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Autore: Florence    13/06/2007    3 recensioni
-Vedrai un giorno riuscirai a trovare la persona giusta per te- -Ho creduto che quella persona fosse Lana, ma non potevo essere sincero con lei, e poi ho creduto che fosse Alicia, perché era come me- -Ma tesoro, non c’è… non c’è nessuno come te- -Vuol dire che sarò sempre solo- (Obsession, Smallville #314) ... ti stavo aspettando...
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Clark Kent
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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-Vedrai un giorno riuscirai a trovare la persona giusta per te

-Vedrai un giorno riuscirai a trovare la persona giusta per te-

-Ho creduto che quella persona fosse Lana, ma non potevo essere sincero con lei, e poi ho creduto che fosse Alicia, perché era come me-

-Ma tesoro, non c’è… non c’è nessuno come te-

-Vuol dire che sarò sempre solo-

(Obsession, Smallville #314)

Illusione

Intro: Su una tomba deserta

Son of the Illusion Blog

Martedì 17/06/2003

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“Che rumore fa un cuore quando si spezza?

Quando anche l’aria, gonfiando il petto, provoca dolore.

Quando guardi le tue mani e vedi le mani di un vecchio che muore, levandole al cielo;

le mani di una madre che sa che il figlio non tornerà più;

le mani di un chirurgo che non ha saputo salvare una vita.

Che rumore fa un cuore che si ferma,

e dopo resta solo un ronzio assordante nella testa.

Che rumore fanno gli incubi la notte,

quando ti svegli e capisci che ha senso solo il buio tutto intorno.

E ti accorgi che l’incubo eri solo tu.

Che rumore fa il silenzio,

quando non c’è più la sua voce a riempire le stanze vicino a te,

quando ti guardi allo specchio e il tuo riflesso

urla

quel che sei.

Urla

la sofferenza

che deve contaminare la tua anima,

spegnere ogni colore,

finché rimarrà solo il vuoto.

E non ci sarà più rumore.

Solo allora riuscirò a sentire ancora il suono della tua voce.

Addio, mio primo amore.”

L’ultima neve cadeva silenziosa e lenta sulle lapidi del piccolo cimitero di Smallville disegnando sulla pietra grigia e sui marmi gelidi arabeschi di ghiaccio.
Una leggera brezza soffiava da nord e sollevava rade volute di fiocchi bianchi dalle tombe più esposte.
I raggi rossi del sole, filtrando da uno squarcio tra le dense nubi che iniziavano a cedere il passo ad un clima più mite, allungavano le ombre verso oriente, colorando di un pallido rosa la neve fresca.

Alicia non c’era più e Clark, seduto per terra davanti alla sua tomba spoglia e senza fiori, solo, con una rosa rossa in mano, aspettava in silenzio. Sperava che il freddo della notte penetrasse nelle sue ossa e gli facesse sentire, almeno per una volta, di essere come lei, come i suoi genitori, un po’ più umano.
Ma non sentiva freddo, se non nel suo cuore.

Negli ultimi giorni aveva a lungo ripensato, con dolore, al suo legame con Alicia.

In fondo era consapevole che quello che aveva provato per lei era un sentimento diverso dall’amore incondizionato che sapeva di provare ancora per Lana.

Mentre Lana era come il nord della sua bussola, il suo punto di riferimento e la donna che sapeva di amare, Alicia gli aveva donato un affetto a doppio senso: gli si era mostrata sincera in cambio della sua sincerità e gli aveva permesso, per la prima volta, di essere se stesso fino in fondo, senza la paura di non essere accettato.

“Normale e speciale”, aveva detto una volta a sua madre cercando di spiegarle come si sentiva quando era insieme a lei, orgoglioso della sua imperfezione umana e del suo essere diverso.

Normale e speciale.

Era quasi buio quando Clark si rese conto che accanto a lui, un po’ in disparte, c’era qualcuno.

