25/11/2012
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Dedicato a tutte le donne vittime di violenza.
Si è preso la tua dignità di donna, quello stronzo!
Jenny corre, corre senza meta. Ha un occhio pesto e del sangue che esce dal labbro. Sta scappando, se ne sta andando. Magari l’avrebbe pure denunciato.
E’ notte fonda e Jenny corre.
La stradina è buia, illuminata a intermittenza da vecchi lampioni che ormai, di funzionante, hanno ben poco.
La gamba sinistra le fa male ad ogni passo, il tessuto dei jeans aderenti cela perfettamente l’ematoma violaceo sottostante. Preme la mano nell’occhio dolorante, la palpebra è sempre più gonfia e ormai è impossibile cercare di tenerlo aperto.
Jenny ha smesso di correre, è troppo doloroso. Sta regolarizzando il respiro, facendo dei sospiri profondi; l’aria uscita dalla sua bocca fin troppo calda si condensa, formando delle piccole nuvolette di vapore che spariscono dopo un battito di ciglia.
L’ospedale è lontano, Jenny, ce la farai? Una volta avresti detto “Certo, che ci vuole?”, ma adesso no. Adesso sei sempre più vittima della debolezza dell’anima che ti impedisce di prendere l’iniziativa, di alzare la testa e gridare, di credere in te stessa.
Cosa è capitato alla Jenny che tutti bramavano.. la più ambita della scuola, dicevano, ricordi? Che è successo alla Jenny che, quando le piaceva un ragazzo, lo baciava senza pensarci due volte?
Si è innamorata, dice lei.
Già si è innamorata di un Alessandro che le portava i fiori all’università, sotto gli occhi di tutti, che scandalo! Si è innamorata di un uomo che faceva di tutto per vederla sorridere; che la portava fuori a cena e le regalava cioccolatini senza un motivo.
Ma le persone cambiano, non è così, Jenny? Sì, le persone cambiano, e tu te ne sei resa conto troppo tardi.
L’ha sposato dopo pochi mesi, finalmente!
Lui ha incominciato la lenta tortura dopo qualche tempo e lei non se n’è neanche resa conto. Le diceva di non mettere più gonne, era geloso, lui. Le proibiva di andare fuori con le amiche; che ne sapeva se poi Jenny non andava dall’amante?
Jenny doveva fare l’amore con lui tutti i giorni, guai a lei, altrimenti.
«No, Jenny, non hai bisogno di niente, e ora lasciami lavorare» divenne una frase standard.
Così, giorno dopo giorno, la tua libertà diminuiva.
L’amor proprio, la fiducia, l’autostima scendevano inesorabilmente. Si è preso la tua dignità di donna, quello stronzo!
Ecco, brava, ricomincia a correre, Jenny. Lotta, arriva in ospedale, denuncialo e fuggi. Brava, Jenny.
Ti vedo arrancare e annaspare, ma sono fiera di te, non demordi nella tua folle corsa. La gamba ti fa ancora male e l’occhio è ancora più gonfio. Oggi non si è risparmiato, eh?
Tu non hai fatto niente, ma capiscilo, insomma!, ha avuto una giornata pesante. Non puoi mica pretendere che abbia tutti giorni un sorriso stampato in faccia, eh!
Continua così, corri più veloce. Sei quasi arrivata.
Ha raggiunto l’ospedale, l’infermiera la guarda male, come se fosse una feccia, come fa sempre lui. Ha proprio il suo sguardo, allora è lei quella sbagliata!
Le prende il panico e incomincia a correre tra i corridoi, ma sono lunghi e le fa male tutto.
Non si arrende, continua a correre, fin quando le arriva un pugno in pancia.
Allora si sveglia.
Si ritrova aggrovigliata tra le coperte e un «Sta’ buona, cazzo» sputato da Alessandro.
Fa come dice, come sempre ha fatto e come sempre farà.
E’ stato un bel sogno.