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Autore: RONNIEeMIA    25/11/2012    0 recensioni
Cos’è l’amore? Domanda difficilissima a cui rispondere, giuro che anche io non saprei cosa dire ora. Sono ancora bloccata tra due amori quello di quando avevo ancora tre anni e quello vero forse, quello che le persone normali chiamano Amore della Vita. Forse l’amore per me è la musica, o meglio il pianoforte, la passione trasmessa da mio padre che pratico più facilmente di tutte, soffrendo ma comunque amando quel bellissimo hobby in cui mi sono immersa da quando ero alta meno di una sedia. Molti non capiscono questo mio punto di vista dell’amore verso un oggetto ma giuro che il pianoforte per me era sacro... Ecco ora darò la risposta alla domanda COS E’ L’AMORE PER ME L’AMORE ORA? E’ SEMPLICEMENTE UN SENTIMENTO E BASTA.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
 
 
Ero davvero concentrata su quello che successe qualche ora prima, non so perché era stato solo un caso l’incontro con questo Logan che sembrava un ragazzo davvero gentile, ma io come faccio a saperlo? No, non lo sapevo, in mente pensavo Britt non giudicare un libro dalla copertina e no non avrei dovuto farlo ma mi sembrava davvero strano il modo in cui i suoi occhi color MONDO mi avevano fissato così intensamente da farmi trasportare sì, in un mondo di vera e propria FANTASIA. Non potevo confidarmi con nessuno, avrei tanto voluto avere la mamma in quel momento accanto a me ma NO! Tutto era contro di me! Non avrei mica potuto confidarmi con John mi avrebbe lasciata in quello stesso momento e neanche con Stefani che sì mi fidavo di lei ma so che con lei che parla sempre avrebbe potuto far sfuggire il mio segreto con John, con Jenny? Ma cosa sto dicendo? È solo una bambina! E con papà? Lui mi avrebbe detto piccola sfogati suonando, anche se forse un’idea ce l’ho avuta! UN DIARIO SEGRETO! Sì avrei potuto comprarlo, dissi mentre mi alzavo dal letto e iniziando a correre verso casa di papà.
  «Papà? Sei qui?» sentii il suono del pianoforte, un suono che sentivo spesso, ma che questa volta era diverso perché era il mio papà a farlo, andai verso il salotto, lui non mi aveva sentita entrare, era lì sul punto di creare uno dei suoi capolavori che magari un giorno darebbe potuto diventare famoso, risii in mente, quella di papà era roba all’antica ma che per noi musicisti significava tanto, era la nostra seconda vita, era lì seduto mentre scriveva (pasticciava) il foglio pur di trovare una nota che stesse bene con tutte le altre, era davvero difficile creare un pezzo perfetto e giuro che i miei pezzi non lo erano affatto, avrei sognato un futuro alla Julliard, ma ci dubito seriamente. Mentre camminavo non mi accorsi che c’era una sedia avanti a me e come un sacco di patate caddi.
  «Ahio!!»gridai in modo furioso, se avrei continuato così la gamba si sarebbe davvero rotta, due cadute in un giorno non ci volevano.
  «Britt! Ti sei fatta male? Scusami non ti ho sentita entrare aspetta un secondo e sono da te.»
Disse sistemando i suoi fogli nel cassetto, mi nascondeva qualcosa?
  «Tutto bene piccola? Dove sono i tuoi amici? Cioè il tuo fidanzato e la tua migliore amica?»
  «Al parco con Jenny. Io ora vado in cartolibreria, devo acquistare un nuovo pentagramma e qualche matita, per una musicista sono indispensabili!» dissi sorridendo mentre papà mi aiutava lentamente a alzarmi, il dolore alla gamba era passato.
  «Piccola, se vuoi te li do io! Ne ho minimo una centinaia. Ma se preferisci puoi andare.»
  «Papà voglio prendere anche una boccata d’aria quindi se non ti dispiace vado.» gli dissi sorridendo e lui fece lo stesso, mi abbracciò.
  «Certo che non mi dispiace, ecco a te 20 dollari, tieni il resto, prendilo come un regalo.» mi diede un bacio sulla fronte e mi accompagnò alla porta.
  «Ciao papà, ti voglio bene.» non so perché lo dissi, mi uscì dalla bocca senza che volessi farlo, però fu una bellissima sensazione ero tornata ad avere un padre, un padre che adoravo  e che giorno per giorno lo stavo conoscendo per recuperare i dieci anni persi.
 
