato come mi sentivo, i miei genitori hanno raccontato di come ero cambiata.

Ora sono in cura da un paio di settimane con anti-depressivi e mi sento molto meglio.

Anche solo pensare che sto facendo qualcosa per risolvere la situazione basta a farmi vedere le cose sotto una nuova prospettiva.

Forse è una specie di effetto Placebo, non credo che i farmaci stiano già facendo effetto, di solito ci vuole più tempo… Fatto sta che ora non mi prende più il panico quando sento la sveglia suonare. Affronto la scuola con uno spirito diverso: quando finisce la prima ora non penso più “ne mancano ancora 5”, ma “ne è già passata una!”.

Torno a casa e trovo la forza di salutare e di raccontare la mia giornata.

Ho ricominciato a sorridere, a divertirmi, non scatto più alla minima parola, ma sto allo scherzo e ho ritrovato il sarcasmo e la battuta pronta che mi hanno sempre caratterizzato. Riesco a ridere di situazioni che prima mi sembravano problemi enormi. 

Mi sento meglio, sento di essere di nuovo io.

 

Certo, le pupille dilatate mi fanno sembrare una pazza, ma… chissenefrega!

 

 

 

 

 

A tutti voi che siete arrivati fino a qui, a tutti voi che vi siete riconosciuti nelle mie parole… Se vi accorgete di vivere male, se arrivare alla fine della giornata è una sfida ogni giorno più difficile, se vi capita di pensare che non avete un motivo per vivere, non aspettate! Fatevi aiutare, parlatene con i genitori, con uno psicologo, con il medico di famiglia, con un amico… Non dovete pensare che passerà, perché in realtà andrà sempre peggio! Comincierete a pensare che quel disagio sia la normalità, ma NON è così!! La depressione è una malattia e va curata!! Non pensate che sia colpa vostra, che dobbiate risolvere da soli i vostri problemi o chissà che cosa… Non ci si ammala di depressione per qualche motivo in particolare, non c’entrano la scuola o i problemi… succede e basta, bisogna solo accorgersene e chiedere aiuto prima che sia troppo tardi!!

Io l’ho fatto e ora sono qui, a cercare di fare del bene, a sperare che qualcuno, leggendo la mia storia, decida di fare come ho fatto io… La nostra vita è nelle nostre mani, ora ne sono più che convinta.

 


 

Voglio dedicare non questa storia, ma la mia vita a Jessica… Perché sei sempre stata il motivo per cui mi alzo la mattina, perché mi hai aiutato ogni giorno senza neanche accorgertene, perché con te non ho mai dovuto fingere, perché con te non dovevo sforzarmi per parlare e ridere, perché ci sei sempre stata anche quando credevo di non meritarlo, perché non ho ancora capito come fai a sopportarmi ogni giorno… Perché grazie a te non ho mai fatto cazzate irrimediabili…

Grazie di tutto… Ti devo la vita…

  
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