Si voltò lentamente, pensando di vedere, ancora una volta, sua madre o suo padre che lo pregavano di rientrare a casa. Gli chiedevano rassegnazione. Ma forse era un sentimento troppo umano per lui, che non riusciva a smettere di soffrire. Pensava che accettando che Alicia non c’era più, avrebbe cancellato per sempre il suo ricordo.

Per un attimo rimase interdetto, non aspettandosi di trovare accanto a sé, dopo tanto tempo, il suo migliore amico: Pete Ross gli sorrideva, in piedi accanto a lui.

Gli si avvicinò salutandolo con una leggera pacca sulla sua spalla.

Non disse una parola.

Clark lasciò la rosa davanti alla lapide e sfiorò un’ultima volta la pietra fredda. Poi si sforzò di sorridere a Pete e lo seguì verso la sua automobile.

-E’ stata Chloe a chiamarti?-, chiese Clark solo dopo qualche minuto, con voce stanca.

Pete ammiccò abbozzando una risatina, come un bambino trovato con le mani nella marmellata.

-In realtà avevo già deciso di tornare, Chloe mi ha solo dato un buon motivo per farlo adesso. Sai… mi sono reso conto di aver fatto una sciocchezza ad andarmene: non hai idea di cosa significhi ricominciare da zero in una scuola nuova, con professori nuovi, ma soprattutto senza neanche un amico-

Clark annuì. Ricordava bene il motivo per cui Pete se n’era andato, e non era perché sua madre era stata trasferita a Wichita. Il suo repentino ritorno era una sorpresa.

-Pete, mi dispiace…-, non sapeva cos’altro dire. Ma cosa avrebbe potuto fare, in passato, perché le sue scelte non avessero comportato inevitabili problemi all’amico?

-Cosa ti dispiace, Clark? Non sentirti così importante da essere la sola causa del mio abbandono di Smallville!-, sdrammatizzò Pete, -Se è successo è solo per colpa mia, lo sai. Ma comunque… Ovviamente Chloe mi ha detto… Tu come stai?-

Clark lo guardò con espressione sconsolata, alzando appena le spalle.

-La… amavi?-

-Io…-, Clark fece una pausa, espirò e si fissò le mani. – Io credo di sì, anche se forse non sono mai riuscito ad ametterlo davvero. In fondo lei mi conosceva molto più di quanto non sapessi e riusciva a capire come mi sentivo. Mi faceva star bene -

Alzò lo sguardo sulla strada avanti a loro. – Non mi perdonerò mai di non aver avuto fiducia in lei…-

Pete non seppe cosa rispondere. Sterzò per entrare nella fattoria dei Kent, percorse gli ultimi metri e fermò l’auto.

-Entra in casa, i miei saranno felici di rivederti-, disse Clark scendendo dall’auto.

-Sono stato qui prima: mi hanno detto loro che ti avrei trovato al… insomma, lì… Ora è meglio che vada a salutare anche mio padre: ancora non sa che sono tornato!-

-Grazie Pete-, disse Clark salutandolo.

-Passo a prenderti domani per andare a scuola… e non provarti a rimanere a letto che vengo a tirarti fuori da sotto le coperte!-

Clark sorrise, mentre l’auto di Pete faceva manovra per uscire dal piazzale davanti alla sua casa, e si rese conto che era la prima volta, dopo tanti giorni, che riusciva a farlo.

Entrò in casa, scrollandosi di dosso la neve che aveva sulla giacca e sui capelli e andò in salotto per salutare i suoi, seduti davanti al camino ad aspettarlo.

-Ho visto Pete… è stato bello ritrovarlo-, salutò con un gesto della mano e si voltò.

-Ah… Pete ha detto che domani passa a prendermi per andare a scuola e quindi… niente… vado a letto. Buonanotte-, si girò sorridendo ai suoi e li vide rilassarsi, finalmente, dopo le ultime preoccupazioni.

Salì in camera, si spogliò velocemente e si infilò sotto le coperte.

Quella notte sarebbe riuscito finalmente a dormire.

   
 
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