«Sì va benissimo anche un’agenda normale, non si preoccupi, serve solo per prendere gli appunti.» dissi mentre la commessa anziana mi mostrava i vari modelli di agende, non finiva più di parlare, ce ne erano di tutti i tipi: piccole, grandi, medie, piccolissime, verdi, gialle, nere di tutti i tipi!
«Va benissimo questa, grazie quant’è? Anzi già che c’è mi dia anche un pentagramma e due matite HB 2» dovevo prenderle per farle vedere a papà perché, curioso com’era mi avrebbe sicuramente chiesto di mostrarglieli, era prevedibile il mio papino.
  «Lei è la figlia di Mike giusto? Io sono una sua grande amica ci conosciamo da tempo, assomigli tantissimo a lui, scommetto che lui ti ha mandata qui a prendere il pentagramma, non gli bastano mai» mi disse sorridendo.
  «Sì, io sono sua figlia, ma il pentagramma è per me, anche io suono, mi ha trasmesso la sua passione, ah mi scusi io sono Brittany ma tutti mi chiamano Britt.» mi porse la busta e notai che la mano le tremava, mi fece un po’ pena, alla sua età non avrebbe dovuto lavorare!
  «Io mi chiamo Kate. Ecco a te lo scontrino sono 15 dollari, ma per te sono 10.»mi sorrise, era davvero una signora dolce, l’avrei voluta aiutare in qualsiasi modo.
  «Grazie mille signora Kate, ma qui non c’è nessun impiegato che la aiuta?» chiesi incuriosita pensando a tutti quei ragazzi che non facevano niente anzi erano sempre attaccato a una Tv giocano a Pes o a qualsiasi altro gioco esistente, mi venne una rabbia addosso, avrei voluto schiaffeggiarli tutti, pensai anche alle ragazze che erano sempre allo specchio provandosi quindici milioni di volte lo stesso abito o si chiudevano in bagno per farsi i capelli, e magari in casa c’era solo un bagno! Che egoiste!
  «No, sono qui quasi da 15 anni e nessuno è mai venuto seriamente, mi piacerebbe avere qualcuno ma i ragazzi sono occupati a studiare, che poi neanche lo fanno, è solo una brutta scusa.» disse scoraggiata, non aspettai un secondo e intervenni subito «se vuole la aiuto io, posso venire qui la mattina così lei può riposarsi.» le dissi porgendole la mano.
  «Grazie Britt, se per te va bene mi piacerebbe molto avere una ragazza come te qui dentro, sei davvero un tesoro.» mi fidavo della signora Kate, avrei potuto trattarla come una nonna, visto che non ne avevo una, ci mettemmo d’accordo e decidemmo i miei orari e la mia paga che ammontava sui 300 dollari al mese, che per tre mesi mi sarebbero bastati eccome, la salutai e mi lasciò le chiavi del locale, segno che si fidava di me.
 Uscendo vidi Logan che parlava con Stefani, con la mia Stefani! Come ha potuto? Va bene, lei non sapeva che mi stava succedendo, che poi, in realtà non mi stava succedendo proprio un bel niente! Io amavo John e lo avrei amato per tutta la mia vita, finché morte non ci separerà e anche oltre e quando un giorno ci saremmo fatti definitivamente la promessa, avremmo vissuto in una casetta con i nostri figli al calduccio come una vera e propria famigliola felice.
Mi avvicinai a Stefani e gli dissi «Ehi cantante, dove siete stati? Ehi io ti conosco aspetta non me lo dire tu sei Lo.. Lo… Logan!» feci finta di non riconoscerlo.
  «Ehi Britt, ma voi vi conoscete? Logan si è iscritto alla Julliard lo sai? Lo anno accettato!» cazzo, quella notizia mi aveva scombussolata, lui suonava come me eravamo molto simili.
  «Veramente? È il mio sogno a quando ero piccola così!» feci segno all’altezza del mio ginocchio
  «Sì, suono il pianoforte da quando avevo tre anni, non ho mai smesso e non lo farei mai, è una parte della mia vita.» disse ridendo ma comunque avendo l’aria seria e soddisfatta i quello che mi stava raccontando. «Anche io suono il pianoforte, e anche io l’anno prossimo farò domanda alla Julliard, vedremo se verrò presa, ma le speranze non le perderò mai!» dissi con gli occhi lucidi, da dietro mi strinse John le sue mani calde, mi facevano sentire protetta e amata, e io adoravo quella sensazione, io adoravo lui!
  «Bene, io ora devo andare ci vediamo Stefani» gli diede un bacio sulla guancia, e gli porse un bigliettino bisbigliandole qualcosa all’orecchio, scommisi con John cinquanta dollari che le aveva dato il bigliettino con il suo numero di cellulare.
  «Ehm ciao anche a te Britt! Un giorno mi farai ascoltare le tue melodie!» mi disse sorridendomi io gli ricambiai il sorriso e appena girò l’angolo baciai John.
  «MI ha dato il suo numero!» gridò Stefani «Bene bocconcino, mi devi cinquanta dollari!» fece una faccia a cane bastonato e gli diedi un bacio, subito dopo ci incamminammo verso casa.
Mentre camminavo mano nella mano con John pensavo a Logan e a Stefani.
Forse provavo qualcosa per lui, forse no.
Se prima per me l’amore era un sentimento e basta, ora si stava iniziando a spiegare.
   
 
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